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Ambiguità e contraddizioni

Tutti questi esempi complicati e spesso apertamente contraddittori di donne rivelano la complessa attitudine di Bandello verso i personaggi femminili delle novelle, secondo un atteggiamento che nell’opinione di Daria Perocco dovrebbe essere definito come

ad un giovine che in quello si volesse essercitare. Medesimamente la giovinezza ha i suoi giuochi e passatempi, e il giovine può fare di molte cose, e non meriterà castigo né riprensione, che se un vecchio e attempato far le volesse sarebbe meritevolmente da tutti beffato. Lo innamorarsi e far il galante con le donne pare che a ’ giovini convenga, in tanto che se si vede un giovine che viva senza amare, si dirà che egli non è uomo e che tiene del selvaggio e malinconico. Per lo contrario, quando l’uomo si truova in età matura, il voler fare l’innamorato troppo se gli disdice, e spesso è cagione che il misero vecchio impazzisca e divenga favola del volgo. Di rado anco avviene che qualche scandalo non ne nasca, perciò che, non avendo il vecchio le debite forze che in amore si ricercano, egli diventa sospettose e muore mille volte il dì, combattuto dal freddo verme di gelosia che spesso poi gli fa fare mille errori, come non è guari che ad uno sfortunato vecchio a Monza avvenne[…] dedica III,33 (Un vecchio innamorato è cagione de la morte sua e del proprio figliolo per gelosia d’una femina).

106“…ma per narrarvi un miserabil caso avvenuto tra marito e moglie, e forse causato per difetto del marito,

mi pare non disdicevole che io alquante parole dica d’alcune cose che deverebbe ogni buon marito usare con la moglie. E perché la prima cosa che deve essere tra il marito e la moglie io fo a credere che debbia esser l’unione e la tranquilla pace, deve il marito non esser ferino né aspro ne la conversazion sua in casa, perché se vorrà con fatti e con parole inasprire ed irritare la moglie, e d’ogni minimo fuscello garrirla e farle un gran romore in capo, la casa non sarà casa ma terreno inferno, né mai vi abiterà pace. Bisogna dunque che l’uomo sia benigno ed umano, e talora si risenta con modestia ne le cose mal fatte”. Dedica Novella 64, III. Da Matteo Bandello: Novelle, Bur Rizzoli, Milano 2011 pp.553-563.

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«interrogativa e perplessa non comprensione»107 del genere femminile, e più in generale,

della posizione della donna nella società.

Le contraddizioni più evidenti e più interessanti della raccolta di Bandello riguardano l’immagine della donna che emerge dalle novelle di adulterio.

In molti prologhi Bandello sembra ansioso di presentarsi come alleato e difensore del genere femminile, o almeno come qualcuno che è consapevole che «non sta bene, se una donna fa alcun errore, voler tutto il sesso femminile biasimare». Dall’altro lato, le Novelle tradiscono in più punti l’influsso dei luoghi comuni e pregiudizi del tempo sul genere femminile. Ne risultano passaggi in cui alcuni dei più diffusi stereotipi misogini sono espressi e immediatamente contraddetti o contro bilanciati con giustificazioni che tendono a sminuire il tono di quanto appena affermato, come nella lettera dedicatoria al «cortese Signore Ermes Visconte»:

“Ed in questa novella non solamente si vedrà ciò che io ve n’ho detto, ma ancora apparirá chiaro quante fiate le donne nei lor sospetti ed imaginarie openioni s’ingannino; le quali il piú de le volte, come si ficcano una fantasia nel capo, sono ostinatissime e ritrose, e a patto nessuno depor non la vogliono, e ben che conoscano il lor manifesto errore, non cessano di perseverare ne le cattive impressioni; il che spesso è cagione di grandissime rovine.[..] Vi piacerà poi farla leggere al vostro da me riverito e da tutta Lombardia amato ed onorato, il signor Francesco vostro maggior fratello, a ciò che egli veggia che tutte le donne non sono d’un temperamento, ma sono come ha fatto la natura nei suoi parti, che sempre non gli fa tutti buoni. Nè perché ci sia talora una malvagia femina si vogliono l’altre sprezzare; anzi per una buona, chè molte ce ne sono, devono tutte l’altre esser dagli uomini sempre onorate e riverite, perciò ch’io porto ferma ma openione che mai non sia lecito contra le donne incrudelire. Ma io non voglio adesso entrar in questo profondo abisso. Solo dico che quanto piú un uomo onora una donna, tanto piú mostra egli esser nobile e degno d’ogni onore.”108

