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La tipologia delle situazioni femminili che emerge dalla lettura delle Novelle mostra, nella sua normalità, che la donna non ha alcuna identità o pratica alcuna attività professionale:

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ella si dedica al matrimonio, al suo uomo, alla sua famiglia, alla casa. Tutte le altre prospettive risultano inesistenti o molto eccezionali.

Tuttavia, il cortigiano letterato si sente costretto a fare delle eccezioni per le donne di esprit superieur, che diventano le giovani muse, e passano il loro tempo a leggere, comporre versi, cantare e accordare strumenti musicali.

Nella maggior parte dei casi, solo l’amore e il rapporto extra coniugale con un altro uomo, le consentono, in un numero significativo di casi, di sfuggire alla sua condizione domestica. Tuttavia, commettere adulterio comporta dei rischi a cui i personaggi delle novelle non sempre riescono a sfuggire.

Soggetta alla volontà altrui nella gestione del proprio corpo come nelle relazioni sociali, l’identità della donna svaniva nell’anonimato all’interno del vincolo coniugale: al controllo maschile faceva riscontro l’irrilevanza femminile.

La forma patriarcale di matrimonio, dove al governo del padre subentrava la figura del marito, si basava su un atteggiamento fondamentalmente negativo nei confronti della donna, essendovi sempre stata, nella civiltà occidentale, una forte tendenza misogina. Nel Rinascimento, il tema della misoginia, anziché indebolirsi, fiorì con il rigoglio caratteristico anche di altri aspetti del periodo: in un fiume di libri, poesie, pamphlet, troppo vasto per darne conto qui, gli autori attaccavano il sesso femminile e il loro ruolo all’interno dell’istituzione del matrimonio.

A parlare erano quasi sempre uomini che consideravano le donne come oggetti al tempo stesso spregevoli, terribili e ammaliatori. Gli attacchi contro il genere femminile erano sostenuti dall’apparato della cultura ufficiale: filosofica, legale, teologica, medica, che si appoggiava all’autorità delle Scritture e dei Padri, di Aristotele, Galeno e Tommaso d’Aquino.

Famiglia e casa appaiono, così, nelle Novelle le uniche aree che circoscrivono ed esauriscono praticamente le possibilità dell’attività femminile, anche nei racconti di adulterio, dove il misfatto avviene perlopiù quasi sempre sotto il tetto coniugale.

Come i suoi contemporanei, Bandello non concepisce la condizione della donna al di fuori della vita matrimoniale, ad eccezione degli stati pre o post matrimoniali della verginità giovanile o della vedovanza, nonché per le due categorie marginali di donna, quelle dedite alla vita religiosa o alle prostitute.

Al di fuori del matrimonio non c’era sessualità lecita; la scala ascendente dei crimini sessuali era definita in relazione al numero di infrazioni commesse contro le tre giustificazioni dei rapporti fisici autorizzati: l’obbligo della procreazione, la conformità

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alle leggi naturali e la concezione sacramentale del matrimonio. Un’infrazione di primo grado poteva essere la semplice fornicazione fra individui non sposati. Secondo l’età e la posizione sociale delle due parti in causa, la colpa poteva essere giudicata più o meno severamente. Lo stupro di una vergine, in genere, era considerato molto più grave di una vedova e, allo stesso modo, la minaccia di un’azione violenta, o una promessa di matrimonio da parte dell’uomo avrebbero costituito una circostanza attenuante in favore della donna.

Lo sfruttamento del personaggio della vergine, poi, riproposto con la letteratura della Controriforma, permette a Bandello di opporre all’eroismo la liceità e l’innocenza alla corruzione. Ma, le eroine vergini che vincono la doppia inferiorità di donne e bambine (e spesso anche di condizione plebea) per diventare modelli di virtù, costituiscono illustri eccezioni e alibi che confermano la regola generale meno idilliaca: rivelano la fragilità femminista del narratore.

