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Segue: i quadri regolatori nazionali: cenni

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 183-200)

L’onere di portare a sistema il complesso quadro regolatorio del diritto dell’Unione europea in materia di ambiente, salute e sicurezza è ricaduto in capo agli ordinamenti giuridici nazionali, con esiti diversificati fra i diversi Stati membri (48) e, in assenza di un processo di razionalizzazione, da parte delle stesse aziende. Nelle realtà produttive destinatarie di normative speciali (49), in particolare, è andata manifestandosi una propensione ad avvicinare e

(46) B.CARUSO, op. cit., 31.

(47) Ibidem.

(48) Cfr. la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comi-tato economico e sociale europeo e al ComiComi-tato delle Regioni sull’attuazione pratica delle disposizioni delle direttive concernenti la salute e la sicurezza sul lavoro 89/391 (direttiva-quadro), 89/654 (luoghi di lavoro), 89/655 (attrezzature di lavoro), 89/656 (attrezzature di protezione individuale), 90/269 (movimentazione manuale di carichi) e 90/270 (attrezzatu-re munite di videoterminale), 5 febbraio 2004, COM(2004)62 def. Sull’impianto della di(attrezzatu-ret- diret-tiva e il suo impatto sugli Stati membri della Unione europea cfr., in chiave comparata, J.E.

KINEKE, The EEC Framework Directive for Health and Safety at Work, in Boston College Interna-tional and Comparative Law Review, 1991, vol. 14, n. 1, 213 ss. Sulle modalità e sulle problema-tiche di implementazione nei Paesi UE, sempre in chiave comparata, L.VOGEL, Prevention at the workplace. An initial review of how the 1989 Community framework Directive is being implement-ed, European Trade Union Technical Bureau for Health and Safety, 1994. Sempre per una prospettiva comparata cfr. da ultimo B.VALDÉS DE LA VEGA, Occupational Health and Safety:

An EU Law Perspective, in E.ALES (a cura di), Health and Safety At Work. European and Com-parative Perspective, Wolters Kluwer, 2013, 1, nonché AA.VV., Seminario internazionale di Diritto comparato del lavoro - Pontignano XXVII, in AA.VV., Il diritto del lavoro nel sistema giuridico privati-stico. Atti delle Giornate di studio di diritto del lavoro. Parma, 4-5 giugno 2010, Giuffrè, 2011, 356.

(49) Si pensi ad esempio alle aziende rientranti nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 c.d.

REACH, il cui allegato I prevede disposizioni generali relative alla valutazione delle sostan-ze e all’elaborazione delle relazioni sulla sicurezza chimica. Valutazione che include una fase di stima dell’esposizione, effettuata «per tutte le popolazioni umane (lavoratori, consumato-ri e persone soggette a un’esposizione indiretta attraverso l’ambiente) e i settoconsumato-ri ambientali

non separare le politiche industriali e ambientali dalle politiche di gestione delle risorse umane sotto il profilo della normativa prevenzionistica; tanto che, sempre più spesso, «la figura che concretamente gestisce la sicurezza sul lavoro, coadiuva l’imprenditore pure nell’assolvimento degli obblighi che il diritto dell’ambiente gli fa derivare» (50). Non di rado, in effetti, le respon-sabilità organizzative in materia di salute e sicurezza e quelle in materia am-bientale sono delegate in capo al medesimo collaboratore (51). Questa consi-derazione è importante perché facilita la comprensione di due problemi tra loro strettamente interconnessi: uno di natura sostanziale, l’altro procedura-le.

