La giurisprudenza della Corte costituzionale non ha mancato di declinare la tecnica del contemperamento in modo coerente con una concezione dell’ordinamento informata al principio di proporzionalità tra tutela del be-ne ambiente e interessi patrimoniali (1). E lo stesso è valso quando si è trat-tato di contemperare diritti sociali e libera iniziativa economica. Nell’ambito del vasto contenzioso sui riparti di competenze Stato-Regioni, scaturito all’indomani della riforma del titolo V, la Corte costituzionale giungerà per-fino a porre in rilievo che quando si fa menzione all’ambiente è necessario
(1) E ciò sottolineando come, ad esempio, la libertà di iniziativa economica consenta
«l’apposizione di limiti al suo esercizio a condizione che essi corrispondano all’utilità socia-le, nel cui ambito sicuramente rientrano gli interessi alla tutela della salute e dell’ambiente»
(C. cost. 3 giugno 1998, n. 196); ovvero rilevando, più di recente, come gli interessi della impresa siano certamente recessivi «a fronte di un’eventuale compromissione, se del caso indotta dal mutamento della situazione ambientale, del limite “assoluto e indefettibile rap-presentato dalla tollerabilità per la tutela della salute umana e dell’ambiente in cui l’uomo vive”» (C. cost. 24 luglio 2009, n. 250). Con la conseguenza che il diritto alla salute e la tute-la ambientale possono anche essere soggetti a limitazioni, purché le stesse non siano ecces-sive: ogni bilanciamento con altri interessi costituzionalmente protetti non deve far manca-re «un nucleo irrinunciabile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, il quale impone di impedire la costituzione di situazioni pri-ve di tutela» (C. cost. 2 dicembre 2005, n. 432).
tener presente che si tratta di un bene della vita, materiale e complesso, la cui disciplina comprende anche la tutela e la salvaguardia delle qualità e degli equilibri delle sue singole componenti. Oggetto di tutela, come si evince an-che dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, è la biosfera, an-che viene presa in considerazione, non solo per le sue varie componenti, «ma anche per le interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualità, la circolazione dei loro elementi, e così via. Occorre, in altri termini, guardare all’ambiente come “sistema”, considerato cioè nel suo aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto» (2).
È bastato poco tuttavia affinché la qualificazione della tutela della salute e dell’ambiente come limite o come nucleo irrinunciabile, e non già come obiettivo generale dell’ordinamento (3), da bilanciare sempre con le ulteriori dimen-sioni dello sviluppo sostenibile, manifestasse il suo essere espressione di quella che Capra e Mattei hanno definito come una visione del mondo ana-cronistica (4). Di questa concezione è emblematica la sentenza della Corte costituzionale sul caso dell’Ilva di Taranto (5) nella misura in cui essa mette in luce come nel sistema giuridico italiano la funzionalità della legge – intesa come capacità di comporre principi costituzionali che appaiono confliggenti (6) – non solo continui ad essere verificata attraverso la tecnica del bilancia-mento anche quando si palesa un rischio attuale, manifesto e comprovato per l’ambiente e per la salute della popolazione; ma il contemperamento con il valore dell’ambiente può apparire nondimeno sbilanciato (7), ineguale (8),
(2) C. cost. 14 novembre 2007, n. 378.
(3) Cfr., sul punto, P.MADDALENA, Ambiente, bene comune, in A.LEONE, P.MADDALENA, T.
MONTANARI, S.SETTIS, Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente, Einaudi, 2013, 95, secondo cui «per anni si è ritenuto che il problema della tutela dell’ambiente si potesse ri-solvere nella prospettiva di un equilibrio tra le esigenze dell’economia e la capacità rigenera-tiva della natura, individuando nella “compatibilità ambientale” il limite ultimo di alterabilità dei beni ambientali da parte delle attività aventi finalità economiche. È stata una pura illu-sione».
