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Ambiente, salute e sicurezza nel diritto dell’Unione europea

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 175-183)

della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro da sempre si configura quale principale ambito di intersezione, ma anche di netta partizione di compe-tenze, tra legislazione sociale e legislazione ambientale. È a partire dal diritto dell’Unione europea che, in entrambi i settori, il processo di giuridificazione è andato compiendosi sulla spinta di una tensione alla sostenibilità, cioè alla ricerca di una convergenza tra le istanze protettive di valori fondamentali quali sono la vita e la salute e una pluralità di diritti e libertà di natura so-stanzialmente economica. In questo ambito e, in particolare, in taluni speci-fici contesti produttivi particolarmente esposti al rischio ambientale, si è espressa con presupposti ed esiti variabili a seconda delle fasi storiche l’equazione della sostenibilità formulata nel capitolo I della trattazione, per cui proteggere il lavoratore dovrebbe equivalere a proteggere l’ambiente e la stessa capacità produttiva delle imprese (e viceversa). Un ruolo centrale nella declinazione pratica di questa equazione verrà attribuito al fattore organizza-tivo del lavoro e della produzione, rispetto al quale ogni tentaorganizza-tivo di scinde-re le tscinde-re dimensioni della sostenibilità – quella sociale, quella ambientale e quella economica – si presenta del tutto infruttuoso oltreché rischioso e no-civo sul piano della salvaguardia della qualità della vita dei lavoratori e dell’ambiente. Pienamente condivisibile è il punto di vista di chi, sul punto, ha sostenuto che «le imprese non possano affrontare la tematica derivante dalla collocazione in una precisa dimensione territoriale, e perciò socio am-bientale, se non sono abituate ad affrontare la tematica dell’ambiente di la-voro e, particolarmente, della sicurezza del lala-voro» (13).

(13) L’Europa ha additato «la tematica della responsabilità sociale delle imprese, dopo la lunga stagione della sicurezza sul lavoro. Non a caso sicurezza sul lavoro e rispetto per

La tutela dell’ambiente salubre, in particolare, ha offerto uno strumento per attribuire portata normativa a principi, come quello di precauzione (14) e dell’azione preventiva (15), che caratterizzano gran parte del diritto comuni-tario e internazionale, in cui «la natura, la vita e l’integrità delle persone ac-quistano carattere universale per effetto della globalizzazione dei rischi ine-renti al progresso tecnologico e industriale» (16). Una tutela che, declinata nel contratto e nel rapporto di lavoro, ha dato vita a quel sistema circolare tra codice, legislazione speciale e Costituzione (17), e che in ambito comunitario beneficerà di ancor più variegate declinazioni: nella formulazione dell’articolo 31, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (18), che fa della salute e sicurezza sul luogo di lavoro un diritto inscindibile dal diritto al lavoro (articolo 15, § 1); ma anche e soprattutto in quel fil rouge di direttive riservate al sistema prevenzionistico (19), frutto di un’evoluzione

l’ambiente costituiscono anche due profili centrali della responsabilità sociale delle imprese»

(M.NAPOLI, op. cit., VIII).

(14) Il principio di precauzione è citato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Il suo scopo è garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio. Tuttavia, nella pratica, il campo di applicazione del principio è molto più vasto e si estende anche alla poli-tica dei consumatori, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute umana, animale e vegetale. Cfr. la comunicazione della Commissione sul principio di precauzione, 2 febbraio 2000, COM(2000)1 final. In letteratura: L.MARINI, Il principio di precauzione nel diritto interna-zionale e comunitario, Cedam, 2004; F. DE LEONARDIS, Il principio di precauzione nell’amministrazione di rischio, Giuffrè, 2005; A.BIANCHI, M.GESTRI (a cura di), Il principio pre-cauzionale nel diritto internazionale e comunitario, Giuffrè, 2006. Proprio in ragione della sua na-tura espansiva e della sua capacità di modulazione, l’estensione dell’obbligo di sicurezza a tutte le «tipologie di rischio» ha aperto perfino uno spiraglio alla lettura dell’art. 2087 c.c.

alla luce del “principio di precauzione” di origine comunitaria (cfr. A.VISCOMI, Amianto:

precauzione, prevenzione e responsabilità, in L.MONTUSCHI, G.INSOLERA (a cura di), Il rischio da amianto. Questioni sulla responsabilità civile e penale, Bononia University Press, 2006, spec. 48-50, e P.TULLINI, A rischio amianto?, in RIDL, 2007, n. 4, 453-474).

