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Kagan: l’Approccio Strutturale

Apprendimento cooperativo e didattica inclusiva

4.7. Kagan: l’Approccio Strutturale

L’Approccio Strutturale è stato elaborato da Kagan verso il 1990 e ha trovato un’ampia diffusione negli Stati Uniti penetrando poi, anche se in parte, nel contesto italiano. Kagan, in seguito all’osservazione di numerose classi al lavoro, aveva constatato come la didattica tradizionale non consentiva una piena partecipazione di tutti alle attività scolastiche. Gli studenti, infatti, che si mostravano più pronti dal punto di vista intellettuale e sociale, riuscivano a prendere parte alle discussioni, a esprimere il proprio pensiero e, conseguentemente, a migliorare nell’apprendimento. Per gli altri, invece, la scuola non riusciva a garantire queste opportunità. Il punto di partenza di Kagan è dato dall’introduzione del concetto di elemento, che rappresenta l’associazione tra un’azione (es. spiegare, rispondere, porre domande, ecc…) e il corrispondente soggetto (che può essere, a seconda dei casi, l’allievo o l’insegnante). Secondo l’autore il limite più grande della didattica tradizionale è dato dal fatto che questa si svolge all’interno di una dimensione lineare, caratterizzata dalla sequenzialità temporale, che prevede lo svolgimento di singoli elementi, che si succedono l’uno all’altro e che coinvolgono un basso numero di individui per volta. Come esemplificazione pensiamo, ad esempio, alla classica interrogazione, che in alcuni casi occupa una gran parte dell’orario di un insegnante e che coinvolge in modo attivo un esiguo numero di studenti alla volta, o alla lezione frontale, nell’ambito della quale a pochi allievi (generalmente quelli riconosciuti come maggiormente capaci) è consentito intervenire

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per porre domande o confermare quanto espresso dall’insegnante. In un contesto così altamente omologante, gli allievi ritenuti dai docenti più deboli non hanno la possibilità effettiva di partecipare a quanto proposto, trovandosi quindi in una situazione di marginalizzazione che conduce, come evidenziato precedentemente, a pratiche discriminatorie (allontanamento dall’aula, bocciature, ecc…). Il superamento di una situazione di linearità è reso possibile secondo Kagan dall’uso delle strutture, che rappresentano delle modalità di organizzare l’interazione tra gli studenti in classe attraverso un uso congiunto di singoli elementi. In questo modo, un po’ come avviene nella chimica, dove la combinazione di elementi basici dà vita a delle sostanze (così è, ad esempio, per il cloruro di sodio, ottenuto dall’unione di due elementi, il sodio e il cloruro) la combinazione di diversi elementi, che ha luogo nelle strutture, riesce ad ottenere il risultato di creare situazioni di apprendimento nuove, che rispondono al criterio di accrescere la partecipazione e il coinvolgimento di tutti alle attività proposte.

Nello stesso tempo, nel confronto con le altre modalità di Cooperative Learning, le strutture hanno il merito di possedere una maggiore facilità di attuazione da parte degli insegnanti, riuscendo quindi nell’obiettivo di garantire una maggiore continuità. Kagan infatti osservava che gli insegnanti generalmente abbandonavano l’uso del Cooperative Learning, anche dopo poco tempo dalla sua prima applicazione in quanto lo ritenevano troppo complesso. Secondo Kagan, l’introduzione delle strutture riesce a sciogliere queste difficoltà e ad aprire la strada per quello che lui definisce un New Cooperative Learning (Kagan, 1994, 1997, 2000): esse infatti, per la loro immediatezza e versatilità, contribuiscono in modo significativo alla strutturazione di un contesto cooperativo e stimolante.

Pertanto, i principi sui quali si basa l’approccio strutturale sono:

a) Interazione simultanea: le attività didattiche devono essere progettate in modo tale da offrire agli studenti di una classe la possibilità di interagire nello stesso tempo. Nella didattica tradizionale, che si sviluppa secondo una successione temporale lineare, gli allievi sono chiamati a parlare uno alla volta, usufruendo quindi di occasioni di confronto minori rispetto a quelle previste da una interazione simultanea in piccoli gruppi.

b) Equa partecipazione: tutti gli studenti devono essere incoraggiati a partecipare alle attività proposte. La partecipazione è infatti considerata un ingrediente

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fondamentale del successo scolastico ed è favorita dall’assegnazione di turni e da una divisione del lavoro tra i membri del gruppo che tiene conto delle specifiche abilità possedute da ciascuno.