Dopo una lettura attenta, poche sembrano essere le situazioni narrative nel Novelliere bandelliano in cui la donna non viene considerata al di fuori del vincolo matrimoniale. La condizione coniugale, il naturale scopo dell’essere donna, risulta a volte un’oasi di pace nella quale si chiudono i lunghi idilli romantici, il paziente ed eroico ascetismo delle vergini, altre volte ancora non è altro che una situazione di equilibrio iniziale da cui si sviluppano alcune parabole matrimoniali, dove le prove consistono nello stabilire la fedeltà della moglie e la forza della coppia, o, molto più frequentemente il matrimonio costituisce il punto di partenza degli innumerevoli casi di adulterio comico o tragico, esempi del carattere conflittuale, ma anche instabile di questa istituzione.

L’amore ha pertanto un’unica soluzione, una sola possibilità lecita, tranquillizzante, pacificante per la brama amorosa: il «santo» matrimonio47.

Alla fin fine il matrimonio per l’uomo del Cinquecento non era altro che un contratto in cui l’amore non è necessario o, se c’è, è assolutamente non previsto e comunque biasimevole e nocivo quando si presenta come passione, seppure all’interno della sua istituzionalizzazione.

47 “Fu del nostro signore Iddio, dopo la creazione del mondo e di tutto ciò che in esso si contiene, creato

lìuomo di terra, e de la sua costa fece Iddio la donna per compagna de l’uomo, e nel paradiso terrestre per modo matrimoniale fu tra lor dui celebrato il santo matrimonio. Il che ci dimostra, se noi non siamo più che cechi, esser questo sagramento di molta eccellenza e grandissimo mistero.” Da Matteo Bandello, Novelle, a cura di E. Menetti, p.553.

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Prima di stipulare questo contratto bisognava considera la famiglia, il censo, lo status, poi ci sarebbe stato spazio per l’innamoramento, con l’avvertenza di restare nell’ambito delle possibilità di un «ben regolato amore».48

Gli amori tra persone di diverso status sociale in cui i componenti della coppia hanno tenuto conto solo dell’affinità e dell’attrazione reciproche, tralasciando le differenze di classe, terminano senza alcun lieto fine. Si dimostra evidente quindi un fortissimo irrigidimento dato dalla necessità del rispetto della nascita, del sangue, nei confronti di ogni altro valore, sia pure etico o morale.

Mentre l’innamoramento può spessissimo avvenire tra persone di ceto diverso, il matrimonio è possibile unicamente tra appartenenti allo stesso grado; anche il solo farsi trascinare dall’amore per una persona che sia molto più bassa nella scala gerarchica dei valori sociali è atto talmente vergognoso da indurre chi lo compie a non avere neppure il coraggio di raccontarlo ad alcuno e, nei casi più estremi, a togliersi la vita per la vergogna di essere vittima di un amore tanto “basso”.

È il caso della storia della duchessa di Amalfi:

“Era la duchessa rimasa vedova molto giovane, e governava un figliuolo, che dal marito aveva generato, insieme con il ducato di Malfi. E ritrovandosi di poca etá, gagliarda e bella, e vivendo dilicatarnente, nè le parendo ben maritarsi e lasciar il figliuolo sotto altrui governo, si pensò di volersi trovare, s’esser poteva, qualche valoroso amante e con quello goder la sua gioventú. Ella vedeva molti così dei suoi sudditi come degli altri che le parevano costumati e gentili, e di tutti minutamente considerando le maniere e i modi non le parve veder nessuno che al suo maggiordomo si agguagliasse, perciò che nel vero egli era bellissimo uomo, grande e ben formato, con belli e leggiadri costumi e con la dote di molte parti vertuose. Onde di lui ardentemente s’innamorò, e di giorno in giorno pÌú lodandolo e le sue belle maniere commendando, di modo si senti esser di lui accesa, che senza vederlo e starsi seco non le pareva di poter vivere. […]. Il matrimonio loro stette molti anni segreto, nei quali quasi ogni notte insieme dormivano. E durando questa pratica con grandisimo piacer de le parti, la duchessa restò gravida e al tempo partorí un figliuol maschio, e sí bene si seppe governare che nessuno de la corte se n’accorse. Il Bologna fece il bambino con buona cura nodrire e al battesimo lo nomò Federico. Dopo questo, continuando la pratica loro amorosa, ella restò gravida la seconda volta e partorí una bellissima figliuolina. A questo secondo parto non si seppero sí celatamente far le cose che appo molti non fosse noto la duchessa esser stata gravida ed aver partorito. E mormorandosi di questa cosa variamente, il fatto pervenne a l’orecchie dei dui fratelli, cioè del cardinale di Ragona e d’un altro, i quali, avendo inteso la

