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I primi esempi di legislazione sperimentale

IMPLICAZIONI E PROSPETTIVE

2. I primi esempi di legislazione sperimentale

2.1 La riforma del finanziamento delle autonomie locali

La materia fiscale potrebbe apparire un terreno fertile per la sperimentazione normativa, in ragione della sua tecnicità: la limitazione nel tempo della disciplina legislativa e l’analisi delle problematiche emerse nel corso del periodo di applicazione potrebbero essere funzionali alla individuazione di criticità, suscettibili di “aggiustamenti” tecnici in occasione della predisposizione della disciplina definitiva della materia.

Questo assunto, tuttavia, può essere facilmente smentito sulla base di un duplice ordine di considerazioni. Innanzi tutto sembra innegabile che ogni scelta tecnica presupponga una scelta di valore, chiamata a dare priorità ad alcune esigenze rispetto che ad altre; in secondo luogo, l’utilità ed il senso della sperimentazione normativa dipendono anche dal concreto atteggiarsi della disciplina sperimentale, che di fatto potrebbe frustare il significato di un periodo consacrato all’osservazione di un sistema in trasformazione.

L’analisi di una delle prime leggi sperimentali emanate in Francia serve a chiarire il senso di queste constatazioni ed almeno in parte le ragioni del mancato ricorso a successive sperimentazioni nel settore fiscale, salve limitate esperienze svolte in materia di livello di contabilità pubblica mediante circolari ministeriali.

La legge n. 79-15 del 3 gennaio 1979, sebbene non si definisse espressamente come sperimentale, tuttavia, viene generalmente annoverata in questa tipologia, per il fatto che limitava la vigenza delle sue disposizioni ad un periodo di due anni e prevedeva la presentazione al Parlamento di un rapporto governativo, il quale, oltre che contenere un bilancio sulle condizioni di attuazione e di funzionamento della nuova disciplina e sulla sua incidenza sul finanziamento delle risorse locali, avrebbe dovuto “precisare le correzioni, che, alla luce dell’esperienza, si riveleranno necessarie” (art. 25).

L’obiettivo era una riforma complessiva del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, nel contesto di una più ampia riflessione istituzionale sul ruolo degli organismi di governo locale e sulle prospettive della decentralizzazione. Un

decisivo contributo a questo dibattito fu fornito dal c.d. rapporto Guichard pubblicato nel 19762, le cui istanze decentralizzatrici avrebbero trovato concreto riscontro nel poderoso processo di riforma dei rapporti fra centro e periferie avviato dai socialisti all’indomani delle elezioni politiche del 1981. La sperimentazione sul sistema di finanziamento locale, pertanto, fu svolta contemporaneamente alla ridefinizione del sistema delle competenze dello Stato e delle collettività territoriali per mezzo delle leggi quadro approvate nella prima metà degli anni ottanta.

La riforma si innestava in un sistema predisposto circa dieci anni prima, attraverso le leggi del 6 gennaio 1966 e 29 novembre 19683. A loro volta, queste avevano sostituito il regime istituito dalla legge del 6 novembre 1941, la quale aveva autorizzato i comuni ad introdurre un’imposta indiretta (la c.d. taxe locale), che si sarebbe affiancata al sovvenzionamento statale 4. L’abolizione della taxe locale si giustificava non tanto per la volontà di far fronte ad inconvenienti emersi nella sua applicazione, quanto per la necessità di una riforma d’insieme del sistema delle imposte indirette, indispensabile per armonizzare il regime fiscale francese a quello degli altri Paesi europei: la nuova legge, pertanto, oltre a riformare la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto, soppresse una serie di prelievi indiretti, fra i quali appunto la taxe locale.

Nel sostituire questo strumento di finanziamento, la legge del 6 gennaio 1966 ricorse a forme di fiscalità diretta: i comuni avrebbero ricevuto una somma forfettaria, pari all’85% dei proventi percepiti dallo Stato attraverso l’imposta sui salari (la c.d. taxe sur les salaires). Tale contributo si componeva di tre parti: una di queste sarebbe stato comunque garantito a ciascun comune ed a ciascun dipartimento

2 O. GUICHARD, Vivre ensemble, Rapport de la Commission de développement des responsabilités locales, La documentation française, Paris, 1976.

3 Per una sintesi sulle varie fasi v. R. PINI, De la taxe locale à la dotation globale de

fonctionnement: la recherche d’une ressource idéale pour les collectivités locales, in Revue de droit

prospectif, 1979, n. 7, pp. 7 ss.