c) Interdipendenza positiva: tale principio riconosce che il profitto di ogni studente è correlato a quello degli altri. In modo analogo al Learning Together, l’interdipendenza può essere di obiettivi (i membri del gruppo hanno uno scopo comune, come la realizzazione di un cartellone, una relazione, ecc…), di premi (il riconoscimento di gruppo è basato sui contributi offerti da ciascuno), di compito (si suddivide il compito in sotto-unità, che sono svolte da ciascuno), di risorse (differentemente dall’approccio dei fratelli Johnson, in questo caso si fa riferimento in modo specifico non alle risorse intese come abilità specifiche degli studenti, ma alla diversa tipologia di materiali che occorrono per la realizzazione di un lavoro di gruppo e che è bene sia distribuita in modo equo tra i diversi membri), e di ruoli.

d) Responsabilità individuale: in base ad essa, il contributo di ogni studente è ritenuto fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi del gruppo.

La seguente tabella offre una esemplificazione del significato che assume la gestione simultanea in alcuni aspetti organizzativi riguardanti l’azione didattica del docente:

Scopo Metodo sequenziale Metodo simultaneo Formare i gruppi Si chiamano gli studenti uno

alla volta

Gli studenti si aggregano secondo le consegne date Distribuire i materiali L’insegnante o uno studente

distribuisce i materiali uno

mentre l’insegnante parla I gruppi lavorano mentre l’insegnante parla con lo

Tab. 9 Differenze principali tra metodo sequenziale e metodo simultaneo (Kagan, 2000)

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Le strutture inoltre non sono legate specificatamente ad alcun concetto disciplinare in quanto, rappresentando piuttosto un modo di dar forma all’interazione degli studenti, prescindono da contenuti specifici e possono essere utilizzate per sollecitare ambiti più estesi quali la padronanza delle conoscenze, le competenze cognitive, la condivisione delle informazioni e le competenze comunicative. Esse inoltre, dovrebbero essere predisposte in modo tale da consentire contemporaneamente il miglioramento del clima di gruppo (team-building) e di classe (class-building). Nei suoi lavori Kagan (1994, 2000) ha individuato un centinaio di strutture, precisando tuttavia che queste rappresentano degli strumenti flessibili, che possono essere modificate dagli stessi insegnanti, secondo il principio per il quale «The more ways we teach, the more pupils we reach»207. In questa sede, riportiamo le strutture che sono state applicate nel nostro lavoro di ricerca, che sarà illustrato in modo dettagliato successivamente. Si tratta, in particolare, di strutture che si caratterizzano per la loro semplicità di attuazione e che perseguono la finalità di promuovere contemporaneamente le abilità cognitive, sociali e prosociali degli allievi.

1) Strutture per la padronanza delle conoscenze:

a) Paircheck (controllo di coppia): uno studente lavora su un compito dato mentre l’altro, con il ruolo di istruttore, controlla ed eventualmente aiuta.

b) Flash cards game: i ragazzi preparano le flashcards, cioè delle carte che riportano su una facciata una domanda o una formula e sul retro la risposta, che poi si scambiano tra di loro; tale struttura consente quindi di lavorare contemporaneamente su domande di diverso tipo e riduce la necessità dell’intervento dell’insegnante nelle operazioni di correzione.

c) Numbered heads (Teste numerate). Si svolge attraverso le seguenti fasi:

1) a ogni studente del gruppo è assegnato un numero progressivo pari al numero dei componenti; 2) l’insegnante fornisce una consegna o pone una domanda avendo cura di avvertire i gruppi che ciascun componente sia edotto su quanto richiesto, stabilendo anche un tempo massimo da

207 Kagan, S. & Kagan, M. (1998). Multiple Intelligences: The Complete MI Book. San Clemente, CA:

Kagan Publishing. p. 6. Trad. nostra: più strategie si utilizzano nell’insegnamento, maggiori sono le possibilità di raggiungere gli allievi.

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rispettare; 3) gli studenti di ciascun gruppo uniscono le loro teste per pensare e per concordare la risposta, facendo attenzione che tutti sappiano rispondere; 4) l’insegnante chiama un numero per rispondere, verificando poi la correttezza della risposta.

d) Send a problem (invia un problema). Si articola nel modo seguente:

1) ciascun componente del gruppo formula una domanda e la scrive su una carta, condividendola con i propri compagni. Sul retro di ciascuna carta sono poi scritte le risposte concordate insieme; 2) le carte sono inviate a un altro gruppo: un membro legge la prima domanda e tutti cercano di rispondere, se c’è accordo con la risposta scritta sulla carta si passa alla seconda domanda, altrimenti si scrive una risposta alternativa; 3) completato il giro, tutti i gruppi discutono insieme le alternative trovate.

