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L’Amore come specchio della società

La ferrei rigidità di queste regole potrebbe far nascere dubbi sulla possibilità della genesi e dello sviluppo di una passione amorosa: ed infatti la conclusione cui portano le novelle amorose bandelliane, sulla scia di quello che lo stesso autore ossessivamente ripete è che la passione non dovrebbe esistere.

Agli occhi delle autorità religiose e laiche esistevano due tipi di comportamento sessuale, uno accettabile e l’altro riprovevole. Il primo, di cui già abbiamo disquisito abbaondantemente, era la sessualità coniugale ed era praticato in funzione della procreazione; il secondo, invece, era dominato dalla passione amorosa e dal piacere dei sensi, il suo esito era deforme o illegittimo.

La sensualità vista fino ad allora come una via di fuga dalla monotonia coniugale, divenne sempre più biasimevole entro i confini del matrimonio, dove era una minaccia non solo per la concezione contrattuale e controllata di affetto di coppia e per la buona salute della prole, qualora concepita nell’ardore di un eccesso di passione, ma anche per la capacità della coppia di amare Dio, quando fosse contaminata da un amore terreno piuttosto che spirituale.

Partendo da questa inquietante constatazione, Bandello si appresta ad osservare il fenomeno Amore non certo con animo partecipe, ma con la sicura tranquillità di chi non si

ciò che egli, a cui la mia fede è stata di poco prezzo, insieme con tutto il mondo conosca che io mai non commisi quella follia e sì vituperoso errore, di cui contra ogni ragione sono incolpata, a ciò che, se con questa infamia moro, in qualche tempo discolpata, resti. Godasi egli altra donna a cui Iddio l’ha destinato e lungamente seco viva in pace. A me di qui a poche ore quattro braccia di terra basteranno. Mio padre e mia madre e tutti i nostri amici e parenti in tanta pena abbino almeno questo poco di consolazione, che de l’Infamia che mi è apposta io sono innocentissima e piglino per testimonio la mia fede, la quale io dò loro, come ubidiente figliuola deve dare, chè maggior pegno nè testimonio al mondo non posso io al presente dare. E mi basti che innanzi al giusto tribunale di Cristo conosciuta sia di tale infamia innocente. E così a lui che me la diede raccomando l’anima mia, che desiosa d’ uscire di questo carcere terreno verso lui prende il camino. –Detto questo, fu tanta la grandezza del dolore che intorno al core se le inchiavò e sì fieramente lo strinse, che ella, volendo non so che più oltra dire, comminciò a perder la favella e balbutire parole mozze, che da nessuno erano intese, e tutto insieme se le sparse per ogni membro un sudor freddissimo, in modo che incrocicchiate le mani si lasciò andar per morta.” (I,22 Narra il signor Scipione Attellano come il Signor Timbreo di Cardona essendo col re Piero di Ragona in Messina si innamora di Fenicia Lionata, e i varii e fortunevoli accidenti che avvennero prima che per moglie la prendesse.)

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è fatto vincere dal «pestifero morbo»54 e guarda, quindi, con superiore distacco a coloro

che si sono lasciati andare in preda a quel demone; perché il rimedio a questa catastrofe è proprio nell’uso costante di quella razionalità che l’uomo si lascia sottrarre, per divenire schiavo della passione.55 La razionalità, bene supremo per Bandello, può essere assediata e messa in forse dalla più potente delle malattie mentali, l’Amore, che induce a compiere le peggiori stranezze sotto apparenza di comportamenti razionali.

«Infinite volte s’è veduto, letto e udito che amore, quando è in petto giovenile acceso, se non è col freno de la ragione moderato, induce spesso l’uomo a mille disordini e bene spesso a morte. Ed ancor che tutto ‘l dí accadino e si sappiano simili essempi, non resta perciò che la gioventú dietro ai sensi sviata, col fuggir la ragione, non segua quasi di continovo a volanti passi il cieco appetito».56

Nella lotta tra ragione e passione, ragione e desiderio, ragione e sensualità è sempre la prima che deve avere il sopravvento, facendo perciò abbandonare le ebbrezze e i fremiti del possesso e del desiderio in favore di una quieta e rasserenante tranquillità.

