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Michele Sarfatti 1

Nel documento L’ItaLIa aI tempI deL ventennIo fascIsta (pagine 156-164)

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Quale signifi cato hanno le leggi antiebraiche nella storia d’Italia? - 3. Perché il fascismo emanò le leggi antiebraiche? - 4. Quale importanza il fascismo assegnò alla svolta antiebraica? - 5. Quali erano gli obiettivi delle leggi antiebraiche? - 6. Quale impostazione ebbe la legislazione? - 7. Le leggi antiebraiche fasciste vennero applicate? - 8. Vi furono opposizioni alla legislazione antiebraica? - 9. Quale relazione legò la legislazione del 1938 alla consegna degli ebrei a killers specializzati stranieri nel 1943-1945?

1. Introduzione

La legislazione antiebraica (io non utilizzo la denominazione “razziale”, in quanto è un termine asettico; casomai preferisco denominarla “razzista”, comprendendo anche la contemporanea legislazione contro le popolazio-ni delle colopopolazio-nie) dell’Italia fascista venne emanata a partire dal 1938. Da quell’anno sino all’estate 1943 si ebbe in Italia il periodo della “persecuzione dei diritti degli ebrei”, cui fece seguito il periodo della “persecuzione delle vite degli ebrei”, che ebbe luogo nelle regioni assoggettate all’occupazione nazista e alla Repubblica sociale italiana e durò dal settembre 1943 alla libe-razione delle singole località2.

Per quanto concerne il periodo della “persecuzione dei diritti”, i provve-dimenti legislativi furono emanati soprattutto nel settembre-novembre 1938,

1. Una prima stesura di questo testo è stata pubblicata, col titolo I provvedimenti antie-braici del 1938: premesse, contesto, contenuto, in G. Giovannetti (a cura di), Giorno della Memoria 2018. La vera legalità. A ottant’anni dall’emanazione dei provvedimenti per la tute-la deltute-la razza, supplemento a La rassegna mensile di Israel, vol. 83, n. 2-3, pp. 71-79.

2. Per la storia della persecuzione antiebraica in Italia, vedasi K. Voigt, Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, 2 voll., La Nuova Italia Firenze, 1993-1996; L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945). Ricerca della Fondazione Cen-tro di Documentazione Ebraica Contemporanea, 3ª ed., Mursia Milano, 2002; M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, ed. defi nitiva, Einaudi Torino, 2018.

con importanti prosecuzioni nell’intero quinquennio. Nel periodo successivo – dal settembre 1943 – non vi fu bisogno di leggi che giustifi cassero arresti e deportazioni. I decreti-legge e le leggi del 1938-1943 furono preceduti, affi ancati e aggravati da provvedimenti di carattere amministrativo.

In questa sede presenterò la sintesi della normativa antiebraica e del suo contesto in forma di quesiti e risposte, selezionando alcuni tra i temi mag-giormente rilevanti.

Prima però occorre fare una premessa. Il fatto è che quanto più ap-profondiamo l’analisi della persecuzione antisemita, tanto più ci troviamo spinti a trasformare gli ebrei da soggetti in oggetti, da persone in perse-guitati. Va quindi ricordato che la legislazione antiebraica fu un evento politico, giuridico, ideologico, culturale e sociale che fu diretto contro uo-mini e donne aventi idee, affetti, opinioni politiche, attività di studio o di lavoro, ambizioni, illusioni, speranze. Negli anni del fascismo gli ebrei nel Regno d’Italia abitavano perlopiù nell’area compresa tra le Alpi e le città di Napoli e Ancona, e si aggiravano tra i 45.000 e i 47.000, con una presenza massima a Roma in termini assoluti e a Fiume/Rijeka e Trieste in termini percentuali. Gli ebrei di cittadinanza italiana erano in lenta diminuzione, mentre quelli stranieri erano giunti a costituire oltre il 21 per cento del to-tale nel 1938. Essi erano pressoché tutti alfabetizzati, erano distribuiti tra i ceti proletari, medi e benestanti, avevano come occupazioni più diffuse quelle connesse alla produzione e commercializzazione di stoffe e vestiti e – in seconda misura – al libro e all’insegnamento, avevano abbracciato il fascismo come gli altri italiani non-ebrei e l’antifascismo più degli altri italiani non-ebrei. Su tutti essi si abbatté la persecuzione. Vediamo quindi alcuni aspetti di questa.