Il primo problema ha a che fare con la dimensione della prevenzione degli incidenti/esposizioni maggiori e, segnatamente, con la difficoltà pratica di identificare, anticipare e gestire in maniera differenziata il rischio professio-nale dal rischio ambientale (52). I giuristi dell’ambiente sanno meglio di chiunque altro che se si ricercano le origini della maggior parte dei principali

di cui è noto o si può ragionevolmente prevedere che saranno esposti alla sostanza. Ogni pertinente via d’esposizione umana (per inalazione, orale, dermica o la combinazione di tut-te le vie e le fonti d’esposizione) è presa in considerazione. Questut-te stime tut-tengono conto delle variazioni spaziali e temporali dei modelli d’esposizione» (punto 5.2.4). Il punto 6.2 del medesimo allegato prevede una caratterizzazione dei rischi, la quale deve prendere in considerazione «le popolazioni umane (esposte come lavoratori o consumatori o indiretta-mente attraverso l’ambiente e, se del caso, a una combinazione dei fattori) e i settori am-bientali di cui è nota o si può ragionevolmente prevedere l’esposizione alla sostanza, in base all’ipotesi che le misure di gestione dei rischi descritte negli scenari d’esposizione di cui al punto 5 siano state attuate. Inoltre, il rischio ambientale complessivo causato dalla sostanza è esaminato integrando i risultati relativi a rilasci, emissioni e perdite complessive da tutte le fonti in tutti i comparti ambientali».

(50) A.LEVI, Tutela del lavoro e tutela dell’ambiente: divergenze e convergenze di due ordinamenti a con-fronto, in AA.VV., Studi in onore di Tiziano Treu. Lavoro, istituzioni, cambiamento sociale. II. Contrat-ti di lavoro, Jovene, 2011, 1107.

(51) Collaboratore il quale, prendendo come esempio il caso italiano, finisce per essere inve-stito tanto delle funzioni e dei compiti di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 81/2008 (c.d. Testo Unico su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro), tanto dell’attuazione e della supervisione delle misure di protezione previste dal d.lgs. n. 152/2006 (c.d. Testo Unico sull’ambiente).

Sul rapporto fra deleghe aziendali e danno da inquinamento ambientale, si veda M.

SANTOLOCI, Responsabilità penale e deleghe interne aziendali in materia di inquinamento ambientale (nota a Cass. pen. 17 gennaio 2000, n. 422), in Diritto e Giurisprudenza Agraria, Alimentare e dell’Ambiente, 2000, n. 10, II, 606.

(52) Sul tema, si è spesa da sempre la dottrina spagnola: M.RODRÍGUEZ-PIÑERO ROYO, Trabajo y medio ambiente, in Relaciones Laborales – Revista Crítica de Teoría y Práctica, 1995, n. 2;

M.J. RODRÍGUEZ RAMOS, Salud laboral versus medio ambiente: por una política de prevención de riesgos laborales también en el medio externo, in Aranzadi Social, 2002, n. 22, 1191-1214; J.L.

MONEREO PÉREZ, Medio ambiente de trabajo y protección de la salud: hacia una organización integral de las políticas públicas de prevención de riesgos laborales y calidad ambiental, ivi, 2009, n. 1.

problemi ambientali, si arriva al luogo di lavoro (53). Sotto un profilo stret-tamente prevenzionistico, anche nella dottrina lavoristica è stata costatata la impossibilità di stabilire una netta partizione – né tantomeno una discon-nessione – tra i diversi meccanismi di prevenzione e gestione dei rischi per i lavoratori e quelli per l’ambiente (infra, sez. II, § 1) (54).

Il secondo aspetto riguarda il grado di complessità interpretativa che ha rag-giunto l’intreccio normativo del diritto dell’Unione europea tra prevenzione ambientale e prevenzione degli infortuni sul lavoro. E ciò con specifico ri-guardo a talune realtà produttive ad elevato impatto ambientale: le direttive c.d. Seveso (55), il regolamento c.d. REACH (56), le direttive contro i rischi derivanti da agenti chimici (57) e quelle contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni (58) sono stati elaborati separatamente e in fasi diverse, con importanti profili di sovrapposizione dei relativi obbli-ghi e adempimenti procedurali. Al punto che «un eccesso di enfasi sugli aspetti tecnici e ingegneristici ha finito con il trascurare la circostanza che, di regola, la prevenzione e gestione di un rischio attuale e non solo potenziale non è una conseguenza meccanica della interazione tra esseri umani, tecno-logie e procedure di sicurezza, quanto il risultato della stessa interazione, non razionalmente determinabile, tra gruppi di persone soprattutto là dove

(53) L.R.KOHLER, Environment and the World of Work: An Integrated Approach to Sustainable De-velopment, Environment and the Working Environment, in AA.VV., ILO Encyclopedia of Occupational Health & Safety, cit.). Cfr., su questo specifico argomento, anche M.RODRÍGUEZ-PIÑERO Y

BRAVO-FERRER, Medio ambiente y relaciones de trabajo, in Temas Laborales, 1999, n. 50, 13, qui 7-8.