48 Quando una amore si allontana dalla ragione per Bandello è un amore irregolato: “Così Dio ne guardi tutti

d’amare di questa maniera, perché in effetto tutte L’azioni nostre, come si discostano dal diritto de la ragione, non ponno esser buone, e per l’ordinario sempre la fine di quelle sarà cattiva, secondo che per mille esperienze tutto ‘l dí avvenir si vede. Ami dunque ciascuno temperatamente e il freno de la ragione mai non lasci in poter degli appetiti”,da I,44.

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sorella aver partorito, ma non sapendo chi fosse il padre, deliberarono non portar questa vergogna sugli occhi, e con gran diligenza cominciarono con molti mezzi a spiar ogn’atto ed ogni movimento che la duchessa faceva.[…] A la fine egli con grandissimo dolor de la moglie partí e, come aveva determinato, ordinate le cose sue, e la cura di quelle data un suo cugino germano, in Ancona si ridusse, ove condotta una onorevol casa cen onesta famiglia se ne viveva. Egli aveva seco condotti il figliuolo e la figliuola e quelli faceva con gran diligenza nodrire. La duchessa, che era la terza volta rimasta gravida e non poteva soffrire di viver senza il suo caro marito, se ne stava tanto di mala voglia che ella ne era per impazzire.E poi che più e piú volte ebbe pensato ai casi suoi, dubitando che se questo terzo parto fosse venuto a luce, che i fratelli non l’avessero fatto un male scherzo, deliberò piú tosto, andando a ritrovar il marito, con lui viver privata gentildonna, che senza quello rimaner con titolo di duchessa.”49

Il Bandello difensore e guardiamo della donna, diventa comprensivo del dramma che affligge la duchessa, vittima del suo ambiente meridionale, rigidamente ancorato ai pregiudizi e ai privilegi, e comincia a sognare una società rovesciata in cui le donne avrebbero fatto prevalere i sentimenti sulla violenza. Ma si tratta solo ed unicamente dell’utopia di un cortigiano che vuole compiacere al suo pubblico femminile.

In questa novella I, 26 Bandello esibisce con brutale precisione le conseguenze che nascono da un rapporto frutto dell’amore di una donna di rango superiore con un uomo a lei inferiore. Andare contro le regole del buon vivere civile può portare solo a una fine tragica per i protagonisti, alla condanna ed alla punizione dell’infrazione.

L’amore per un uomo socialmente inferiore obbliga dapprima la duchessa a tener segreto il matrimonio, perché è consapevole dell’impossibilità di far elevare al suo fianco un uomo non pari a lei per nascita. Quando poi le ragioni del sentimento prevalgono ed assistiamo al tentativo della donna di rinunciare alla proprie cariche per divenire unicamente una moglie allo stesso livello sociale del consorte, allora Bandello ci fa assistere alla violenza con cui si abbatte la punizione famigliare e sociale: ugualmente degno di riprovazione è rinunciare al proprio ruolo come sarebbe errato cercare di togliersi dal proprio stato per salire più in alto.50

49 Novella I,26, Il Signor Bologna sposa la duchessa di Malfi e tutti due sono ammazzati.

50 “Quelli che erano venuti per ammazzarlo presero la donna col picciolo figliuolino, con la figliuola e con

tutti gli altri. Il primo de la cavalcata, o che cosí avesse commissione dai signori fratelli de la donna, o che pur da se stesso si movesse per far men romore e a ciò che la donna senza gridi caminasse, le disse: – Signora duchessa, i signori vostri fratelli ci hanno mandati per condurvi nel Regno a casa vostra, a ciò che voi ripigliate un’altra volta il governo del signor duca vostro figliuolo e non andiate piú oggi qua, diman lá, ché il signor Antonio Bologna era uomo, poi che di voi fosse restato sazio, per lasciarvi priva d’ogni cosa e andarsene con Dio. State di buon animo e non vi pigliate fastidio di nulla. Parve che la donna a queste parole assai si acquetasse, e le pareva esser vero ciò che ella diceva che i fratelli contra lei e i figliuoli non incrudelirebono. E con questa credenza andò alcuni dí, fin che pervenne ad uno dei castelli del duca suo

