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Un altro punto fondamentale della vicenda bandelliana, oltre all’amore, è costituito dall’onore, preoccupazione ricorrente nell’universo delle Novelle, e di fatto relativo al mondo femminile.

Più che del semplice e popolare binomio amore-morte, occorrerebbe in questa direzione tracciare una parabola di un triangolo che ha amore e onore alla base ed esito nella morte, quando i due termini non siano socialmente armonizzati.

Con le parole di Dionisotti si può ricordare che negli anni subito precedenti alle stampe delle diverse parti del Novelliere ci troviamo di fronte ad «una società e a una letteratura in cui i gentiluomini sono ossessivamente preoccupati dell’onore, della nobiltà di sangue, della etichetta e delle precedenze, di una fastosa e crudele alterezza, quali si ebbero in Italia nella seconda metà del secolo».58

Il campo di battaglia su cui la donna bandelliana è chiamata a condurre le sue lotte più gloriose è quello della castità. Questa virtù e l’onore sono ripetutamente designate dall’autore come valori di eccellenza femminile.

Sul piano morale, la personalità della donna di Bandello, come nella maggior parte dei moralisti del suo tempo, sembra consistere essenzialmente in pudicizia. Ciò non significa che la donna venga raccontata nei racconti come una persona disincarnata. Al contrario, la sua innocenza la facevano facile preda seducente, soprattutto se apparteneva a un ambiente popolare e in novelle dove il tema centrale era quello della beffa.

58 C. Dionisotti, La guerra d’Oriente nella letteratura veneziana del Cinquecento, in Geografia e storia della

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La nascita dell’amore in un cuore verginale ha ispirato molte e molte pagine di Bandello, alcune tra le più delicate in termini di analisi psicologica o per le descrizioni estetiche. Eppure, quando i toni si fanno più seri, l’amore risulta inseparabile dal senso dell’onore, che è esso stesso più o meno esplicitamente legato alla prospettiva del matrimonio.

Pertanto da Giulia alla vergine greca Miccia, le donne rifiutano con immancabile fermezza le avances e le minacce disonorevoli degli uomini, alcune si lasciavano morire senza altro fine se non quello di difendere il loro onore.

Un buon numero di queste fanciulle sa resistere alle tentazioni di arricchimento, di prestigio, di scalata sociale. Così, Gualdrada59 (I,18), una «magnanima vergine» nobile, ma povera rifiuta di cedere ai voleri illeciti dell’imperatore Ottone III, rinunciando alla sua di fortuna e dei suoi genitori. La giovane fanciulla, «quantunque di basso legnaggio e vilissimo fosse, era nondimeno d’animo generoso, altissimo e casto» della novella II, 58 scoraggia le avances di un gentiluomo fino al punto di spingerlo al suicidio. Ancora, la figlia di un orafo napoletano sfigura con la spada un giovane prete che aveva cercato di violarla e salta in un fiume per sfuggire all’infamia.60

59 “Se le donne, di qual grado od età si siano, quando sono dagli uomini richieste di cosa meno che onesta,

sapessero quanto importi nel sesso feminile e di quanta lode sia degno questo titolo d’onestà, e quanto le renda agli uomini amabilissime e più che care, elle nel vero non sarebbero così pieghevoli e facili a darsi loro in preda, come assai sovente si vede che fanno. Ponno pur le donne, e per udita e per lezione e spesso anco per i casi che a la giornata occorreno, sapere che infinite ne sono state, per aver troppo leggermente creduto, ingannate, e che generalmente gli uomini tante ne appetiscono quante ne vedono, e mai, o ben di rado di una sola si contentano; e nondimeno tutto il dì elle danno di capo nella rete, e correno a la manifesta rovina loro, come la farfalla tratta dalla vaghezza del lume corre volando a la certa sua morte. Né credo io che altro di questo sia cagione,se non che molte per poco cervello s’abbagliano, ed altre assai, persuadendosi o con beltà o con altri modi poter legar gli uomini e tenerli sempre soggetti, di gran lunga ingannate si ritruovano. Non fece già così la sempre da essere commendata e riverita gentilissima vostra cittadina Gualdrada, la quale assai più stimò d’aver questo titolo d’onestà che la grazia ed il favore d’Ottone III,imperadore romano” (I,18, Ottone terzo imperadore ama Gualdrada senza esser amato, e onoratamente la marita).

