• Non ci sono risultati.

Altre strategie di decisione legislativa

IMPLICAZIONI E PROSPETTIVE

4. Altre strategie di decisione legislativa

4.1 Esempi di “apparenti” leggi sperimentali

Suscita particolare interesse l’esistenza di una prassi legislativa recente, che a prima vista appare assimilabile alle esperienze europee di legislazione sperimentale. Negli ultimi anni, infatti, il legislatore ha espressamente qualificato alcune disposizioni come “sperimentali”, limitandone nel tempo l’applicazione, generalmente ad uno o due anni.

I casi osservati sono tutti successivi alla citata legge n. 50 del 1999, che, come si è visto, ha posto una disciplina “sperimentale” dell’analisi di impatto della regolamentazione; in ogni caso, gran parte di queste ipotesi si collocano negli ultimi cinque anni.

Queste disposizioni si trovano soltanto in alcune tipologie omogenee di atti normativi, cioè le leggi finanziarie e gli atti aventi forza di legge del Governo, con la grande prevalenza dei decreti legge. Quest’ultima circostanza desta certamente perplessità, potendosi dubitare della idoneità di tale strumento normativo ad introdurre misure sperimentali, sicuramente prive di qualsiasi ragione di urgenza: la scelta di far precedere l’introduzione “a regime” di una riforma da una esperienza

81 Par. 2.2.4: “Tenuto conto di quanto sopra esposto si raccomanda alle amministrazioni di: riconsiderare l'individuazione degli uffici AIR e VIR, tenendo conto della necessità di valorizzare professionalità specifiche, possibilmente già esistenti all'interno dell'Amministrazione; porre una particolare cura nella redazione della relazione AIR, da predisporre seguendo il modello annesso al regolamento di nuova emanazione; programmare l'attività normativa di rispettiva competenza in modo da disporre di spazi temporali adeguati per potere effettuare l'AIR svolgendo altresì le necessarie procedure di consultazione delle categorie interessate dall'intervento di regolazione; tenere conto già in fase di predisposizione della scheda AIR (con particolare riferimento agli indicatori relativi agli obiettivi e ai risultati attesi) della futura necessità di effettuare, nei casi prescritti, la VIR”.

applicativa di alcuni anni appare per definizione incompatibile con l’improcrastinabilità che dovrebbe caratterizzare gli interventi predisposti ai sensi dell’art. 77 Cost.

In realtà, l’impiego di questo tipo di fonte è un primo indizio della reale natura di tali disposizioni qualificate “sperimentali”. Se si guarda, infatti, al contenuto di questi provvedimenti, che appare per lo più omogeneo nelle varie ipotesi, sembra che la scelta di limitare nel tempo l’applicazione della disciplina adottata non sia giustificata dall’intenzione di valutarne gli effetti, in vista di future “correzioni” legislative, ma piuttosto da ragioni di carattere finanziario; le misure sperimentali, cioè, sono per lo più attribuzioni di risorse una tantum, in vista di sostenere, attraverso agevolazioni fiscali o misure di sicurezza sociale, determinate categorie deboli del mercato del lavoro o di rilanciare l’occupazione.

Lo scarto rispetto alla dinamica sperimentale vera e propria si desume anche dal fatto che non sono mai previsti sistemi di valutazione successiva degli effetti legislativi, se non sotto la forma, in alcuni casi, del monitoraggio della spesa pubblica ad opera del Ministero delle finanze. Inoltre, non vengono mai individuati campioni rappresentativi, suscettibili di costituire termini di confronto, ma l’applicazione della disciplina è generalizzata e risulta quindi limitata solo dal punto di vista temporale. Alcuni esempi possono servire a chiarire quanto appena riferito.

L’art. 19, comma 2, d.l. 185/2008 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2, e riformato dalla l. 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010), ha introdotto “in via sperimentale” per tre anni una misura di tutela del reddito dei collaboratori coordinati e continuativi82.