(54) J.L.MONEREO PÉREZ, op. cit.

(55) Direttiva 82/501/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1982, sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, recepita in Italia con il d.P.R. n. 175/1988 nel-la sua prima versione; direttiva 96/82/CE, recepita in Italia con il d.lgs. n. 334/1999; diret-tiva 2003/105/CE, recepita con il d.lgs. n. 238/2005; diretdiret-tiva 2012/18/UE, recepita con il d.lgs. n. 105/2015.

(56) Regolamento (CE) n. 1907/2006, cit., concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il re-golamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il rere-golamento (CE) n. 1488/94 della Commis-sione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE.

(57) Direttiva 98/24/CE del Consiglio, sulla protezione della salute e della sicurezza dei la-voratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro; direttiva 2000/39/CE della Commissione, relativa alla messa a punto di un primo elenco di valori limite indicativi in applicazione della direttiva 98/24/CE del Consiglio.

(58) Direttiva (UE) 2017/2398 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2017 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.

questo avvenga in contesti produttivi incentrati su logiche gerarchiche di comando, controllo e sanzione» (59).

Non stupisce che, all’interno del complesso quadro normativo qui ricostrui-to per sommi capi, l’estensione dell’area delle responsabilità imprendiricostrui-toriali e dei collaboratori alla dimensione esterna dell’impresa si sia concretizzata negli ordinamenti tradizionalmente meno inclini ad assorbire sic et simpliciter gli schemi del diritto dell’Unione europea o, all’opposto, in quelli caratteriz-zati da un forte interventismo statale in materia di politiche sociali.

Sulla scorta di una proficua e feconda elaborazione dottrinale (60), la Francia è uno dei pochi esempi nell’ambito del quale si è riscontrata una «continua progressione del diritto ambientale nel diritto del lavoro» (61), concretizzatasi in una serie di provvedimenti con cui il legislatore ha esteso il campo di ap-plicazione oggettivo dell’obbligo di salvaguardia della qualità dell’ambiente di lavoro all’ambiente in generale (62); riconducendo nella nozione di rischio industriale il rischio ambientale in senso lato; estendendo l’obbligo di in-formazione sindacale in materia di salute e sicurezza alle questioni ambienta-li (63); attribuendo ai lavoratori il diritto di c.d. allarme ambientale (64), disci-plinato dalla loi n. 2013-316.

Non pochi spazi di integrazione tra tutela del lavoro e salvaguardia ambien-tale si riconoscono nel sistema prevenzionistico britannico, sebbene conti-nui a riscontrarsi il persistente utilizzo della nozione di adempimento “nella misura in cui sia ragionevolmente praticabile” in luogo della nozione di

“massima sicurezza tecnicamente possibile” (65). La struttura della

(59) M.TIRABOSCHI, Prevenzione e gestione dei disastri naturali (e ambientali): sistemi di welfare, tutele del lavoro, relazioni industriali, in DRI, 2014, n. 3, 593-594.

(60) M.DESPAX, Environnement et droit du travail, in Juris-Classeur Environnement, 1994, n. 982;

P.RODIERE, Travail et environnement: aspects de Droit international et Européen, in Droit et Ville, 1994, n. 37, 26; P.BOBE, Du bilan social au bilan écologique, ivi, 59; A.SUPIOT, L’alerte écologique dans l’entreprise, ivi, 92 ss.; H.SEILLAN, Obligations et responsabilités en droit du travail et en droit de l’environnement, ivi, 37-47; I. VACARIE, L’implication écologique du salarié, ivi, 119 ss.; A.

