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La lenta e ambigua “defasticizzazione” normativa: l’abrogazione delle leggi razziali e la legislazione successiva tra misure

Nel documento L’ItaLIa aI tempI deL ventennIo fascIsta (pagine 177-180)

Paolo Caretti

6. La lenta e ambigua “defasticizzazione” normativa: l’abrogazione delle leggi razziali e la legislazione successiva tra misure

reintegrato-rie e problemi di integrazione

A conclusione di questa lunga vicenda, vale la pena accennare ad un aspetto in genere poco studiato, ma signifi cativo della scia lunga che la legi-slazione antiebraica ha lasciato anche nel periodo successivo alla caduta del fascismo6.

Art. 72: «La politica demografi ca della Repubblica si svolge con tre fi nalità essenziali: numero, sanità morale e fi sica, purità della stirpe».

Art. 73: «Presupposto della politica demografi ca è la difesa della famiglia, nucleo essen-ziale della struttura sociale dello Stato.

La Repubblica la attua proteggendo e consolidando tutti i valori religiosi e morali che ce-mentano la famiglia, e in particolare: – col favore accordato al matrimonio, considerato anche quale dovere nazionale e fonte di diritti, perché esso possa raggiungere tutte le sue alte fi nalità, prima: la procreazione di prole sana e numerosa; – col riconoscimento degli effetti civili al sacramento del matrimonio, disciplinato nel diritto canonico; – col divieto di matrimonio di cittadini italiani con sudditi di razza ebraica, e con la speciale disciplina del matrimonio di cit-tadini italiani con sudditi di altre razze o con stranieri; – con la tutela della maternità; – con la prestazione di aiuti e assistenza per il sostenimento degli oneri familiari. Speciali agevolazioni spettano alle famiglie numerose».

Art. 74: «La protezione dell’infanzia e della giovinezza è un’elevata funzione pubblica, che la Repubblica svolge, anche a mezzo appositi istituti, con l’ingerenza nell’attività educa-tiva familiare (art. 76), con la protezione della fi liazione illegittima e con l’assistenza tutelare dei minori abbandonati».

6. Vedi al riguardo M. Toscano (a cura di), L’abrogazione delle leggi razziali in Italia (1943/1987). Reintegrazione dei diritti dei cittadini e ritorno ai valori del risorgimento, Ser-vizio Studi del Senato della Repubblica Roma, 1988.

Nei “quarantacinque giorni” del Governo Badoglio la situazione genera-le in cui si trovava l’Italia dopo la caduta del regime non consentirono che modesti interventi volti ad eliminare alcuni divieti assai poco signifi cativi. Si trattò di alcune circolari amministrative che revocarono le limitazioni im-poste agli ebrei in ordine al rilascio delle autorizzazioni di polizia ed eli-minarono il divieto di soggiorno in determinate località. Per il resto tutto restò immutato. Fu solo col trasferimento del Governo a Brindisi, dopo la fi rma dell’armistizio dell’8 settembre, che si cominciò a mettere allo studio un’organica opera di abrogazione delle leggi discriminatorie del 1938. Ma una spinta decisiva in questo senso venne poco più tardi dalla fi rma del così detto “lungo armistizio” il 29 settembre 1943. Quest’ultimo infatti prevedeva (condizione n. 31) che «tutte le leggi italiane che implicano discriminazioni di razza, colore, fede od opinione politica saranno, se questo non sia già stato fatto, abrogate, e le persone detenute per tali ragioni saranno, secondo gli ordini delle Nazioni Unite, liberate e sciolte da qualsiasi impedimento legale a cui siano state sottomesse. Il Governo italiano adempirà a tutte le ulteriori direttive che il Comandante Supremo delle Forze Alleate potrà dare per l’abrogazione della legislazione fascista e l’eliminazione di qualsiasi im-pedimento o proibizione risultante da essa».

Il processo abrogativo non ebbe inizio, tuttavia, che nel gennaio del 1944, con l’approvazione del r.d.l. 20 gennaio n. 25 che portò innanzitutto alla rein-tegrazione dei cittadini italiani e stranieri dichiarati appartenenti alla razza ebraica nei diritti civili e politici, con riacquisto pieno della cittadinanza da parte di coloro che erano stati colpiti dai provvedimenti di revoca. Quanto, invece ai diritti patrimoniali, la soluzione fu rinviata alla pubblicazione di un secondo decreto (il n. 26 sempre del 20 gennaio dello stesso anno).

Già il r.d.l. n. 9 del 6 gennaio 1944 nel disporre il rientro in servizio di coloro che fossero stati dispensati dal servizio o licenziati per motivi politici, aveva previsto che le modalità di rientro fossero estese anche agli ebrei, in quanto applicabili. Nella stessa direzione si muovevano quelle disposizioni del decreto volte ad attenuare gli effetti dell’esclusione dagli studi, dai pub-blici concorsi e dalla vita professionale.

