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La legge Acerbo, un’investitura di potere costituente

Lorenza Carlassare

4. La legge Acerbo, un’investitura di potere costituente

Lo Statuto albertino formalmente non venne toccato, ma nella sostanza l’ordinamento risultò radicalmente trasformato, divenne un altro. Cosa rese possibile questa situazione contraddittoria? Lo Statuto era una Costituzione fl essibile, non prevedeva procedimenti rafforzati per cambiare o abrogare le sue disposizioni, né controlli sulla conformità delle leggi ai suoi principi. In pratica dunque, con legge ordinaria si poteva disporre diversamente da quan-to stabiliva, derogando alle sue norme. Ma anche se fosse stata una Costitu-zione rigida e avesse richiesto, come l’art. 138 della CostituCostitu-zione attuale, la maggioranza dei due terzi per modifi carla, quei due terzi il fascismo li aveva. La legge elettorale 18 novembre 19239, attribuendo i due terzi dei seggi alla lista che avesse ottenuto almeno il 25%, dava il totale controllo dalla Camera

9. La legge 18 novembre 1923, n. 2444, nota come Legge Acerbo dal nome del deputato Giacomo Acerbo che ne redasse il testo.

ai fascisti, i quali, comunque, stravinsero grazie alle intimidazioni e violenze denunciate alla Camera il 30 maggio 1924 dal deputato socialista Giacomo Matteotti, per questo poi rapito e assassinato10.

L’approvazione di quella legge resta un passaggio decisivo: alterando gli equilibri politici e dando a una sola forza la possibilità di dominare il Parla-mento apriva la strada ad ogni trasformazione. Con i due terzi dei seggi tutto era ormai possibile al regime. Questo sembra il vero momento di rottura, la legge Acerbo che fu, nella sostanza, un’investitura di potere costituente.

Per la prima volta in Italia un premio, alterando l’esito del voto popolare, consentiva a un solo partito di governare. Nel presentare alla Camera il pro-getto di riforma elettorale Mussolini ne chiarì subito l’obiettivo: «costituire un Governo... atto a risolvere nel modo più rapido, fermo e univoco tutte le molteplici questioni che nell’azione quotidiana si presentano, non impac-ciato da preventive compromissioni, non impedito da divieti insormontabili, non soffocato da dissidi, non viziato... da differenze ingenite di tendenze e di indirizzi». Escludere ogni dissenso, eliminare le minoranze! La Camera così eletta era destinata comunque a non contare più: l’elezione – continua Mussolini – viene intesa «più come atto di selezione del Ministero che come defi nizione della rappresentanza, il cui ruolo è destinato a diventare del tutto secondario».

Interessa la discussione alla Camera: piena è in alcuni la consapevolezza del potere che si affi dava al fascismo con una legge elettorale che – disse Tu-rati – non prepara la riforma costituzionale, ma è la riforma e condurrebbe a istituire, sotto le parvenze legali, il colpo di Stato permanente. Il suo effetto evidente e immancabile «è quello di annullare la Costituzione e di sostituire al regime rappresentativo il dominio insindacabile di un potere esclusivamen-te personale e angustamenesclusivamen-te oligarchico»11. Non servono gli ammonimenti di Bonomi, le voci contrarie di Labriola e Amendola, né i tentativi di modifi ca di Gronchi o la notizia delle dimissioni (forzate) di Sturzo (fi eramente con-trario alla legge) dalla segreteria del partito popolare profondamente diviso al suo interno: se De Gasperi dissente, altri plaudono. In Senato l’opposi-zione è naturalmente assai scarsa. Tra gli interventi favorevoli impressiona anche per l’autorevolezza del personaggio, quello di Gaetano Mosca: la

pro-10. Per reazione i deputati dell’opposizione decisero di non partecipare più ai lavori parla-mentari (la c.d. “secessione dell’Aventino”, 27 giugno 1924) fi no al ripristino della la legalità e all’abolizione della milizia di partito. Ma il tentativo d’isolare il fascismo fallisce: il re non si muove benché i grandi giornali, in particolare il Corriere della Sera di Milano e La Stampa di Torino attacchino i fascisti i quali riorganizzano le squadre e rispondono con la violenza. Il discorso tenuto di Mussolini alla Camera il 3 gennaio 1925 è considerato l’inizio della dittatura; è la sfi da alla Camera: egli si assume in prima persona la «responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto» chiedendo se qualcuno voglia valersi dell’art. 47 dello Statuto che attribuisce alla Camera il diritto di accusare i ministri e di tradurli dinanzi all’Alta Corte di Giustizia.

11. M.S. Piretti, Le elezioni politiche in Italia dal 1948 ad oggi, Laterza Roma-Bari, 1995, pp. 235 ss.

porzionale «impedisce che si formi quella maggioranza forte ed omogenea che è necessaria affi nché il sistema rappresentativo proceda normalmente e rinforza inutilmente le minoranze». Pertanto «il merito principale di questa legge consiste nell’avere adottato un meccanismo che dà un grosso premio a quella parte politica che nelle elezioni ha raccolto la maggioranza relativa dei voti, poiché solo in questa maniera il sistema rappresentativo potrà rettamen-te funzionare e di ciò saranno lieti coloro che propugnano la sua durata»12. Una previsione davvero perfetta: anziché la ‘durata’ del sistema rappresenta-tivo, venne ben presto la sua fi ne!

