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Descrizione dei contesti scolastici

Apprendimento cooperativo e didattica inclusiva

PARTE SPERIMENTALE

5.2. Descrizione dei contesti scolastici

Il modello prosociale inclusivo mediato dal Cooperative Learning è stato applicato in due classi seconde di due istituti romani, che per convenzione chiameremo Scuola 1 e

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Scuola 2. Si tratta di due scuole che, pur trovandosi tra di loro in zone limitrofe, presentano differenti caratteristiche dal punto di vista del background sociale dell’utenza. Infatti, la scuola 1 svolge la sua azione all’interno di un territorio attraversato da fenomeni di emarginazione e povertà sociale e culturale, tanto da far parte del gruppo di scuole identificate dall’Ufficio Scolastico Provinciale come area a rischio, mentre la Scuola 2 è ubicata in un punto stradale strategico del quartiere, corrispondente al capolinea della metropolitana, opportunità questa che le consente di accogliere allievi provenienti da quartieri anche lontani ed eterogenei dal punto di vista socio-economico.

Ulteriori differenziazioni tra le due scuole riguardano la composizione e la stabilità del personale scolastico. La Scuola 1 costituisce un istituto che presenta una popolazione scolastica ridotta per il contesto romano (undici classi e 24 docenti) e che ha attraversato nel corso degli ultimi cinque anni notevoli cambiamenti dal punto di vista burocratico-organizzativo. Questa infatti, da istituzione autonoma qual era, in conseguenza del dimensionamento che ha condotto alla formazione di Istituti Comprensivi, ha subito nell’ultimo quinquennio due successivi accorpamenti ad altre realtà scolastiche, che hanno determinato dei notevoli cambiamenti sotto diversi punti di vista: nella denominazione dell’Istituto (la scuola ha infatti perso il nome storico trentennale con il quale si era sempre identificata), nella composizione del corpo docente (in seguito della riformulazione delle graduatorie molti insegnanti si sono trovati nella situazione di essere trasferiti ad altri istituti) e nell’assegnazione del Dirigente Scolastico (nello specifico gli insegnanti in nove anni si sono confrontati con nove differenti dirigenti). Queste trasformazioni sono state accompagnate a loro volta da una perdita annua di nuove iscrizioni da parte delle famiglie. Per quanto attiene l’ubicazione territoriale, la Scuola 1 si trova in una via secondaria e poco trafficata del quartiere, che la rende poco visibile e riconoscibile all’esterno. A queste criticità, di natura logistico-amministrativa, si aggiunge la scarsa reputazione assegnata alla scuola dai residenti per il fatto che si trova all’interno di un territorio connotato negativamente dal punto di vista sociale e la conseguente resistenza delle famiglie a iscrivervi i propri figli. Queste temono infatti che l’elevato numero di allievi ritenuti difficili e con problematiche comportamentali (percezione questa, come vedremo successivamente, diffusa dagli stessi operatori scolastici), renda difficile la conduzione della classe da

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parte dei docenti, ostacolando pertanto l’andamento regolare delle lezioni e dei processi di insegnamento-apprendimento.

La scuola 2, al contrario, conta un numero piuttosto elevato di classi (22 classi), nella quale lavorano complessivamente 46 docenti, che hanno mostrato una buona stabilità nel corso del tempo e dei quali il 90% circa è titolare di un contratto a tempo indeterminato. Analogamente ai docenti, anche il Dirigente Scolastico svolge la sua azione all’interno della scuola con continuità, mostrando di conoscere bene il contesto nel quale opera e di essere riconosciuto come un punto di riferimento sia dai docenti sia dagli stessi allievi.

Ne è una prova la crescita costante delle iscrizioni, che ha condotto negli ultimi anni a un incremento del 40% degli studenti e, in alcuni casi, anche all’impossibilità della scuola di accogliere tutte le nuove richieste per sovraffollamento.

