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Segue: ambiente, lavoro e libera iniziativa economica

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 106-115)

La materializzazione della qualifica e della tutela giuridica dell’ambiente in chiave unitaria, di pari passo con la sua ricostruzione alla stregua di un valo-re trasversale, costituzionalmente garantito e protetto (70), ha comportato da parte della giurisprudenza il necessario ricorso alla tecnica del contempera-mento nel processo valutativo volto alla risoluzione delle dinamiche conflit-tuali che vedono l’ambiente contrapporsi ad altri beni e diritti tutelati

(67) L’allora segretario confederale della Cgil Fausto Bertinotti fu uno dei leader della mino-ranza antinucleare del sindacato a schierarsi per il “no” al nucleare. In argomento, cfr. E.

BATTAGLINI, Ambiente e società nella tarda modernizzazione: le sfide per il sindacato, in QRS, 2010, n. 2, 129.

(68) C.FALASCA, op. cit., 73-75.

(69) G. ALPA, Il diritto soggettivo all’ambiente salubre: “nuovo diritto” o espediente tecnico?, in S.

GRASSI, M.CECCHETTI, A.ANDRONIO (a cura di), Ambiente e diritto, 1999, Olschki, tomo I, 431-447.

(70) C. cost. 15 maggio 1987, n. 167; 25 maggio 1987, n. 191; n. 210/1987, cit.; n. 641/1987, cit.; 14 luglio 1988, n. 800; 15 novembre 1988, n. 1031; 6 giugno 1989, n. 324; 16 marzo 1990, n. 127; 9 dicembre 1991, n. 437; 11 marzo 1993, n. 79; 23 febbraio 1994, n. 54; 26 luglio 2002, n. 407; 20 dicembre 2002, n. 536. Per una rassegna della giurisprudenza della Consulta in materia di tutela dell’ambiente dal 2002 al 2015, cfr. R.NEVOLA, La tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale (2002-2015), Corte costituzionale – Servizio Studi, 2015.

dall’ordinamento e, segnatamente, al diritto alla libera iniziativa economica (71). La scelta dell’interprete di assoggettare la protezione costituzionale del bene-ambiente alla tecnica del bilanciamento è motivata dalla dottrina e dal-la stessa giurisprudenza con l’argomento, per cui riconoscere un valore in-trinseco all’ambiente non significa postularne l’inviolabilità o la proibizione di ogni e qualsiasi interferenza, bensì comporta che colui che agisce su di es-so debba fornire la giustificazione del suo intervento (72). Giustificazione che trova il proprio fondamento nel collegamento con un altro valore costi-tuzionale primario (es. il lavoro) o con qualche attività necessaria per dare un contenuto concreto ad esso (es. la libera iniziativa economica).

Pur operando una sorta di favor nei confronti della tutela ambientale (73), gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali maggioritari convergono nel rite-nere che l’affermazione del principio di primarietà dell’ambiente non equi-valga a riconoscere ad esso una incondizionata subordinazione di ogni altro interesse, dovendo piuttosto essere collocato tra gli interessi fondamentali riconosciuti dall’ordinamento, i quali operano in un rapporto di pariordina-zione. Diversamente dalle regole, infatti, i principi non considerano la situa-zione specifica in relasitua-zione alla quale si tratta di decidere (74), non potendo mai essere trascurati, giacché essi non sono mai tra loro incompatibili (75).

Cosicché nelle ipotesi di conflitto tra ambiente e altri valori costituzional-mente rilevanti, s’innesca una sequenza procedurale attraverso cui la Corte verifica, in primo luogo, l’effettiva collisione tra principi costituzionali e la presenza di un’eventuale gerarchia tra essi, per poi svolgere l’analisi della legge impugnata al fine di valutare la ragionevolezza della scelta effettuata

(71) Caratteristica di prima evidenza degli interessi legati all’ambiente, infatti, «è quella di avere natura conflittuale, oppositiva rispetto a numerosi altri interessi (inerenti alle attività produttive, ai trasporti, all’energia, etc.)» (G.ROSSI, op. cit., 19). Cfr. F.SANTONASTASO, Li-bertà di iniziativa economica e tutela dell’ambiente. L’attività d’impresa tra controllo sociale e mercato, Giuffrè, 1996.