La giustificazione che Bandello riserva all’adulterio femminile appare caratterizzata da un’intrinseca ambiguità. Se, da una parte, le Novelle sembrano avanzare sincere richieste di reciproca tolleranza e rivelare genuina comprensione per la condizione della donna e i suoi problemi, dall’ altra la giustificazione dell’adulterio delle malmaritate è fondata su uno dei capisaldi della tradizione misogina, ovvero la visione della donna come essere ipersessuato.

107 Perocco D. (a cura di), Bandello tra la pratica dell’amore e il governo dell’onore, in Gli uomini, le città e

i tempi di Matteo Bandello, II convegno internazionale di studi Torino-Tortona-Alessandria-Castelnuovo Scrivia 8-11 novembre 1984, a cura di Ugo Eozzo, Tortona 1985;

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Questo punto di vista è particolarmente evidente nella novella III,57, in cui le donne indipendentemente dal loro status sociale e livello culturale, sono accumunate da questa loro natura:

“Non si sa egli che tutte le donne naturalmente sono timidissime, ed assai piú la notte che il dì desiderano d’esser accompagnate, e che senza l’uomo sempre la donna si reputerà esser sola? Chi non sa che per altro non si maritano se non per avere compagnia la notte? […] Le maritate il giorno hanno mille traffichi, mille affari e mille lavori per le mani. Tu vedi quella cucire, trapungere con seta ed oro cuffie, camicie ed altre bisogne, od attendere al governo de la casa. Quell’altra compartisce a le sue damigelle la tela, il filo e la seta, ed ordina loro ciò che vuole che esse facciano […] Ce ne sono poi di quelle che, di piú sublime ed alto ingegno, diventano domestiche de le muse e passano il tempo in leggere varii libri e in comporre alcuna bella rima. Altre poi con la musica, sonando e cantando, si trastullano, e in compagnia di vertuose persone ascoltano i ragionamenti che si fanno, ed anco spesso dicono il parer loro, di modo che il giorno non si lasciano rincrescer già mai. La notte poi, perché tutta non si può dormire, vuol ogni donna, sia di che qualità si voglia, esser ben accompagnata.”109

Secondo quanto scritto da Michel Olsen in Amore, virtù e potere nella novellistica rinascimentale affermazioni simili indicano la presenza, tra i novellieri di corte, di una persistente tendenza misogina il cui tratto distintivo è proprio questa caratterizzazione in negativo della donna.

Inoltre, nell’analizzare l’assoluzione riservata da Bandello agli errori commessi dalle donne come conseguenza di insoddisfazione sessuale e la sua insistenza sulla responsabilità dei mariti a questo proposito, è importante considerare che nell’Europa della prima età moderna la donna non era generalmente ritenuta responsabile di eventuali errori derivanti dall’ avere perso il controllo, in quanto era vista come completamente dominata da basse propensioni naturali. Di conseguenza, data la subordinazione della moglie al governo del marito, era quest’ultimo a essere ritenuto responsabile.

La rappresentazione della donna e la riflessione sulla condizione femminile offerte dalle novelle di adulterio finiscono, quindi per rovesciarsi su se stesse, partendo da un atteggiamento comprensivo verso la donna malmaritata e trascurata dal marito, ma infine, attraverso l’insistenza sulle responsabilità del marito e sulla sua supremazia nelle dinamiche coniugali, e il continuo riferimento ai capisaldi della tradizione misogina, si ritorna a proporre un punto di vista esclusivamente maschile.

Anziché fondarsi su una ridefinizione in senso positivo del ruolo della donna nella società, in accordo con le affermazioni di “nobiltà” del genere femminile, Bandello corre il rischio

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di ritrovarsi infine quasi neutralizzato dalle inerenti ambiguità della raccolta. Tuttavia, il carattere contradditorio della narrazione di Bandello non si limita allo specifico argomento della rappresentazione della donna.

