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Il Cooperative Learning: definizione

Apprendimento cooperativo e didattica inclusiva

4.1. Il Cooperative Learning: definizione

Il Cooperative Learning rappresenta un concetto sul quale, nonostante la sua ampia diffusione nel linguaggio degli insegnanti, tuttora esistono notevoli ambiguità interpretative. Secondo Ellerani (2013), infatti, gli insegnanti nutrono nei confronti di tale metodologia cinque tipologie fondamentali di misconoscenze:

la sua identificazione con il generico e non strutturato lavoro di gruppo, la considerazione che questo rappresenta una sorta di gabbia per gli insegnanti che li obbliga a seguire percorsi predefiniti e che produce effetti omologanti per l’individuo, considerato esclusivamente in funzione del gruppo, il timore che esso rappresenti una via di promozione per gli alunni ritenuti migliori, che potrebbero sentirsi legittimati a lavorare al posto degli altri e che, infine, escluda completamente forme individuali di apprendimento.

Secondo Kagan (2000), inoltre, gli insegnanti si accostano con diffidenza a tale metodologia in quanto temono che i principi di cooperazione veicolati dall’apprendimento cooperativo si pongano in contrasto con le esigenze competitive dettate dalla società esterna. Inoltre, molti insegnanti temono che l’apprendimento cooperativo elimini l’uso della lezione frontale, accentuando così i problemi legati alla conduzione della classe.

Per confutare tali credenze, riportiamo alcune definizioni di apprendimento cooperativo, che ci consentiranno di formulare alcune riflessioni fondamentali.

Secondo Kagan, questo rappresenta una «teaching strategy in which small teams of students (usually teams of 4) work together towards a learning goal»183, mentre per

183 Kagan, S., What is Cooperative Learning. risorsa online. http://www.t2tuk.co.uk/Default.aspx. Trad.

nostra: metodologia di apprendimento in cui piccoli gruppi di studenti (generalmente da quattro) lavorano insieme in vista di un obiettivo di apprendimento.

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Slavin questo è dato da un insieme di «methods that share the idea that students work together to learn and are responsible for their teammates’ learning as well as their own»184. Una ulteriore definizione è quella di Cohen, per la quale il Cooperative Learning rappresenta una metodologia che utilizza «studenti che lavorano insieme in un gruppo abbastanza piccolo da consentire la partecipazione di ognuno a un compito che sia stato chiaramente assegnato»185, mentre secondo Baloche (1997), esso rappresenta la via privilegiata per promuovere la cooperazione tra gruppi eterogenei di studenti, in vista del raggiungimento di uno scopo.

Una definizione particolarmente accurata è quella proposta dai fratelli Johnson, secondo i quali il Cooperative Learning costituisce una metodologia che prevede

«the instructional use of small groups so that students work together to maximize their own reciprocal learning»186.

Jacobs et al. integrano questa definizione precisando che si tratta di «principle and techniques for helping students work together more effectively»187. Secondo gli studiosi, sarebbe opportuno nella definizione omettere il riferimento ai gruppi in quanto il Cooperative Learning ha in sé un valore che va oltre la loro stessa azione. Comoglio (1999) ha esteso tali definizioni precisando che si tratta di una metodologia didattica a mediazione sociale, che presuppone ruoli di insegnanti e allievi molto differenti rispetto a quanto avviene nelle metodologie didattiche tradizionali, definite a tal proposito a mediazione dell’insegnante, nelle quali la responsabilità del successo scolastico degli studenti è affidato quasi esclusivamente ai docenti.

Come evidenziato dalle tabelle successive, sono notevoli infatti le differenze che si riscontrano in un contesto di apprendimento mediato dall’insegnante oppure, al contrario, in uno che si basa sulla mediazione degli studenti:

184 Slavin, R. (1995). Cooperative Learning. Theory, Research and Practice. Boston: Allyn & Bacon. p.3.

185 Cohen, E. (1999). Organizzare I gruppi cooperativi. Ruoli, funzioni, attività. Trento: Erickson. pp 25-26.

186 Jhonson, D. & Jhonson, R. (1987). Learning Together and alone. Cooperative, competitive, and individualistic learning. Englewood Cliffs: Prentice Hall. p. 6. Trad. nostra: l’uso intenzionale di piccoli gruppi di studenti che lavorano insieme per massimizzare il proprio reciproco apprendimento.

187 Jacobs, G., Power, M. &Wann Inn, L. (2005). The Teacher's Sourcebook for Cooperative Learning.

Practical Techniques, Basic Principles, and Frequently Asked Questions. Thousand Oaks: Corwin. p. 7.