MAZEAUD, Environnement et travail, in AA.VV., Pour un droit commun de l’environnement. Mélanges en l’honneur de Michel Prieur, Dalloz, 2007, 297 ss.; F.HEAS, La protection de l’environnement en droit du travail, in Revue Droit du Travail, 2009, n. 10, 571-572.

(61) Così A.BUGADA, L’influence du droit de l’environnement sur le droit du travail, in Semaine Sociale Lamy, 2005, n. 1232, suppl., 10.

(62) Legge c.d. Grenelle (loi n. 2009-967 du 3 août 2009); legge Bachelot (loi n. 2003-699 du 30 juillet 2003).

(63) A.BUGADA, Gestion globale du risque: les apports de la loi du 30 juillet 2003 sur le risques ma-jeurs, in Droit et Ville, 2009, n. 68. Cfr. altresì A.BUGADA, L’influence du droit de l’environnement sur le droit du travail, cit., 10.

(64) A.SUPIOT, L’alerte écologique dans l’entreprise, cit., 92 ss.

(65) A.C.NEAL, La direttiva quadro europea in materia di salute e sicurezza dei lavoratori: una sfida per il Regno Unito?, in M.BIAGI (a cura di), op. cit., 53. Sul punto, si veda C. giust. 14 giugno

zione in materia di salute e sicurezza nel Regno Unito è il risultato di una evoluzione durata quasi due secoli: oggetto di ripetute modifiche da parte del legislatore del Regno Unito, talune di recente approvazione, l’Health and Safety at Work Act del 1974 si è consolidato come corpus normativo unitario in materia prevenzionistica. Il testo introduttivo della legge esprime la mar-cata proiezione pubblicistica del relativo apparato prevenzionistico, laddove si afferma che le previsioni ivi contenute sono intese a garantire la salute, la sicurezza e il benessere delle persone al lavoro; a proteggere persone diverse dalle persone al lavoro contro i rischi della salute o della sicurezza insorgenti o in connessione con le attività delle persone al lavoro; a controllare il pos-sesso e l’uso di sostanze esplosive o altamente infiammabili o altresì perico-lose, e in generale impedirne l’acquisizione illegittima, il possesso e l’uso di tale sostanze; a controllare l’emissione nell’atmosfera di sostanze nocive o offensive da parte degli stabilimenti in qualsiasi delle categorie individuate dalla legge (66).

Nella maggior parte degli ordinamenti, tuttavia, continua a registrarsi, sul piano del diritto positivo, una cesura più o meno accentuata tra sistema di prevenzione lavoristico e normativa ambientale. È stato osservato, ad esem-pio, come la legislazione spagnola, distinguendo il profilo della prevenzione della salute sul posto di lavoro da quello della salvaguardia ambientale, con-tribuisca ad accentuare anziché ricomporre la contrapposizione tra le due realtà (67). Anche in Italia l’impianto normativo lavoristico e quello gius-ambientale si rivolgono a soggetti differenti, si ignorano sotto gli aspetti

2007, Commissione delle Comunità europee c. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, causa C-127/05, che ha ritenuto compatibile con la normativa comunitaria il principio della

“massima sicurezza ragionevolmente praticabile”, proprio dell’ordinamento britannico.

(66) Ne deriva una serie di obblighi in capo ai datori di lavoro, ai lavoratori autonomi, ai di-pendenti, ai progettisti, ai produttori, agli importatori e ai fornitori. Secondo le principali disposizioni della legge, non solo i datori di lavoro hanno le responsabilità giuridiche in ma-teria di salute e sicurezza dei propri dipendenti e di tutte le altre persone che possono esse-re colpite dalla loro impesse-resa e, di conseguenza, esposti, ma altesse-resì i dipendenti sono tenuti a prendersi ragionevolmente cura della loro salute, della loro sicurezza e di quella degli altri.