Come ha sottolineato Elisabetta Menetti110 «emergono nei racconti bandelliani le ambiguità di un mondo instabile e pluricentrico». Inoltre, l’intento esplicito di Bandello era di investigare e narrare i diversi accidenti della vita quotidiana prestando attenzione ai diversi dettagli della natura umana. In questo senso, le contraddizioni e i cambiamenti di opinione della narrazione di Bandello possono essere considerati anche una fedele riproduzione della realtà complessa e multiforme che lo circondava, soprattutto in presenza di un argomento denso di significati e sfaccettato come quello della natura della donna e del suo ruolo nella società.

Bandello sembra ben conscio della problematicità del campo che si accinge a esplorare. La sua narrazione, di conseguenza, appare non tanto mirata a prendere una particolare posizione, ma al contrario più inclinata a investigare le sfumature e le ambiguità che la società del tempo rivelava nell’affrontare tale questione.

110 E. Menetti, Il Decameron e le novelle di Matteo Bandello: riusi e variazioni, «Studi sul Boccaccio»,

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CONCLUSIONI

Alla fine di questo lavoro, nel quale abbiamo cercato di sottolineare nella sua diversità la rappresentazione narrativa del mondo femminile nella raccolta bandelliana, si dovrebbe tenere bene a mente come la carriera dell’autore, che attraversa più di mezzo secolo, gli abbia permesso di beneficiare di una ricca esperienza culturale e sociale, toccando con mano la condizione femminile e percependo la concezione della donna nel suo tempo.

Il carattere antologico del suo Novelliere consente un intero gioco di antitesi tematiche e di rappresentazioni contrastanti che tendono a riprodurre la varietà della vita, da cui è conseguita anche una figurazione sfaccettata dell’immagine della donna. Nell’ultima fase della stesura delle novelle, quella tra il 1540 e il 1560, durante il soggiorno in Francia, il nostro autore concentra la propria attenzione sulle figure di donna, raccontandone le molteplici caratteristiche, spesso in contraddizione tra loro.

Nel 1545 si apre il Concilio di Trento e inizia quella vastissima operazione di controllo culturale, sociale e politico che prende il nome di Controriforma. La Chiesa romana, nel tentativo di limitare le spinte centrifughe derivanti dalla diffusione del movimento protestante, aveva creato un sistema che permetteva un capillare controllo della società per uniformarla non soltanto nella dottrina religiosa, ma anche e soprattutto nei modelli di vita e di condotta.

L’esigenza di riconquistare l’egemonia nel campo culturale e di determinare la formazione ideologica dei giovani si manifesta, così, nel controllo dell’educazione scolastica ma sopra ogni cosa familiare.

Ecco che, ripescando concetti molto diffusi nell’Alto Medioevo, la donna torna ad essere il ricettacolo di tutti i mali del mondo.

Un italiano, Girolamo Visconti, aveva identificato la stregoneria e ogni deviazione morale con l’elemento femminile, aprendo la strada ad una nuova epoca che vede le donne perdere quel minimo di dignità sociale e considerazione che erano state loro attribuite nel periodo umanistico- rinascimentale.

Di nuovo si teorizzano la naturale inferiorità intellettuale e morale della donna, la sua insaziabilità, la mancanza di moralità, in sintesi, il suo essere un costante pericolo per la salvezza degli uomini.

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Rinasce lo spirito sessuofobico della cultura monastica che finirà per cancellare un secolo di relativa valorizzazione del ruolo femminile sia in campo religioso che sociale.

In un clima mutato così radicalmente, Bandello tenta di conciliare la libertà dei temi narrativi, tipica del genere novellistico, con le esigenze di un ideologia restrittiva e antifemminista della Controriforma e questo può spiegarne l’atteggiamento equivoco nei confronti delle protagoniste delle sue storie.

Le donne del novelliere possono essere vittime inconsapevoli, ma anche responsabili di malvagità, di neri fatti di cronaca, attrici di scandali e crimini provocati da passioni smodate, da avidità sessuale, da motivi economici o sociali. In questo contesto le donne assumono caratteristiche morali che differenziano i racconti di Bandello da quelli dei suoi predecessori e soprattutto dal modello decameroniano. Le serene descrizioni dell’estroversione amorosa e della passione tenera e delicata di Boccaccio lasciano il posto ad un atteggiamento di interrogativa e perplessa incomprensione che oscilla tra l’ossessione per la salvaguardia dell’onore e il terrore che scaturisce dall’emergere del desiderio femminile.