(4) F.CAPRA, U.MATTEI, Ecologia del diritto. Scienza, politica, beni comuni, Aboca, 2017. Cfr., sul punto, P.TULLINI, I dilemmi del caso Ilva e i tormenti del giuslavorista, in Ius17, 2012, n. 3, 164, secondo la quale «Alle difficoltà di approntare concreti interventi di sostegno per l’apparato produttivo e il bacino occupazionale dell’Ilva, si aggiungono le arretratezze del corredo giu-ridico e delle categorie analitico-ricostruttive, rimaste ancorate all’esperienza del Novecen-to».
(5) C. cost. 9 maggio 2013, n. 85.
(6) J.LUTHER, voce Ragionevolezza (delle leggi), in DDPub, 1997, XII, 341 ss.
(7) A.DI LERNIA, Esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e dell’occupazione. La responsabilità penale da esposizione dei lavoratori ad amianto tra causalità e colpa, in A.URICCHIO (a cura di), L’emergenza ambientale a Taranto: le risposte del mondo scientifico e le attività del polo “Magna Grecia”, Cacucci, 2014, 257.
asimmetrico (9) e drammatico (10) laddove entri in gioco il valore fondante dell’ordine repubblicano: il lavoro (11).
Chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità degli articoli 1 e 3 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla decreto-legge 24 dicembre 2012, n. 231, recante Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di inte-resse strategico nazionale (12), la Consulta affronta a più riprese il nodo del
(8) Così E.VIVALDI, Il caso ILVA: la “tensione” tra poteri dello Stato ed il bilanciamento dei principi costituzionali, in Federalismi.it, 2013, n. 15, 14 ss.
(9) Così P.PASCUCCI, La salvaguardia dell’occupazione nel decreto “salva Ilva”. Diritto alla salute vs diritto al lavoro?, Working Paper di Olympus, 2013, n. 27.
(10) A.MORELLI, Il decreto Ilva: un drammatico bilanciamento fra principi costituzionali, in Diritto Pe-nale Contemporaneo, 2013, n. 1, 11.
(11) G.ZAGREBELSKY, Fondata sul lavoro. La solitudine dell’articolo 1, Giappichelli, 2013; M.
LUCIANI, Radici e conseguenze della scelta costituzionale di fondare la Repubblica democratica sul lavoro, in ADL, 2010, n. 3, I, 642 ss.; G.LOY, Una Repubblica fondata sul lavoro, in E.GHERA, A.
PACE (a cura di), L’attualità dei principi fondamentali della Costituzione in materia di lavoro, Jovene, 2009, 3 ss.; L.NOGLER, Cosa significa che l’Italia è una repubblica “fondata sul lavoro”?, in LD, 2009, n. 3, 427 ss.; C.PINELLI, “Lavoro” e “progresso” nella Costituzione, in DLRI, 2009, n. 123, 410 ss.; L. MONTUSCHI, La Costituzione e i lavori, in RIDL, 2009, n. 2, I, 159 ss.; A.
CANTARO, Il diritto dimenticato. Il lavoro nella costituzione europea, Giappichelli, 2007; M.G.
GAROFALO, Unità e pluralità del lavoro nel sistema costituzionale, in DLRI, 2008, n. 117, 21 ss.;
C.SMURAGLIA, Il lavoro nella Costituzione, in RGL, 2007, n. 2, I, 429 ss.; L.GAETA (a cura di), Costantino Mortati e “Il lavoro nella Costituzione”: una rilettura. Atti della giornata di studio, Siena 31 gennaio 2003, Giuffrè, 2005; M.MAGNANI, Il lavoro nel Titolo V della Costituzione, in ADL, 2002, n. 3; L.MENGONI, Fondata sul lavoro: la Repubblica tra diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà, in Jus, 1998, n. 1, 47 ss.; R.SCOGNAMIGLIO (a cura di), Il lavoro nella giurispruden-za costituzionale, Franco Angeli, 1978; G.F.MANCINI, Art. 4, in G.BRANCA (a cura di), Com-mentario della Costituzione. Art. 1-12. Principi fondamentali, Zanichelli, 1975, 199 ss.; C.