4 La legge del 1941 si limitava ad istituire una tassa sulle vendite al dettaglio nei comuni di almeno 50000 abitanti; la legge del 31 dicembre 1942 estese l’applicazione di questo prelievo a tutti i comuni con più di 30000 abitanti e quella del 27 gennaio 1944 ai comuni fino a 10000 abitanti. A seguito dall’ordinanza del 4 maggio 1945, il prelievo mantenne il suo carattere facoltativo, ma tutte le condizioni relative all’entità della popolazione o a presupposti fiscali furono soppresse. Infine, la legge del 22 dicembre 1947 aumentò la base imponibile (da una tassa sulle vendite al dettaglio a una sulle vendite al consumo) e il decreto del 9 dicembre 1948 la trasformò in imposizione obbligatoria. Quest’ultimo provvedimento istituì anche un sistema di perequazione, il Fonds National de

péréquation, per rimediare alle disuguaglianze nella distribuzione delle risorse fra le diverse collettività territoriali.

(la c.d. “attribuzione di garanzia”: art. 40); una percentuale (pari al 3%) era invece destinata al Fonds d’action locale, costituito con obiettivi di perequazione (art. 39, comma 3); la parte residua sarebbe stata ripartita proporzionalmente all’ammontare delle imposte e delle tasse percepite da dipartimenti e comuni nel corso dell’anno precedente (art. 41, primo comma). Quest’ultima disposizione introdusse così la nozione di effort fiscal (“sforzo fiscale”), che in linea di principio avrebbe dovuto premiare la buona gestione comunale, quantificata appunto in ragione dei proventi ottenuti nell’esercizio finanziario; tale criterio, però, non permetteva di valutare la capacità contributiva di una collettività, rischiando al contrario di provocare un aumento della pressione fiscale.

L’ambito di applicazione di tale prelievo si ridusse decisamente a seguito della decisione di esonerare dalla contribuzione i datori di lavoro che si fossero assoggettati all’imposta sul valore aggiunto. Il sistema fu rivisto, pertanto, dalla legge del 29 novembre 1968, che creò il versement représentatif de la taxe sur les

salaires (il c.d. VRTS), un versamento compensativo calcolato su una base fittizia, cioè assumendo per presupposto il mantenimento integrale dell’imposta sui salari.

La svolta determinata dalla scelta della fiscalità diretta fu, tuttavia, solo apparente. Se lo spirito della riforma era quello di creare una risorsa nuova in grado di privilegiare le autonomie più dinamiche, il legislatore dovette scontrarsi con la necessità di non penalizzare i comuni che traevano i maggiori vantaggi dal sistema precedente. Predispose, pertanto, un meccanismo di attuazione progressiva della nuova imposizione, che, di fatto, stravolse il disegno originario, creando un sistema ibrido, un “manto di Arlecchino”5, di cui fu più volte contestata la coerenza. Si intervenne, in particolare, sulla c.d. attribuzione di garanzia: nel primo anno di applicazione, l’ammontare delle somme versate a tale titolo fu fissata dalla legge, in un ammontare maggiorato di quanto incassato l’anno precedente grazie alla taxe

locale. La cifra così calcolata avrebbe costituito la base di riferimento per la ripartizione negli anni ulteriori. Questa parte avrebbe dovuto decrescere di cinque punti percentuali ogni anno, con la conseguenza che solo dopo venti anni sarebbe terminato il “regime transitorio” ed il versamento sarebbe stato calcolato integralmente in funzione dell’effort fiscal. Non si pervenne mai all’esito di questo

percorso, in quanto fra il 1976 e il 1978 tale meccanismo fu sospeso in attesa di una riforma complessiva della materia.

Il dibattito sul tema, avviato dal Governo nel giugno del 1978, si è nutrito della consultazione delle autonomie locali e soprattutto del documento redatto dal gruppo di lavoro Fiscalité locale costituito presso il Senato e presieduto da M. Jean-Pierre Fourcade. Le proposte contenute in questo testo, che insisteva sulla necessità di aumentare le risorse a disposizione delle autonomie locali, nel rispetto delle diversità dei comuni e delle loro specifiche esigenze, furono in gran parte trasfuse nel progetto di legge di riforma della fiscalità locale.

Tale riforma, approvata con legge n. 79-15 del 3 gennaio 1979, modificò il Codes

des communes, istituendo la c.d. dotation globale de fonctionnement, la cui disciplina, più volte modificata nel corso del tempo, esiste ancora oggi ed è attualmente contenuta negli artt. L2334-1 ss. del Code général des collectivités

territoriales.