Trad. Nostra: principi e tecniche per aiutare gli studenti a lavorare insieme in modo più efficace.

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APPRENDIMENTO MEDIATO DALL’INSEGNANTE

L’insegnante Lo studente

a) È la risorsa principale del processo di insegnamento;

b) È orientato soprattutto verso i contenuti;

c) Fissa il ritmo di apprendimento;

d) Valuta i livelli raggiunti e il livello minimo da raggiungere;

e) Predilige la spiegazione come modalità di comunicazione;

f) Insegna secondo le modalità che preferisce o che crede siano efficaci

a) È scarsamente coinvolto nel processo di insegnamento;

b) Accoglie con fiducia o remissività i contenuti proposti;

e) È prevalentemente ricettivo di fronte alla spiegazione dell’insegnante;

f) Si adatta alla modalità stabilita dall’insegnante

APPRENDIMENTO MEDIATO DAI COMPAGNI

L’insegnante Lo studente

a) Agevola l’apprendimento degli alunni;

b) Organizza e pianifica il lavoro in funzione di specifici obiettivi

b) Partecipa attivamente alla conduzione del proprio apprendimento e di quello dei compagni;

c) Vive la diversità come una ricchezza e non come un impedimento o ostacolo;

d) Si autovaluta; valuta con i compagni e con l’insegnante;

e) Si assume la responsabilità del proprio apprendimento e di quello dei compagni;

f) Apprende dalle competenze altrui, è educato a collaborare in modo efficace sulla base del compito affidato, al di là dell’amicizia.

Tab. 1 Ruoli del docente e degli studenti nei due modelli (adattamento da Comoglio, 1999)

Ciò che cambia fortemente è quindi la dimensione relazionale nella quale si svolge l’apprendimento e la sua differenza da un modello che può essere definito di tipo competitivo o individualistico. Infatti, «a differenza dei metodi tradizionali, che puntano invece sulla qualità e sull'estensione delle conoscenze didattiche e di contenuto dell'insegnante, esso è finalizzato a gestire e a organizzare esperienze di apprendimento condotte dagli stessi studenti e, insieme, a sviluppare obiettivi educativi di

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collaborazione, solidarietà, responsabilità e relazione, riconosciuti efficaci anche per una migliore qualità dell'apprendimento»188.

Profondamente differente è anche la natura degli obiettivi didattici e le modalità che determinano il loro raggiungimento. Nella prima modalità, quella competitiva, ognuno può raggiungere i propri obiettivi solo grazie al fallimento dell’altro: il successo di un membro (pensiamo, ad esempio, a quanto avviene in una gara di corsa) pregiudica necessariamente la probabilità di un altro di conseguire lo stesso risultato (questa situazione può essere riassunta dall’aforisma io vinco e tu perdi). Ciò implica, in particolare:

a) obiettivi individuali;

b) lavoro individuale;

c) interdipendenza negativa;

d) valutazione di tipo comparativo e con fine selettivo.

La seconda modalità (quella individualistica), che può essere invece sintetizzata con l’espressione chi fa da sé fa per tre (Polito, 2003), assume come caratteristiche fondamentali:

a) assenza di interdipendenza;

b) lavoro individuale;

c) obiettivi individuali;

d) valutazione riferita a criteri esterni rispetto all’allievo.

È bene ricordare che gli insegnanti difficilmente ritengono di promuovere situazioni competitive tra gli allievi, che tuttavia, a un’attenta analisi, risultano ben radicate nelle pratiche educative. Solo per fare un esempio, ricordiamo l’abitudine degli insegnanti di porre una domanda e di consentire a un solo allievo (generalmente il più veloce e/o abile) di rispondere, oppure alle manifestazioni competitive di vario genere (culturali, come le competizioni riguardanti le discipline matematiche o linguistiche, o sportive)

188 Comoglio, M. & Cardoso, M. (1996). Insegnare e apprendere in gruppo. LAS: Roma. pp. 22-23.

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promosse nelle scuole e alle quali partecipano esclusivamente studenti appositamente selezionati.

Riportiamo come esemplificazione un tipico esempio di una modalità di insegnamento che veicola negli studenti atteggiamenti competitivi (Slavin, 1995):

«“Classe” dice Ms. James “chi ricorda a quale categoria di termini appartengono parole come “esso”, “tu” ed “egli”?”

Venti mani si alzano nella quinta classe di Ms. James. Altri dieci studenti cercano di farsi piccoli nella speranza di non essere chiamati da Ms. James. L’insegnante chiama Eddie.