2. Quale signifi cato hanno le leggi antiebraiche nella storia d’Italia? La persecuzione antiebraica generalizzata voluta dal dittatore fascista Benito Mussolini e varata nel 1938 ebbe per oggetto cittadini dello Stato. Questo aspetto la distinse fortemente dalla pur grave svolta razzistica del 1936-1937 contro i sudditi delle colonie africane.

L’eguaglianza giuridica degli ebrei era stata sancita da vari decreti del Regno di Sardegna nel corso della primavera 1848 e venne progressivamente estesa sino a Roma, liberata dal dominio del Papa nel 1870. Vi fu insomma piena coincidenza tra il processo di emancipazione degli ebrei e il processo risorgimentale e di unità d’Italia. L’appartenenza nazionale e la parità giuri-dica e sociale degli ebrei italiani erano elementi stabilmente acquisiti ben pri-ma della pripri-ma guerra mondiale. L’introduzione dell’antisemitismo di Stato nel 1938 costituì la rottura e la cessazione di quel patto di eguale cittadinan-za, pose termine alla vicenda storico-nazionale avviatasi col Risorgimento, fu insomma una profonda cesura nella storia d’Italia.

Va precisato che nel periodo 1938-1943 – così come nel successivo pe-riodo 1943-1945 – il governo fascista scelse di non disporre la revoca for-male della cittadinanza italiana alla generalità degli ebrei. Tuttavia quello fu appunto il signifi cato (e la percezione) della loro esclusione completa e defi nitiva dalle forze armate, dal Partito nazionale fascista e da tutta la vita della nazione. Paolo D’Ancona, professore universitario di storia dell’arte all’Università degli studi di Milano, scrisse nel 1939: «A me è stata improv-visamente troncata ogni attività di cittadino e di studioso: espulso dall’eser-cito, dalla cattedra, attraverso i miei libri dalla scuola, assisto alla distruzione di quanto formava la ragione stessa della mia vita»3.

Va anche data attenzione al fatto che la conversione in legge dei decre-ti – legge andecre-tisemidecre-ti fu l’uldecre-timo atto isdecre-tituzionale compiuto dalla Camera dei deputati, che era sì fascistissima, ma pur sempre nominalmente elettiva. Dopo quell’atto, sempre nella seduta del 14 dicembre 1938, la Camera stessa deliberò il proprio annientamento e l’istituzione di una non più elettiva Ca-mera dei fasci e delle corporazioni.

Sul piano della prospettiva, va aggiunto che, dal punto di vista fascista, la normativa introdotta nel 1938 costituiva una riforma di ambito generale e di durata permanente, ossia – per utilizzare una formula recente – una riforma di struttura: il fascismo e l’Italia intera avrebbero dovuto essere per sempre ariani e antisemiti. E l’uno e l’altra in effetti lo divennero nominalmente e iniziarono a divenirlo materialmente. Si trattò ovviamente di una trasfor-mazione processuale, progressiva ma non lineare. In alcuni ambiti essa era tutt’altro che conclusa alla fi ne della guerra, in altri era avanzata molto ve-locemente.

La cesura opposta al 1938 – ovvero il ripristino della precedente vicenda storico-nazionale – fu costituita non tanto dall’abrogazione della legislazione antiebraica, che inizialmente venne attuata dai soli Alleati, tramite l’introdu-zione di norme apposite nella Sicilia liberata in luglio 1943 e di un apposito articolo nel testo “lungo” dell’armistizio col regno d’Italia, quanto piuttosto dall’ingresso e dalla totale accettazione dei combattenti ebrei nelle bande partigiane. L’8 settembre 1943 Emanuele Artom annotò sul suo diario: «La radio tedesca annunzia che verranno a vendicare Mussolini. Così bisogna arruolarsi nelle forze dei partiti e io mi sono già iscritto»4.