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L’impossibilità dunque, nell’universo bandelliano, dello scambio dei ruoli e della mistione dei vari elementi che compongono la società fa cadere il presupposto basilare per la realizzazione di ogni beffa comica, che prevede alla base della sua struttura il sovvertimento delle parti.

La rigorosa necessità di rimanere fissi nel proprio ruolo, pena la perdita di quella posizione che è cardine e motore della vita sociale, impedisce la costruzione e la realizzazione della beffa incentrata sulla inversione dei ruoli.

La beffa bandelliana sarà solo punitiva, mai esclusivamente comica. Sparisce in questo modo in Bandello l’abilità del singolo nel destreggiarsi nelle varie situazioni e nel volgere a proprio favore l’avvenimento occasionale. L’uscire dal proprio rango è fonte di biasimo e quindi di rimprovero e di punizione, non di sorriso per l’abilità e la prontezza mediante la quale si cerca di conseguire una promozione sociale.

L’idea dell’amore che in Boccaccio era mezzo di riequilibrio fra nobiltà di sangue e quella di “gesta”, in Bandello è ulteriore strumento di divaricazione, metodo per sottolineare l’impossibilità di mistione tra i diversi strati della società.

Sulla stessa retta viaggia, sebbene si tratti di due situazioni completamente diverse, anche la novella di Cornelia e Antonello, protagonisti del racconto LIII della prima parte. Qui la gentildonna cerca la sua soddisfazione sessuale tra le robuste braccia di giovani e vigorosi villani.

Negli amori tra dame e contadini entra in gioco la gerarchia dei sessi e degli appetiti, qui l’alternanza tra corte e campagna si articola fino ad offrire un ricco campionario di diverse figure di donne.

. L’affermazione di un’amoralità come quella di Cornelia parte dalla condizione sociale di quest’ultima, moglie appena ventenne del dottor Giovanni Botticella. L’irruzione della fisicità di Antonello nell’economia del racconto implica un allargamento degli orizzonti performativi, poiché, come ha fatto notare Bragantini51 nei suoi studi sulle dinamiche della narrazione cinquecentesca, «per la realizzazione di un modulo novellistico una componente essenziale è rappresentata dal desiderio erotico e dall’ostacolo posto alla sua

figliuolo, ove come furono, ella con i piccioli suoi figliuolini e la cameriera furono sostenute e poste nel maschio de la ròcca. Quivi ciò che di lor quattro avvenisse non si seppe sí tosto. Tutti gli altri furono messi in libertá. Ma la donna con la cameriera e i dui figliuoli, come poi chiaramente si seppe, furono in quel torrione miseramente morti.” (I,26).

51 Bragantini R., Le vie del Racconto. Dal Decameron al Brancaleone, Liguori Editore, Napoli 2000, in part.

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soddisfazione». Qui, «l’abilità di giuntura di un artigiano scaltrito come Bandello» si configura proprio nella dimensione intensiva in cui si colloca la descrizione fisica di Antonello, villano del contado pavese presso Selvano:

Tra ’lavoratori uno ve n’ era giovine di circa ventisett’anni, assai grande di persona e, per contadino, appariscente di volto e ben costumato, e sovra ogn’altro gagliardo ed aiutante; il quale ancor che fosse scaltrito e sapesse benissimo il fatto suo, faceva nondimeno il sempliciotto e cosí mezzo il buffone. Egli soleva due volte almeno la settimana da la villa venir a Pavia e secondo la stagione dei tempi portar de le cose de la villa, ova, butiro, formaggio, pollastri, frutta e simil vivande. Era poi in casa del dottore per le sue piacevolezze generalmente da tutti ben veduto; né in casa mai stava indarno, perché ora spezzava legna, ora cavava acqua e simil altri servigi volentieri ed allegramente faceva; ed andava per tutta la casa di sotto ed anco di sopra ove voleva, senza che mai gli fosse detto nulla. […] Medesimamente madonna Cornelia si dilettava fargli dir de le cose de la villa. Onde veggendolo d’assai buon viso, gli gittò gli occhi adosso, e poi che con altri miglior mezzi non poteva a’ suoi bisogni soccorrere, conchiuse tra sé che questo fosse quello che secondo che lavorava a Selvano le possessioni del messere, lavorasse ancora a Pavia il suo orticello; e come prima venisse di villa, tentar la sua fortuna, avvenissene poi ciò che si volesse. Ella tanto era de la vita che col marito teneva mal contenta, che per poco ella averebbe nulla stimata la morte […]52