“Proverbio?”

La classe ride. Ms. James dice, “No, non è proprio esatto.” Gli studenti alzano la mano di nuovo. Alcuni di loro si sporgono per metà dalle loro sedie chiamando con fervore:

“Io! Io!”»189.

Jacobs et al. (2005) individuano a tal fine un elenco di comportamenti degli insegnanti che possono contribuire a favorire o meno atteggiamenti cooperativi tra gli studenti (p. 25, trad. nostra):

Classe che scoraggia la cooperazione Classe cooperativa a) Tieni gli occhi sul tuo foglio.

b) Non parlare con il tuo vicino.

c) Fai il tuo lavoro e fai in modo che gli altri facciano il proprio.

d) Se hai bisogno di aiuto, chiedi all’insegnante.

e) Ricerca a tutti i costi (anche attraverso la competizione) l’attenzione

dell’insegnante.

a) Guarda cosa stanno facendo i compagni per imparare dagli altri, aiutarli e condividere idee e materiali.

b) Parla con il tuo vicino in modo tale da scambiarvi idee, spiegazioni,

suggerimenti e domande.

c) Condividi il tuo lavoro con gli altri così che ciò che fate insieme divenga migliore della somma delle sue parti.

d) Se hai bisogno di aiuto, chiedi ai compagni di gruppo o agli altri prima di rivolgerti all’insegnante.

e) Lascia a ciascuno studente l’opportunità di essere la persona che parla per il gruppo.

Tab. 2 Cooperazione di classe

189 Slavin, R. (1995). Op. cit., p. 1.

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Nell’apprendimento cooperativo, esemplificato dal motto Tutti per uno uno per tutti, prevale invece una modalità che valorizza contemporaneamente la dimensione individuale e collettiva e che racchiude in sé i seguenti elementi:

a) quando un membro raggiunge i suoi obiettivi, tutti gli altri raggiungono i propri obiettivi;

b) interdipendenza positiva;

c) obiettivi individuali e di gruppo;

d) funzione positiva e di rinforzo della valutazione.

Come accennato precedentemente, l’apprendimento cooperativo si è strutturato e diversificato con il tempo secondo una multiformità di approcci o modalità (Ellerani, 2013), ciascuno dei quali ha privilegiato alcuni aspetti specifici.

a) Student Team Learning (Slavin, 1983): valorizza la dimensione della motivazione estrinseca. Slavin, infatti, sostiene che non tutti gli studenti possiedono una motivazione tale (motivazione intrinseca) da condurli a impegnarsi in modo continuativo nell’apprendimento. Il confronto con i compagni può agire allora come propellente in tal senso, all’interno di un contesto nel quale i rinforzi positivi assumono un ruolo strategico. Infatti,

«provision of group goals based on the individual learning of all group members may affect cognitive processes directly, by motivation students to engage in peer modeling, cognitive elaboration, and/or practice with one another. Group goals may also lead to group cohesiveness, increasing caring and concern among group members, making them feel responsible for one another’s achievement, thereby motivating students to take responsibility for one another independently of the teacher, thereby solving important classroom organization problems, and providing increased opportunities for cognitively appropriate learning activities»190.

190 Slavin, R. (1996). Research on Cooperative Learning and achievement: What we Know, What we need to Know, Contemporary Educational Psychology, 21, p. 52. Trad. nostra: la predisposizione di obiettivi di gruppo basati sull'apprendimento individuale di tutti i membri del gruppo possono influenzare direttamente i processi cognitivi, a partire dalla motivazione degli studenti a impegnarsi imitando i pari, alla riflessione cognitiva, e/o allo svolgimento di esercizi con un altro compagno. Gli obiettivi di gruppo possono anche portare a una coesione di gruppo, aumentando la cura e la preoccupazione tra i membri del gruppo, facendoli sentire responsabili l’uno dei risultati dell’altro, e motivando in tal modo gli studenti ad

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b) Complex Instruction (Cohen, 1986, 1999): pone al centro delle sue riflessioni il concetto di equità (Cohen, Lotan, Scarloss & Arellano, 1999). Essa riconosce, in particolare, che le relazioni degli studenti sono influenzate dallo status che ciascuno di loro assume all’interno di un gruppo. Ci sono così alcuni allievi ai quali, per motivazioni che possono essere di natura sociale, intellettuale o culturale, può essere riconosciuta un’influenza maggiore rispetto agli altri. La didattica tradizionale presenta quindi dei limiti in quanto risulta finalizzata al possesso di poche abilità di base predeterminate (leggere, sintetizzare, memorizzare, ecc…), il cui uso privilegia determinate categorie di studenti.