Di particolare interesse risulta la parte I della normativa in esame, rubricata Health, Safety and Welfare in Connection with Work, and Control of Dangerous Substances and Certain Emissions into the Atmosphere, con particolare riguardo al punto 5, concernente taluni obblighi attribuiti ai soggetti responsabili del controllo di certi stabilimenti in relazione alle emissioni pericolose nell’atmosfera.

(67) Si veda ad esempio J. ESCRIBANO GUTIERRÉZ, Trabajo y medio ambiente: perspectivas jurídico-laborales, in L.MORA CABELLO DE ALBA, J.ESCRIBANO GUTIÉRREZ (a cura di), La ecología del trabajo. El trabajo que sostiene la vida, Bomarzo, 2015, e M.P. RIVAS VALLEJO, La protección del medio ambiente en el marco de las relaciones laborales, in Tribuna Social, 1999 n. 103, 9-27.

principali (68), si presentano come sistemi apparentemente chiusi, destinati ad incrociarsi soltanto quando i valori che regolano – il lavoro e l’ambiente – entrano tra loro in conflitto. E ciò nonostante sia stato da più parti rileva-to come i principi su cui si fondano le due discipline non solo presentino

«innegabili tratti di contiguità» (69), ma siano «sostanzialmente analoghi e convergenti» (70).

Malgrado il passaggio a un disegno di tutela olistico e partecipativo in mate-ria di salute e sicurezza compiuto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, come modificato e integrato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, e nonostante il sistema normativo antinfortunistico sia chiamato ad assicurare il coordinamento con la normativa ambientale (71), la salvaguardia dell’ambiente continua ad essere (quasi) del tutto assente dal quadro legisla-tivo lavoristico (72), restando, al massimo, «un benefico effetto “preterinten-zionale” della messa a regime dell’ambiente interno» (73). Continuano peral-tro a riscontrarsi tutti i limiti di un sistema di tutele evoluto sotto il profilo formale, ma «poco incline ad accogliere una nozione ampia, dinamica e arti-colata di rischio, ancora troppo sbilanciato sul profilo della safety (sicurezza

(68) M.CERRI, F.BOTTINI, La gestione della sicurezza sul lavoro nel lavoro che cambia. Luci ed ombre nella difficile applicazione del c.d. Testo Unico della Sicurezza tra tutela del lavoratore e tutela ambientale, CM formazione & consulenza, 2015, 173. Con riferimento ai cantieri temporanei e mobili, gli esperti rilevano altresì che «nessuna delle figure coinvolte nel Testo Unico della Sicurez-za o nel Codice degli Appalti o nel Testo Unico per l’Edilizia viene nominata, o ha un suo equivalente normativo all’interno del Testo Unico per l’Ambiente (d.lgs. 152/2006 e s.m.i.).

Non c’è nessuna corrispondenza immediata di ruoli, vera o presunta» (ivi, 174).

(69) A.LEVI, op. cit., 1105.

(70) P.PASCUCCI, La salvaguardia dell’occupazione nel decreto “salva Ilva”. Diritto alla salute vs diritto al lavoro?, in DLM, 2013, n. 3.

(71) Cfr. art. 3, d.lgs. n. 81/2008, su cui si veda L.MENGHINI, L’evoluzione degli strumenti giuri-dici volti a favorire l’effettività della prevenzione, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2017, n. 2, 26, secondo il quale «Quest’ultimo spunto collega la sicurezza sul lavoro alla sicurezza di tutti i cittadini, compresi i lavoratori, palesando la consapevolezza della necessaria soluzione di problemi molto gravi. I casi dell’Ilva di Taranto e delle acciaierie di Trieste impongono di considerare anche i pericoli che certe lavorazioni possono arrecare a tutti i cittadini e, per converso, anche i pericoli che un ambiente degradato può far correre ai lavoratori».

(72) L’ambiente esterno è nominato in due disposizioni del d.lgs. n. 81/2008: art. 2, comma 1, lett. n: «“prevenzione”: il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secon-do la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi profes-sionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno»; art.

18, comma 1, lett. q: «prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante assenza di rischio».