La soluzione del “problema amore” risiede, dunque, per Bandello, nell’abbandono degli eccessi, degli impeti e delle tempeste provocate dal cuore perché premonitori, sempre di conseguenze nocive, di irrazionalità di punti di non ritorno.

Ma una lettura continuativa e senza soste del novelliere bandelliano provoca un’impressione di ripetizioni e la sensazione, appena iniziato il racconto, di sapere come andrà a finire: il microcosmo del rapporto amoroso riflette il macrocosmo di una società che Bandello vorrebbe vedere inquadrata dentro schemi ben precisi e da cui non si possa uscire o sfuggire senza danno fisico e riprovazione della comunità. Il gioco dell’amore è specchio del gioco sociale e l’uno e l’altro interagiscono condizionati dalle medesime regole.

Gli eroi bandelliani aspirano ad un non «mal regolato amore»57, in cui il predominio della razionalità si imponga sull’influenza del sentimento. Non può destare meraviglia dunque, che il presupposto così fermamente rigido della ricerca di un amore che non implichi

54 Novella XXVI, parte II, Un frate minore con nuovo inganno prende d'una donna amoroso piacere, onde

ne séguita la morte di tre persone ed egli si fugge.

55 «Ci saranno poi di quelli che diranno che amore non sia potentissimo. Che amore non sia di estrema

possanza, chi sará che voglia dire? Veramente le sue forze sono assai piú maggiori di quello che noi possiamo imaginarci. Non si vede egli che tutto il dí amore fa certi effetti i più rari e mirabili del mondo e che vince il tutto? Però si suol dire che non si può amar a misura. Chè quando amor vuole, egli fa i regi, i prencipi e gli uomini nobilissimi di vilissime femine divenir non amatori, ma schiavi.», (I,26).

56 Parte I, Novella XXVII; Don Diego da la sua donna sprezzato va a starsi in una grotta, e come n'uscí. 57 Parte, Novella XXXVII Odoardo terzo, re d'Inghilterra, ama la figliuola d'un suo soggetto e la piglia per

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passione e di un sentimento “ragionevole”, possa portare unicamente alla ripetitiva monotonia narrativa, perché si presentano solo due tipi di scioglimento del racconto: da una parte una regolata, razionale, ponderata scelta che nulla concede all’improvvisazione, al gioco, al caso, dall’altra un perder l’intelletto e commettere pazzie immotivate (quando il rapporto è tra persona di pari condizione) o l’infierire contro se stessi o gli altri (quando le regole della società sono sovvertite).

Viene eliminata ogni abilità creata dall’intelletto per raggiungere l’oggetto del desiderio, il calcolo ardito per vincere la ritrosia dell’altro è fonte di biasimo, sparisce la giustificazione al gesto in sé illecito, ma motivato da circostanze esterne.

Bandello può solo cercare di percepire le cause contingenti che hanno portato alla violazione della norma, non certo giustificarle o trovare uno stimolo all’infrazione della regola dagli errori altrui.

Non credo sia difficile o azzardato ipotizzare da parte di Bandello il desiderio di trasposizione di una realtà così perfettamente regolata nel caos irrazionale della vita quotidiana.

Certo è che la realizzazione di una società strutturata in tal modo implicherebbe fondamentalmente un cambiamento della natura stessa degli uomini e soprattutto vorrebbe l’eliminazione della cieca violenza dei sentimenti: ed il narratore è convinto che quest’ultima condizione sia attuabile dall’uomo attraverso il dominio della ragione.

Sintomatico può essere avvalorare che il motore dell’ingranaggio della novella bandelliana sia molto spesso il caso, l’accidente e non la volontà umana.

