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Piano dell’opera e quadro di sintesi

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 39-45)

L’indagine prende le mosse da una disamina storico-ricostruttiva delle origi-ni e della evoluzione del capitalismo utile a mettere in luce le connessioorigi-ni di sistema e le reciproche influenze, fortemente mediate dal diritto, tra i tre fat-tori interagenti nella funzione di produzione: capitale, risorse naturali e lavo-ro. Nel capitolo I, ci si interroga, in particolare, sulle ragioni per cui le cate-gorie giuridiche che per due secoli hanno sostenuto il funzionamento dell’attuale modello produttivo non siano più in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile, simultaneamente, sul piano economico, sociale e am-bientale. Si sosterrà che la subordinazione, quale tratto caratterizzante del lavoro nel sistema industriale fordista, oltre che la duplice alienazione dal controllo del processo produttivo e dalla proprietà sui frutti della lavorazio-ne, ha implicato una disconnessione del lavoratore dal suo ambiente natura-le, da cui la deresponsabilizzazione nei confronti della variabile ambientale.

La responsabilità (del privato) è divenuta sinonimo di paternalismo, di qual-cosa che va oltre il dovuto, definito dal dominio pubblicistico cui continua ad essere esternalizzata la ricerca di una dimensione etica nell’economia. Da questa riflessione si dipana una lettura critica dello statuto assiologico del diritto del lavoro condotta alla luce del rapporto tra questa disciplina e la questione ambientale. Ne scaturisce una rilettura dell’idea del (diritto del) lavoro che, nel prendere atto dei profondi mutamenti del contesto econo-mico-sociale, culmina con una ipotesi interpretativa degli interessi alla base del rapporto di lavoro in ottica di sostenibilità anche ambientale. Portato ineludibile di un nuovo modello di organizzazione economico-sociale orien-tato alla crescita qualitativa, si difenderà l’idea che lo sviluppo sostenibile debba tradursi, sul piano del diritto del lavoro, in un costante bilanciamento degli interessi patrimoniali non più soltanto con le istanze sociali, ma anche

(71) Cfr. R. DEL PUNTA, Diritti e obblighi del lavoratore: informazione e formazione, in L.

MONTUSCHI (a cura di), Ambiente, salute e sicurezza. Per una gestione integrata dei rischi di lavoro, Giappichelli, 1997, spec. 166 e 181-183.

con quelle di protezione dell’ambiente. Lo svolgersi delle argomentazioni a supporto di questa proposizione si articolerà su tre linee direttrici: l’idea del-la sostenibilità come interesse comune delle parti del rapporto che “colora”

la causa del contratto di lavoro; il tendenziale venir meno della natura oppo-sitiva e conflittuale degli interessi alla base del contratto di lavoro;

l’affermarsi di una dimensione fortemente partecipativa nelle modalità orga-nizzative del lavoro e il contestuale emergere di una responsabilità diffusa verso obiettivi generali di sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Nell’ultima parte del capitolo si delineeranno le coordinate teoriche e meto-dologiche per attualizzare, muovendo alla concezione neo-pluralista delle relazioni di lavoro, la proposta di una alleanza per lo sviluppo sostenibile che, sulla scorta delle indicazioni programmatiche formalizzate nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, integri inscindibilmente i valori di crescita eco-nomica qualitativa, lavoro dignitoso per tutti e salvaguardia dell’ambiente anche per le generazioni future.

I capitoli successivi della trattazione sono animati dall’intento di analizzare le modalità attraverso cui rendere concreto questo proposito. Il capitolo II è dedicato all’analisi del rapporto tra lavoro e ambiente come valori costitu-zionali primari nell’ordinamento italiano ed eurounitario. Dopo la ricostru-zione della noricostru-zione di ambiente come valore giuridico inteso unitariamente, sviluppata in parallelo a una macro-periodizzazione della evoluzione storico-sociale del rapporto tra industria, lavoro e ambiente, ci si addentrerà nell’analisi della relazione che il diritto del lavoro e il diritto ambientale han-no intrattenuto con l’articolo 41 Cost. L’indagine mostra la tendenza han- nor-mativa e giurisprudenziale a declinare la dinamica di confronto tra i due va-lori costituzionali in opposizione al principio della libera iniziativa economi-ca, chiamato a restringersi o ampliarsi ora in favore del valore-lavoro, ora in favore del valore-ambiente. Con la conseguenza che la delicata opera di contemperamento di cui è stata investita la Corte costituzionale ha mancato di cogliere, nella risoluzione di conflitti binari, l’opportunità di impiegare i principi di proporzionalità e ragionevolezza tenendo assieme, al tempo stes-so, le istanze economiche, quelle sociali e quelle ambientali. L’analisi si arric-chisce di una non più procrastinabile lettura della costituzione economica alla luce del principio dello sviluppo sostenibile. Questo, sebbene nel nostro ordinamento non sia formalizzato all’interno di alcuna disposizione di rilie-vo costituzionale, viene desunto oltreché dai trattati istitutivi dell’Unione eu-ropea e da ulteriori fonti di ambito internazionale, dal combinato disposto di una serie cospicua di precetti costituzionali e norme imperative di legge.