(15) I principi ai quali l’azione dell’Unione in campo ambientale si richiama sono quelli già previsti dal TCE, al § 2 dell’art. 174: i principi della precauzione e dell’azione preventiva, il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente e il principio “chi inquina paga”.

(16) Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 26 maggio 2005 in Commis-sione delle Comunità europee c. Consiglio dell’Unione europea, causa C-176/03, punto 57.

(17) L.MONTUSCHI, Diritto alla salute e organizzazione del lavoro, Franco Angeli, 1976, 73.

(18) Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.

(19) Tra le circa 25 direttive europee in materia, qui sia sufficiente ricordare le principali. In tema di prescrizioni nei luoghi di lavoro: la direttiva-quadro 89/391/CEE, pietra miliare della protezione, attuata in Italia con il d.lgs. n. 626/1994; la 89/654/CEE, sulle prescrizio-ni miprescrizio-nime; la 89/655/CEE, sull’uso di attrezzature di lavoro (modificata dalla direttiva 2001/45/CE, nonché dalla 2009/104/CE); la 89/656/CEE, sull’uso delle attrezzature di protezione individuale; la 92/270/CE, sui segnali di sicurezza. In tema di gruppi protetti: la

istituzionale graduale (20), che negli articoli 91, 114, 115, 151, 153 e 352 TFUE troveranno i principali pilastri e che verranno ad integrarsi, da un la-to, con l’istituzione dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavo-ro (Occupational Safety and Health Administration, OSHA) e, dall’altlavo-ro, con i Quadri strategici della Commissione europea (21). Al punto da fondare, insieme, un modello normativo, politico e sociale di solidarietà (22) e preven-zione su larga scala della salute – umana – (si veda l’articolo 35 della Carta di Nizza), da modellare negli ordinamenti interni partendo dall’esistente (23). Il tutto sotto il cappello di molteplici convenzioni e raccomandazioni dell’ILO che, seppur in via incidentale e comunque al difuori di una cornice politica e normativa orientata alla sostenibilità oltre la dimensione emergenziale, fan-no esplicito riferimento alla protezione dell’ambiente inteso in senso lato (24): salubrità/sicurezza dell’ambiente di lavoro e salvaguardia dell’ambiente

92/85/CEE, sulle lavoratrici in gravidanza; la 94/33/CE, sulla protezione dei giovani. Ri-spetto agli agenti: la 90/394/CEE e la 2004/37/CE, sull’esposizione agli agenti canceroge-ni; la 98/24/CE, sugli agenti chimici; la 2002/44/CE, sugli agenti fisici (vibrazioni); la 2000/54/CE, sugli agenti biologici; la 2003/10/CE, sull’esposizione al rumore; la 2013/59/Euratom, sull’esposizione alle radiazioni ionizzanti. In riferimento, infine, alle so-stanze: la 2014/27/UE, in materia di allineamento di diverse direttive relative alla classifica-zione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele.

(20) B.CARUSO, L’Europa, il diritto alla salute e l’ambiente di lavoro, in L.MONTUSCHI (a cura di), Ambiente, salute e sicurezza. Per una gestione integrata dei rischi da lavoro, Giappichelli, 1997, 1 ss.;

G.ARRIGO, La tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nell’ordinamento comunitario, in M.

RUSCIANO, G.NATULLO (a cura di), Ambiente e sicurezza del lavoro, Utet, 2007, 5 ss.; C.

SMURAGLIA, Sicurezza del lavoro e obblighi comunitari. I ritardi dell’Italia nell’adempimento e le vie per uscirne, in RIDL, 2002, n. 2, I, 190-191.