82 La disposizione in questione, come sostituita dalla legge finanziaria per il 2010, prevede che “in

via sperimentale per il biennio 2010-2011, a valere sulle risorse di cui al comma 1 e comunque nei limiti di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, e nei soli casi di fine lavoro, fermo restando quanto previsto dai commi 8, secondo periodo, e 10, è riconosciuta una somma liquidata in

un’unica soluzione, pari al 30 per cento del reddito percepito l’anno precedente e comunque non superiore a 4.000 euro, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’ articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via

congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l’anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro; c) con riguardo all’anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo

La stessa legge finanziaria per il 2010 ha previsto, in via sperimentale per un anno, una riduzione contributiva per i datori di lavoro che assumono lavoratori beneficiari dell’indennità di disoccupazione non agricola83 e l’attribuzione della contribuzione figurativa integrativa ai beneficiari di qualsiasi trattamento di sostegno al reddito non connesso a sospensioni del lavoro84.

Altro esempio è l’art. 1 del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito dalla l. 3 agosto

2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno; d) risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi; e) risultino accreditate nell’anno precedente almeno tre mensilità presso la predetta Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995. Restano fermi i requisiti di accesso e la misura del trattamento vigenti alla data del 31 dicembre 2009 per coloro che hanno maturato il diritto entro tale data”.

L'art. 7-ter, comma 8, d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla l. 9 aprile 2009, n. 33, ha inserito un comma 2-bis, che ha precisato i mezzi di copertura finanziaria per l’anno 2009.

La stessa legge finanziaria per il 2010 ha introdotto un comma 2ter, che ha previsto un’altra misura sperimentale a favore della medesima categoria di lavoratori: “In via sperimentale per l’anno 2010, per l’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, ai fini del perfezionamento del requisito contributivo si computano anche i periodi svolti nel biennio precedente in via esclusiva sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nella misura massima di tredici settimane. Per quantificare i periodi di copertura assicurativa svolti sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa si calcola l’equivalente in giornate lavorative, dividendo il totale dell’imponibile contributivo ai fini della Gestione separata nei due anni precedenti per il minimale di retribuzione giornaliera”.

V. la circolare Inps n. 74 del 26 maggio 2009, avente ad oggetto l’“istituto sperimentale di tutela del reddito per i collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni” per la prima disciplina, poi sostituita dalla n. 36 del 9 marzo 2010.

83 L’art. 1, comma 134, ha previsto infatti che “in via sperimentale per l’anno 2010, la riduzione contributiva prevista dall’ articolo 8, comma 2, e dall’articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è estesa, comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010, ai datori di lavoro che assumono i beneficiari dell’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, che abbiano almeno cinquanta anni di età. La durata della riduzione contributiva prevista dal citato articolo 8, comma 2, e dal citato articolo 25, comma 9, della legge n. 223 del 1991è prolungata, per chi assume lavoratori in mobilità o che beneficiano dell’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti normali, che abbiano almeno trentacinque anni di anzianità contributiva, fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010”; inoltre “il beneficio di cui al comma 134 è concesso a domanda nel limite di 120 milioni di euro per l’anno 2010. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinate le modalità di attuazione del comma 134 e del presente comma” (comma 135).

V. il decreto attuativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 26 luglio 2010, pubblicato sulla G.U. n. 253 del 28 ottobre 2010.

84 L’art. 1, comma 132, ha previsto che “in via sperimentale per l’anno 2010, ai beneficiari di qualsiasi trattamento di sostegno al reddito non connesso a sospensioni dal lavoro, ai sensi della legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, che abbiano almeno trentacinque anni di anzianità contributiva e che accettino un’offerta di lavoro che preveda l’inquadramento in un livello retributivo inferiore di almeno il 20 per cento a quello corrispondente alle mansioni di provenienza, è riconosciuta la contribuzione figurativa integrativa, fino alla data di maturazione del diritto al pensionamento e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010”. V. il decreto attuativo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 30 luglio 2010.