Concludono la sezione brevi note sui c.d. beni comuni quale retroterra

cul-turale, proprietario e organizzativo dentro cui la saldatura tra lavoro e am-biente può dirsi pienamente compiuta.

Nel solco di questa ricostruzione del rapporto tra lavoro e ambiente nella Costituzione si inserisce la seconda sezione del capitolo, che sviluppa un’analisi critica della sentenza 9 aprile 2013, n. 85, della Corte costituziona-le sul caso Ilva di Taranto e del conseguente ricorso contro lo Stato italiano pendente dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il punto di cadu-ta del ragionamento scadu-ta nella decostruzione della narrativa sul conflitto tra lavoro e ambiente, da cui affiora il nesso inscindibile tra crisi ambientale, vulnerabilità sociali e crisi della rappresentanza politico-sindacale. Si sosterrà che anche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro, ambiente e par-tecipazione appaiono legati da una relazione bidirezionale, di natura osmoti-ca, nella quale i due valori trovano reciproco sostegno e respiro: insieme stanno, insieme cadono.

Chiude il capitolo una riflessione sulla necessità di superare una concezione estrattiva del territorio e dell’ambiente, concepito come pura e semplice ri-sorsa da sfruttare, in favore di un’idea della nuova geografia del lavoro quale dimensione della sostenibilità, da promuovere in chiave di federalismo mu-nicipale, anche e soprattutto nello spazio economico globale. Se la subordi-nazione passa dalla fabbrica al territorio, l’impegno del sindacato nella co-struzione di reali possibilità di sviluppo locale si tramuta nella possibilità per i lavoratori-cittadini di compiere scelte significative. In una parola, di essere persone libere. Al punto che la nuova frontiera dell’interesse collettivo che il sindacato dovrebbe farsi carico di rappresentare coinciderebbe non più con la coscienza di classe, ma con la “coscienza di luogo”, intesa come consape-volezza, acquisita attraverso un percorso di trasformazione culturale degli abitanti, del valore dei beni comuni territoriali (materiali e relazionali), in quanto elementi essenziali per la riproduzione della vita individuale e collet-tiva, per il progresso materiale e spirituale della società.

Il capitolo III indaga se e in che misura il principio dello sviluppo sostenibi-le possa operare sul piano del contratto e del rapporto di lavoro, con parti-colare riferimento alla delimitazione della pretesa oggetto di tutela e alla puntualizzazione della sfera debitoria. L’analisi si concentra sulla disciplina prevenzionistica in materia di ambiente, salute e sicurezza e sulle connessio-ni di sistema con i profili orgaconnessio-nizzativi del fattore lavoro nella funzione di produzione. Nella prima sezione si evidenzieranno i motivi per cui, a partire dal diritto dell’Unione europea, non sia stata promossa una concezione glo-bale e articolata di rischio che, nel prendere atto della dilatazione dei confini del luogo di lavoro e della dimensione molecolare delle attività produttive,

riconduca la nozione di prevenzione e tutela dell’ambiente di lavoro alla no-zione di prevenno-zione e tutela dell’ambiente in senso lato.

La seconda sezione è dedicata all’analisi della normativa italiana con partico-lare riguardo a due aspetti che interessano il rapporto tra apparato preven-zionistico, organizzazione del lavoro e impatto ambientale delle attività pro-duttive: gli obblighi connessi alla valutazione, prevenzione e gestione dei ri-schi di incidenti maggiori che producono conseguenze sull’ambiente (es.