(72) B.CARAVITA, op. cit., 28. Più ampiamente, si veda B.CARAVITA, Diritto all’ambiente e dirit-to allo sviluppo, in AA.VV., Scritti in onore di Alberto Predieri, Giuffrè, 1996, tomo I, 343 ss.

(73) L’espressione è utilizzata da M.CECCHETTI, Principi costituzionali per la tutela dell’ambiente, op. cit., 85.

(74) R.DWORKIN, Taking Rights Seriously, Harvard University Press, 1977 (trad. it. I diritti presi sul serio, Il Mulino, 1982, 90 ss.).

(75) M.FRANCO, Diritto alla salute e responsabilità civile del datore di lavoro, Franco Angeli, 1995, 47-49. Sul punto, si veda anche L.GIANFORMAGGIO, L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata sui principi, in Rivista Internazionale di Filosofia del Di-ritto, 1985, n. 1, 78.

dal legislatore attraverso la verifica dei test di necessità, sufficienza e pro-porzionalità (76).

Le forme produttive più invasive sul piano della salute, della sicurezza e dell’ambiente, che come si è visto hanno caratterizzato lo sviluppo indu-striale italiano dal secondo dopoguerra, hanno incontrato il loro argine più solido, sia nel campo del diritto del lavoro, sia in quello del diritto ambienta-le, nella categoria dell’utilità sociale (articolo 41, secondo comma, Cost.) (77).

Questa categoria, a mente di una interpretazione sistematica del disegno co-stituzionale, conforma sul piano giuridico-funzionale il carattere della econo-micità che deve qualificare l’iniziativa privata (articolo 41, primo comma, Cost.), la quale è libera in tanto quanto concorre allo sviluppo della persona e al progresso materiale o spirituale della società (78), secondo quanto la co-scienza sociale ritiene accettabile in un dato momento storico (79).

Nell’analisi delle ipotesi di conflitto tra salvaguardia del bene ambiente e li-bera iniziativa economica, la dottrina gius-ambientale maggioritaria ha fatto proprio il presupposto della esistenza di una duplicità di ruoli dell’impresa,

(76) A.MORRONE, voce Bilanciamento (giustizia costituzionale), in Enc. Dir. – Annali, 2008, II, tomo II, 187. Sul punto, si veda ampiamente P.LOI, Il principio di ragionevolezza e proporzionali-tà nel diritto del lavoro, Giappichelli, 2016.

(77) Cfr. D.GOTTARDI, La responsabilità sociale territoriale. Prime riflessioni a partire da alcune ricer-che nel Veneto, in A.PERULLI (a cura di), L’impresa responsabile. Diritti sociali e corporate social re-sponsibility, Halley, 2007, 23-30, secondo la quale il tema della responsabilità sociale d’impresa, nei suoi risvolti ambientali e lavoristici, trova nell’articolo 41 Cost. «il cardine normativo di riferimento» (ivi, 24).

(78) Cfr. L.MICCO, Lavoro ed utilità sociale nella Costituzione, Giappichelli, 1966, 260, secondo il quale già definire “economica” l’iniziativa privata, identificata dalla produzione della ric-chezza mediante l’utilizzazione di beni strumentali, significa delimitarla, sotto il profilo te-leologico, mediante il dovere di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., essendo «contrad-dittorio con questa qualificazione la persecuzione esclusiva dell’interesse edonistico indivi-duale, qualsiasi contenuto possa avere».

(79) Ciò trova conferma nell’art. 2598 c.c., in tema di concorrenza sleale, laddove il richiamo al dovere di osservare la “correttezza professionale” «non si riferisce a ciò che gli imprendi-tori ritengono corretto, ma a ciò che la società ritiene corretto nell’esercizio professionale dell’attività di mercato» (N.LIPARI, Diritto e valori sociali. Legalità condivisa e dignità della persona, Studium, 2004, 146). Lo stesso, a ben vedere, vale con riferimento al discorso sui rapporti di proprietà, rispetto ai quali dirimente diviene il parametro della tollerabilità secondo le esigenze sociali, storicamente determinate. Sul punto, Pietro Bonfante, in un saggio del 1913 citato da S.RODOTÀ, Il terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Il Muli-no, 2013, 164, annotava che «i bisogni speciali di una data industria, se un’industria non as-sume il carattere di una necessità generale, non possono essere presi in considerazione; ma d’altra parte, ciò che è l’effetto di una necessità assoluta e generale deve esser tollerato an-che se si può considerare come malagevolmente tollerabile, anan-che se in diverse condizioni la tolleranza non dovrebbe punto venire imposta» (P.BONFANTE, Concezioni giurisprudenziali dei rapporti di vicinanza, in RDComm, 1913, n. 8, II, 615).