Per conoscere in modo più approfondito la situazione delle due scuole, ci siamo rivolti a due tipologie di fonti: il Piano dell’Offerta formativa (POF) e il Piano annuale per l’inclusione (PAI) utilizzati nell’anno di riferimento della ricerca (a.s. 2014/2015), e il punto di vista degli allievi, considerato attraverso la somministrazione del Questionario Studenti Invalsi. Questa procedura ha consentito di confrontare quanto dichiarato all’interno di due documenti (il POF e il PAI) che, secondo la normativa in vigore (DPR 8 marzo 1999 per il POF e CM 6 marzo 2013 per il PAI), identificano le linee di indirizzo della scuola con quanto, al contrario, percepito direttamente dagli studenti.

L’analisi dei POF e dei PAI, in linea con il framework teorico dell’Index e dei Disability Studies, mirava inoltre a verificare, attraverso l’identificazione dei termini utilizzati e delle espressioni ricorrenti, la congruenza tra i valori e i fini assegnati all’educazione, i modelli inclusivi emergenti e le scelte organizzative compiute dalla scuola.

Per quanto riguarda la Scuola 1, si tratta di un istituto che individua tra i suoi obiettivi prioritari l’attuazione dei dettami costituzionali e il raggiungimento per tutti gli allievi di una uguaglianza sostanziale attraverso l’implementazione di iniziative che mirano a favorire l’accoglienza, l’inclusione, la prevenzione dell’insuccesso scolastico.

Il punto di riferimento imprescindibile per l’azione della scuola è rappresentato dalla centralità assegnata al concetto di bisogno, che indica uno stato che riguarda ogni

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individuo in quanto persona. Ne consegue il riconoscimento dell’importanza che ogni membro della comunità scolastica, che si tratti degli utenti (allievi o famiglie) o del personale scolastico (docente, Dirigente Scolastico, ATA), indipendentemente dal ruolo che ricopre nell’ambito dell’istituzione, debba essere ascoltato e sostenuto da un contesto costruttivo e collaborativo. Per attuare ciò, sono elencati alcuni principi ai quali deve essere uniformata l’azione dei docenti. In particolare, le attività didattiche devono rispondere al principio della flessibilità didattica, attuata attraverso l’alternanza tra attività condotte con i gruppi classe al completo e attività in piccoli gruppi, e dell’insegnamento orientato all’individualizzazione, in modo da consentire a ogni allievo di sperimentare percorsi formativi adeguati alle proprie esigenze. Un ulteriore aspetto di particolare importanza riguarda il principio della cooperazione: il POF specifica a tal fine che i docenti dovrebbero promuovere un atteggiamento cooperativo e costruttivo non solo all’interno della propria classe, ma anche nelle relazioni a livello di plesso e di istituto. Inoltre, un atteggiamento altrettanto positivo dovrebbe essere esteso alle realtà territoriali, al fine di intraprendere percorsi di arricchimento dell’offerta formativa che abbiano delle ricadute positive a livello comunitario. Per quanto riguarda invece il ruolo degli insegnanti specializzati, è presente una visione che indurrebbe a ipotizzare la presenza all’interno della scuola di una cultura inclusiva: infatti, a essi è affidato il compito di agire in funzione dell’individuazione delle strategie didattiche/educative a favore del successo formativo per tutti gli alunni. Tuttavia, da un’analisi più approfondita di questo documento emerge il fatto che le differenze, i bisogni degli allievi assumono nella realtà il sinonimo di problema: una delle maggiori difficoltà dichiarate dalla scuola è riconducibile infatti al rapportarsi con famiglie e allievi ritenuti problematici. Una visione analoga (differenze come problema) si estende anche al ruolo degli insegnanti specializzati, identificati come osservatori e referenti privilegiati del disagio: il POF assegna al GLI (Gruppo di lavoro sull’inclusione) il ruolo di offrire un supporto agli insegnanti per l'individuazione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali e per la definizione delle strategie di intervento per l'inclusione. L’affermazione individuazione degli alunni con Bisogni Educativi Speciali enfatizza gli aspetti diagnostici/medici della professione docente, chiamata a individuare criteri di classificazione degli allievi ritenuti problematici piuttosto che a ridefinire i contesti educativi in funzione del raggiungimento per tutti del benessere e del successo