emissioni, fughe radioattive, esplosioni, ecc.); l’ampliamento della nozione di ambiente di lavoro quale parametro identificativo del campo di applicazione oggettivo dell’obbligo di sicurezza e di salubrità ambientale. L’indagine con-duce a una rilettura dell’articolo 2087 c.c. in ottica di sostenibilità, dalla qua-le sarà tratta la seguente conclusione: sul datore di lavoro grava l’obbligo di individuare soluzioni organizzative idonee ad evitare i rischi, da intendere e valutare in senso lato, prima ancora che la predisposizione di misure protet-tive in presenza di rischi inevitabili, non solo avendo riguardo alla salva-guardia della salute dei lavoratori, ma tenendo conto del rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno, cioè dell’ecosistema in cui l’attività d’impresa si inserisce e da cui attinge le relative risorse. Que-sto vale a maggior ragione nelle ipotesi in cui l’attività lavorativa sia prestata al di fuori dei confini fisici dell’impresa nell’ambito della quale si realizza una coincidenza tra ambiente di lavoro e ambiente. In tale contesto, le affi-nità sistematiche tra normativa prevenzionistica giuslavoristica e ambientale divengono tante e talmente evidenti che i contorni reciproci tendono a sfu-mare sebbene tra i due apparati normativi non vi sia ancora alcuna forma di coordinamento in tal senso. Il corollario di questa conclusione è che la vio-lazione degli obblighi prevenzionistici connessi alla tutela della popovio-lazione e dell’ambiente inteso in senso lato rilevano non solo ai fini dell’attribuzione della responsabilità penale, ma anche in termini di esatto adempimento della prestazione lavorativa, nella misura in cui l’obbligo di sicurezza e le relative declinazioni di carattere speciale si riconducano nel novero delle obbliga-zioni in capo (anche) al prestatore di lavoro. Seppur riconducibili alle prati-che volontaristiprati-che di corporate social responsibility o alle dinamiprati-che di scambio contrattuale, restano esclusi dall’area della obbligatorietà, identificata dalla dimensione pubblicistica dell’obbligo di sicurezza, quei profili organizzativi del rapporto di lavoro che, pur non generando effetti immediati ed evidenti sull’ambiente, tendono a fare massa critica o comunque contribuiscono si-lenziosamente a creare i presupposti per il dispiegarsi di effetti ambientali di più ampia portata nel lungo termine. Sul punto sarà richiamata l’importanza di inserire dosi di sostenibilità ambientale nella contrattazione collettiva, an-che e soprattutto di ambito transnazionale.

Il capitolo IV è dedicato all’analisi degli ambiti di operatività del principio dello sviluppo sostenibile sul piano dell’organizzazione e del rapporto di la-voro. Centrale nella evoluzione della ricerca diverrà il concetto di produttivi-tà delle risorse, adottato dalle istituzioni internazionali per rappresentare la capacità – di una economia, di un settore, di un territorio o di una singola azienda – di crescere riducendo al contempo l’uso delle risorse naturali ed energetiche. Il punto di forza di questo indicatore sta nel potenziale genera-tivo di una alleanza per la sostenibilità nei territori e nei luoghi di lavoro, che riconduca i consumi di energia, l’uso delle materie prime e secondarie, l’entità degli scarti, l’incidenza dei costi di logistica e trasporti nella catena di fornitura e distribuzione, tra i fattori di costo su cui riposizionare lo scambio e l’azione sindacale per recuperare produttività ed efficienza, aumentando margini di redditività e quindi di redistribuzione e maggiore occupazione. A partire da queste considerazioni sarà svolta, nella prima sezione del capitolo, una disamina sul ruolo della retribuzione e del welfare aziendale nella pro-mozione di uno sviluppo sostenibile in cui la produttività si coniuga con istanze sociali e ambientali rispettose dei bisogni delle generazioni future.

Se la partecipazione si configura quale metodo privilegiato per l’ingresso della sostenibilità ambientale nello scambio tra lavoro e retribuzione, la più ampia dimensione della voice nelle relazioni di lavoro sarà proposta quale ca-nale principale attraverso cui i lavoratori possono contribuire proattivamen-te alla definizione e alla attuazione delle scelproattivamen-te straproattivamen-tegiche e delle politiche aziendali che hanno un impatto sull’ambiente. Ad un inquadramento con-cettuale del rapporto tra partecipazione e ambiente, proiettato nella dimen-sione del rapporto di lavoro e delle politiche ambientali definite in sede aziendale, segue la verifica delle premesse teoriche attraverso l’analisi dei processi, delle istituzioni e degli istituti per mezzo dei quali la voice collettiva e individuale dei lavoratori può essere impiegata, anche in termini oppositivi laddove ne ricorrano gli estremi, per mezzo dell’esercizio del diritto di scio-pero e altri rimedi civilistici (es. la eccezione di inadempimento), al fine di concorrere alla promozione di strategie organizzative e di business social-mente e ambientalsocial-mente sostenibili. Si proporrà che lo stesso rapporto tra legge e contrattazione collettiva, attraverso la opportuna mediazione del sindacato, debba essere ripensato alla luce del principio dello sviluppo so-stenibile, in funzione di favorire una convergenza delle dinamiche della pro-duttività del lavoro con quelle della sostenibilità. Conclude il capitolo una riflessione sul rapporto tra voice, lavoro e ambiente nell’alveo del più ampio tema della democrazia ambientale, nell’ambito del quale, oltre alla retorica

sui c.d. lavori verdi, i concetti di formazione, professionalità, responsabilità e partecipazione verranno concepiti come i lati di un quadrato dentro cui è racchiusa l’essenza della sostenibilità del lavoro.

Sezione II

COORDINATE TEORICHE E METODOLOGICHE

La tutela dell’ambiente è, dunque, intimamente connessa al diritto del lavoro A. VALLEBONA, Lavoro e spirito, Giappichelli, 2011, 16

Nel documento Diritto del lavoro e ambiente (pagine 39-45)