3. Perché il fascismo emanò le leggi antiebraiche?

Le leggi furono fortemente volute da Mussolini. Egli ne fu anche il prin-cipale redattore e l’Archivio centrale dello Stato è colmo dei suoi autografi

3. P. D’Ancona, Ricordi di famiglia. Note personali, dattiloscritto, 1939.

4. E. Artom, Diari di un partigiano ebreo. Gennaio 1940 – febbraio 1944, a cura di Guri Schwarz, Bollati Boringhieri Torino, 2008, p. 55.

di bozze e testi defi nitivi di articoli giornalistici e decreti – legge razzisti e antisemiti.

A mio parere la decisione di vararle non fu presa sull’onda del razzismo istituzionale appena introdotto contro i popoli delle colonie italiane in Afri-ca, né ebbe il fi ne di colpire il gruppo degli intellettuali o dei ceti borghesi, o quello di concorrere alla costruzione del “nuovo” italiano e/o dello Stato totalitario. Né fu determinata dalla volontà di emulare la politica antiebraica dell’alleato tedesco.

Certo, alcuni di quegli elementi ebbero un qualche peso, poiché nessuna svolta è mai totalitariamente autonoma dal contesto generale. Tuttavia, sulla base delle vicende del ventennio precedente, io ritengo che il fascismo ita-liano decise di intraprendere la persecuzione generalizzata degli ebrei perché essi costituivano un gruppo il cui comportamento era ormai giudicato (dal regime e rispetto alle sue fi nalità) pericoloso, antagonistico, alternativo, in-coerente o anche inutile. All’interno dell’ebraismo infatti si era sviluppato a metà degli anni Trenta un contrasto tra fascisti e antifascisti, al termine del quale gli ebrei fascisti si erano dimessi dagli incarichi di rappresentanza (e ciò mentre tutta la popolazione della penisola veniva chiamata a festeggiare unita la conquista d’Etiopia e a combattere unita le sanzioni economiche deliberate dalla Società delle Nazioni). Inoltre gli ebrei d’Italia da un lato avevano manifestato sostegno ai confratelli tedeschi perseguitati, sostegno che si caratterizzava ormai come una critica pubblica della Germania alle-anda, e dall’altro non erano riusciti a convincere i correligionari degli Stati democratici a premere sui governi e sulle opinioni pubbliche dei propri Paesi contro il varo delle sanzioni economiche. Tutto questo rendeva ancora più diffi cile la loro presenza differente nella nazione sempre più caratterizzata come cattolicista, nella dittatura sempre più impegnata a revocare e calpe-stare i diritti, nello Stato totalitario in costruzione. In buona sostanza, a mio parere Mussolini decise di perseguitare gli ebrei proprio allo scopo di perse-guitare gli ebrei.

4. Quale importanza il fascismo assegnò alla svolta antiebraica?

Una domanda di questo tipo richiede una risposta complessa e conse-guentemente lunga. Si può però osservare che non uno degli altri governi e paesi antisemiti dell’epoca adottò i seguenti tre atti, e che la maggioranza di essi non ne adottò alcuno.

Il primo atto fu costituito dall’elaborazione e dalla pubblicazione il 14 luglio 1938 del testo ideologico che fi ssava e divulgava «quella che è la po-sizione del Fascismo nei confronti dei problemi della razza», e che quindi va considerato nient’altro che il Manifesto del razzismo fascista e non un derubricato Manifesto degli scienziati razzisti.

Il secondo atto fu costituito dall’approvazione il 6 ottobre 1938 di una Dichiarazione sulla razza da parte del Gran consiglio del fascismo, organo di massima rilevanza costituzionale nel Regno d’Italia fascistizzato.