60 “Ella in quel medesimo punto che l’avventata spada ferí l’abbate, a Dio divotamente raccomandatasi, di

salto giú dal ponte, come già fece Orazio Cocle, si gittò ne le lucide e correnti acque di Sebeto, piú tosto eleggendo ne l’acque miseramente perire che perder il pregio de la sua verginità. E cosÍ il bel fiume lei a seconda ne menava via che aiutata da le vesti sovra acqua ancor si sosteneva. Aveva il romore de la mischia ed il gridar dei poveri feriti fatto venir molti a cosí crudel spettacolo. Da alquanti di costoro che sapevano nuotare e che a l’acque si gettarono, fu fuori del fiume la giovane mezza morta cavata. L’abbate che, di gran lunga molto da quello che s’era persuaso, ingannato si ritrovava, e che sapeva per mano dei suoi servidori la giovane e i parenti di lei esser scioccamente feriti e se stesso con il fregio nel volto, non volendo tornar dentro la città, se n’andò a le sue castelli. Quelli che il rumore là tratti aveva, levati i feriti da terra, insieme con la impiagata fanciulla tutti a Napoli condussero, ove universalmente da quelli che la cosa seppero era l’abbate biasimato e la giovane per pudica,saggia, animosa e d’alto e generoso core stimata. E veramente che ella merita tutte quelle chiare lodi che a pudicissima e castissima donna dar si possino. E se a le vertuti a’nostri corrotti tempi l’onore si rendesse che appo i romani ed altre genti straniere anticamente si rendeva, qual statua qual colosso di qual si voglia materia o quei titoli potrebbero questo magnanimo e gloriosissimo

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Si tratta principalmente di eroine che vedono minacciate la loro castità non solo dalle richieste dei loro contendenti potenti, ma spesso si ritrovano davanti sensali corrotti, o dai genitori stessi che avrebbero venduto le loro figlie per ottenere fortuna: una sorta di bene, che o il padre o altri parenti lasciano e il marito acquista.

Non c’è alcuna ombra di dubbio che questa condizione della donna all’interno delle novelle rispecchia la realtà. Questa concezione maschilista del matrimonio in cui l’uomo è riconosciuto come detenente del potere e la donna è relegata ad essere minore, tende ad illustrare l’idea cinquecentesca che l’unione della coppia e la stabilità della famiglia riposino in primo luogo sulla sottomissione, l’obbedienza e la fedeltà della moglie.

Il moralismo coniugale di Bandello trova dei precedenti nel passato con la cultura giudaico-cristiana, ma anche nella più recente letteratura umanistica e con la produzione letteraria di Equicola, Ariosto, Agrippa, ect. Ma dalla metà del XVI secolo vi è un’intensificazioni della produzione delle novelle come dei trattati, con particolare riferimento della morale coniugale, secondo il programma di recupero della istituzione della famiglia, che si sviluppa al momento della ControRiforma.

Il senso dell’onore, sentimento anti-naturale per eccellenza, è il freno migliore per bloccare il veleno della passione travolgente, l’aiuto per instradare l’irrazionale con una regola ferrea. In una realtà come quella descritta da Bandello, dove non esiste atto privato che non divenga prima o poi pubblico (praticamente impossibile che gli “altri”, i vicini, i servitori, e poi il popolo tutto non vengano a sapere ciò che accade anche nei luoghi più strettamente privati ed intimi), l’onore è rappresentato in pari grado da ciò che si è da ciò che si appare.