Non si intende entrare nel merito della nuova regolamentazione e delle problematiche connesse al nuovo sistema di finanziamento locale, ma soltanto descrivere le linee essenziali della disciplina che possano risultare utili per comprendere la portata ed il senso della sperimentazione normativa.

Come lascia intendere la stessa denominazione, la dotation globale de

fonctionnement costituisce un contributo a carattere generale che lo Stato corrisponde a comuni e dipartimenti e che ha sostituito una serie di versamenti a titolo particolare; è pertanto liberamente utilizzabile dagli organi di governo locale per le finalità che gli stessi reputano opportune. In modo non dissimile dal versement

représentatif de la taxe sur les salaires, si compone di tre parti: la dotation

forfaitaire, la dotation de péréquation ed i concours particuliers6.

La prima, che rappresentava poco più della metà del contributo complessivo, sostituì appunto precedenti versamenti, quali l’attribuzione di garanzia del v.r.t.s., le somme corrisposte dal Fonds d’action locale, l’imposta sugli spettacoli, la sovvenzione versata dallo stato a titolo della sua partecipazione alla spese di interesse generale delle collettività territoriali; il suo primo ammontare, infatti, era

6 Sulla struttura della dotation globale de fonctionnement v. La dotation globale de fonctionnement

en 1981: rapport déposé par le Gouvernement en application de l’art. 22 de la loi n. 80-1102, 1981, pp. 1-3.

proporzionale al totale delle somme percepite a questi titoli nel corso dell’anno precedente all’entrata in vigore della legge (art. 234-3).

La dotation de péréquation (art. 234-6) si divideva a sua volta in due parti, di cui una era ripartita sulla base del potenziale fiscale (calcolato secondo il disposto dell’art. 234-8), l’altra in funzione dei proventi di alcune imposte percepite l’anno precedente (le c.d. impôts sur les ménages, elencate nell’art. 234-9). Se quindi, da un lato, attraverso la dotation forfaitaire si intendeva garantire un certo livello di risorse a ciascuna collettività territoriale, fu contemporaneamente introdotto un criterio finalizzato a tener conto della capacità contributiva e della ricchezza delle diverse realtà locali. È questo, infatti, il senso della nozione di “potenziale fiscale”, che completava quella di effort fiscal, di fatto trasfusa nel concetto di impôts sur les

ménages (fra le quali tuttavia non era compresa l’imposta più progressiva, la c.d. taxe

professionnelle). L’introduzione di questo criterio rappresentava pertanto un progresso, in quanto avrebbe consentito ai comuni più disagiati di allentare la loro pressione fiscale.

Nell’impiato della legge, pertanto, l’utilizzazione combinata di questi due criteri avrebbe consentito di dare vita ad una risorsa sufficientemente progressiva, soprattutto nella misura in cui la ripartizione in funzione delle impôts sur les

ménages, cioè della pressione fiscale, sarebbe stata progressivamente ridotta. Inoltre, è importante sottolineare il fatto che la proporzione reciproca fra contributo forfettario e contributo perequativo avrebbe dovuto variare nel corso del tempo, per aumentare progressivamente il secondo a scapito del primo: alla diminuzione del versamento di base sarebbe cioè corrisposto un aumento delle medesime proporzioni della dotation de péréquation; in questo modo, si sarebbe passati ad un sistema in cui la maggior parte delle risorse destinate alle autonomie locali sarebbero state distribuite in funzione della capacità contributiva di ciascuna di esse7.

Infine, i concours particuliers (previsti dagli artt. 234-12 ss.) corrispondevano a bisogni specifici di particolari categorie di comuni; in particolare, la dotation de

fonctionnement minimale per i comuni di piccole dimensioni era destinata al finanziamento dei servizi pubblici essenziali (art. 234-13).

Secondo l’art. 234-1 l’ammontare complessivo del contributo sarebbe stato fissato

7 Vedi tabella ibidem, p. 3.

annualmente nella legge finanziaria, su proposta del Comité des Finances locales, istituito e disciplinato dall’art. 234-20; si trattava di una notevole conquista per i rappresentanti locali, che erano invece estromessi dalla determinazione della somma versata a titolo del versement représentatif de la taxe sur les salaires.

Al fine di garantire la progressione annua del contributo statale, il suo ammontare fu legato a quello dei proventi dell’imposta sul valore aggiunto: la somma corrisposta a titolo di dotation globale de fonctionnement sarebbe stata pari ad una percentuale del prodotto netto previsionale di tale imposta (art. L234-1 secondo comma). A questa si affiancava una seconda clausola di progressione, riferita al trattamento salariale di alcune categorie di funzionari pubblici e destinata a prevalere qualora avesse consentito un aumento maggiore nell’anno (art. L234-1 quarto comma).