MORTATI, Scritti sulle fonti del diritto e sull’interpretazione, Giuffrè, 1972, 26; M.S.GIANNINI, Profili costituzionali della protezione sociale delle categorie lavoratrici, in RGL, 1953, I, 1-11.
(12) Per una ricostruzione accurata della vicenda, si veda G.ARCONZO, Note critiche sul “decre-to legge ad Ilvam”, tra legislazione provvedimentale, riserva di funzione giurisdizionale e dovere di repres-sione e prevenzione dei reati, in Diritto Penale Contemporaneo, 2013, n. 1, 16 ss.; E.VIVALDI, op. cit.
Ai fini della presente analisi basti ricordare che il caso giudiziario dell’Ilva di Taranto ha origine agli inizi degli anni Novanta, ma i fatti più recenti risalgono al 2010, quando il GIP di Taranto avvia una investigazione preliminare ai sensi dell’art. 434 c.p. per “disastro am-bientale”. Nonostante la gravità della crisi ambientale della città di Taranto, il Ministero dell’ambiente rilasciava l’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per l’esercizio dello stabilimento siderurgico (cfr. d.m. 4 agosto 2011, n. 450), richiesta dalla stessa Ilva con istanza del 28 febbraio 2007. Contrariamente a quanto previsto dall’AIA e dal parere istrut-torio ad essa allegato, l’Ilva continuava a produrre superando i limiti stabiliti per le emissio-ni degli agenti inquinanti (cfr. relazione tecemissio-nica ARPA Puglia 1° febbraio 2012, n. 5520). Il Presidente della Regione Puglia (cfr. nota 5 marzo 2012, n. 1066/SP) chiedeva, quindi, al Ministero dell’ambiente il riesame dell’AIA, a seguito del quale fu prescritta una serie di mi-sure di carattere strutturale e gestionale volte a garantire che l’esercizio dell’impianto
avve-porto tra lavoro e ambiente come valori primari, costituzionalmente protet-ti. L’analisi prende le mosse dal principio della parificazione del valore-ambiente con altri valori costituzionalmente rilevanti, evidenziando come tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovino «in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri». La tutela, secondo la Consulta, deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro». «Se così non fosse, si verifi-cherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno”
nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona». La motivazione si arricchisce di una pluralità di argomenti, al cen-tro dei quali campeggia l’idea del bilanciamento tra beni e valori c.d. primari, secondo i criteri di proporzionalità e di ragionevolezza (13). Argomenti
nisse nel rispetto dei valori limite di emissioni indicati nell’allegato parere istruttorio, non-ché della vigente normativa in tema di tutela ambientale e sanitaria (cfr. art. 1, d.m. 26 otto-bre 2012, n. 547). A fronte del mancato rispetto delle prescrizioni contenute nell’AIA rie-saminata, la magistratura tentò di porre termine alle attività altamente inquinanti dell’Ilva, soprattutto attraverso il sequestro degli impianti, delle lavorazioni e dei conti correnti. In risposta a tale intervento, veniva emanato il decreto c.d. “salva Ilva”. A sua volta il GIP di Taranto impugnava il decreto dinanzi alla Corte costituzionale, lamentando che alcune di-sposizioni violassero il primo comma dell’art. 117 Cost. in riferimento al parametro inter-posto dell’art. 191 TFUE che disciplina il principio di precauzione, perché consentivano lo svolgimento di attività industriali dannose per la salute e l’ambiente. Veniva censurato, in particolare, l’art. 1, comma 1, del decreto, rubricato Efficacia dell’autorizzazione integrata am-bientale in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, a norma del quale «In caso di stabilimento di interesse strategico nazionale, individuato con decreto del Presiden-te del Consiglio dei Ministri, quando presso di esso sono occupati un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non infe-riore a duecento da almeno un anno, qualora vi sia una assoluta necessità di salvaguardia dell’occupazione e della produzione, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare, in sede di riesame dell’autorizzazione integrata ambientale, la prosecuzione dell’attività produttiva per un periodo di tempo determinato non superiore a 36 mesi ed a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedi-mento di riesame della medesima autorizzazione, secondo le procedure ed i termini ivi in-dicati, al fine di assicurare la più adeguata tutela dell’ambiente e della salute secondo le mi-gliori tecniche disponibili».