Il terzo atto fu costituito dall’approvazione il 9 novembre 1938, da parte del Consiglio dei ministri, del nuovo libro 1° del codice civile, che all’artico-lo 1 introduceva uffi cialmente il razzismo nel sistema giuridico italiano, sta-bilendo: «Le limitazioni alla capacità giuridica derivanti dall’appartenenza a determinate razze sono stabilite da leggi speciali».

Questi tre rilevantissimi atti5 trasformarono l’Italia in uno Stato formal-mente, profondamente e – secondo il regime fascista – defi nitivamente raz-zista e antisemita.

5. Quali erano gli obiettivi delle leggi antiebraiche?

Nel 1938-1943 il fascismo intendeva eliminare gli ebrei, italiani e stranie-ri, dal territorio italiano e dalla società italiana.

Relativamente agli stranieri, nel settembre 1938 il governo vietò nuovi in-gressi aventi scopo di residenza e dispose l’espulsione di quelli entrati dopo il 1918. Successivamente, nell’agosto 1939, vietò gli ingressi aventi scopo di soggiorno e nel maggio 1940 quelli aventi scopo di transito. Quando l’I-talia entrò nella seconda guerra mondiale, gli ebrei stranieri e apolidi ancora presenti nella penisola vennero perlopiù internati in comuni o in campi, in attesa di essere espulsi alla fi ne del confl itto. Nei campi di internamento del 1940-1943 non vi furono violenze antisemite, ma l’internamento fu un prov-vedimento antisemita.

Relativamente agli ebrei italiani, inizialmente il governo fascista ne sti-molò l’emigrazione spontanea. Inoltre revocò la cittadinanza italiana a colo-ro che l’avevano ottenuta dopo il 1918.

Nel 1940-1941 avviò l’elaborazione di una legge di espulsione defi nitiva degli ebrei italiani; il progetto venne però presto accantonato, perché l’esten-sione della guerra aveva ridotto ai minimi termini la possibilità di emigra-zione.

Anche per gli ebrei italiani furono decisi provvedimenti di internamento e di lavoro obbligato, che col trascorrere degli anni e il crescere delle sconfi tte belliche divennero sempre più generalizzati e sempre più persecutori: nella primavera 1940 fu disposto l’internamento di quelli giudicati maggiormente “pericolosi”; nel maggio 1942 fu introdotto il “lavoro obbligatorio”; nel giu-gno 1943 fu disposta l’istituzione di quattro “campi di internamento e lavoro obbligatorio” per ebrei abili (questa decisione non fu però attuata a causa della crisi politica del 25 luglio 1943).

5. Per i loro testi vedasi M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938, 2ª ed. ampliata, Zamorani Torino, 2017, pp. 30-35, 60-65, 73-74.

Dal 1938 al 1943 il regime emanò innumerevoli divieti, aventi per oggetto tutti gli ambiti della vita di una persona: gli ebrei furono espulsi dalla scuo-la pubblica (con alcune eccezioni, di carattere complesso), dagli impieghi pubblici, in misura progressiva dal lavoro privato e dalle professioni, dai comparti dello sport, della cultura e dello spettacolo, dalle associazioni, ecc. Questi provvedimenti da un lato realizzavano la politica di persecuzione e dall’altro quella di separazione degli ebrei dai non ebrei, entrambe condizio-ni essenziali per l’attuazione della politica di allontanamento.

Per quanto concerne in particolare l’ambito della scuola e dell’universi-tà, i decreti-legge del settembre-novembre 1938 e le connesse circolari mi-nisteriali disposero l’espulsione dalle scuole pubbliche di presidi, direttori, professori, impiegati e bidelli; vietarono la presenza di studenti “di razza ebraica” accanto agli studenti “di razza ariana”; proibirono nelle classi l’u-tilizzo di manuali e carte geografi che di autori “di razza ebraica” (peraltro, i libri scritti da autori “di razza ariana” non potevano menzionare il nome o il pensiero di persone “di razza ebraica” morte dopo il 1850).

Come già detto, il fascismo italiano aveva anche l’obiettivo di “arianiz-zare” la società italiana. Così, le politiche di espulsione degli ebrei dai sin-goli ambiti della vita lavorativa, educativa e sociale e di separazione erano funzionali anche alla disebreizzazione e alla antisemitizzazione del Paese, sempre più caratterizzato come Stato “ariano” e “razziale.