Netta e chiarissima è, però sin da subito, la distinzione tra onore maschile e femminile; quest’ultimo è facilmente definibile e quantificabile nella conservazione e disponibilità fisica nei riguardi di un solo uomo, il marito: «tutto l’onore che possa far la moglie al marito consiste in questo, che la femina non deverebbe la donna rimanere in vita, e tanto più quanto che, come si sa che la moglie d’un gentiluomo o d’altri faccia del corpo suo copia ad altrui, ella diventa femina dei volgo e vien mostrata per tutto a dito, ed il marito anco viene biasimato e schernito da tutti, parendo che questa sia la maggior ingiuria e scorno che da la moglie riceva l’uomo, e il più vergognoso vituperio che a le case si faccia.»

atto di questa giovane napolitana agguagliare? Certo, che io mi creda, nessuno.” Da Matteo Bandello, Novelle, a cura di E.Menetti pp.267-280.

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Ossessivamente è ripetuto che una donna quando ha perso l’onore non vale più nulla, e più ossessivamente le fanciulle “oneste” del Bandello ripetono agli spasimanti che conservano «la virginità inviolata per colui che dato le fosse per marito», fanciulle ferree che si trasformano in mogli rispettose ed obbedienti una volta regolarmente sposate.

Nelle novelle di Bandello, il modello della moglie amorevole e sottomessa fino alla rinuncia totale si arricchisce di caratteristiche positive, che mettono il carattere della donna in condizione di affrontare prove vittoriose, la cui posta in gioco è il suo stesso onore. Pian piano, però acquista nell’etica bandelliana maggior peso il tema del matrimonio clandestino. Ci si sarebbe aspettato da un primo Bandello, domenicano e rivestito della carica di vescovo, una certa diffidenza a questo tema. Al contrario l’autore ci stupisce mettendo i matrimoni clandestini alla base delle novelle romantiche e sentimentali, tra le più toccanti e celebri troviamo quella di Romeo e Giulietta, Elena e Gerardo, Edoardo e Aelips.61

Il narratore adotta un atteggiamento polemico, tenendo in considerazione la mentalità e i costumi della classe aristocratica che deteneva il controllo del decreto di Tametsi62, secondo il quale la cessione e l’acquisizione della donna dal matrimonio era uno strumento privilegiato della politica familiare e patrimoniale.

Questo appello all’amore libero e alla libera scelta potrebbe però essere spiegato dalla frequente preoccupazione di Bandello di piacere al suo pubblico, specialmente alle donne: le principali vittime del matrimonio di convenienza o dei matrimoni politici.

Gli amori più commoventi per il narratore restano, tuttavia, salvo rare eccezioni gli amori legittimi o destinati a diventarlo: gli amanti hanno per loro l’autenticità dei loro sentimenti, che sono benedetti dal cielo, mentre aspettano di esserlo così anche per la Chiesa.

La maggior parte di queste eroine della fedeltà affrontano in solitudine l’evento di qualificazione che le definisce modelli esemplari per il lettore. Ciò avviene per Camilla Scarampa, antenata della poetessa, che muore di dolore alla notizia della decapitazione del marito, Lucrezia, la matrona romana, che nonostante le suppliche del padre e del marito si suicida per non sopravvivere al suo disonore, la signora di Rocca Soarda, che calunniata da un seduttore del quale aveva rifiutato le avances, rischia la morte nella fossa dei leoni per vedere la sua virtù riconosciuta e premiata, o ancora Pantea che si rifiuta di sposare il

61 Novelle II,9; II,37 e VI,5.

62 Decreto emanato l’11 novembre 1563, durante la XXIV sessione del Concilio di Trento, ha regolato la

forma dei matrimoni fino al 1917 con il codice di diritto canonino. Con il decreto, pur riaffermando la tradizione del valore dei matrimoni clandestini fin lì fatti, si stabiliva un requisito di forma, senza la quale il matrimonio non era da considerarsi solo illecito, ma anche invalido.

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vittorioso re Ciro e di rimanere fedele al marito e, si immola per non sopravvivere alla morte di quest’ultimo.

Per quanto riguarda le vergini virtuose, i modelli antichi e cristiani hanno alle basi le azioni delle mogli eroiche che sono quasi tutte della alta classe della società e le cui imprese sono nel passato storico o in terre lontane, utilizzate con riferimenti e allusioni per raccontare eventi della realtà cinquecentesca dell’autore.