2) Strutture per le competenze cognitive:

a) Think pair share (pensa, coppia, condividi):

1) gli alunni, a livello individuale, sono sollecitati dall’insegnante a riflettere su un argomento assegnato e, successivamente, in coppia con un compagno a confrontare le proprie osservazioni giungendo infine a una risposta condivisa; 2) un membro della coppia è invitato a riferire quanto emerso dal confronto con il compagno e tutte le osservazioni sono discusse con l’intera classe.

Questa struttura può essere applicata secondo diverse varianti: il Write, pair, share se è proposta in forma scritta, oppure il Think pair square, se il confronto finale avviene nei singoli gruppi anziché con tutta la classe.

3) Strutture per la condivisione delle informazioni:

a) Roundrobin (Circolo). Si articola nel seguente modo:

1) si formano gruppi di 4-5 studenti; 2) l’insegnante assegna un argomento di discussione, stabilendo un tempo per pensare individualmente alla risposta; 3) nei gruppi gli studenti rispondono oralmente, secondo un ordine prefissato (per esempio facendo il giro in senso orario). Ciascuno ha a disposizione lo stesso tempo per rispondere (è consigliabile che il gruppo individui un controllore del tempo); 4) l’insegnante chiama un rappresentante dei diversi gruppi chiedendogli di esporre la risposta. Questa

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struttura assume la denominazione di Roundtable se è svolta in forma scritta (gli allievi si passano un foglio sul quale scrivono le loro risposte, confrontando al termine del tempo assegnato quanto evidenziato da ciascuno).

b) Three step interview (Intervista a tre passi). In questo caso:

1) l’insegnante pone un quesito, assegnando agli studenti, organizzati in gruppi da quattro, un tempo dato per la riflessione individuale; 2) i gruppi si suddividono al loro interno in coppie: ciascuna coppia ha a disposizione un certo intervallo (all’incirca un paio di minuti per componente) per esprimere la propria opinione o rispondere al quesito, assegnando a ciascun membro a turno il ruolo dell’intervistatore e dell’intervistato; 3) le coppie si riuniscono in quartetti e ciascuno riferisce quanto ha ascoltato dal proprio compagno di coppia; 4) tutti partecipano alla discussione sulle varie idee emerse.

4) Strutture per le competenze comunicative:

a) Talking chips (Gettoni per parlare). Ogni studente possiede un numero fisso di gettoni, che posiziona al centro del tavolo nel momento in cui vuole parlare, fino al loro termine. In questo modo è garantita la partecipazione d i tutti i membri del gruppo alle attività.

b) Corners (Angoli):

1) l’insegnante annuncia tre o quattro argomenti di discussione, chiedendo agli studenti di scrivere individualmente una risposta; 2) nell’aula sono predisposti degli angoli di discussione, ciascuno dei quali è espressione di una determinata posizione in merito al problema affrontato; 3) gli studenti si muovono verso l’angolo che ritengono maggiormente rappresentativo della propria prospettiva; 4) l’insegnante fornisce domande guida per la discussione, chiedendo agli allievi di discuterne prima in coppia, poi a coppie prima e infine in gruppo; 5) l’insegnante interpella gli studenti di ciascun angolo invitandoli a condividere le proprie ragioni con il resto della classe, avviando così una discussione collettiva.

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c) Paraphrase (Parafrasi): ogni componente del gruppo esprime la propria opinione avendo cura, prima del proprio intervento, di fare la parafrasi, cioè di sintetizzare il contenuto dell’opinione di chi l’ha preceduto.

d) Team value lines (linee dei valori di gruppo):

1) si definisce un certo argomento sul quale emergono idee differenti;

l’insegnante prepara una linea di valore indicando agli estremi due posizioni antitetiche; b) gli studenti esprimono la propria posizione ponendo un segno sulla linea di valore, costruita secondo una scala che va da 1 (massimo disaccordo) a 10 (massimo accordo); c) gli studenti avviano una discussione di gruppo per motivare la propria scelta; d) al termine del confronto gli studenti sono chiamati a ridefinire o a ribadire le proprie posizioni.

Oltre alle strutture Kagan (1994, 2000) ricorda poi il Jigsaw, che, a partire dall’elaborazione fornita da Aronson (Aronson & al., 1978), si è diffuso in modo trasversale nelle diverse modalità di Apprendimento cooperativo, dando luogo a tre differenti versioni (Jigsaw I, II e III) e il Co-op, Co-op, basato sulla suddivisione di una unità in sottoargomenti, che sono affidati in forma individuale a ciascun allievo.