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I quartieri nella realtà -torinese

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1976 (pagine 66-69)

Cario Novara

La legge-quadro 8 aprile 1976, n. 278 sgom-bera il campo da ogni possibile incertezza: i cit-tadini, tutti i citcit-tadini, possono partecipare al-l'amministrazione del comune in cui risiedono. Compiti, poteri ed attribuzioni verranno stabiliti a livello locale. Il fondamento giuridico dell'isti-tuto è la legge comunale e provinciale, approvata con R. D. del 4 febbraio 1915 che, all'art. 155, conferisce ai centri « con popolazione superiore

ai 60 mila abitanti, anche quando non siano divisi in borgate o frazioni, la facoltà di deliberare di essere ripartiti in quartieri ».

L' 11 ottobre scorso, il consiglio comunale ap-prova, quasi all'unanimità, il regolamento propo-sto dall'assessore al decentramento e alla parte-cipazione Vindigni. C'è qualche dubbio sul fatto che la commissione di controllo regionale ed il tribunale amministrativo, eventualmente interes-sato da un ricorso, approvino « sic et simpliciter » la bozza. I contenuti sono più ampi di quanto non sia previsto dalla norma statale. L'assessore spie-ga che per la stesura definitiva si è tenuto conto di circolari esplicative del ministero e della dot-trina, concordi nell'interpretazione estensiva della legge 278. « Per noi amministratori è un

proble-ma soprattutto politico. Vogliamo un nuovo modo di governare, basato su un rapporto costante con le forze sociali e culturali, le forze vive e sane che la società torinese sa esprimere ».

Condizione necessaria per attuare il decentra-mento è la suddivisione del territorio cittadino in zone omogenee che permettano di riorganizzare i servizi comunali e di ristrutturare quelli che esor-bitano dalla competenza degli enti locali secondo programmi di verifica e di intervento. Tale sud-divisione è stata predisposta con una delibera, assunta in via d'urgenza nel dicembre dello scor-so anno, le cui premesse metodologiche hanno preso l'avvio da alcune considerazioni.

Innanzi tutto valutando il territorio « come

spazio di attività e di vita degli abitanti »; in

secondo luogo ogni zona è definita come area

« nella quale esistono strutture di relazione so-ciale e servizi »; all'interno di ogni settore poi « occorre ricercare, salvaguardare e promuovere la costituzione di un complesso di servizi che risponda alle esigenze della popolazione », vale a

dire il « centro civico ». La dimensione demogra-fica media di circa 50 mila abitanti per quartiere viene assunta come ottimale per una «

distribu-zione razionale dei servizi sul territorio ed una loro più efficace gestione ».

Le direttrici di traffico ed i « vincoli naturali

ed urbanistici, nonché taluni elementi convalidati dalla tradizione, possono costituire causa di con-fluenza o di scissione tra le zone ». Infine è

ap-parso opportuno « considerare come trama base

la suddivisione statistica della città », si è

cer-cato di assumere « come unità minima

indivisi-bile la sezione di censimento » ma, in alcuni casi,

si è dovuto « procedere ad una ulteriore

fraziona-tila di qualche unità, in quanto si ritiene che l'ubicazione degli insediamenti esiga una revi-sione del loro confine ».

Risultato: la città viene scorporata in 23 zone corrispondenti ai relativi quartieri. Nella delibera della giunta viene specificato che la zonizzazione

« vale, a tutti gli effetti, per la individuazione dei distretti scolastici, da proporre tramite la Regione al Ministero della pubblica istruzione e delle zone di pertinenza delle costituende unità locali di ser-vizi socio-sanitari ».

