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Verso una definizione di inclusione

2.1. La situazione italiana: alcuni dati di sfondo

2.1.1. Gli allievi

Per quanto riguarda gli allievi, per l’analisi dei dati relativi agli aspetti cognitivi e/o affettivi, prenderemo in considerazione essenzialmente due tipologie di fonti, in relazione alle diverse fasce d’età:

a) Scuola secondaria di secondo grado: le prove comparative internazionali Ocse-Pisa 2012;

b) Scuola primaria e secondaria di primo grado: i rapporti Invalsi 2012/2013.

La nostra scelta è di procedere a ritroso, partendo dall’analisi della situazione dei quindicenni, con il fine di verificare se le eventuali differenze nei risultati degli apprendimenti riscontrati negli allievi siano presenti già nella scuola primaria, in corrispondenza dell’inizio del percorso scolastico.

Nell’analisi della percezione di gradimento della scuola, ci serviremo infine del Rapporto scuola 2011, che presenta alcuni dati interessanti relativi alla situazione degli allievi della scuola secondaria di primo grado.

In riferimento al primo punto, l’aspetto più significativo che OCSE mette in evidenza riguarda l’esistenza di differenze significative tra gli studenti, differenze che sembrano discendere direttamente dalla loro appartenenza a categorie specifiche. Il primo esempio da analizzare riguarda le competenze matematiche, alle quali la rilevazione Ocse-Pisa ha assegnato un interesse particolare. Secondo il Rapporto Nazionale Pisa, curato dall’Invalsi nel 2012, l’Italia, pur registrando dei miglioramenti rispetto alle precedenti rilevazioni, ottiene dei punteggi inferiori rispetto alla media OCSE, soprattutto per quanto riguarda le competenze in matematica, per le quali il divario continua a essere significativo (485 punti a fronte dei 494 della media dei paesi considerati). Per quanto attiene, invece, la lingua italiana e le scienze, il divario si riduce: l’Italia ottiene infatti

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dei punteggi medi di 490 e 494 contro una media OCSE pari, rispettivamente, a 496 e 499. All’interno di questi risultati complessivi, è possibile tuttavia constatare l’esistenza di differenze significative tra gruppi di studenti, riconducibili a diversi fattori:

 territoriali (i risultati peggiori si collocano nel Mezzogiorno, area caratterizzata anche da una maggiore variabilità interna e nella quale il 34% degli studenti sono definiti poveri di conoscenze, in grado cioè di rispondere solamente a quesiti riguardanti la propria esperienza diretta);

 di genere, che appaiono più consistenti per quanto riguarda la matematica: le ragazze infatti ottengono risultati significativamente inferiori rispetto ai ragazzi (476 a fronte di 494), evidenziando un divario superiore rispetto alla media dei paesi OCSE (18 punti vs 11), mentre per quanto riguarda le competenze di lettura si registra l’inversione opposta, ponendosi al di sopra dei livelli riscontrati nei ragazzi, secondo una linea di tendenza presente tuttavia anche negli altri paesi europei. Per quanto riguarda la matematica, ambito nel quale la situazione italiana appare maggiormente deficitaria, le maggiori criticità sono riconducibili alla capacità di trasferire quanto appreso in contesti diversi: come trapela infatti dal Rapporto, le difficoltà principali degli studenti riguardano le capacità di applicare e usare la matematica per «comprendere o risolvere un particolare problema o sfida», nonché le capacità di «utilizzare modelli matematici adeguati a descrivere e predire il cambiamento»59.

 background familiare: Il Rapporto pone in evidenza un accrescimento del divario in corrispondenza del background familiare di origine (la maggiore percentuale di ripetenze si collocano infatti tra coloro che appartengono ad un livello socio-economico meno elevato).

 cittadinanza: «il punteggio medio ottenuto dagli studenti immigrati è inferiore di 48 punti rispetto a quello degli studenti non immigrati – una differenza ben superiore alla media OCSE di 34 punti»60. Tali differenziazioni risultano più marcate tra gli allievi di prima generazione, che evidenziano difficoltà consistenti in entrambe le prove, mentre quelli di seconda generazione

59 INVALSI (a cura di) (2012). Rapporto Nazionale Ocse Pisa. p. 1. Disponibile su http://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2012/rappnaz/Sintesi_OCSE_PISA__2012.pdf.

60 OECD (2012). Nota Paese Italia. Risultati PISA 2012. p. 7. Disponibile su http://www.oecd.org/pisa/keyfindings/PISA-2012-results-italy-ITA.pdf.

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registrano i punteggi inferiori soprattutto nella lingua italiana. Si tratta inoltre di allievi che frequentano prevalentemente istituti tecnici e professionali, con una percentuale quasi doppia rispetto agli allievi italiani (38,6% vs 18,9%).