(21) Cfr. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comi-tato economico e sociale europeo e al ComiComi-tato delle Regioni relativa ad un quadro strate-gico dell’UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2014-2020, 6 giugno 2014, COM(2014)332 final.

(22) Non è casuale la collocazione dell’art. 31 della Carta europea e, dunque, del diritto di ogni lavoratore all’interno del capo IV della stessa, intitolato alla “solidarietà” e ai diritti so-ciali che trovano protezione alla luce di quel principio. Sul principio di solidarietà in una prospettiva ordinamentale europea, cfr. R.M. CREMONINI, Il principio di solidarietà nell’ordinamento europeo, in S. MANGIAMELI (a cura di), L’ordinamento europeo. I principi dell’Unione, Giuffrè, 2006, 435. Sul punto, più recente, cfr. anche A.LATINO, Valori, principî e obiettivi della dimensione esterna della politica migratoria dell’Unione europea, in E. SCISO, R.

BARATTA, C.MORVIDUCCI (a cura di), I valori dell’Unione europea e l’azione esterna, Giappichel-li, 2016, 190 e ss.

(23) Cfr. L.ANGELINI, La sicurezza del lavoro nell’ordinamento europeo, in G.NATULLO (a cura di), Salute e sicurezza sul lavoro, Utet, 2015, 48-105.

(24) Ne è un esempio l’art. 3 della convenzione ILO C174 del 1993 che definisce la nozione di incidente maggiore come «un avvenimento improvviso, quale una emissione, un incen-dio o una esplosione di grande importanza, nel corso di una attività all’interno di una instal-lazione a rischio di incidenti maggiori, con il coinvolgimento di una o di più sostanze

peri-sono considerate, in questo ambito di policy making, «due facce di una stessa medaglia» (25).

È noto come sin dalla direttiva-quadro 89/391/CEE del 12 giugno 1989 (26) le istituzioni comunitarie abbiano incanalato il sistema prevenzionistico oltre la logica contrattualistica ed individualistica, investendo l’impresa di forti pressioni regolative, e nel contempo di una «intensa sollecitazione ad auto-regolarsi e migliorarsi continuamente – col contributo di tutti gli attori, lavo-ratori compresi – sotto il profilo della tutela ambientale, sviluppando un in-cessante movimento di rigenerazione interna» (27). Si intravedono, oggi, ti-midi segnali di concretizzazione dei propositi connettivi delle politiche di salute e sicurezza con le più generali politiche di tutela dell’ambiente (28). Si-gnificativa in tal senso è stata la direttiva 2014/95/UE del Parlamento eu-ropeo e del Consiglio del 22 ottobre 2014, recante modifica alla direttiva 2013/34/UE per quanto riguarda la comunicazione di informazioni di ca-rattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni, ritenuta fondamentale per gestire la transizione verso un’economia globale sostenibile coniugando redditività a lungo termine, giustizia sociale e protezione dell’ambiente. I documenti dell’Unione europea non cessano peraltro di ricordare la stretta

colose, che provochi un grave pericolo, immediato o differito, per i lavoratori, la popola-zione o l’ambiente». Si vedano anche: convenpopola-zione ILO C170 e raccomandapopola-zione ILO R177 del 1990 sui prodotti chimici, nel cui preambolo si osserva che «la protezione dei la-voratori contro gli effetti nocivi dei prodotti chimici rafforza altresì la protezione del pub-blico e dell’ambiente»; raccomandazione ILO R181 del 1993 sulla prevenzione degli inci-denti industriali maggiori; convenzione ILO C176 e raccomandazione ILO R183 del 1995 sulla sicurezza e la salute nelle miniere. Per una ricognizione sistematica degli standard ILO direttamente o indirettamente connessi con la salvaguardia dell’ambiente, cfr. ILO, World Employment and Social Outlook 2018. Greening with jobs, 2018, spec. cap. 3.

(25) ILO, Promuovere la sicurezza e la salute nell’economia verde. Giornata mondiale per la sicurezza e la salute sul lavoro. 28 aprile 2012, 2012, 2. La medesima espressione è utilizzata da L.R.