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scolastico. L’analisi dei progetti attivati a livello di istituto consente di effettuare una ulteriore osservazione: mentre nella scuola primaria le attività previste sono rivolte a tutti gli allievi e in orario curricolare, con la finalità di agire in modo trasversale rispetto alle suddivisioni disciplinari, nella scuola secondaria si svolgono il pomeriggio, con la finalità prevalente del recupero nelle discipline ritenute fondamentali (italiano, matematica, lingua inglese).

Queste criticità non sono tuttavia rilevate all’interno del PAI, che riconosce all’azione della scuola i punti di forza e di debolezza evidenziati nella tab. 4.

Sintesi dei punti di forza e di criticità rilevati*:

0 1 2 3 4

Aspetti organizzativi e gestionali coinvolti nel cambiamento

inclusivo X

Possibilità di strutturare percorsi specifici di formazione e

aggiornamento degli insegnanti X

Adozione di strategie di valutazione coerenti con prassi inclusive; X Organizzazione dei diversi tipi di sostegno presenti all’interno

della scuola X

Organizzazione dei diversi tipi di sostegno presenti all’esterno

della scuola, in rapporto ai diversi servizi esistenti; X Ruolo delle famiglie e della comunità nel dare supporto e nel

partecipare alle decisioni che riguardano l’organizzazione delle attività educative;

X Sviluppo di un curricolo attento alle diversità e alla promozione di

percorsi formativi inclusivi; X

Valorizzazione delle risorse esistenti X

Acquisizione e distribuzione di risorse aggiuntive utilizzabili per

la realizzazione dei progetti di inclusione X

Attenzione dedicata alle fasi di transizione che scandiscono l’ingresso nel sistema scolastico, la continuità tra i diversi ordini di scuola e il successivo inserimento lavorativo.

Coordinamento delle attività e valorizzazione delle risorse da

parte della Dirigenza X

* = 0: per niente 1: poco 2: abbastanza 3: molto 4 moltissimo

Adattato dagli indicatori UNESCO per la valutazione del grado di inclusività dei sistemi scolastici

Tab. 4 Autovalutazione del PAI Scuola 1

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Nel complesso, l’autovalutazione compiuta dalla scuola in merito ai percorsi inclusivi adottati appare abbastanza positiva: sono riconosciuti, in particolare, come punti di forza l’attività di coordinamento dei docenti specializzati (che nella scuola primaria sono svolte a livello di interclasse piuttosto che di classe) e l’attenzione alla promozione di un curricolo che valorizzi le differenze individuali degli allievi.

Gli elementi di criticità individuati riguardano invece il ruolo svolto dal Dirigente Scolastico nel valorizzare le risorse esistenti nella scuola (valore assegnato 1= poco), aspetto questo probabilmente dovuto ai numerosi cambiamenti nella dirigenza subit i dall’istituto, e la scarsa possibilità di usufruire di risorse aggiuntive da destinare alla realizzazione di progetti inclusivi.

Secondo il POF della scuola 2, la mission dell’Istituto è riconducibile a tre finalità fondamentali: a) creare cittadini responsabili; b) consentire agli studenti di orientarsi in un contesto multiculturale; c) realizzare l’inclusione. Quest’ultima, in particolare, è definita in modo piuttosto ampio come il processo attraverso il quale il contesto scuola, con i suoi diversi protagonisti (organizzazione scolastica, studenti, insegnanti, famiglia, territorio), assume le caratteristiche di un ambiente che risponde ai bisogni di tutti gli studenti. Nella scuola dell’inclusione l’esperienza della DIVERSITÀ è vasta e può offrire a tutti i bambini esperienze uniche nell’imparare a misurarsi con l’UGUALE/