Consideriamo più in dettaglio i singoli quar-tieri. 1) Centro: 67.500 abitanti distribuiti su una superficie di 381 ettari; 2) S. Salvario-Valentino: ab. 52.000, ha 239; 3) Crocetta-S. Secondo-S. Te-resina: ab. 55.000, ha 287; 4) S. Paolo: ab. 51.000, ha 222; 5) Cenisia-Cit Turin: ab. 50.000. ha 237; 6) S. Donato-Campidoglio: ab. 66.500, ha 322; 7) Valdocco-Aurora-Rossini: ab. 57.000, ha 275; 8) Vanchiglia-Vanchiglietta: ab. 47.000, ha 370; 9) Nizza-Millefonti: ab. 42.000, ha 356; 10) Lingotto-mercati generali: ab. 66.000, ha

362; 11) Santa Rita: ab. 81.000, ha 357; 12) Mi-rafiori Nord: ab. 57.000, ha 379.

E ancora. 13) Pozzo Strada: ab. 70.000, ha 421; 14) Parella: ab. 60.000, ha 490; 15) Lu-cento-Vallette: ab. 51.000, ha 767; 16) Madon-na di CampagMadon-na-Lanzo: ab. 49.000, ha 895;

17) Borgo Vittoria: ab. 52.000; ha 425; 18) Bar-riera di Milano: ab. 60.000, ha 278; 19) Rebau-dengo-Falchera-Villaretto: ab. 34.000, ha 1109; 20) Regio Parco: ab. 33.000, ha 711; 21) Ma-donna del Pilone: ab. 18.000, ha 1613; 22) Ca-voretto-Borgo Po: ab. 28.000, ha 1397; 23) Mira-fiori Sud: ab. 48.000, ha 1123. Va rilevato che l'indagine statistica relativa al numero degli abi-tanti risale al dicembre dello scorso anno.

Ma torniamo al consiglio comunale di lunedi 11 ottobre '76. « Non è certo — esordisce l'as-sessore Vindigni, presentando la delibera — una

serata storica, anche se si approva un atto im-portante per la vita del Comune che si vuole rinnovare e i cui effetti si ripercuoteranno sulla stessa attività del Consiglio. Anche se a questa discussione arriviamo senza traumi, rotture e la-cerazioni e questo documento, il 1814, quasi potrebbe passare come ordinaria amministrazio-ne. Anche se, infine, e può sembrare un para-dosso, questo clima è il migliore riconoscimento per il lavoro svolto durante tutta l'estate ».

Il discorso si snoda attraverso una serie di osservazioni circa l'evolversi del quadro politico e sociale della città, attraverso alcuni dati che illustrano la completezza della « consultazione » e l'apertura della commissione consiliare al decen-tramento agli apporti di tutte le forze politiche e sociali. La prima bozza, presentata due mesi dopo la pubblicazione della legge 278, frutto di una frettolosa verifica tra le sole forze di maggio-ranza, aveva destato timori e perplessità nell'op-posizione. Ma i dubbi si erano dissipati a mano a mano che i lavori procedevano per giungere alla stesura « definitiva e concordata ».

Esaminiamone in breve i punti salienti. Gli organi del decentramento, elencati all'art. 3, sono: consiglio di quartiere con relativo presidente, giunta esecutiva e commissioni di lavoro, com-missione comunale per il decentramento. Gli isti-tuti per la partecipazione sono: assemblee e con-sultazioni, proposte di deliberazione, petizioni e interrogazioni, referendum abrogativo e consul-tivo. Gli organi hanno funzioni consultive e deli-berative su tutti i più importanti atti del governo cittadino; 300 elettori possono convocare un'as-semblea.

Presupposto assai importante dal punto di vista operativo, è che regolamento, numero, denomina-zione e confini dei quartieri potranno essere mo-dificati dopo un periodo di rodaggio ed in base alle esperienze acquisite. « Talune preoccupazioni

di perfezionismo formale — rileva il capo gruppo

PSI, avv. Segre — sembrano eccessive. Il voto

favorevole è la consapevolezza che siamo di fron-te ad una tappa nel rinnovamento dello Stato e nella realizzazione delle autonomie basate su cen-tri di vita democratica ».