(Rapporto Fondazione ISMU, 2012/2013).

 tipologia di istituto: coloro che frequentano istituti professionali o centri di formazione professionali si collocano in una posizione nettamente inferiore rispetto agli studenti dei licei o degli istituti tecnici. Lo stesso andamento è confermato per quanto riguarda le competenze in lettura, con un’unica differenza relativamente al sesso (in questo caso infatti le ragazze rivelano delle prestazioni superiori rispetto ai coetanei maschi, in linea con la media OCSE).

 regolarità del percorso scolastico: esiste una notevole differenziazione tra gli studenti in regola con il percorso di studi, definiti grade 10, che frequentavano al tempo della rilevazione la seconda classe della scuola di secondo grado, e gli studenti quindicenni iscritti in classi differenti, a causa di ripetenze o ingresso anticipato nel percorso scolastico. Mentre, infatti, gli studenti regolari si collocano in linea, quando non al di sopra, rispetto alla media di riferimento (78, 5% del campione complessivo), coloro che frequentano le classi inferiori (il 2,1% di essi si trova ancora nella scuola secondaria di primo grado e il 16,8% nella prima classe delle secondaria di secondo grado) presentano dei livelli nettamente inferiori rispetto ai loro coetanei, distanziandosi ulteriormente dagli anticipatari che si trovano in terza classe (2,6% del campione), che presentano dei punteggi superiori, probabilmente riconducibili al fatto che questa categoria di studenti ha usufruito di un anno di scuola in più rispetto agli altri.

Ecco a tal fine quanto evidenzia il Rapporto:

«I risultati sono largamente in linea con le attese, nel senso che si hanno ampie differenze tra tipologie di scuola (con l’attesa gerarchia tra Licei e Tecnici e, a maggiore distanza, Professionali, Centri di formazione professionale e scuole secondarie di I grado), livello scolastico (con un gap per chi sia nella I secondaria di secondo grado, anziché nella II dove dovrebbe essere in base all’età, di oltre 40 punti e un vantaggio per

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gli anticipatari che siano in III classe di soli 20 punti, nonostante tali soggetti abbiano frequentato un anno di scuola in più), genere (con pattern opposti tra Lettura e Matematica e un differenziale “al margine” che emerge anche nelle Scienze, ove invece esso è pressoché assente nei dati grezzi), cittadinanza (con uno svantaggio che è più ampio per gli immigrati di prima generazione e per la Lettura, ove la minore conoscenza dell’Italiano è maggiormente un fattore di criticità), un impatto positivo dell’ESCS che opera soprattutto a livello di valore medio di scuola e i ben noti divari tra macro aree»61. Tuttavia, lo stesso Rapporto evidenzia che in realtà, nella considerazione di alcune differenziazioni tra gli allievi, giocano fattori non immediatamente e, per così dire, naturalmente riconducibili a caratteristiche individuali che potremmo definire fisiologiche. Ne è una prova la differenza di genere, che sembra essere associata al raggiungimento di maggiori performance in matematica (per i ragazzi) oppure, come esplicitato precedentemente, in forma minore, in italiano (per le ragazze).

Nell’ambito della matematica, la differenziazione tra maschi appare meno evidente se vengono presi in considerazione altri fattori tra i quali, ad esempio, il livello di fiducia in se stessi. Infatti «quando si confrontano i risultati di matematica tra ragazzi e ragazze con livelli simili di fiducia in se stessi e di ansia rispetto alla matematica, il divario di genere scompare»62. Una situazione analoga è riscontrata nell’ambito delle competenze in lettura: sebbene i ragazzi quindicenni si collochino in una posizione inferiore rispetto alle loro coetanee, gli studi condotti da Pisa sulla popolazione adulta evidenziano che tali svantaggi iniziali sono poi ampiamente recuperati nel corso della vita adulta: sembra anzi che i lavoratori, considerati dai trent’anni in su, abbiano maggiori opportunità di «leggere, scrivere e utilizzare competenze nel campo della risoluzione dei problemi»63rispetto alle donne della stessa età.

La principale conclusione alla quale giunge l’indagine Pisa riguarda quindi il fatto che «i divari di genere nei risultati accademici non sono determinati da differenze congenite nelle capacità individuali. L’azione concertata dei genitori, degli insegnanti, dei responsabili delle politiche dell’istruzione e dei leader di opinione è necessaria per

61 INVALSI (2012). Op. cit., pp. 203-204.

62 OECD (2015). Pisa in focus, n. 49. p. 2. Disponibile su

http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/PIF-49%20(ital).pdf.

63 OECD (2012). Op. cit., p. 4.

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consentire ai ragazzi e alle ragazze di sviluppare pienamente il loro potenziale e di contribuire alla crescita economica e al benessere della società in cui vivono»64.