KOHLER, Overview: Occupational Safety and Health and the Environment – Two Sides of the Same Coin, in AA.VV., ILO Encyclopedia of Occupational Health & Safety, 2015 (consultabile in www.iloencyclopaedia.org, parte VII, cap. 54). Per una ricostruzione più generale del problema, si veda D.J.DOOREY, A transnational law of Just Transitions for climate change and labour, in A.

BLACKETT, A.TREBILCOCK (a cura di), Research Handbook on Transnational Labour Law, Ed-ward Elgar, 2015, 551 ss.

(26) M.BIAGI (a cura di), Tutela dell’ambiente di lavoro e direttive CEE, Maggioli, 1991; B.

CARUSO, op. cit.; M.MARESCA, Ambiente di lavoro e protezione comunitaria, Giuffrè, 1997; E.

GIBELLIERI, F.STRAMBI, La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nella Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA), in A.GRIECO, P.A.BERTAZZI (a cura di), Per una storiografia italiana della prevenzione occupazionale e ambientale, Franco Angeli, 1997, 89-103.

(27) R.DEL PUNTA, Tutela della sicurezza sul lavoro e questione ambientale, in DRI, 1999, n. 2, 155.

(28) B.CARUSO, op. cit., 30.

connessione tra protezione dell’ambiente di lavoro e protezione dell’ambiente in generale (29). E questo «non solo perché è desiderabile evi-tare la duplicazione degli interventi, ma soprattutto per il coinvolgimento nella questione della tutela dell’ambiente di lavoro di interessi della comuni-tà locale, dei fornitori e dei consumatori e, in buona sostanza, per la circola-rità dei problemi ambientali» (30).

La direttiva-quadro ha rappresentato un punto di svolta nel sistema preven-zionistico (31), nella misura in cui è andata a influenzare, anche per il tramite dell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia europea (32), l’impianto normativo lavoristico con particolare riguardo ai profili organizzativi del rapporto di lavoro (33) e, segnatamente, alla disciplina di taluni aspetti dell’organizzazione oraria (34). Ciò, peraltro, in coerenza con la evoluzione della dottrina in materia, che, benché in modo non costante, non concatena-to, e con varie fortune, ha offerto stimoli di riflessione e di studio tendenti a

(29) Sul punto, si veda ad esempio la comunicazione della Commissione al Parlamento eu-ropeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni Avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali, 8 marzo 2016, COM(2016)127 final, in cui si ricorda che l’art. 3 del Trattato sull’Unione europea sottolinea l’importanza di lavorare per «lo sviluppo sostenibile dell’Europa», che deve essere fondato, fra gli altri fat-tori, sul «miglioramento della qualità dell’ambiente». Cfr. altresì le comunicazioni della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale euro-peo e al Comitato delle Regioni Il futuro sostenibile dell’Europa: prossime tappe. L’azione europea a favore della sostenibilità, 22 novembre 2016, COM(2016)739 final; COM(2014)332 final, cit.;

Migliorare la qualità e la produttività sul luogo di lavoro: strategia comunitaria 2007-2012 per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, 21 febbraio 2007, COM(2007)62 def.; comunicazione della Commissione Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006, 11 marzo 2002, COM(2002)118 def.

(30) M.BARBERA, Introduzione a L. GUAGLIANONE, F. MALZANI (a cura di), Come cambia l’ambiente di lavoro: regole, rischi, tecnologia, Giuffrè, 2007, 6. Cfr., sul punto, anche B.CARUSO, op. cit., 30-31.

(31) Al punto che in dottrina si è parlato di un vero e proprio spartiacque tra due momenti nella evoluzione del quadro normativo posto a presidio della salute dei lavoratori, con la direttiva-quadro e il d.lgs. n. 626/1994 che segnano una vera e propria “rivoluzione coper-nicana” in quanto a tecniche di prevenzione (G.NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla Massima Sicurezza possibile alla Massima Sicurezza effetti-vamente applicata?, in G.NATULLO (a cura di), op. cit., § 1).