Secondo Andrea Francone (indipendente di sinistra) si è « offerto uno spazio reale all'ingresso

del movimento spontaneo nelle istituzioni, in un salto di qualità per la vita democratica. La difesa dello spontaneismo ad ogni costo, vale a dire la non regolamentazione avrebbe potuto originare uno stato di scollamento ». Ci si è sforzati di

attri-buire ai quartieri il massimo di deleghe perché

« è necessario che il contenuto delle azioni dei nuovi organismi risponda alla crisi di governo della grande città, caratterizzata a livello delle scelte fondamentali dal non controllo dei processi messi in atto e a livello delle scelte marginali pri-ma dall'indifferenza verso i costi sociali e in se-guito dalla disorganicità degli interventi e dalla mancata individuazione dei bisogni ». In un

qua-dro più ampio, « si dovrà trasformare tutta la

struttura burocratico-amministrativa del Comune, rivedere i problemi del personale e del bilancio, saper collegare la città ai quartieri, al compren-sorio e alla Regione ».

Per il PRf, l'on. La Malfa sottolinea i punti sui quali il suo partito non è d'accordo. In partico-lare « non è sufficiente un semplice ufficio

d'in-formazione per i quartieri, che dovranno invece usufruire di una autonoma libertà d'informazio-ne ». Inoltre, per non appesantire il già provato

bilancio comunale, « il personale per i quartieri

dovrebbe venire reperito dagli organici attuali del Comune, le spese per il loro funzionamento do-vrebbero essere stornati eia altri capitoli di spesa ».

Il PRI, infine, chiede l'abrogazione del quarto comma dell'art. 32 che autorizza i consigli di quartiere a « concedere l'uso degli edifici civici

dell'area alle forze sociali e politiche della zona, senza specificare a quali condizioni economiche per il Comune ».

Secondo l'avv. Bava dell'ULD, sarebbe stato opportuno presentare, in accordo con la maggio-ranza, « una lista unitaria per le elezioni,

il sistema elettorale « punisce » i partiti minori. Severa, anche se con un piccolo spiraglio, la cri-tica del PLI. L'avv. Dondona afferma: «

Cer-chiamo di non fare del trionfalismo quartieristico sostenendo che con le elezioni tutto è risolto. In realtà i quartieri dovranno dare prova di concrete e responsabili attività di controllo e stimolo nei confronti della pubblica amministrazione ».

Pro-segue: « Siamo tutti d'accorcio sui quartieri; ma

vi è sostanziale differenza tra quelle forze poli-tiche come il PCI che li vedono principalmente come strumento per realizzare un consenso di massa e quelle, come i liberali, che ritengono es-senziale per le libertà democratiche e il buon governo che la funzione di stimolo dei quartieri si realizzi anche a mezzo del dissenso critico ».

La democrazia cristiana che aveva chiesto di

« ampliare il più possibile gli organismi »,

defini-sce un « grosso fatto politico l'inserimento di oltre

700 nuovi quadri nel governo cittadino ». Il

con-sigliere Berardi si sofferma sull'importanza del

fatto che « i quartieri potranno fare le loro scelte

in base ad un-bilancio reale ».

Riferendosi poi alla conferenza dell'ONU a Vancouver cita quanto era stato detto in quella sede: « È necessaria la partecipazione crescente,

soprattutto a livello città. Lo sviluppo della demo-crazia diretta non è in contrasto con la demodemo-crazia rappresentativa ma ne è un suo collegamento ».

Aggiunge: « Il decentramento va inteso non come

fatto burocratico, bensì come rivoluzione pacifica della città ».

Dopo un cenno a Dossetti, che nel '56 propose il tema del quartiere a Bologna, Berardi ripropone quello che per molti è « una spina nel fianco »: il referendum abrogativo. « Non previsto dalla

legge comunale, potrebbe causare pericolosi in-toppi all'iter del regolamento ed alla sua attua-zione. Qualora ci fossero difficoltà giuridiche in-sormontabili, non fermiamoci, andiamo avanti perché anche senza questo referendum, il regola-mento garantisce una vasta partecipazione ».

Due mostre al Palazzo di Torino Esposizioni

«Caravan Europa v76»

Nel documento Cronache Economiche. N.009-010, Anno 1976 (pagine 66-69)