A dispetto delle tendenze anti-classicistiche e manieristiche che caratterizzano le tecniche e il linguaggio narrativo di Bandello, questo è fortemente legato alla corrente di reazione che seguì il Concilio di Trentoverso delle strutture più rigide e gerarchiche, che avrebbero imposto alla donna delle condizioni ancor più restrittive, dalle proprie famiglie così come dalla società.

Le novelle dell’ultimo ventennio sono percorse da una didattica di ritorno all’ordine che fa risalire la responsabilità di tutti i disordini alle donne e che riflette, oltre alla esperienza dell’autore- cortigiano, anche le esigenze della classe dominante di quel periodo, che reagisce agli sconvolgimenti delle guerre in Italia e alle riforme protestanti tentando di rafforzare la disciplina all’interno della società e della famiglia.

Bandello si trova stretto tra i retaggi culturali del passato (l’ascesi teologica, la sublimazione neoplatonica, l’ambiguità petrarchesca, il naturalismo decameroniano e l’edonismo del mondo cortigiano) e la realtà a lui contemporanea, con il suo bagaglio di esigenze d’ordine e di antifemminismo. Questo spiega il motivo per cui il nostro autore si destreggia tra il bisogno di concedere una «onesta libertà che al grado suo convien»111 alle dame di alto rango e quello di denunciare i rischi connessi alla natura perversa della donna, sempre sospettata di escogitare piani ed inganni, e la sua condotta troppo «baldanzosa», nonché malvagia e scellerata, dal momento che sfugge al controllo dell’uomo.

Questo è anche il motivo per cui questo desiderio di una moderata emancipazione della donna vicina alle Novelle con una serie di precetti e avvertimenti, senza avere la coerenza pedagogica di

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un programma, mirano allo stesso tempo ad invitare le famiglie ad assicurare alle giovani ragazze dei matrimoni assortiti (una condizione di amore reciproco e quindi di una maggiore fedeltà della moglie) ed anche i mariti vengono richiamati ai loro doveri coniugali, alla moderazione in generale, alla pratica di un’autorità ferma e flessibile. Gli innamorati vengono spinti ad essere cauti o, addirittura, diffidenti nei confronti delle follie dei sensi e dell’irresponsabilità di donne leggere, specialmente quando sono di rango inferiore o sono ostracizzate dalla società; mentre le donne sono sollecitate a fornire agli uomini la prova della propria virtù o, al contrario, della loro dedizione ai piaceri del sesso e al commercio mondano.

Certamente la coabitazione dell’erotismo e di una rigorosa moralità rappresentano un problema all’interno del Novelliere, tanto che talvolta si ritrovano in uno stesso racconto echi di pericolosa sessualità e esempi di morale controriformistica. L’immagine della donna finisce così per distorcersi, dato che le intenzioni dell’autore e gli effetti della storia spesso non concordano.

Le intenzioni dell’autore e l’effetto della storia non sempre concordano tra di loro, la visione serenamene epicurea dell’amore non è più adatta quando la dottrina ascetica del predicatore comincia a farsi più forte proprio negli anni del Concilio di Trento.

Le novelle di Bandello offrono alla società letteraria della metà del secolo una immagine complessa della donna, vista attraverso una problematica della coppia e del triangolo amoroso marito, moglie e amante: da una parte, le signore culturalmente emancipate delle dediche e di talune novelle, celebrate e ricercate per il fascino, per la loro bellezza, per le loro competenze artistiche e intellettualistiche si dedicano ai piaceri della vita mondana e dell’amore; dall’altra parte, la moglie sottoposta ad una rigida tutela coniugale, che tenta di ingannare il marito alla prima occasione ma che, tra alti e bassi, alla fine salvaguardano la loro unione con le apparenze.