2009, n. 102, che ha previsto che “al fine di incentivare la conservazione e la valorizzazione del capitale umano nelle imprese, in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, i lavoratori percettori di trattamenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, possono essere utilizzati dall'impresa di appartenenza in progetti di formazione o riqualificazione che possono includere attività produttiva connessa all'apprendimento. L'inserimento del lavoratore nelle attività del progetto può avvenire sulla base di uno specifico accordo stipulato in sede di Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali stipulato dalle medesime parti sociali che sottoscrivono l'accordo relativo agli ammortizzatori. Al lavoratore spetta a titolo retributivo da parte dei datori di lavoro la differenza tra trattamento di sostegno al reddito e retribuzione”. Il quarto comma di tale disposizione ha disposto il monitoraggio della spesa a tal fine necessaria, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi ex art. 11ter, comma 7, l. n. 468/7885, con disposizione analoga a quella contenuta nel quarto comma del citato art. 19 d.l. 185/2008.

La stessa prospettiva sembra alla base anche delle altre disposizioni “sperimentali”, contenute nel medesimo art. 1 del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, che prevedono un incremento temporaneo delle misure di sicurezza sociale86.

Più interessante è il sistema predisposto dall’art. 2 del d.l. 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla l. 24 luglio 2008, n. 126, che ha previsto “misure sperimentali per l’incremento della produttività del lavoro”, che consistevano in una ridotta forma di tassazione delle prestazioni di lavoro straordinario o supplementare o in relazione ad incrementi di produttività87. La particolarità di questa ipotesi risiede nel fatto che

85 V. il decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 18 dicembre 2009 (Utilizzo dei lavoratori percettori di sostegno al reddito nei progetti di formazione in azienda), in particolare l’art. 5, che ha posto a carico dell’Inps un rapporto trimestrale al Ministero dell’economia e delle finanze in merito “all’importo degli oneri finanziari sostenuti”.

86 V. il sesto comma dello stesso art. 1 del d.l. 78/2009, secondo cui “in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010 l'ammontare del trattamento di integrazione salariale per i contratti di solidarietà di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, è aumentato nella misura del venti per cento del trattamento perso a seguito della riduzione di orario nel limite massimo di 40 milioni di euro per l'anno 2009 e di 80 milioni di euro per l'anno 2010”; l’ottavo comma ha disposto che “in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, al lavoratore già percettore del trattamento di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, nel caso in cui ne faccia richiesta per intraprendere un'attività di lavoro autonomo, per avviare un'attività autoimprenditoriale o una micro impresa o per associarsi in cooperativa in conformità alla normativa vigente, e' liquidato il relativo trattamento per un numero di mensilità pari a quelle deliberate e non ancora percepite”.

87 V. l’art. 2, primo comma (Misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro): “Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre

l’applicazione della disciplina è stata circoscritta, non solo sotto il profilo temporale, ma anche dal punto di vista soggettivo, nella prospettiva, espressamente enunciata, di generalizzarla anche ad altre categorie di lavoratori. Tali disposizioni, infatti, avrebbero dovuto applicarsi al solo settore privato, ma con la previsione che “trenta giorni prima del termine della sperimentazione, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali procede, con le organizzazioni sindacali dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a una verifica degli effetti delle disposizioni in esso contenute. Alla verifica partecipa anche il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al fine di valutare l'eventuale estensione del provvedimento ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.

È nota poi l’introduzione “sperimentale”, ad opera della l. 23 dicembre 2005, n. 266, della disciplina di forme di finanziamento a favore dei soggetti che operano nel campo del volontariato e della ricerca, attraverso la destinazione di una quota pari al cinque per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, da ripartire sulla base delle scelte effettuate dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi88. Anche in

2008, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, le somme erogate a livello aziendale: a) per prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, effettuate nel periodo suddetto; b) per prestazioni di lavoro supplementare ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche effettuate nel periodo suddetto e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento; c) in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa”.