Secondo l’art. 23 della legge, inoltre, in occasione del primo anno di applicazione della disciplina, ciascuna autonomia locale avrebbe dovuto percepire una somma pari almeno il 105% del totale di quelle percepite l’anno precedente ad altri titoli; la stessa progressione percentuale avrebbe dovuto riscontrarsi nel versamento dell’anno successivo. Questa disposizione, frutto di un emendamento del Senato, volle così garantire una progressione minima durante il periodo sperimentale nella misura del 5% annuo.

Dalla portata complessiva della disciplina emerge in modo chiaro una delle principali preoccupazioni che guidarono il legislatore della riforma, quella cioè di garantire che il passaggio al nuovo sistema avvenisse in maniera graduale, evitando mutamenti improvvisi nella distribuzione delle risorse, che avrebbero potuto provocare effetti distorsivi sui bilanci locali. Furono introdotte, pertanto, disposizioni volte ad assicurare una certa continuità con i criteri sino a quel momento impiegati, in modo che il cambiamento potesse essere progressivo e dilazionato nel tempo8. La stessa struttura della dotation globale de fonctionnement, ad esempio, lasciava intendere che il governo si fosse largamente ispirato alle logiche del versement

représentatif de la taxe sur les salaires: le modalità di ripartizione delle diverse componenti del nuovo contributo si presentavano di fatto come il prolungamento delle soluzioni introdotte con la legge del 6 gennaio 19669.

8 Così anche R. PINI, De la taxe locale à la dotation globale de fonctionnement, cit., pp. 39-40. 9 In sintesi, la dotation forfaitaire rimpiazzava l’attribuzione di garanzia prevista dall’art. 40 della legge del 6 gennaio 1966, mentre la dotazione perequativa, ed in particolare la quota parametrata alle

Ma se l’introduzione del criterio della capacità contributiva avrebbe potuto comunque determinare una svolta nella distribuzione delle risorse sul territorio nazionale, questa potenzialità insita nella nuova disciplina fu di fatto bloccata, o quantomeno fortemente frenata, dalle scelte relative ai ritmi di tale passaggio.Come si è accennato, infatti, la somma dovuta a titolo di dotation forfaitaire avrebbe dovuto decrescere annualmente per consentire l’aumento proporzionale del contributo perequativo e una distribuzione maggiormente coerente con il criterio del potenziale fiscale, che avrebbe potuto favorire i comuni più disagiati. Ma, mentre il progetto originario del Governo contemplava un ritmo di regressione uguale a quello già sperimentato in occasione del v.r.t.s. (cioè cinque punti percentuali per anno), il Senato ottenne che tale tasso fosse ridotto al 2,5%10. Ciò determinò, di fatto, una situazione di immobilismo, sostanzialmente confermandosi, almeno nei primi anni di applicazione della nuova disciplina, le proporzioni reciproche dei diversi contributi statali.

Analoghe considerazioni possono farsi con riguardo all’ammontare del versamento complessivo11, alla luce di quanto detto circa la limitazione del tasso di

progressione annuale al 5% annuo: difficilmente questa percentuale avrebbe consentito, dopo appena due anni, valutazioni attendibili sull’esistenza di un effettivo aumento o di una diminuzione delle risorse a disposizione delle collettività territoriali12.

Queste disposizioni inducono a riflettere sull’utilità di un periodo sperimentale articolato in soli due anni, dato che le variazioni consentite in questo periodo, rispetto ai criteri sino ad allora in vigore, non potevano che risultare estremamente limitate. In altri termini, il legislatore, da un lato, si propose di innovare i criteri di distribuzione delle risorse sul territorio, limitando la vigenza della riforma ad un periodo sperimentale, che avrebbe dovuto consentire l’individuazione dei correttivi tecnici necessari alla luce dell’esperienza. Dall’altro, però, impedì nello stesso

c.d. impôts sur les ménages, sostituiva la parte attribuita sul criterio dello sforzo fiscale; infine i

concours particuliers svolgevano la funzione dei versamenti a carico del Fonds d’action locale. 10 Infatti, se al momento del blocco del sistema previsto dalla legge del 1967, l’attribuzione di garanzia era fissata al 60%, la dotation forfaitaire venne fissata per il 1979 al 57,5% e per il 1980 al 55% del saldo disponibile, previa deduzione delle somme previste per i concours particuliers (art. 234-2). Con lo stesso ritmo sarebbe variato l’ammontare delle attribuzioni perequative.