(13) «La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contem-poranee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra princìpi e diritti fondamen-tali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. La qualificazione come “primari” dei valori dell’ambiente e della salute significa pertanto che gli stessi non possono essere sacri-ficati ad altri interessi, ancorché costituzionalmente tutelati, non già che gli stessi siano posti alla sommità di un ordine gerarchico assoluto. Il punto di equilibrio, proprio perché dina-mico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione
del-verso i quali, come noto, la Corte giungerà a rigettare la questione di legitti-mità costituzionale, ritenendo che il legislatore avesse effettuato un ragione-vole e proporzionato bilanciamento predisponendo la disciplina di cui al ci-tato articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 207/2012, condizionando cioè la prosecuzione dell’attività d’impresa all’osservanza di specifici limiti, disposti in provvedimenti amministrativi relativi all’autorizzazione integrata ambientale (AIA), e assistita dalla garanzia di una specifica disciplina di con-trollo e sanzionatoria.
La sequenza logico-argomentativa scandita dalla Corte costituzionale si per-feziona in maniera coerente con l’idea per cui non possano operarsi scelte di campo nel determinare la preminenza del diritto della salute su qualsiasi be-ne o valore di rilievo costituzionale, nonostante questo principio di parifica-zione non operi in senso assoluto, bensì relativamente a valori e beni di pari rango costituzionale. Pur tuttavia, la dottrina gius-ambientale e penalistica che si è interrogata sulle motivazioni della sentenza Ilva ha rilevato come l’operazione di pesatura dei beni contrapposti effettuata dalla Corte costitu-zionale nel caso di specie si presenti falsata da un «cambio di paradigma, che ha comportato l’inquadramento della vicenda da un diverso angolo visuale:
per cui non si è trattato più di bilanciare la tutela della salute con la libertà di impresa, ma di trovare una sintesi tra salute e lavoro» (14). E ciò sul presup-posto che nell’articolo 1 del decreto-legge n. 207/2012 occupazione e pro-duzione risultassero «così intimamente connesse da sembrare quasi dar cor-po ad un’endiadi» (15).
Questo presupposto, tuttavia, non può essere invocato in senso assoluto.
Quando l’archetipo organizzativo del lavoro e della produzione coincide, come nel caso di specie, con il modello produttivo proprio del Novecento industriale, vale a dire quello di stampo fordista-taylorista, occupazione e produzione sono tutt’altro che un’endiadi (16): non solo il lavoro è soltanto uno dei molteplici fattori produttivi organizzati nell’impresa, ma sul dato occupazionale incidono le modalità organizzative e di raccordo tra tutte le variabili della funzione di produzione, rispetto alle quali il singolo prestatore di lavoro non ha voce in capitolo. Incidono, cioè, valutazioni estranee alla sfera di azione e responsabilità del prestatore di lavoro che hanno a che fare con le strategie competitive dell’azienda, in ordine a quanto, come e
le norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale».
(14) E.VIVALDI, op. cit., 29.
(15) P.PASCUCCI, op. cit., 3.
(16) A.CATAUDELLA, M.DELL’OLIO, Il lavoro e la produzione, in N.LIPARI (a cura di), Tecniche giuridiche e sviluppo della persona, Laterza, 1974, 225 ss.
tutto dove produrre; nonché alla misura della redistribuzione degli utili tra i diversi fattori di produzione, in termini, ad esempio, di dividendi tra gli azionisti, nuovi investimenti e/o aumenti retributivi.