6. Quale impostazione ebbe la legislazione?

Relativamente alla tipologia del razzismo fascista, possiamo osserva-re che nella stampa si esposserva-ressero sia le concezioni razzistiche cosiddette “spirituali” o “nazionali”, connesse tra l’altro alla nuova esaltazione della “idea” di Roma e della “razza” latina, sia quelle di carattere “razzisti-co biologi“razzisti-co”, ossia basate sui “razzisti-conteggi del sangue ereditato e sviluppate principalmente dal Manifesto del 14 luglio 1938 e dal quindicinale La di-fesa della razza, pubblicato dall’agosto seguente. Tuttavia è un fatto che la defi nizione legislativa di “appartenente alla razza ebraica” venne im-perniata sul “razzismo biologico”. In base ad esso il discendente da quat-tro nonni classifi cati “di razza ebraica” era sempre classifi cato “di razza ebraica”, anche se lui stesso e magari i suoi due genitori erano battezzati. E un nipote di quattro nonni classifi cati “di razza ariana”, pur se aveva ab-bracciato l’ebraismo e aveva prole cresciuta ebraicamente, era comunque classifi cato “di razza ariana”. Gli italiani tutti, insomma, erano divenuti semplici trasmettitori generazionali di materiale biologico utile o disutile alla nazione.

I discendenti da matrimoni “razzialmente misti” furono assegnati all’una o all’altra classifi cazione sulla base di criteri necessariamente privi di scien-tifi cità.

Va rimarcato che, a seguito della scelta del criterio “razzistico biologico”, circa il 10 per cento delle persone assoggettate alla legislazione persecutoria era di fede cristiana. Da ciò consegue che la persecuzione “antiebraica” non colpì solo gli ebrei.

La radicalità dell’antiebraismo fascista emerge anche da una compara-zione tra le normative antisemite di Berlino e Roma. Nel suo insieme, la legislazione nazista fu senz’altro maggiormente persecutoria di quella fasci-sta. Ma è interessante rilevare che alcune delle norme emanate in Italia nel settembre-novembre 1938 erano più gravi di quelle in quei giorni vigenti in Germania: ad esempio, l’esclusione generalizzata degli studenti ebrei dalle scuole pubbliche e l’espulsione entro sei mesi degli stranieri ebrei, decise all’inizio di settembre; le limitazioni alla proprietà di aziende, stabilite in novembre. Certo, proprio sul fi nire di quel novembre 1938 il regime nazista emanò in quegli ambiti norme uguali o più gravi di quelle fasciste; inoltre esso conservò sempre il primato persecutorio negli altri comparti. Ciò che qui interessa è solo notare che il fascismo, in alcuni specifi ci ambiti e in un determinato spazio cronologico, giunse a sopravanzare il nazismo. Il fatto fu notato all’epoca anche in Germania: il 25 ottobre 1938 il quotidiano nazista Völkischer Beobachter, introducendo un’intervista a Dino Alfi eri, ministro della Cultura popolare, scrisse che la legislazione antiebraica fascista «in parte va perfi no al di là delle misure tedesche»6.

Il corpus legislativo antiebraico introdotto dall’Italia fascista insomma presentava aspetti di autonomia; anche se l’originalità di tutte le normati-ve antisemite europee era necessariamente limitata dal fatto che gli ambiti toccati erano i medesimi in tutto il continente: gli stranieri, le cittadinanze concesse – specie dopo la prima guerra mondiale – gli impieghi pubblici, l’esercito, la scuola, le professioni legali e sanitarie, lo spettacolo, il giorna-lismo, il matrimonio misto, ecc.

7. Le leggi antiebraiche fasciste vennero applicate?

Ciascuna singola norma antiebraica venne applicata. Non sono noti casi di evidente inadempienza, di là da vicende amicali quali la pubblicazione su una rivista di un articolo scritto da un ebreo e fi rmato con uno pseudonimo. Ad esempio, nessun preside si dimise per evitare di licenziare un insegnante.