Un ulteriore spunto di riflessione può essere offerto dalla lettura delle rilevazioni Nazionali, effettuate dall’Invalsi in concomitanza con le prove Pisa nell’anno scolastico 2012/2013, e che hanno riguardato la scuola primaria (classi seconde e quinte), la secondaria di primo grado (classi prime e terze) e la secondaria di secondo grado (classi seconde). I risultati ai quali giunge l’Invalsi, in merito alla considerazione delle differenze tra gli allievi, si pongono in linea con quanto rilevato da Pisa, consentendoci tuttavia di compiere delle analisi ulteriori.

Il Rapporto Nazionale, in particolare, conferma l’incidenza riguardo l’esito del percorso scolastico dei fattori individuati precedentemente (il genere, la cittadinanza, il background familiare, la tipologia di scuola e l’area geografica) evidenziando inoltre come la presenza di tali differenziazioni generi un divario tra gli allievi che tende ad ampliarsi nella progressione del percorso scolastico. Così, ad esempio, le differenze di genere nelle competenze matematiche si ampliano con il progredire del percorso scolastico, risultando marginali nella seconda primaria, così come le differenze nelle prestazioni tra i nativi e quelli di prima e seconda generazione. Infatti, «alla fine del primo ciclo d’istruzione (livello 8) la distanza fra gli alunni italiani e la seconda generazione di immigrati risulta solo di alcuni punti in Italiano e nulla in Matematica, il che sembrerebbe deporre positivamente circa la capacità della nostra scuola del primo ciclo di ridurre progressivamente il divario fra italiani e stranieri, almeno per quanto riguarda quelli nati in Italia»65. Il divario tende invece ad ampliarsi nel percorso successivo, assumendo la forma di un vero e proprio gap nella scuola secondaria, nella quale assume la consistenza di 13 punti nella prova di italiano e di 6 in quella di matematica, rivelandosi maggiormente significativo e ampio proprio nelle regioni con un più elevato tasso di immigrazione.

Per quanto riguarda invece la regolarità del percorso di studi, i dati riguardanti i posticipatari (coloro cioè che, per lo più a causa di ripetenze, non frequentano una classe corrispondente alla propria età anagrafica) evidenziano quanto segue:

64 OECD (2012). Op. cit., p. 4.

65 INVALSI (2013). Rilevazioni Nazionali sugli apprendimenti 2012-2013. p. 104. Disponibile su http://www.invalsi.it/snvpn2013/rapporti/Rapporto_SNV_PN_2013_DEF_11_07_2013.pdf.

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 le bocciature rappresentano un fenomeno in crescita nella progressione da un ciclo di istruzione a un altro, passando dal 2% in seconda primaria al 20% nella secondaria di secondo grado;

 il background familiare risulta positivamente correlato con i risultati degli studenti, per cui gli allievi ripetenti generalmente appartengono a famiglie caratterizzate da un background socio-economico (ESCS) più basso;

 gli allievi ripetenti ottengono delle prestazioni che si collocano ad un livello inferiore che appare statisticamente significativo.

Tali dati conducono inevitabilmente a riflettere sull’inefficacia delle bocciature, (aspetto confermato anche dal Rapporto Pisa) che, di fatto, non sembrano essere in grado di contribuire a riequilibrare una situazione di svantaggio negli apprendimenti, riproducendo in tal modo le disuguaglianze sociali. Sarebbe più opportuno, infatti, come raccomanda il Rapporto PISA, «Providing extra teaching time for students who fall behind, adapting teaching to their needs so that they can catch up with their peers, and targeting these efforts where they are most needed is a much better way of supporting students with learning difficulties or behavioural problems»66.

Una analoga osservazione è compiuta nei confronti del background sociale di origine, che sembra esercitare un’influenza tale da predeterminare l’azione complessiva della scuola stessa. Infatti, Il rapporto Invalsi riconosce che «Lo status socio-economico-culturale (ESCS) esercita il proprio effetto principalmente quando lo si considera a livello aggregato di classe. Infatti, un incremento di un punto dell’indicatore di status medio della classe si associa a variazioni positive del punteggio di italiano e matematica di oltre 13 punti nella scuola secondaria di primo grado e di oltre 15 nella secondaria di secondo grado, rispettivamente. Nella scuola primaria, invece, si riscontra un incremento di oltre 10 punti in italiano e di oltre 7 in matematica»67. Ciò determina che

«il background familiare conta non solo a livello individuale, ma anche quando considerato come media di classe (e quest’ultimo conta, anzi, anche maggiormente)»68. Tale aspetto richiama alla mente le attenzioni esercitate dai genitori nel momento in cui

66 OECD (2014). PISA in focus. n. 43. p.4.

Disponibile su http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/pisa-in-focus-n43-(eng)-final.pdf.