(73) R.DEL PUNTA, Tutela della sicurezza sul lavoro e questione ambientale, cit., 159.

dei lavoratori) rispetto alla security (sicurezza dell’azienda e del territorio)»

(74).

Taluni interventi normativi hanno, nel tempo, perfino contribuito a rendere più netta la linea di demarcazione tra salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro, da un lato, e salvaguardia ambientale, dall’altro (75). La stessa norma-tiva di recepimento delle direttive Seveso in tema di incidenti rilevanti con-nessi all’utilizzo di sostanze pericolose si presenta come un corpus estraneo rispetto alla disciplina lavoristica in materia di organizzazione del lavoro: il solo raccordo tra i due impianti normativi è stato garantito dalla clausola di salvaguardia in forza della quale le disposizioni del decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105, che attuano la direttiva 2012/18/UE, si applicano «fat-te salve le disposizioni in ma«fat-teria di sicurezza e salu«fat-te dei lavoratori sul luo-go di lavoro» (76); nonché dalla disposizione che prevede, nell’ambito del si-stema di gestione della sicurezza, la trattazione dei seguenti aspetti (77): ruoli e responsabilità del personale addetto alla gestione dei pericoli di incidente rilevante a ogni livello dell’organizzazione, unitamente alle misure adottate per sensibilizzare sulla necessità di un continuo miglioramento; identifica-zione delle necessità in materia di formaidentifica-zione del personale e relativa attua-zione; coinvolgimento dei dipendenti e del personale di imprese subappalta-trici che lavorano nello stabilimento che sono rilevanti sotto il profilo della

(74) M.TIRABOSCHI, op. cit., 595. Cfr. P. TULLINI, I sistemi di gestione della prevenzione e della sicu-rezza sul lavoro, in DLRI, 2010, n. 3, 413 ss.

(75) Nonostante la riforma sanitaria del 1978 indicasse tra i suoi obiettivi «la promozione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente naturale di vita e di lavoro» (l. n.

833/1978, art. 2, n. 5), in seguito al referendum indetto con d.P.R. 25 febbraio 1993, il d.P.R. n. 177/1993 abrogherà l’art. 20, primo comma, della l. n. 833/1978 alle lett. a e c, limitatamente ai termini “di vita e”, in relazione alla definizione delle attività di prevenzione che comprendono: «a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocivi-tà, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti [di vita e] di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia e al fine di garantire il rispetto dei limiti massimi in-derogabili di cui […], nonché al fine della tenuta dei registri di cui […]; i predetti compiti sono realizzati anche mediante collaudi e verifiche di macchine, impianti e mezzi di prote-zione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell’unità sanitaria locale in attuaprote-zione del-le funzioni definite […]»; «c) la indicazione deldel-le misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti [di vita e] di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia […]».

(76) Art. 2, comma 5, d.lgs. n. 105/2015.

(77) Allegato 3, lett. b, punto i, d.lgs. n. 105/2015.

sicurezza; le forme di consultazione, sui piani di emergenza interna, del per-sonale che lavora negli stabilimenti esposti al pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose (78).

(78) Ai sensi dell’art. 20, comma 5, del d.lgs. n. 105/2015, il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 6 giugno 2016, n. 138, disciplina inoltre le forme di consultazione, sui piani di emergenza interna (PEI), del personale che lavora negli stabilimenti destinatari della normativa c.d. Seveso. L’art. 2 del predetto decreto mini-steriale dispone che per «personale che lavora nello stabilimento» debba intendersi «il per-sonale che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retri-buzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, all’interno

(78) Ai sensi dell’art. 20, comma 5, del d.lgs. n. 105/2015, il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 6 giugno 2016, n. 138, disciplina inoltre le forme di consultazione, sui piani di emergenza interna (PEI), del personale che lavora negli stabilimenti destinatari della normativa c.d. Seveso. L’art. 2 del predetto decreto mini-steriale dispone che per «personale che lavora nello stabilimento» debba intendersi «il per-sonale che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione del datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retri-buzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, all’interno

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