La separazione tra lavoro e produzione si accentua ulteriormente laddove, ancora come il caso di specie esemplifica chiaramente, non vi sia una diretta coincidenza tra dimensione imprenditoriale della produzione e dimensione datoriale di lavoro. La distanza che separa base e vertice nella piramide or-ganizzativa accentua gli effetti della subordinazione e della specializzazione del lavoro in termini di alienazione, nel senso di etero-organizzazione e de-stinazione esclusiva ad altri del risultato, per il cui conseguimento la presta-zione di lavoro è utilizzata, inverandosi, di conseguenza, la tesi per cui
«l’utilità che la singola prestazione deve arrecare (e quindi, l’interesse tipico che essa deve soddisfare) non si commisura al risultato produttivo globale, bensì consiste in quel risultato (parziale) che sommato o sommabile – anche in via astratta e potenziale – ad altri risultati (parziali), secondo il disegno organizzativo predeterminato dal detentore dell’iniziativa economica, dà luogo (o sarebbe stato idoneo a dare luogo) ad altri risultati parziali o a quel-lo finale della organizzazione produttiva» (17).
Ne consegue che la scelta di contrapporre e comparare la tutela dell’ambiente e della salute con un bene di pari rango costituzionale – il la-voro – è irragionevole sul piano dogmatico, oltreché ontologico, perché fondata su un presupposto teorico del tutto fallace, costruito su una narra-zione strisciante che, risalendo gli anelli della illogica del conflitto tra lavoro e ambiente, dovrebbe portare a ritenere che la causa del disastro ambientale dell’Ilva di Taranto siano stati i lavoratori e gli interessi, intesi nel senso giu-ridico del termine, che essi esprimono come singoli e come collettività. Pro-posizione che deve essere respinta con forza, perché l’interesse tipico del prestatore di lavoro alla retribuzione e alla occupazione va sempre commi-surato al parametro costituzionale della garanzia di un’esistenza libera e di-gnitosa, ovvero in funzione del concorso al progresso materiale o spirituale della società. Si tratta di un caposaldo della nozione costituzionale di giusta retribuzione, tale per cui la valenza ordinamentale dell’istituto non acquisi-sce una funzione di mera corrispettività, quanto piuttosto una funzione so-ciale (18), potendosi più precisamente parlare della corrispettività nel rappor-to di lavoro in termini di una “obbligazione sociale” dalla portata universali-stica (19). Forte del paradigma neo-costituzionalista, vale a dire di quella
(17) F.LISO, La mobilità del lavoratore in azienda: il quadro legale, Franco Angeli, 1982, 54.
(18) G.ZILIO GRANDI, La retribuzione. Fonti, struttura, funzioni, Jovene, 1996, 401 ss.
(19) L.ZOPPOLI, L’art. 36 della Costituzione e l’obbligazione retributiva, in B.CARUSO, C.ZOLI, L.
ZOPPOLI (a cura di), La retribuzione. Struttura e regime giuridico, Jovene, 1994, vol. I, 98 e 136.
rente di pensiero secondo cui diritto e morale si fondono, ridimensionando la componente strettamente legalista dell’analisi giuridica (20), un altro orien-tamento ha di recente definito libertà e dignità come “meta principi”, accol-landovi una preminente carica valoriale (21). Coerentemente, nel concetto di dignità viene individuato il diritto ad un livello retributivo in grado di con-sentire al lavoratore un’esistenza al di sopra della mera sopravvivenza, senza tralasciare le implicazioni della retribuzione sulla dignità del contesto fami-liare; con riferimento al concetto di libertà, d’altro canto, emerge la possibili-tà per il lavoratore di esplicare pienamente la propria personalipossibili-tà in maniera svincolata da qualsiasi forma di condizionamento. In una parola, di essere un cittadino libero.