DIVERSO DA SÈ = uguale quanto a diritti universali, diverso in quanto ad abilità, lingua, costumi, sistemi simbolici. Per tale ragione, l’Istituto si propone di creare un processo a doppio senso in cui anche quegli alunni che vivono situazioni di difficoltà possano avere le stesse possibilità di sviluppo. Per raggiungere ciò, una particolare importanza è assegnata alla diffusione dei seguenti valori: la responsabilità sociale, intesa come la sensibilità alle problematiche etiche all’interno del sistema-scuola, l’attenzione alle persone, considerata lo strumento per prevenire i problemi e le devianze e che può essere attuata valorizzando le eccellenze e costruendo nello stesso tempo percorsi guidati per superare le difficoltà individuali e di gruppo, l’innovazione nello svolgimento delle attività scolastiche, l’autonomia nelle possibilità di adottare, nel rispetto delle direttive ministeriali, le scelte didattiche e organizzative più confacenti alla realtà territoriale e alle esigenze degli studenti, e infine l’interculturalità/internazionalizzazione, intesa quale apertura al confronto tra le diversità in una società sempre più multiculturale.

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Il POF riconosce inoltre nell’isolamento emotivo e relazionale una delle principali difficoltà degli studenti, che rende impellente l’attuazione di interventi efficaci per migliorare le relazioni tra pari e le regole del vivere insieme. La positività di questi enunciati si scontra tuttavia con due elementi che a nostro avviso si pongono in contraddizione con quanto dichiarato. Ci soffermeremo, in modo particolare, sulle modalità con le quali sono descritti i processi di insegnamento-apprendimento e i criteri che determinano il voto di condotta.

Per quanto riguarda il primo aspetto, è possibile osservare che, nonostante il richiamo forte alla valorizzazione delle differenze individuali, i processi didattici si svolgono in modo tradizionale, risultando ancorati e orientati da una modalità che classifica gli allievi secondo il duplice parametro eccellenza/recupero. Le attività di recupero, in particolare, riguardano gli allievi ritenuti più deboli, in funzione del raggiungimento di quelli che sono considerati gli obiettivi minimi. Ne è una prova la premessa del POF, che porta la firma del Dirigente Scolastico, nella quale emerge con evidenza tale contrapposizione, nel punto in cui è ribadita la necessità della scuola di dare valori culturali uguali per tutti e differenziare le attività in relazione ai bisogni (recupero, cura dell’eccellenza ma anche diverse proposte di attività aggiuntive).

Quanto dichiarato non trova tuttavia riscontro nelle attività didattiche, che generalmente sono svolte in classe secondo una modalità collettiva, prevedendo solamente in alcune circostanze insegnamenti individualizzati, in piccoli gruppi, a classi aperte e in contesti diversi dall’aula. Allo stesso modo, anche il potenziamento di ciò che è definito eccellenza non è attuato all’interno dei percorsi curricolari, che risulterebbero così articolati in modo tale da valorizzare le risorse degli allievi, ma nell’ambito di corsi pomeridiani specifici, riguardanti perlopiù il conseguimento di certificazioni nella seconda lingua e nell’informatica, attuati attraverso la partecipazione economica delle famiglie. Per quanto riguarda invece le attività extrascolastiche rivolte a coloro che sono ritenuti in difficoltà, si tratta generalmente di corsi di alfabetizzazione della lingua italiana per allievi non italofoni. Inoltre, all’interno del POF si riscontra una confusione nell’uso di termini quali metodologie didattiche e strumenti multimediali, definiti erroneamente metodi di apprendimento, laddove si afferma che Accanto alla didattica tradizionale sono favoriti metodi di apprendimento (LIM- Libri di testo digitali, etc) che aiutano gli studenti a selezionare le informazioni, nonché ad approfondire le tematiche