5. Il mutamento dei principi nella continuità degli interessi. Una rifl es-sione sul futuro

Se il vero momento di rottura è la legge Acerbo, qui sta anche la spiega-zione della non coincidenza delle valutazioni sulla continuità13: la continuità formale è la spia della continuità delle forze su cui il sistema si regge, della continuità degli interessi nel mutamento dei principi. Ciò che di regola non avviene è avvenuto: il “vecchio” ha legittimato il “nuovo”, anzi lo ha gene-rato14. L’accordo su quella legge denuncia la forza del blocco che si era cre-ato intorno al fascismo; c’erano già vari segnali, a partire dall’incarico dcre-ato irregolarmente dal re a Mussolini e dall’elevata maggioranza con cui quel governo ottenne la fi ducia15. Con ragione molti hanno parlato del fascismo come di una controrivoluzione. Il mutamento dei principi, indurendo il siste-ma, servì infatti a conservare l’assetto degli interessi bloccando un futuro ( e temuto) sviluppo in senso socialista16. I primi provvedimenti di Mussolini lo confermano17, e lo confermano poi la disciplina dei rapporti di lavoro che ha «per conseguenza implicita l’estinzione di tutti i sindacati non fascisti»18, l’istituzione del Ministro delle corporazioni, la Carta del lavoro. L’obiettivo

12. M.S. Piretti Le elezioni politiche, cit., p. 287. 13. Supra, § 1.

14. Per un discorso più approfondito rinvio a L. Carlassare, La ‘rivoluzione’ fascista e l’ordinamento statutario, in Diritto pubblico, 1996, fasc. 1, pp. 43 ss.

15. Nel primo governo Mussolini la presenza, accanto a pochi fascisti, di liberali, po-polari, democratico-sociali e militari prestigiosi ai dicasteri di guerra e marina «conferiva al governo la caratteristica di un blocco nazionale borghese», come dice E. Ragionieri, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia dall’Unità ad oggi, Einaudi Torino, 1975, vol. IV, t. 3, pp. 2122-2123.

16. Preannunziato dal successo del partito socialista nelle elezioni del 1919, insieme al successo dei popolari.

17. Dall’abolizione della nominatività dei titoli, alla soppressione di varie imposte, alla pri-vatizzazione dei telefoni, su ciò E. Ragionieri, La storia politica e sociale, cit., pp. 2124-2125. 18. Sindacati «privati di ogni potere a vantaggio dell’unica associazione riconosciuta per ciascuna categoria di lavoratori e di datori di lavoro»: L. Paladini, Fascismo (diritto costitu-zionale), in Enc. dir., vol. XVI, Giuffré Milano, 1967, p. 890.

della “rivoluzione fascista” era in realtà la conservazione, la difesa dell’or-dine sociale. Da subito apparve come una garanzia di sicurezza; con le squa-dre di giovani violenti Mussolini si diede il compito di restaurare l’ordine e annientare movimenti e organizzazioni socialiste e progressiste19 e acquisì consenso sfruttando lo scontento e la frustrazione della piccola borghesia, dei reduci, dei molti che la guerra aveva impoverito, il senso di rivalsa dei ceti medi, l’irritazione contro la classe operaia, la sua forza e la forza del-le sue organizzazioni20. Quando Mortati parla di “costituzione materiale” – principi, valori e interessi delle forze dominanti21 – presuppone che principi e interessi si saldino insieme. Ma non è stato così. L’anomalia che distorce gli esiti della sua teoria nell’applicarla al rapporto fra ordinamento statutario e fascismo sta nella inusuale dissociazione fra principi, mutati, e interessi, immutati. Le forze dominanti sono sostanzialmente le stesse nel fascismo e nel prefascismo. L’equivocità del passaggio sta nell’equivocità dell’evento che lo consente: il momento della ‘rottura’, la legge Acerbo, costituisce allo stesso tempo l’aggancio col passato, la legittimazione del vecchio potere che fi rma così la propria fi ne.

È diffi cile dare risposte sicure: è possibile parlare di continuità e conclude-re che l’eliminazione delle libertà, l’incisione dei diritti fondamentali è inin-fl uente? Resta comunque un senso di disagio che sollecita una preoccupata rifl essione sulle leggi elettorali. Studiare il passato serve anche a comprende-re l’oggi. Il fascismo, senza toccacomprende-re la Costituzione, ha potuto travolgecomprende-re un sistema cambiando la legge elettorale: mettere l’accento su questo passag-gio è essenziale. Neppure la nostra Costituzione rigida si esprime sul sistema elettorale che è ritenuto, quindi, legittimamente modifi cabile senza formalità particolari. Ma il rischio è forte, come insegna la storia. L’unica salvezza con-tro la tentazione dei partiti (di oggi e di domani) di governare senza intralci22

sta nella consapevolezza del rischio e nell’attenzione da parte dei cittadini, e soprattutto nel controllo della Corte costituzionale che, guardando ai principi, ha ripetutamente indicato i limiti che non è consentito valicare per garantire la governabilità sacrifi cando la rappresentanza23.

19. A. Kohn, Fascism, in Enc. Brit., 1964, pp. 103 ss.

20. Sulla base sociale del fascismo, V. Castronovo, La storia economica, in La Storia d’Italia, cit., vol. IV, t. 1, pp. 248 ss.

21. Forze dominanti che non necessariamente si identifi cano con l’uno o l’altro partito. 22. Come diceva Mussolini per far approvare dal Parlamento la legge Acerbo (supra, § 4). 23. Annullando più volte, in nome della rappresentanza e dell’eguaglianza del voto, leggi elettorali contrarie a quei principi, a partire dalla sent. n. 1 del 2014 che dichiarò l’illegittimità costituzionale del “porcellum”.