Dall’estate del ’44 alla fi ne del ’47, favorita dal ritorno a Roma del Go-verno (Bonomi) e dalla riorganizzazione amministrativa dello Stato, si svol-se un’intensa stagione legislativa. In quest’ambito, di particolare rilievo fu la pubblicazione e l’entrata in vigore del r.d.l. n. 26 del gennaio del 1944 (ordinata con d.lgs.lgt. n. 252 del 5 ottobre 1944) contenente la reintegra-zione nei diritti patrimoniali dei cittadini italiani e stranieri dichiarati di raz-za ebraica, ma anche numerosi altri provvedimenti relativi, tra l’altro alla riammissione in servizio dei magistrati e dei professori universitari, all’eli-minazione delle disposizioni del codice civile che contenevano riferimenti alla razza ebraica, alla reiscrizione negli albi professionali di coloro che ne erano stati cancellati, la revoca dei provvedimenti di annullamento dell’abi-litazione alla pubblica docenza, al conferimento a titolo gratuito all’Unione

delle comunità israelitiche delle eredità delle persone decedute per atti di persecuzione razziale.

I passaggi successivi del processo di epurazione dell’ordinamento dalle norme razziali proseguiranno dopo l’entrata in vigore della Costituzione re-pubblicana, assumendo l’ambigua valenza di atti di adeguamento ai nuovi principi della Carta e di atti di reinserimento sociale, politico ed economico della comunità ebraica; tanto che il lungo periodo di “congelamento della Costituzione” trova un puntuale riscontro nell’arresto dell’attività legislativa volta a rimuovere le conseguenze discriminatorie dell’applicazione delle leg-gi razziali. Con la conseguenza che, nonostante l’entrata in vigore della Carta, permasero a lungo nel tessuto normativo numerose norme contrarie ai nuovi principi costituzionali, ma anche prassi amministrative discriminatorie.

È soltanto con l’inizio della seconda legislatura che si assiste alla ripre-sa della produzione legislativa antirazziale con l’approvazione della legge 10 marzo 1956 n. 96, con la quale si estesero ai perseguitati razziali le provvi-denze stabilite per i perseguitati politici e, in particolare, un assegno vitalizio di benemerenza. Tale legge rappresentò il punto di riferimento di gran parte della legislazione successiva, che novellandola e riproponendone l’impostazio-ne restitutorio-risarcitoria, continuò per oltre un trentennio, sviluppandosi in parallelo all’attuazione della Costituzione, per approdare a quello che è forse l’ultimo provvedimento al riguardo, la legge n. 17 del 16 gennaio 1978, la quale, nell’estendere la qualifi ca di perseguitato razziale ai cittadini italiani di origine ebraica che , per effetto di norme di legge o di atti amministrativi anche della Repubblica sociale italiana abbiano riportato pregiudizio fi sico, econo-mico o morale, precisa che «il pregiudizio morale è comprovato anche dalla avvenuta annotazione di razza ebraica sui certifi cati anagrafi ci» (art. 1, c. 2).

Dunque 19441978, un periodo la cui lunghezza testimonia delle diffi -coltà e delle resistenze più o meno manifeste che il processo in questione ha incontrato sul suo cammino a fronte dell’immediata applicazione che ebbero invece le leggi del ’38. Diffi coltà e resistenze manifestatesi soprattutto sul piano delle prassi amministrative, ma anche giurisdizionali. A quest’ultimo riguardo, è stato notato7 come nei primi anni repubblicani altalenante e am-biguo fu anche il ruolo della giurisprudenza, in particolare quella della Cas-sazione incline ad un’interpretazione formalistica e riduttiva della portata delle disposizioni risarcitorie. La stessa giurisprudenza che peraltro durante la vigenza della legislazione razziale non aveva mancato, al contrario, di ten-tare di contenerne gli effetti discriminatori.

Ma questa è considerazione che rimanda ad un tema molto più ampio e complesso e cioè quello dell’atteggiamento della società italiana nel suo in-sieme di fronte alla tragica vicenda da cui abbiamo preso le mosse.

7. Sul punto vedi M. Bignami, Costituzione fl essibile, Costituzione rigida e controllo di costituzionalità in Italia (1848/1956), Giuffrè Milano, 1977 e G. Speciale, Giudici e razza nell’Italia fascista, Giappichelli Torino, 2007.

La Chiesa e il mondo cattolico italiano

Nel documento L’ItaLIa aI tempI deL ventennIo fascIsta (pagine 177-180)