che nel disegno costituzionale è stata chiamata ad agire quale strumento di attuazione dei limiti previsti dall’articolo 41 Cost., ma anche e soprattutto quale momento di riferimento per una politica di promozione della utilità sociale (80), di cui la tutela dell’ambiente è, al pari della tutela del lavoro, ele-mento costitutivo. A prescindere dal contenuto dell’attività economica e dall’interesse giuridico-patrimoniale ad essa sotteso, in corrispondenza di questa diversità di ruoli è stata riscontrata la necessità di individuare, per il necessario rispetto dell’utilità sociale quale limite esterno all’attività economi-ca, divieti e obblighi a tutela dei valori indicati nel secondo comma dell’articolo 41 Cost., non potendosi tuttavia «considerare esaurito un ruolo dell’impresa in una considerazione sostanzialmente passiva» (81). Accanto al momento inibitorio, infatti, fra i contenuti fondamentali della norma costi-tuzionale concorrono altresì quelli «atti a sviluppare le attività d’impresa nel senso più rispondente alle esigenze di tutela dell’ambiente» (82), nella dire-zione dell’integradire-zione in un “tutto inscindibile” «delle esigenze di tutela ambientale con le istanze di sviluppo (soprattutto economico e sociale) che, per tradizione, si presentano come antitetiche e più frequentemente con-trapposte rispetto alla protezione dell’equilibrio ecologico» (83).

Anche la dottrina giuslavoristica ha riconosciuto l’importanza di questo ac-corgimento ermeneutico, superando l’idea a lungo dominante della funzio-nalizzazione in senso forte della libera iniziativa economica (84). Di fianco alla poderosa ricostruzione dottrinale del contratto di lavoro come contratto di organizzazione, dentro la quale ragione e razionalità aziendale divengono

(80) F.SANTONASTASO, op. cit., 244 ss.

(81) Ivi, 251.

(82) Ibidem.

(83) A.ANDRONIO, Le ordinanze di necessità e urgenza per la tutela dell’ambiente, Giuffrè, 2004, 121. I modelli di produzione, infatti, possono avere un rapporto non solo di contempera-mento ma anche sinergico con quelli di cura dell’ambiente «se avvengono con modalità che non si limitano a diminuire gli inconvenienti ecologici ma costituiscono essi stessi uno strumento di tutela ambientale» (G.ROSSI, Diritto dell’ambiente e diritto dell’alimentazione, in Ri-vista Quadrimestrale di Diritto dell’Ambiente, 2015, n. 1, 11). In questo senso la Corte costitu-zionale ricomprenderà nel concetto di utilità sociale gli interessi che trovano fondamento nell’art. 9 Cost., i quali impegnano la Repubblica ad assicurare, tra l’altro, «la tutela del pa-trimonio culturale nazionale e dell’ambiente, ad assecondare la formazione culturale dei cit-tadini e ad arricchire quella esistente, a realizzare il progresso spirituale e ad acuire la sensi-bilità dei cittadini come persone» (C. cost. 30 luglio 1992, n. 388).

(84) Idea per cui la tutela costituzionale dei fini e dell’utilità sociale, intesa come “limite fun-zionale” dell’iniziativa privata, si sarebbe dovuta identificare «con la tutela dei contro-interessi, gli interessi delle categorie sottoprotette o, se si preferisce, della classe lavoratrice, che la massimizzazione del profitto mette in gioco» (G.F.MANCINI, Il diritto al lavoro rivisita-to, in PD, 1973, n. 6, 701).