Tuttavia, l’amore viene inteso comunque più come un dovere che come un sentimento spontaneo, inoltre, queste donne, sebbene dotate di un cuore virile che le spinge ad intraprendere coraggiosamente l’iniziativa di un’azione, sono caratterizzate dalla loro piena adesione alla volontà del marito. Bandello non sembra disposto a mettere sullo stesso piano le deviazioni delle donne e quelle dei mariti, la portata di queste limitazioni è circoscritta dalle proteste di fedeltà assoluta da parte delle spose.

La legge dell’onore è un imperativo morale ed etico, oltre che sociale, dato che il suo codice agisce nella coincidenza della sfera pubblica e di quella privata ed è legato, ad un fatto puramente fisico, non ad una disposizione psicologica e morale.

Sarà forse da ricordare la novella della fanciulla che, sposata da Ezzelino il Monaco che poco si era curato di compiere, con questo matrimonio, un atto lesivo dell’onore del precedente fidanzato della ragazza, suo cugino, viene da quest’ultimo pubblicamente violentata in dispregio al marito63. Massima offesa per l’uomo è la profanazione della

donna che, vittima innocente, non vivrà più una vita normale, dopo il ripudio cui l’ha assoggettata il suo disonore.

Ferrea è infatti per il Bandello la legge della riprovazione generale da parte di una società che distingue la liceità delle azioni, indipendentemente dalla partecipazione più o meno attiva delle parti in causa. E del resto il sovvertire le leggi dell’onore è percepito non solo come infrazione ad una legge, ma anche come mancanza al proprio dovere, attacco al rispetto di se stessi.

La giovane che, in Bandello, si trova ad essere oggetto di attenzioni non strettamente matrimoniali percepisce il desiderio come offesa alla sua rispettabilità; il non distinguere nettamente il confine tra privato e pubblico fa identificare sempre il desiderio come attacco all’onorabilità pubblica.

63“[…] e per viva forza la donna li rapì. Come l’ebbe in suo potere, lei, gridando mercè e dimandante aita e

soccorso, nel mezzo de la pubblica strada sforzò; e carnalmente di quella prese piacere, non per appetito già di libidine, ma per dispregio degli Eccellini padre e figluolo, zio e cugino.[…]Oltra a questo vi si accrebbe, che Cecilia, ben che incorrotta di animo, nondimeno violata di corpo, fu dal marito repudiata e resa a li propinqui suoi.” Matteo Bandello, Novelle, a cura di E.Menetti, pp. 606-607.

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Colei che è nobile, poi, sente il desiderio anche come offesa al suo gruppo familiare al punto che, violata pur contro la sua volontà, può rimediare al disonore subìto solo con la morte, come avviene con puntuale esattezza nella novella di Lucrezia64 che discute col padre e col marito, non convinti della necessità del suo suicidio, le motivazioni per cui solo attraverso un gesto così estremo (come estrema era stata la gravità dell’atto che aveva dovuto subire) avrebbe potuto riacquistare nella sua totalità quell’onore che ella sentiva di aver perduto.65

Sarà da prendere in considerazione, in questa direzione, la novella di Giulia da Gazuolo che, occorre appena ricordarlo, viene appaiata nella dedica a Pirro Gonzaga proprio a Lucrezia, qui la fanciulla viene celebrata per il suo percepire, come consequenziale alla perdita assolutamente involontaria della verginità fisica, l’impossibilità di rimanere in vita. E forse, a questo punto non sarà pleonastico ricordare e ripercorrere con la memoria gli avvenimenti storici-politici e culturali del periodo letterario vissuto da Bandello, segnati dagli eventi della Controriforma e dagli anni del Concilio. In questo periodo la parola che più cresce, nel significato e nell’uso è Onore. Il posto che fra Quattrocento e Cinquecento aveva avuto l’Amore, viene preso nella seconda metà del Cinquecento dall’Onore.

Per la donna descritta da Bandello l’idea dell’onore presenta, dunque, un aspetto essenzialmente pubblico che ha un’enorme importanza anche se lo strato sociale da cui ella proviene è molto basso. Se, infatti, per la donna nobile si tratta di difendere, con la sua integrità, la dignità di tutta la famiglia, per quella di estrazione non nobile la difesa dell’onorabilità è vista come l’unico mezzo attraverso il quale imporre la propria dignità di persona.