(32) Il riferimento è C. giust. 12 novembre 1996, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord c. Consiglio dell’Unione europea, causa C-84/94, sulle cui implicazioni si veda, ampiamen-te, F.MALZANI, Ambiente di lavoro e tutela della persona. Diritti e rimedi, Giuffrè, 2014.

(33) F.BACCHINI, Sicurezza (del lavoro) è organizzazione (aziendale), in Quaderni di Economia del Lavoro, 2014, n. 101, 59-89.

(34) È noto che l’oggetto della direttiva 2003/88/CE sia identificato dal legislatore comuni-tario in “prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro” (art. 1, § 1, della direttiva): cfr. V.LECCESE, L’orario di lavoro. Tutela costituzionale della persona, durata della prestazione e rapporto tra le fonti, Cacucci, 2001, spec. 34, 227 e 325.

mettere in relazione la salute nei luoghi di lavoro con un’analisi della situa-zione complessiva di lavoro (35).

La stessa evoluzione, tuttavia, non si è riscontrata con riguardo alla norma-tiva ambientale e, in particolare, rispetto alle connessioni di sistema tra le norme preposte alla salvaguardia dell’ambiente e i profili organizzativi del rapporto di lavoro. Le cause della mancata integrazione tra tematiche am-bientali e aspetti organizzativi sono in larga parte da ricercarsi nella evolu-zione della legislaevolu-zione sociale e di quella sull’ambiente, il cui corpus normati-vo diverrà nel corso degli anni sempre più imponente, segnando un proces-so evolutivo molto simile tra i due settori che, tuttavia, anziché incanalarsi in un percorso di convergenza, andrà a concretizzarsi più propriamente in uno sviluppo parallelo.

Va innanzitutto rilevato che la distinzione tra ambiente di lavoro e ambiente in generale inizialmente neppure esisteva in seno alla politica ambientale comunitaria (36). Quale spartiacque tra la politica ambientale e la politica so-ciale europea, la direttiva 82/501/CEE (c.d. Seveso I) è esemplificativa in tal senso, laddove nei consideranda si ponevano in rilievo, congiuntamente, gli obiettivi ed i principi di una politica ecologica nella Comunità, stabiliti nei programmi d’azione in materia ambientale del 22 novembre 1973 e del 17 maggio 1977, e gli obiettivi di una politica per la sicurezza e la salute sul po-sto di lavoro, stabiliti con la risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1978 (37). La settorializzazione della nozione di ambiente scaturirà da una precisa

(35) Così B.MAGGI, Analisi e progettazione del lavoro per la tutela della salute. L’orientamento innova-tivo del d.lgs. n. 626 del 1994, in L.MONTUSCHI (a cura di), op. cit., 324. Si veda anche A.

SUPIOT, Critica del diritto del lavoro, TeleConsul, 1997, 79, per il quale la normativa sulla sicu-rezza «non si limita alle regole tecniche che mirano a prevenire o a proteggere dalle lesioni fisiche che può provocare il lavoro. Essa si estende a tutti gli aspetti dell’esistenza biologica del lavoratore. E in primo luogo a ciò che si chiama oggi la cronobiologia, cioè ai ritmi dell’essere vivente». L’obbligo di sicurezza, in questo senso, ha contribuito a veicolare «una visione non subalterna della condizione umana nei processi di produzione – una condizio-ne fragile, sulla quale incidono l’ambiente materiale e le condizioni ergonomiche, lo sforzo e l’attenzione, la luce e il rumore, il giorno e la notte, i ritmi e le pause ecc. – la quale consi-dera come un valore assoluto il benessere psicofisico della persona nel lavoro e lo contrap-pone ai duri meccanismi della produzione» (M.D’ANTONA, Diritto del lavoro di fine secolo: una crisi d’identità?, in G.GHEZZI (a cura di), Massimo D’Antona. Contrattazione, rappresentatività, conflitto. Scritti sul diritto sindacale, Ediesse, 2000, 284).

(36) L.KRÄMER, Manuale di diritto comunitario per l’ambiente, Giuffrè, 2002, 67.