Nello stesso tempo, anche il lavoro di gruppo potrebbe risultare fuorviante, in quanto potrebbe determinare una situazione in cui gli allievi con uno status più elevato tendono a prevalere e ad assumere un ruolo dominante, con una conseguente situazione di isolamento degli allievi che hanno un più basso livello di apprendimento. La conseguenza potrebbe essere la seguente:«Paradoxically, in Cooperative Learning designed to promote equity, unless the teacher intervenes to equalize rates of participation, the rich get richer, and the gap in academic achievement widens»191. È necessario allora, per dare a tutti un’opportunità di contribuire al lavoro di gruppo, ampliare la complessità dei compiti proposti agli studenti, inserendo una gamma più estesa di abilità che devono essere attivate all’interno di un compito e che, per la loro variabilità, difficilmente risultano in possesso di un singolo allievo. In questo modo, tutti sentono che il proprio contributo è essenziale per il successo del gruppo, sentendosi quindi valorizzati.

c) Collaborative Approach (Cowie E. & Rudduck, 1988a, 1988b; Reid, Forrestal

& Cook,1989): riconosce l’importanza che tra gli studenti esistano dei rapporti di collaborazione, che tuttavia non devono essere confusi con i legami dettati

assumersi la responsabilità per l'altro indipendentemente dal docente, risolvendo in tal modo importanti problemi organizzativi in aula, e fornendo una maggiore opportunità per lo svolgimento di attività di apprendimento adeguate dal punto di vista cognitivo,

191 Cohen, E. & Lotan, R.A. (1997). Working for Equity in Eterogeneous Classrooms. Sociological Theory in Practice. New York: Teachers College Press. p. 85. Trad. nostra: Paradossalmente, nel Cooperative Learning progettato per promuovere l'equità, a meno che l'insegnante non intervenga per eguagliare i livelli di partecipazione, i ricchi diventano più ricchi, e il divario nel rendimento scolastico si accresce.

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dall’amicizia. Questi, infatti, sono riconosciuti rilevanti nel consentire l’acquisizione da parte degli allievi delle capacità di comunicare, di condividere le informazioni e di lavorare insieme in vista del raggiungimento di uno scopo comune. Secondo gli studiosi di riferimento, l’acquisizione di queste abilità incide positivamente sulle capacità degli studenti di affrontare e risolvere i conflitti, migliorando le relazioni sociali tra coloro che appartengono a gruppi sociali ed etnici diversi.

d) Group Investigation (Sharan & Sharan, 1992): si ispira direttamente alla teoria di Dewey e ha come focus il concetto di ricerca di gruppo, che rappresenta «un metodo di strutturazione della classe in base a quale gli studenti lavorano in collaborazione a piccoli gruppi per esaminare, sperimentare e comprendere i propri argomenti di studio»192. Gli studenti sono sollecitati a porsi degli interrogativi sugli aspetti della realtà che ritengono importanti e ad organizzare attività di ricerca che prevedono la pianificazione delle attività da svolgere, la ricerca delle fonti, la discussione delle informazioni e la presentazione agli altri gruppi dei risultati ottenuti. L’interazione tra i diversi membri del gruppo e la presenza all’interno della classe di un clima collaborativo rappresenta un elemento fondamentale ai fini del raggiungimento degli scopi del gruppo e, più in generale, dell’acquisizione e del consolidamento degli apprendimenti.

e) Learning Together (Johnson & Johnson, 1987) e Approccio Strutturale (Kagan, 1994): rappresentano le metodologie che hanno orientato l’asse della ricerca e che, per tale ragione, troveranno una trattazione più esauriente nei prossimi paragrafi. Si tratta, inoltre, delle modalità che hanno incontrato una maggiore diffusione nel contesto italiano, che risultano di maggiore facilità attuativa e che, soprattutto, a nostro avviso rispondono maggiormente alla necessità di potenziare congiuntamente le abilità cognitive e sociali degli studenti, soddisfacendo in misura maggiore ai requisiti, così come evidenziato nel precedente capitolo, richiesti a una didattica che voglia definirsi inclusiva.

192 Sharan, Y. & Sharan, S. (1998). Gli alunni fanno ricerca. L’apprendimento in gruppi cooperativi.

Trento: Erickson. p. 27.

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A questi si aggiungono poi il metodo CIRC (Cooperative Integrated Reading and Composition) per l’apprendimento linguistico e il TAI (Team Assisted Individualitation) per l’area logico-matematica (Slavin, 1986).