Il proficuo corredo anatomico del massaro o del castaldo non lascia indifferenti né inavvertite le donne di alta estrazione sociale.

La medesima disponibilità di Antonello ad acconsentire alle voglie di Cornelia serve al narratore per esprimere non solo l’abbattimento di steccati sociali, ma specialmente per dare un valore metaforico al contatto verbale tra il villano e la moglie del dotto legista, che precede il contatto fisico ed espone sin dai preliminari l’interrogatorio moralistico sul comportamento di Cornelia, colpevole non tanto di adulterio quanto piuttosto di disinvolta noncuranza per le differenze di ceto, provocando di conseguenza una fortissima ma deprecabile combinazione tra gente di ceti differenti.

“Madonna – rispose il contadino forte ridendo alla forza della villanesca […]. Voi m’intendete pure. Al corpo del pisciasangue, che io sì bene la contentarei del fatto mio che ella per un altro non mi baratteria. Io vi so dire che faccio di bello quando vi metto, e che non mi stracco così di leggero”

Più ancora delle metafore verbali allusivamente oscene, ciò che marca qui la negazione della civiltà cortese e che infrange i suoi modelli comportamentali è l’incontrollabilità del riso, a cui si abbandona anche la ricca Cornelia in un progressivo rafforzamento della

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tensione comica, col sostegno di un registro stilistico assai scaltrito nella distribuzione di mimetismi, fino a dar consistenza semantica alla risata della protagonista, come se fosse un’allegoria dell’orgasmo femminile:

“Ma ridendo ella e non cessando molestarlo, egli che si sentiva cresce roba a dosso, si levò in piedi e presa quella in braccio, la basciò due e tre volte, e poi le disse: - Se non mi lasciate star, io vi farò…starete pur a vedere. – Ella riscaldata sul fatto e che moriva di provarlo come egli era ben gagliardo nei bisogni de le donne, gli disse ridendo: - A la fè di Dio che ti vo’ far castrare.”

Non solo la differenza di nascita, però, può segnare una impossibilità di «lecita congiunzione» perché, anche se la nobiltà dei due innamorati è pari, la perdita del patrimonio da una delle due parti impedisce a due persone di contrarre un matrimonio approvato dalla società: vedi la novella XXII della prima parte, dove Fenicia morente afferma la propria consapevolezza di essere all’altezza del suo promesso sposo Timbreo per la nobiltà ed antichità di sangue, discendendo dalla più antica famiglia di Sicilia, ma sottolinea anche la coscienza di non essere pari a lui quanto a beni materiali. E se un uomo può arricchire e quindi, se nobile, aspirare ad un matrimonio con una fanciulla ben nata e dotata, la donna non potrà mai uscire dallo status in cui l’ha posta il padre.53

53 “Onde Fenicia, avendo ottimamente inteso quello che detto s’era, ripigliando alquanto di lena e veggendo

che per pietà di lei quasi tutte lagrimavano, con debol voce pregò tutte che s’acchetassero. Poi così languidamente disse: – Onorande madri e sorelle, rasciugate omai queste lagrime, perciò che a voi non giovano ed a me sono elle di nuova doglia cagione, e al caso occorso niente di profitto recano. Egli è così piacciuto a nostro signor Iddio e conviene aver pazienza. La doglia che io acerbissima sento e che mi va a poco a poco troncando lo stame de la vita, non è che sia repudiata, ancor che senza fine mi doglia; ma il