88 Cfr. l’art. 1, comma 337, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006): “Per l'anno finanziario 2006, ed a titolo iniziale e sperimentale, fermo quanto già dovuto dai contribuenti a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, una quota pari al 5 per mille dell'imposta stessa è destinata in base alla scelta del contribuente alle seguenti finalità: a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall'articolo 7, commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460; b) finanziamento della ricerca scientifica e dell'università; c) finanziamento della ricerca sanitaria; d) attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente”.

Natura sperimentale aveva anche la disciplina dei distretti produttivi, contenuta nei commi da 366 a 372 del medesimo articolo: cfr. il comma 371: ”fatta salva la compatibilità con la normativa comunitaria, le disposizioni di cui ai commi da 366 a 372 trovano applicazione in via sperimentale nei riguardi di uno o più distretti individuati con il decreto di cui al comma 366. Ultimata la fase sperimentale, l'applicazione delle predette disposizioni è in ogni caso realizzata progressivamente”; ed

questo caso, però, la natura sperimentale della disciplina non ha portato ad una vera e propria attività di valutazione dei risultati e di correzione delle misure intraprese, dato che tale provvedimento è stato più volte confermato nelle successive leggi finanziarie, senza però mai giungere ad una definitiva stabilizzazione.

Come si vede, le disposizioni brevemente citate non sembrano suscettibili di essere accostate alla legislazione sperimentale propriamente detta, non rispondendo propriamente ad un’esigenza di razionalizzazione della decisione legislativa, ma sembrando piuttosto obbedire ad una logica di corretta gestione della spesa pubblica. Deve dunque ricercarsi altrove se esistono strumenti normativi in grado di rispondere ad esigenze paragonabili al sistema di valutazione preventiva e successiva delle leggi.

4.2 Delegazione legislativa correttiva e integrativa.

Una prassi legislativa, che merita di essere presa in considerazione, in quanto riconosciuta in grado di assolvere ad una funzione genericamente sperimentale89,

riguarda la c.d. delega legislativa correttiva ed integrativa90.

il comma 372: “dall'attuazione dei commi da 366 a 371 non devono derivare oneri superiori a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006”.

89 Cfr. M. CARTABIA, L’effettività come presupposto e vittima dei decreti legislativi integrativi e

correttivi, in A.BARDUSCO,F.PIZZETTI (a cura di), L’effettività tra sistema delle fonti e controlli.

Alcuni casi emblematici, Milano, 1998, p. 116 ss., per la quale il potere di correzione e integrazione deve essere specificamente “finalizzato allo scopo di perfezionare il disegno normativo intessuto dai decreti principali, sulla base delle sollecitazioni provenienti dall’esperienza delle prime applicazioni”; se ne desume che l’entità delle correzioni ed integrazioni potrebbe variare sensibilmente, purché “il Governo legiferi in risposta alle esigenze emerse dalla sperimentazione e le modificazioni introdotte possano ritenersi giustificate allo scopo di chiarire dubbi, rimuovere inconvenienti, risolvere problemi, appianare difficoltà, abbattere costi, sciogliere contraddizioni o colmare lacune che si siano riscontrate nella prassi”.