In un altissimo numero le novelle di gelosia, con fine tragica, hanno il loro spunto iniziale nella coincidenza del caso che mette sull’avviso il patner, che si trova a poter usufruire del tempo (elemento chiave della beffa, dell’immaginazione e dell’intelligenza) e quindi tendere un tranello ai due colpevoli che, privati dall’etica del narratore della possibilità di unire beffa e salvazione, si trovano impediti a far fronte alla macchina ordita contro di loro. L’uomo e la donna bandelliani si trova quindi, molto spesso, impossibilitati nel superare le avventure e gli accidenti che gli intervengono, a dar vita a quel gioco di rappresentazioni, a quella lotta per il dominio dell’irrazionale che costruisce il presupposto indispensabile per l’esistenza stessa della novella tradizionale.

Sembra quasi che Bandello abbia intenzione, all’interno delle sue novelle, di inserire solo la dimensione del tempo reale, in cui è più facile, forse, che colui che infrange la regola non percepisca immediatamente la via di scampo e non venga posta come esemplare l’abilità nel trarsi d’impaccio; un tempo dominato da un caso assolutamente accidentale,

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non provocatore di intrighi dominabili con l’intelligenza, né, tanto meno, come interferenza di forze irrazionali nella vita umana.

Unica soluzione per l’uomo è non farsi trovare dal caso in situazioni che non lo vedano perfettamente in regola con i codici della società: nessuna trasgressione, nessun illecito, nessuna passione, pena una punizione dequalificante agli occhi di chi li circonda ed il fatto di stare sulla bocca di tutto il popolo.

L’iniziativa appartiene unicamente alle forze del caso, non agli uomini. Il caso, che all’interno delle narrazioni romanzesche è innescatore di grandi avvenimenti e destini, si risolve nell’atto puro e semplice, non consequenziale con ciò che avviene all’interno della novella, che non accetta il sovrapporsi di ciò che accade con l’intelligenza umana.

Nell’impossibilità, dunque, di superare vittoriosamente l’accadimento, deperisce e perde significato gran parte della trama della novella; inoltre nel momento in cui viene a mancare totalmente la trasgressione, automaticamente scompare la facoltà di riso che essa provoca. Le novelle di Bandello paradossalmente potrebbero chiudersi, quindi, nel momento stesso in cui è esposto l’argomento visto che l’intreccio e il gioco dell’intelligenza e del caso opportunamente sfruttato vengono programmaticamente cassati: elementi questi che costituiscono parte vitale della novella classica e permangono in misura molto alta all’interno della produzione boccacciana in cui l’intreccio nasce dall’intersecarsi delle varie fasi del racconto e in modo consequenziale porta in sé l’iter narrativo che di volta in volta lo caratterizza (cosa invece che nel Bandello segue i ritmi alterni del caso).

Ciò significa per il protagonista bandelliano l’impossibilità di sottrarsi all’incidenza del caso o al filtro messo in opera dai gruppi sociali determinanti che, attraverso il consenso loro dato dal narratore, provocano nel lettore un sentimento di riprovazione che è effetto opposto al riso dissacratorio generato dai consimili movimenti dell’eroe novellistico classico. L’elemento che doveva essere la causa del riso diventa fonte di pianto, provocando un’improvvisa e inaspettata caduta nella prevedibilità del quotidiano che l’atmosfera di scherzo doveva servire al allontanare momentaneamente.

Forse nell’amore per la regola e nella sua disperata ricerca si pone la maggiore attenzione- attrazione che un sentimento come l’amicizia assume per Bandello rispetto all’amore. L’amicizia è essenzialmente rispetto dell’altro, dei suoi gusti, dei suoi piaceri, è scelta razionale e voluta da affinità, non trascinamento irrazionale della passione, legame realizzato con libero intendimento, che prescinde da ogni coinvolgimento dei sensi e che rispetta ogni gerarchia.

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Dulcis in fundo, ad impedire la perfetta realizzazione dell’equilibrio che Bandello vede come basilare ad una società ben regolata si pone una forza irrazionale come l’amore, dirompente se non regolamentato, frutto il più delle volte di una passione incontrollabile di una donna.