Senza dubbio, pochi altri autori della prima metà del XVI secolo sono stati spinti come Bandello a difendere il sesso femminile, esaltando non solo le attrazioni ma anche le reali capacità delle donne in questi scenari storicizzati. Pochi sapevano accampare, in modo così persuasivo, giovani ragazze i cui impulsi appassionati non hanno offuscato il coraggio; ha proferito di eroine che hanno cercato di affermare il proprio amore, che hanno combattuto anche con il prezzo della morte per la loro dignità. Pochi hanno anche espresso esplicitamente la consapevolezza dell’insoddisfazione delle mogli che sono vittime di matrimoni di convenienza e la loro rivendicazione di un ruolo più ragguardevole nella vita coniugale e amorosa.

Resta il fatto che l’immagine e la condizione della donna che Bandello propone al suo pubblico dipendono in gran parte dall’ideologia della nobiltà e dell’alta borghesia, di cui esprime le aspirazioni e contraddizioni su posizioni difensive.

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Le idee di Bandello sulla donna e le rappresentazioni narrative di cui queste sono protagoniste sono così dominate da una visione prettamente maschilista e da una visione di classe, sebbene sia altrimenti nota al lettore l’ammirazione di Bandello verso alcuni temi decameroniani: dall’emancipazione femminile, alle eroine magnanime, passionali e astute, i piaceri da cortigiana destinati ad adulare il suo pubblico femminile.

La cultura religiosa e umanistica di Bandello, cosi come la sua adesioni ai dettami della controriforma, la sua conoscenza della condizione della donna contemporanea, così come la sua sensibilità alla mentalità dell’alta società attraverso i circoli che aveva frequentato durante la sua esistenza di cortigiano, hanno ispirato l’autore a una concezione della donna come ad un oggetto di svago e di piacere dell’uomo, uno strumento di potere matrimoniale e patrimoniale e, quando la donna esce da questo quadro ristretto che definisce le sue attività, diventa una minaccia per la tranquillità e per la prosperità dell’istituzione coniugale e, di conseguenza, per l’ordine stabilito. La donna non rappresenta altro che un capro espiatorio su cui la Chiesa e l’uomo catalizzano il senso di minaccia che grava sulla comunità cinquecentesca. Questo spiegherebbe anche il perché la maggior parte delle persone incriminate dal tribunale dell’Inquisizione furono donne.

Viene teorizzata in quegli anni la naturale inferiorità intellettuale e morale delle donne e, riassumendo tutti i luoghi comuni del più violento antifemminismo ecclesiastico, la donna venne immaginata con un’innata inclinazione al male, in quanto è più carnale dell’uomo. Emerge il fantasma della sessualità insaziabile della donna, che per soddisfare la sua libidine sarebbe disposta a tutto.

Si assiste alla rinascita dello spirito sessuofobico della cultura medievale, caratterizzata dalla demonizzazione del sesso e della donna. Il fatto che ciò avvenga proprio nell’età rinascimentale, dopo la valorizzazione della figura femminile attuata dal culto mariano, dall’amore cortese, da tutta la poesia e l’arte del Cinquecento, fa dubitare della reale consistenza del processo di rivalutazione della donna e delle sue funzioni sociali nel corso di questi secoli e sembra dare ragione a chi mette in dubbio l’esistenza di un Rinascimento femminile.

Del resto, non bisogna dimenticare che questa è proprio l’epoca in cui, non solo si ribadisce la subordinazione familiare della donna attraverso la regolamentazione giuridica dell’istituto matrimoniale, ma anche la Chiesa esclude sempre più la presenza femminile da qualsiasi funzione in ambito religioso.

Certamente antifemminismo, sessuofobia e ogni forma di repressione vanno inquadrati nel clima generale di intolleranza e di violenza che travolse l’Europa della Riforma e della Controriforma, e che colpì indiscriminatamente ogni forma di dissidenza e di devianza. A farne le spese furono le minoranza etniche e religiose, i poveri, i folli e, soprattutto, le donne.

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Bibliografia

Per LA NOVELLISTICA

 Battaglia S., Capitoli per una storia della novellistica italiana, Dalle origini al Cinquecento, Liguori Editore, Napoli 1993;

 Caparezza S., Novelle e novellieri. Forme della narrazione breve nel Cinquecento, Edizioni universitarie di Lettere E

 Di Francia, Novellistica, Vallarsi, Milano 1924;

 Guglielminetti M. (a cura di), Novellieri del Cinquecento, Milano-Napoli 1972;

 Guglielminetti M., La cornice e il furto. Studi sulla novella del Cinquecento, Zanichelli,