90 M. CARTABIA, I decreti legislativi integrativi e correttivi: virtù di Governo e vizi di

costituzionalità?, in V. COCOZZA, S. STAIANO (a cura di), I rapporti tra Parlamento e Governo

attraverso le fonti del diritto. La prospettiva della giurisprudenza costituzionale, Torino, 2001, pp. 55 ss.; ID., I decreti legislativi “integrativi e correttivi”: il paradosso dell’effettività?, in Rassegna

parlamentare, 1997, pp. 45 ss.; G. FAMIGLIETTI, Delegazione legislativa e Corte costituzionale, in P. CARETTI, A. RUGGERI (a cura di), Le deleghe legislative. Riflessioni sulla recente esperienza

normativa e giurisprudenziale, Milano, 2003, pp. 193 ss.; N. LUPO, Quale sindacato su decreti

legislativi correttivi?, in Giurisprudenza costituzionale, 2000, pp. 3210 ss.; G. TARLI BARBIERI, La

grande espansione della delegazione legislativa nel più recente periodo, in P. CARETTI, A. RUGGERI (a cura di), Le deleghe legislative. Riflessioni sulla recente esperienza normativa e giurisprudenziale, Milano, 2003, pp. 73 ss.; E. MALFATTI, Rapporti tra deleghe legislative e delegificazioni, Torino, 1999, pp. 53 ss.; L. IANNUCCILLI, A. DE VITA, Deleghe e decretazione correttiva e integrativa nella

giurisprudenza costituzionale, in www.cortecostituzionale.it; R. ZACCARIA, E. ALBANESI, La delega

Accade frequentemente, infatti, che il legislatore introduca nella legge delega apposite disposizioni, che consentono al Governo di adottare, entro un determinato periodo successivo all’emanazione del decreto legislativo “principale”, decreti correttivi e talvolta anche integrativi di quest’ultimo, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi e seguendo lo stesso procedimento. L’indicazione di un termine più ampio per l’emanazione di tali decreti ha proprio la funzione di consentire il perfezionamento della normativa già emanata, anche alla luce delle criticità riscontrate nelle prime fasi di applicazione.

Anche il Consiglio di Stato, nel parere dell’Adunanza generale del 6 giugno 2007, n. 1750, avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo “correttivo” del decreto del 12 aprile 2006, n. 163 (Codice di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), ha riconosciuto che “la ratio” di tale procedimento è “quella di consentire un breve periodo di sperimentazione delle riforme normative più complesse prima di radicarle definitivamente nell’ordinamento giuridico”; inoltre, “la finalità della previsione di un intervento correttivo e integrativo di decreti emanati sulla base della delega principale è quella di consentire una prima sperimentazione applicativa di questi, sperimentazione che sembra assumere i connotati di un presupposto indispensabile. Ciò evidentemente è in linea con quella attenzione alla qualità anche sostanziale della legislazione che è da tempo all’attenzione del Parlamento e del Governo” (par. 3.2).

Sembra tuttavia opportuno sottolineare alcune importanti differenze fra questo tipo di procedimento e la legislazione propriamente sperimentale diffusa in altri contesti europei.

In primo luogo, esiste una diversità tecnica di immediata evidenza, in quanto la legge sperimentale è per definizione una legge temporanea, destinata ad avere vigenza per un periodo di tempo limitato, restando automaticamente caducata alla scadenza del termine di validità dalla stessa indicato. Invece, come messo in luce dalla giurisprudenza costituzionale, non può “ipotizzar[si] che i decreti soggetti a eventuali correzioni, entro i limiti temporali ultimi concessi per lo svolgimento del potere delegato, possano esser considerati per ciò stesso come atti provvisori. Al contrario, ciascun decreto legislativo delegato, una volta emanato, è un atto legislativo a sé stante, potenzialmente idoneo a produrre effetti normativi stabili

nell'ordinamento giuridico, allo stesso modo di una comune legge ordinaria” (Corte costituzionale, sentenza n. 172 del 1994)91.

Autorevole dottrina ha ravvisato una potenziale finalità sperimentale in altri atti strutturalmente provvisori, come i decreti legge92: l’ampiezza con cui è stata ammessa la possibilità di emendare il testo del decreto in sede di conversione ha implicato che “questa tecnica legislativa si traducesse in una legislazione in due tempi”, sicché le modifiche apportate dal Parlamento potrebbero costituire l’esito di una valutazione condotta alla luce della prassi applicativa per i sessanta giorni di