un tutt’uno con l’utilità sociale (85), è stato Massimo D’Antona, in particola-re, a spendersi in favore della tesi per cui il primo precetto contenuto nell’articolo 41, secondo comma, Cost. («l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale») non va confuso col secondo enunciato del medesimo disposto («o in modo da recare danno alla sicurez-za, alla libertà e alla dignità») (86). Questo perché il canone dell’utilità sociale opera all’interno della libertà d’impresa, condizionando l’esercizio dei relativi poteri discrezionali al conseguimento di un risultato socialmente utile; men-tre la clausola di rispetto dei valori della persona fissa un margine esterno agli atti di gestione dell’impresa. Con la conseguenza che in relazione al più noto e discusso limite della utilità sociale, quale formula riassuntiva della tu-tela costituzionale del lavoratore subordinato nell’organizzazione in cui è in-serito (87), la clausola di rispetto dei valori personalistici di libertà, dignità e sicurezza «presenta caratteri originali ed ha soprattutto molto da perdere dall’essere ricondotta all’interno del primo e più vasto limite» (88).

Il riconoscimento di una duplicità di ruoli attribuiti all’esercizio della libertà d’impresa è valso nel tempo a scongiurare il rischio di scelte di campo orien-tate a riconoscere, in senso assoluto, la preminenza del diritto alla salute, prima, e della salvaguardia ambientale, successivamente, sulla libera iniziati-va economica. Scelte, in sostanza, finalizzate a ricainiziati-vare dalla concezione granitica della nozione di utilità sociale il criterio cui devono attenersi in ogni caso l’interprete e il legislatore.

Questa impostazione sarebbe risultata rischiosa perché non avrebbe consen-tito all’interprete di considerare le ipotesi in cui il conflitto non intercede tra il diritto alla salute e l’iniziativa economica bensì, ad esempio, tra il primo bene e altri valori primari, come il lavoro e la salvaguardia dell’occupazione,

(85) M.PERSIANI, Contratto di lavoro e organizzazione, Cedam, 1966; M.PERSIANI, Diritto del lavoro e razionalità, in ADL, 1995, n. 1, I, in particolare 27; M.PERSIANI, Diritto del lavoro e autorità del punto di vista giuridico, ivi, 2000, n. 1, I, in particolare 15-16; M.MARAZZA, Saggio sull’organizzazione del lavoro, Cedam, 2002; M.PERSIANI, G.PROIA, Contratto e rapporto di lavo-ro, Cedam, 2005, in particolare 6.

(86) M.D’ANTONA, La reintegrazione nel posto di lavoro. Art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, Ce-dam, 1979, 78. La prima elaborazione della distinzione tra limiti interni e limiti esterni alla libera iniziativa economica si deve a U.NATOLI, Limiti costituzionali dell’autonomia privata nel rapporto di lavoro. I. Introduzione, Giuffrè, 1955, spec. 105.

(87) Cfr. L.MICCO, op. cit., 214 ss., il quale tuttavia critica la distinzione tra limiti interni e limiti esterni alla libera iniziativa economica, ritenendo che, nella prospettiva di analisi da lui proposta, se l’economicità dell’iniziativa privata si deve ricavare da una interpretazione fun-zionale e sistemica del dato costitufun-zionale, che lega inscindibilmente l’art. 41 Cost. agli artt.

2 e 3, secondo comma, Cost., non vi è motivo per distinguere l’utilità sociale dalla tutela dei valori personalistici riconosciuti dall’ordinamento (ivi, 275-276).

(88) M.D’ANTONA, op. cit., 70-71.

funzionali al perseguimento di scopi socialmente utili e per questo costitu-zionalmente meritevoli di tutela (89). Sul piano del rapporto e del bilancia-mento tra beni e valori costituzionali di rango primario – come il lavoro e l’ambiente – tanto la dottrina lavoristica che quella gius-ambientale hanno, coerentemente ma senza dialogare sul punto, riconosciuto la operatività di un principio di inscindibilità, per cui la tutela dei due beni deve sempre esse-re integrata e sistemica. Deve valeesse-re, in una parola, la proporzione che esse- rego-la il rapporto tra diritti fondamentali e tra principi (90), per cui applicarne uno implica al contempo applicare tutti gli altri ad esso concorrenti «alla ri-cerca del modo di sacrificarne ciascuno nella misura minore possibile com-patibile con il rispetto dovuto a ciascun altro» (91).