8. Vi furono opposizioni alla legislazione antiebraica?

Non vi furono opposizioni pubbliche rimarchevoli. Ad esempio, «non ri-sulta che alcuno dei circa 4200 magistrati in servizio abbia in qualche modo

6. Minister Alfi eri über das italienische Rassenproblem, in Völkischer Beobachter, 25 ottobre 1938 (die teilweise sogar über die deutschen Maßnahmen hinausgehen).

preso le distanze, magari rifi utando di rispondere alla richiesta di dichiarare la propria appartenenza razziale, ovvero manifestando in qualche modo so-lidarietà nei confronti dei colleghi rimossi dal servizio. Tutto continuò come se nulla fosse successo»7.

L’antisemitismo trovò amplissimi consensi, specie nel Partito nazionale fascista, tra i giovani e tra gli intellettuali.

Il re Vittorio Emanuele III di Savoia promulgò tutte le leggi. L’unica dura reazione pubblica della Santa Sede ebbe per oggetto la norma che vietava la trascrizione presso i comuni dei matrimoni “razzialmente misti” celebrati con rito religioso cattolico8.

Pochi italiani non ebrei espressero la loro contrarietà, e perlopiù poterono farlo solo nei propri diari. In agosto 1938 il giurista Michele Cifarelli annotò: «Barbarie da tempo sepolta, che riaffi ora inghirlandata di nappe nazionaliste e di orpelli imperiali. Ma io ho una tremenda indicibile vergogna di essere italiano!»9. Tra le rare proteste pubbliche vi fu quella del giurista Ernesto Orrei, un cui libro del 1942 conteneva una esplicita condanna della “legisla-zione restrittiva” e terminava con le parole «Io lavoro di continuo con tutte le forze, scriveva [Wilhelm von Humboldt] alla moglie il 17 gennaio del 1815, per dare agli ebrei tutti i diritti civili». Il libro fu sequestrato, ma, appunto, era stato stampato10.

9. Quale relazione legò la legislazione del 1938 alla consegna degli ebrei a killers specializzati stranieri nel 1943-1945?

Non vi fu alcun automatismo. Ma gli arresti e le deportazioni avviati nel 1943 dall’occupante nazista e poi dalla Repubblica sociale italiana furono facilitati dal fatto che i morituri erano ormai identifi cati, schedati, impoveriti, separati. Nonché dal fatto che da cinque anni Stato e società li consideravano perseguitandi. Per questo è legittimo dire che la legislazione antiebraica si rivelò utile, funzionale, in parte necessaria, allo sterminio successivamente deciso.

7. G. Neppi Modona, La magistratura e le leggi antiebraiche del 1938, in Antonella Me-niconi, Marcello Pezzetti (a cura di), Razza e inGiustizia. Gli avvocati e i magistrati al tempo delle leggi antiebraiche, Consiglio superiore della magistratura – Consiglio nazionale forense Roma, 2018, p. 88.

8. [Senza titolo], in L’osservatore romano, 13 novembre 1938; A proposito di un nuovo Decreto Legge, in L’osservatore romano, 14-15 novembre 1938.

9. M. Cifarelli, “Libertà vo’ cercando…” Diari 1934-1938, a cura di G. Tartaglia, Rubbet-tino Soveria Mannelli, 2004, p. 308.

10. E. Orrei, Intorno alla questione ebraica. Lineamenti di storia e di dottrina, Roma, 1942. Per il sequestro cfr. Id., La questione ebraica. Lineamenti di storia e di dottrina, Edizio-ni del Lavoro Roma, 1947 (2ª ed. ampliata), pp. 5-6; A. Allocati (a cura di), Carteggio Loria-Graziani (1888-1943), Ministero per i Beni culturali e ambientali Roma, 1990, pp. 351-53.

Il razzismo del regime fascista:

Nel documento L’ItaLIa aI tempI deL ventennIo fascIsta (pagine 156-164)