67 INVALSI (2013). Op. cit., p. 135.

68 INVALSI (2013). Op. cit., p. 136.

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scelgono la scuola nella quale iscrivere i propri figli: spesso l’interesse delle famiglie non è dato tanto dalla qualità della didattica quanto piuttosto dall’ambiente sociale dell’utenza e dalle caratteristiche della popolazione: soprattutto nel primo ciclo dell’istruzione, non è infrequente che certe scuole vengano quindi scelte o, al contrario, non scelte, sulla base della fama che è loro associata, che dipende in molti casi proprio dalle caratteristiche dell’utenza piuttosto che dall’offerta formativa proposta.

Allo stesso modo, anche il divario tra zone geografiche e scuole tende a crescere in corrispondenza dei cicli scolastici. Per quanto riguarda il primo aspetto, «Si riscontra una tendenziale divaricazione delle differenze interne al Paese, in particolare tra le due aree settentrionali, da un lato, e il Mezzogiorno»69, mentre la differenziazione tra le scuole tende a crescere soprattutto nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado, rispondendo, in un certo senso, alle regole di canalizzazione prevista dal sistema scolastico attuale.

L’immagine che trapela del nostro sistema scolastico è quindi quella di un sistema che, di fatto, non risulta essere in grado di rispondere in modo efficace e significativo alle differenze di tutti gli allievi. Ne consegue l’insorgenza di differenze, che nel loro essere considerate come difficoltà insite negli allievi piuttosto che come potenzialità e risorse, generano, all’interno di una didattica organizzata in modo monolitico e indifferenziato, dei divari, che «cominciano dalla scuola secondaria di primo grado, ma che si acuiscono nella scuola secondaria di secondo grado»70, e che si trasformano inevitabilmente in «problemi che purtroppo si amplificano nei livelli scolastici successivi»71.

Questo aspetto, a nostro avviso, si pone in relazione con una ulteriore questione: il gradimento della scuola da parte degli allievi. Anche in questo caso, il primo riferimento è dato dal Rapporto OCSE PISA riguardo la situazione dei quindicenni. Ciò che si evidenzia è che, nonostante il clima generale di classe sembri migliorato e ridotta l’entità del disturbo nel corso delle lezioni, gli allievi mostrano delle evidenti insoddisfazioni nei confronti del rapporto che instaurano con i docenti che, a loro avviso, risultano poco preparati nonché eccessivamente concentrati sulle performance e sui voti.

69 INVALSI (2013). Op. cit., p. 11.

70 INVALSI (2013). Op. cit., p. 149.

71 INVALSI (2013). Op. cit., p.149.

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Come risulta infatti dal grafico 1 (vedi pagina seguente), nell’analisi dell’influenza che il rapporto docente-discente (identificato dalla percezione dell’allievo di essere ascoltato e aiutato nel raggiungimento del benessere) riveste nella promozione del senso di appartenenza degli studenti all’istituzione scolastica, in un range di oltre 60 paesi l’Italia appare quart’ultima: solo il 75% degli intervistati dichiara di aver piacere nel frequentare la scuola, contro una media mondiale che si attesta intorno all’80%.

Secondo PISA, tali risultati sono estremamente correlati con i risultati scolastici.

Infatti, «Pisa data reveal that most students are in schools where teachers believe that the social and emotional development is as important as the acquisition of the subject-specific knowledgmment and skills»72.

Dati confermativi rispetto a quanto evidenziato da PISA provengono dal Rapporto sulla scuola del 2011 curato dalla Fondazione Agnelli e centrato, in particolare, sull’analisi della scuola secondaria di primo grado. Uno degli aspetti che mette in luce il Rapporto è il fatto che la scuola generalmente non piace ai ragazzi italiani: in base alle rilevazioni, infatti, solamente il 17% dei maschi e il 26% delle femmine undicenni dichiarano di andare a scuola volentieri, contro il 33% e il 43% della media dei 40 paesi partecipanti all’indagine. Parallelamente con il gradimento, scende anche il rendimento scolastico mentre, al contrario, si accrescono i livelli di stress scolastico, che raggiungono un’entità sensibilmente superiore alla media internazionale già nella prima classe, intensificandosi ulteriormente nel corso degli anni scolastici successivi.

72 OECD (2015). PISA in focus. N. 50. p. 3.

Disponibile su http://www.oecd.org/pisa/pisaproducts/pisainfocus/PIF-50-(eng)-FINAL.pdf. Trad. nostra:

PISA evidenzia che gli studenti migliori si trovano nelle scuole nelle quali gli insegnanti credono che lo sviluppo umano e sociale sia tanto importante quanto l’acquisizione di specifiche conoscenze e abilità disciplinari.

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Fig. 1 Senso di appartenenza degli studenti alla scuola e relazioni con gli insegnanti (OECD PISA 2012)