11 Con riguardo, più precisamente, alla somma fra dotazione forfettaria e dotazione perequativa. 12 R. PINI, De la taxe locale à la dotation globale de fonctionnement, cit., p. 33 e p. 49.

periodo sperimentale l’applicazione “a regime” della nuova disciplina, con disposizioni (che non potrebbero definirsi provvisorie, in quanto riferite ai due anni di vigenza del testo di legge) che miravano a garantire una continuità con il passato ed impedivano pertanto una effettiva osservazione degli effetti che il sistema definitivo avrebbe potuto produrre. I dati raccolti al termine del periodo sperimentale difficilmente sarebbe stati significativi ai fini di un giudizio sulla funzionalità della riforma.

Tali scelte furono certamente dovute alle pressioni manifestate dagli enti territoriali nel corso dell’iter di approvazione della legge, soprattutto al Senato: furono i rappresentanti locali, specie quelli dei comuni di più grandi dimensioni, ad opporsi a cambiamenti radicali, che avrebbero potuto mettere in discussione i benefici dagli stessi goduti in virtù della disciplina precedente. Il testo del progetto di legge rischiava, infatti, di essere respinto in Aula ed è stato oggetto di parecchi emendamenti, che stravolsero il disegno iniziale; le parti più innovative del provvedimento furono quelle che recepivano le proposte del già citato documento del gruppo di lavoro istituito al Senato. L’assenza di opposizioni al momento dell’approvazione finale fu il frutto non tanto di un reale consenso, quanto di alcune garanzie inserite nel testo, fra le quali vi erano la limitazione a due anni della vigenza della legge, l’assicurazione di una progressione annuale minima, la predisposizione di una dotazione minima per i comuni più disagiati ed una certa continuità con i caratteri del versement représentatif de la taxe sur les salaires13. In effetti, quest’ultimo rappresentava per le collettività territoriali un traguardo da cui sarebbe stato difficile tornare indietro, atteggiandosi come vera e propria sovvenzione, sistematicamente percepita dagli organismi di governo locale, contrariamente alla

taxe locale, di cui molti non ricevevano che le somme dovute a titolo di perequazione.

L’inadeguatezza del periodo sperimentale emerse nello stesso ambiente governativo, dato che, senza che fosse stato redatto alcun rapporto come richiesto dal testo di legge, la sperimentazione fu proseguita, attraverso un nuovo provvedimento temporaneo, approvato subito prima della scadenza del primo (la legge n. 80-1102 del 31 dicembre 1980). Anche quest’ultimo, senza definirsi espressamente

sperimentale, circoscrisse la sua vigenza ad un periodo di cinque anni (cioè fino al 1° gennaio 1986), imponendo al Governo di presentare al Parlamento un rapporto, nel quale avrebbe dovuto “precisare le correzioni che si riveleranno necessarie alla luce dell’esperienza” (art. 22). Lo stesso articolo prorogò, di fatto, la sperimentazione disposta due anni prima, avendo limitato nel tempo l’applicazione, non soltanto della nuova legge, ma di tutte le disposizioni relative alla dotation globale de

fonctionnement contenute nel Code des communes.

L’intitolazione di quest’ultimo testo legislativo definiva la nuova disciplina “di completamento” di quella precedente; anche nel rapporto sulla sua applicazione si volle precisare che esso “non ha rimesso in discussione i principi sui quali poggiava la legge del 3 gennaio 1979”, ma si era limitato a “completarla su tutti i punti lasciati in sospeso a partire dal 1981”, pur apportando alcune correzioni (inflexions) importanti14. In effetti, fu mantenuta la struttura fondamentale del contributo statale. La dotation forfaitaire sarebbe stata calcolata in proporzione a quella percepita l’anno precedente, salve eventuali maggiorazioni in caso di aumento della popolazione del comune. Anche la struttura del contributo perequativo rimase identica, salvo una modifica, dovuta ad un emendamento parlamentare presentato in Assemblea nazionale, del criterio di ripartizione della quota assegnata sulla base del potenziale fiscale15. Furono confermati anche il tasso del 5% di progressione minima della somma versata annualmente a titolo di contributo forfettario e perequativo (art. 13) e la variazione annuale rispettiva di queste due componenti (artt. 2, 4 e 6). Si può quindi ritenere che la funzione di questa legge sia stata quella di prorogare il periodo