(37) Il legislatore comunitario considerava inoltre che «la sicurezza e la protezione della salu-te sul posto di lavoro, nonché la tusalu-tela della popolazione e dell’ambiensalu-te esigono che venga prestata particolare attenzione a determinate attività industriali che possono essere all’origine di incidenti rilevanti; che si sono già prodotti nella Comunità incidenti del genere, con gravi conseguenze per i lavoratori e più in generale per la popolazione e l’ambiente»

(quarto considerando, direttiva 82/501/CEE).

scelta di natura politica adottata a cavallo tra gli anni 1984-1985, quando una conferenza intergovernativa preparò l’emendamento del Trattato CEE, e l’originale concetto omnicomprensivo di ambiente non venne portato avan-ti, sicché le questioni nucleari e le questioni riguardanti l’ambiente di lavoro vennero estrapolate dalla politica ambientale comunitaria (38).

Questa scelta fu assunta (39), in primo luogo, con funzione di specializzazio-ne e razionalizzaziospecializzazio-ne dei processi decisionali all’interno delle istituzioni eu-ropee e, in particolare, della Commissione europea, nel momento in cui con il Single European Act e più tardi con il Trattato di Maastricht le verranno at-tribuite specifiche competenze normative finalizzate all’armonizzazione del-le del-legislazioni nazionali (40). Il Trattato di Nizza segnerà una battuta di arre-sto rispetto alla spinta propulsiva verso un maggior interventismo dell’Europa sia nel campo della politica sociale che ambientale: gli auspici espansivi e connettivi delle competenze legislative comunitarie furono ben presto depotenziati dalla regola dell’unanimità, la quale di fatto ha implicato che nessuna direttiva potesse essere approvata senza l’apposizione di qual-che veto in seno al Consiglio, rivolto ora all’inasprimento degli oneri fiscali nel campo della politica ambientale, ora alla regolazione della flessibilità in ingresso e in uscita nel mercato del lavoro.

Nell’ambito delle politiche del lavoro, il dialogo sociale europeo è andato affermandosi negli anni a venire come tecnica funzionale al compimento degli obiettivi sociali perseguiti dal Trattato (41) e, a questi fini, è stato assun-to come base per l’adozione di un modello inclusivo di policy making (42).
Gli accordi-quadro europei, in particolare, saranno utilizzati quale espediente per superare i veti incrociati in seno al Consiglio (43), così contribuendo alla

(38) L.KRÄMER, L’evoluzione delle responsabilità della Comunità europea in materia ambientale, in M.

MONTINI, M.ALBERTON (a cura di), La governance ambientale europea in transizione, Giuffrè, 2008, 61.

(39) Le informazioni di seguito riportate sono il frutto del dialogo intrattenuto via e-mail con Armindo Silva, direttore del dipartimento di Diritto del lavoro e legislazione sociale della Commissione europea dal gennaio 2007 al febbraio 2015.

(40) M.BIAGI, L’ambiente di lavoro e la politica sociale comunitaria: il caso italiano, in LD, 1992, n.

2, 237-254.

(41) Cfr. G.ZILIO GRANDI, Parti sociali e contratto collettivo nell’Unione Europea, Giappichelli, 1998; M.PERUZZI, L’autonomia nel dialogo sociale europeo, Il Mulino, 2011.

(42) F.ALACEVICH, Promuovere il dialogo sociale. Le conseguenze dell’Europa sulla regolazione del lavo-ro, Firenze University Press, 2004.

(43) A.LO FARO, Funzioni e finzioni della contrattazione collettiva comunitaria. La contrattazione col-lettiva come risorsa dell’ordinamento giuridico comunitario, Giuffrè, 1999. A sostegno di questa tesi viene solitamente suggerita la lettura di un inciso, contenuto nella risoluzione del Parlamen-to europeo del 19 novembre 1997, in cui si afferma che le procedure di dialogo sociale eu-ropeo disciplinate dal Trattato «possono in alcuni casi essere utili al fine di superare le

im-ulteriore settorializzazione della politica sociale europea, essendo i relativi

im-ulteriore settorializzazione della politica sociale europea, essendo i relativi

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