Un esempio particolarmente significativo a tal riguardo è costituito dal tragico personaggio di Violante, giovane di bassa condizione, tradita dal nobile Didico Centiglia, il quale dopo averla sposata in segreto, aveva preso pubblicamente per moglie una donna delle sue condizioni. Bandello, dopo aver accuratamente descritto la preparazione della vendetta

64 Novella II, 21, Sesto Tarquinio forza Lucrezia ed è cacciato da Roma con padri e fratelli e dannato a

perpetuo esilio.

65 “–Non vogliate, padre mio onoratissimo e tu agli occhi miei piú che la luce stessa caro, diletto marito mio,

e voi parenti miei dolcissimi, vietarmi che io me stessa uccida, perciò che se l’innocente anima col ferro da queste macchiate membra non caccerò, che io Piú tosto abbia disiato l’infamia schifare che la morte, appo il volgo fede non acquisterò giá mai[…]Il perché, marito mio, lasciami seguir il mio animo, che giustamente mi dispone a pigliar quella punizione che si deve, e non mi voler a la memoria ridurre nè metter innanzi agli occhi il chiaro splendore de la mia vita passata, chè tutto quello che io in tanti anni affaticata mi sono, onestamente vivenelo, d’acquistare, in una notte per gli adulterati abbracciamenti è ito in fumo.” (Novella II,21)

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della donna ed elencato le sevizie subite dal traditore, conclude il quadro di orrore e di sangue con la descrizione di Violante che «più stracca che sazia» delle torture inflitte, pugnala al cuore l’uomo che l’ha tradita. Con l’uccisione del reprobo, la vendetta potrebbe essere conclusa. Violante, però, vuole che questo suo atto venga reso pubblico, perché chiunque avesse potuto supporre un atteggiamento di leggerezza nella difesa del suo onore potesse, invece constatare la fermezza nel perseguirlo fino alla morte. È il concetto dell’onore a trasformare una fanciulla tenera e dolce in una aguzzina violenta e torturatrice, convinta di difendere così la sua dignità di donna.66

Come la Faustina romana67o le altre insaziabili donne-messaline sparse qua e là per il novelliere, anch’esse alla fine delle loro notti sconce “non sazie ma stracche”, non si placano seppur nell’ossessiva iterazione di un atto d’amore che non può portare quiete perché frutto di un eccesso che esce da ogni norma e da ogni legge, così Violante non è mai totalmente appagata da una vendetta che è conseguenza di un tradimento prevedibile, perché frutto di un errore iniziale.

La donna, infatti, nell’ipotesi bandelliana, deve essere consapevole che l’uomo è tratto dalla forza del desiderio amoroso a compiere atti di cui potrà solo pentirsi: primo fra tutti una promessa di matrimonio con una donna di natali “tanto bassi” come era lei; e l’infrazione al codice è impensabile al punto che nessuno dei vicini che mormorano potrebbe supporre l’esistenza di un legame legale tra Violante e Didico.

Tanto l’onore è apparenza pubblica che anche la donna che ha deciso di cedere alle lusinghe amorose è ben attenta a difenderne le regole, proprio perché più esplicitamente, secondo l’osservazione maggiore o minore di queste, è giudicata, come affermerà la donna del geloso in confessione nella novella I,9:

“Io son donna di carne ed’ossa come l’altre, e veggendo che mio marito non s’è mai di me curato, mi sono proveduta a la meglio che ho potuto. E almeno fo io tanto che le cose mie sono secrete, ove quelle di mio marito sono favola del volgo, e che in broletto se ne parli, ma

66 “Voglio adunque, il vero con buon viso liberamente confessando, diffender la fama mia, a ciò che se

nessuno per il passato ha di me sinistra openione avuta, sappia ora certissimamente che io del signor Didaco Centiglia moglie vera sono stata e non bagascia. Mi basta che l’onor mio sia salvo, avvenga mò ciò che si voglia. Io, signor vicer é, questa notte passata, con l’aiuto di questa schiava che meco è, da la