Riassumendo, la dialettica tra utilità sociale e libera iniziativa economica si dispiega, sul piano dei principi costituzionali, lungo un percorso analitico che, sia con riferimento alla tutela dell’ambiente, sia con riguardo alla tutela del lavoro, prende le mosse da una chiara presunzione: l’attività economica, garantita costituzionalmente in quanto manifestazione della personalità dell’individuo, è di per sé funzionale alla utilità sociale nella misura in cui es-sa può dare impulso al processo di produzione e distribuzione della ricchez-za. Essa deve considerarsi, cioè, astrattamente idonea a contribuire al pro-gresso materiale della società, in quanto creatrice delle condizioni per un

(89) M.FRANCO, op. cit., 51. Con la conseguenza che, «all’infuori dell’ipotesi in cui il conflit-to tra i valori personalistici e i valori di natura patrimoniale si traduca in un danno per i primi, dare precedenza al principio dettato dal 1° comma dell’art. 32 Cost. significherà ap-plicare contemporaneamente anche il principio costituzionale relativo alla libertà di iniziativa economica privata, là dove quest’ultimo si indirizzi alla realizzazione di scopi socialmente utili» (ivi, 53). Parimenti – sempre eccettuata l’ipotesi di danno ai valori personalistici – «dare prefe-renza alla libertà di iniziativa economica, in quanto rivolta alla realizzazione di scopi social-mente utili, significherà – per le stesse ragioni – applicare contemporaneasocial-mente il principio enunciato dal 1° comma dell’art. 32 Cost.» (ibidem).

(90) Cfr. A.SPADARO, L’amore dei lontani: universalità e intergenerazionalità dei diritti fondamentali fra ragionevolezza e globalizzazione, in R.BIFULCO, A.D’ALOIA (a cura di), Un diritto per il futuro.

Teorie e modelli dello sviluppo sostenibile e della responsabilità intergenerazionale, Jovene, 2008, § 9, secondo il quale ogni volta che siamo in presenza di un “diritto fondamentale”, si manifesta

«una situazione giuridica attiva soggettiva – individuale o collettiva – che tendenzialmente appare: inscindibile da altre (interdipendenza) e appartenente in toto (indivisibilità) praticamente a tutti (universalità), nel presente e nel futuro (intergenerazionalità)».

(91) L.GIANFORMAGGIO, op. cit., 78. D’obbligo il rinvio anche a: A.BALDASSARRE, Costitu-zione e teoria dei valori, in PD, 1991, n. 4, 653 ss.; A.BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, 1997, 94 ss.; R.BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, 1992, 9 ss.; L.MENGONI, L’argomentazione orientata alle conseguenze, inL.MENGONI, Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi, Giuffrè, 1996, 122; G.

SCACCIA, Gli «strumenti» della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Giuffrè, 2000.

teriore sviluppo delle relazioni sociali (92). Fermo restando il limite indefetti-bile rappresentato dalla inviolabilità dei valori personalistici e, dunque, la preminenza di quest’ultimi rispetto a quelli di natura patrimoniale (93), ne ri-sulta un’indicazione forte a contemperare i valori costituzionali primari, co-me il lavoro e l’ambiente, con la libertà di iniziativa economica privata, il cui riconoscimento costituzionale implica «l’accettazione di un sistema di eco-nomia di mercato, in quanto ritenuto il più efficiente sul piano strumentale a realizzare i valori della persona» (94).

Accolta in modo pressoché unanime in dottrina e in giurisprudenza, tale conclusione implica tuttavia la necessità di individuare tre ulteriori specifica-zioni necessarie a perfezionarne i profili di ragionevolezza e coerenza con l’interpretazione sistematica del disegno costituzionale.

In primo luogo, l’apprezzamento giuridico del criterio dell’utilità sociale de-ve necessariamente estendersi su tutte le fasi e modalità di svolgimento dell’attività produttiva (95). Diversamente, quell’interpretazione del criterio della utilità sociale sarebbe non solo contraria al dato normativo costituzio-nale, ma altresì tautologica, portando essa a ricomprendere, nella presunzio-ne di utilità sociale, il fatto che la compatibilità della libera iniziativa econo-mica con i valori personalistici della sicurezza, della libertà, della dignità umana, così come il suo concorso alla costruzione della società che la Costi-tuzione intende promuovere, siano in re ipsa.

In secondo luogo, da quella interpretazione deve discendere la impossibilità di riconoscere alla proprietà privata il carattere di sistema completamente autoreferenziale, essendo questa, invece, per sua natura una situazione

(92) U.NATOLI, op. cit., 104; C.MORTATI, Il lavoro nella costituzione, in Il diritto del lavoro, 1954, I, 149, qui 164, ora in Raccolta di scritti, Giuffrè, 1972, III, 237.