Nel caso in esame, questi riferimenti costituzionali alla nozione di giusta re-tribuzione risultano in larga parte disattesi se è vero che, a mero titolo di esempio, quando soffia il vento a Taranto (c.d. Wind Days) le scuole fre-quentate dai figli dei lavoratori dell’Ilva (cioè i famigliari dei lavoratori cui deve essere garantita una esistenza libera e dignitosa) vengono chiuse per via della dispersione nell’aria delle polveri sottili prodotte nei parchi minerari della fabbrica (22); la Asl di Taranto è costretta ad invitare frequentemente la popolazione residente nei quartieri adiacenti all’Ilva ad adottare alcune mi-sure cautelative negli orari in cui i livelli di inquinamento sono elevati (es.
chiudere le finestre, non svolgere attività all’aria aperta) (23); il Sindaco di Ta-ranto deve ordinare regolarmente il divieto di giocare nelle aree verdi, il di-vieto di seppellire e disseppellire i morti nel cimitero adiacente allo stabili-mento, il divieto di utilizzo delle acque di falda a qualsiasi titolo (24); ovvero se si considera che la libertà di scelta occupazionale del singolo prestatore di lavoro è fortemente condizionata dalla mancanza di alternative sul mercato locale (25) che si presenta fortemente asfittico non solo perché l’indotto in-dustriale di Taranto ruota attorno alle attività dell’Ilva, ma perché l’inquinamento prodotto dalla fabbrica impatta in senso negativo sulla capa-cità del territorio di attrarre turismo e investimenti diretti esteri sostenibili.
(20) G.MESSINA, Il neocostituzionalismo, in DD, 2011, n. 1-2, 384.
(21) G.RICCI, Il diritto alla retribuzione adeguata fra Costituzione, mercato ed emergenza economica, Working Paper CSDLE “Massimo D’Antona” – IT, 2012, n. 163.
(22) Con palese violazione non solo dell’art. 34 Cost., ma altresì dell’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché degli artt. 28 e 29 della Convenzione Uni-cef sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
(23) Cfr. il rapporto di FIDH,PEACELINK,UFDU,HRIC, Il disastro ambientale dell’ILVA di Taranto e la violazione dei Diritti Umani, 2018, 15.
(24) Ibidem.
(25) Con palese violazione dell’art. 4 Cost. e dell’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
A conclusioni diverse si sarebbe giunti se l’articolo 32 Cost. riguardante il diritto alla salute fosse stato contrapposto avverso (anche) la libera iniziativa economica, essendo pacifico che tra i due beni tutelati vi sia un rapporto di sovra e sotto ordinazione. Si è avuta più di un’occasione per rimarcare come le norme lavoristiche siano da sempre state oggetto di contemperamento con altri diritti e valori protetti dalla Costituzione (26), così come dall’ordinamento comunitario, in ragione del fatto che la legislazione sul la-voro «esprime, in ogni singolo passaggio regolatorio, la sintesi di una artico-lata dialettica compromissoria tra gli interessi dell’economia di mercato e dell’iniziativa privata e quelli della tutela della persona, della sicurezza, della dignità del lavoratore» (27). Ma dalla lettura del combinato disposto di cui agli articoli 32 e 41 Cost., la dottrina ha sempre derivato una chiara opzione
A conclusioni diverse si sarebbe giunti se l’articolo 32 Cost. riguardante il diritto alla salute fosse stato contrapposto avverso (anche) la libera iniziativa economica, essendo pacifico che tra i due beni tutelati vi sia un rapporto di sovra e sotto ordinazione. Si è avuta più di un’occasione per rimarcare come le norme lavoristiche siano da sempre state oggetto di contemperamento con altri diritti e valori protetti dalla Costituzione (26), così come dall’ordinamento comunitario, in ragione del fatto che la legislazione sul la-voro «esprime, in ogni singolo passaggio regolatorio, la sintesi di una artico-lata dialettica compromissoria tra gli interessi dell’economia di mercato e dell’iniziativa privata e quelli della tutela della persona, della sicurezza, della dignità del lavoratore» (27). Ma dalla lettura del combinato disposto di cui agli articoli 32 e 41 Cost., la dottrina ha sempre derivato una chiara opzione