(93) C.SMURAGLIA, La tutela della salute del lavoratore tra principi costituzionali, norme vigenti e pro-spettive di riforma, in RIDL, 1988, n. 4, I, 414 ss.

(94) R.PESSI, Valori e “regole” costituzionali, Aracne, 2009, 10. Nel medesimo ordine di idee:

M.PERSIANI, Radici storiche e nuovi scenari del diritto del lavoro, in AA.VV., Interessi e tecniche nella disciplina del lavoro flessibile. Atti delle Giornate di studio di diritto del lavoro. Pesaro-Urbino, 24-25 maggio 2002, Giuffrè, 2003, 629 ss.; M. PERSIANI, Conflitto industriale e conflitto generazionale (cinquant’anni di giurisprudenza costituzionale), in ADL, 2006, n. 4-5, I, 1031 ss.; E.GHERA, Su-bordinazione, statuto protettivo e qualificazione del rapporto di lavoro, in DLRI, 2006, n. 109, 23; A.

PACE, Iniziativa privata e governo pubblico dell’economia, in AA.VV., Scritti in onore di Egidio Tosato.

Volume II. Libertà e autonomie nella Costituzione, Giuffrè, 1982, 1227, nota 63; F.GALGANO, Art. 41, in G.BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione. Art. 41-44. Rapporti economici.

Tomo II, Zanichelli, 1982, 25 ss.; N.IRTI, Persona e mercato, in RDC, 1995, n. 3, I, 291; A.

BALDASSARRE, voce Iniziativa economica e privata, in Enc. Dir., 1971, XXI, 589 ss.; A.

CATAUDELLA, M.DELL’OLIO, Il lavoro e la produzione, in N.LIPARI (a cura di), op. cit., 225 ss.

(95) E ciò al fine di verificare che l’interesse individuale dell’agente sia «commisurato – quanto alla sua rilevanza sul piano del diritto – alla necessità del mantenimento della utilità sociale della attività che tende a perseguirlo» (U.NATOLI, op. cit., 105).

plessa che si scandisce nella perenne dialettica tra un momento sociale e un momento individuale (96): l’affermazione della libera iniziativa economica e del relativo apparato di tutela, quindi, non può implicare pure la separazione della proprietà all’interno del sistema in cui si articola, esigendo invece rac-cordi con gli altri principi e valori che concorrono a dargli forma (97).

In terzo luogo, l’utilità sociale deve porsi non più solo come mero criterio di realizzazione del “massimo benessere collettivo” (98), visione ignara «della tragedia verso cui precipita l’umanità» (99), ma semmai come strumento di massimizzazione delle possibilità individuali (100), nella prospettiva di assicu-rare il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tut-ti i lavoratori all’organizzazione politut-tica, economica e sociale del Paese (artut-ti- (arti-colo 3, secondo comma, Cost.) (101).

È solo interpretata dentro questi canoni di ragionevolezza che la categoria dell’utilità sociale, articolata in termini di presunzione, consente di inquadra-re il rapporto tra input e output del processo produttivo in chiave di econo-micità (articolo 41, primo comma, Cost.), e cioè in termini solidaristici (arti-colo 2 Cost.), ovvero di reciprocità e circolarità, per cui, sul piano degli inte-ressi costituzionalmente rilevanti, la produttività può servire al lavoro e all’ambiente, tanto quanto il lavoro e l’ambiente servono alla produttività (102).

Questo equivale a dire, nelle parole di Supiot, che se gli uomini sono una ri-sorsa per l’impresa, l’impresa deve essere una riri-sorsa per gli uomini, poiché la libertà che le è riconosciuta nella “città” «obbliga a non ignorare i vincoli che ad essa la uniscono e a non riversare su di essa tutti i pesi delle risorse

Questo equivale a dire, nelle parole di Supiot, che se gli uomini sono una ri-sorsa per l’impresa, l’impresa deve essere una riri-sorsa per gli uomini, poiché la libertà che le è riconosciuta nella “città” «obbliga a non ignorare i vincoli che ad essa la uniscono e a non riversare su di essa tutti i pesi delle risorse

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 106-115)