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Matteo Bandello è un sorprendente autore di duecentoquattordici novelle, riunite nei Quattro libri delle novelle, pubblicati, i primi tre, a Lucca nel 1554 e l’ultimo, postumo, a Lione nel 1573.

L’antologia proposta dall’autore è divisa, pertanto, in quattro parti, non numericamente omogenee: 59 dittici (nella prima e seconda parte), 68 (nella terza parte) e 28 (nella quarta parte).

La notorietà di queste novelle fu immediata e di vasta misura: basti pensare che già nel 1559 comparve a Parigi una traduzione parziale della raccolta, uscita a Lucca in tre parti solo cinque anni prima, e letta in tutta Europa, tanto che Shakespeare per il suo celebre Romeo e Giulietta si ispirò alla nona novella del secondo libro.

Il motivo principale di tale successo sta forse nel fatto che il tema al quale Bandello pare dedicarsi più spesso è la passione, ricercata in ogni sua possibile configurazione, soprattutto quella amorosa.

Sebbene sia grande la varietà di temi e registri di questi testi, dal tragico al grottesco, dal comico al farsesco, dall'osceno al patetico; si osserva, comunque, una certa predilezione per il genere erotico e per gli "amori sfortunati".

L’organizzazione strutturale del novelliere accoglie in modo speculare la molteplicità dei casi umani (la beffa, la controbeffa, gli amori felici e infelici, l’avventura e persino la critica rivolta a rappresentanti di certi ordini religiosi) e il mutevole susseguirsi di situazioni sempre diverse.

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La volontà di registrare, inoltre, nel novelliere l’enormità e la straordinarietà di un mondo senza misura viene rivelata chiaramente nella novella II,11, in cui lo scrittore traccia l’ampio la moralità della sua narrazione sulla base dello schema boccacciano:

Confesso io adunque molte delle mie novelle contener di questi e simili enormi e vituperosi peccati, secondo che gli uomini e le donne gli commettono; ma non confesso già che io meriti di essere biasimato. Biasimar si deveno e mostrare con il dito infame coloro che fanno questi errori, non chi gli scrive.

Sembra come se un campo magnetico attraesse il comico grottesco e il tragico orroroso, due temi opposti tra di loro. È il campo magnetico dell’abnorme, dello straordinario, del fatto «enorme» e tuttavia possibile, verosimile, forse anche vero ma al contempo del mirabile.

L’ istoria tragica così si accompagna e si oppone al suo rovesciamento, e se il comico risulta eccessivo e scandaloso nelle numerose manifestazioni basso-corporee, il suo contrario sarà un tragico dall’enormità inaudita e spaventosa.

L’esplosione degli istinti dei personaggi bandelliani, come fulcro del tragico assume nel XVI secolo una nuova connotazione pedagogica e moralistica. Questo stretto legame tra la storia tragica, tratta dalla storia vera, e il suo possibile insegnamento morale rispecchia il confronto tra una società rinascimentale, continuamente sottoposta a penosi conflitti e cambiamenti e la sua elitè intellettuale, concentrata nella costruzione di un mondo ideale, governato dalla ragione.

Il mondo bandelliano, come già accennato, è un mondo perlopiù malato, popolato da donne crudeli, ossessive e assassine, di uomini folli, malinconici, violenti contro se stessi e contro le loro donne. Si tratta di avvenimenti drammatici che stupiscono per l’inaspettato succedersi delle azioni e che, nello stesso tempo, destano pietà e terrore. Entra in gioco, così, un aspetto sostanziale della morfologia del narrare bandelliano: ed è quello dell’ambivalenza tra l’ethos umanistico e il pathos dei racconti.

Esiste, insomma, nelle Novelle un punto di rottura che rivela lo spaesamento dello scrittore nei confronti di un’umanità esposta alla vita, ignara della virtù ed estranea alla saggezza umanistica. Nel racconto dei personaggi tragici si misura la disillusione dell’umanista ed emerge la realtà vera o la «vera istoria».

Al di fuori dei circoli cortigiani scalpita, pertanto, una disumanità che assedia ferocemente le fortificazioni umanistiche. Bandello percepisce nelle profondità oscure dell’animo

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umano una crudeltà gratuita e inaudita che è anche cieco egoismo e sopraffazione del più forte sul più debole. La disumanità intesa come l’esatto opposto dell’humanitas, guadagna nella raccolta bandelliana uno spazio mentale più vasto e spaventoso.

Il senso della grande arte narrativa di Bandello è racchiuso nella sua capacità di proporre un'indagine psicologica sempre sottile e concreta, senza per questo rifiutarsi a notevoli aperture fiabesche e comiche o tragiche o all'improvviso oscene.40

L’interesse narrativo non è nel conforme, ma nel difforme; non è nella norma ma nello scarto. Bandello desidera raccontare e ricordare il carattere tragico, disonesto, orribile e patetico dell’esistenza umana. L’irrazionale e surreale convivenza degli opposti si registra anche nella contraddizione tra gli appelli alla moralità, espressi nelle dediche, e la ricerca per le novelle di soggetti altri, malvagi e lussuriosi.

Questo antagonismo tra il raccontare la morale e raccontare il mirabile si esercita in modo più evidente nei racconti più surreali e in quelli più eclatanti e violenti che suscitano pietà e orrore.

Lo scrittore tenta di stupire e commuovere con la descrizione dell’indicibile, dell’incomprensibile o del male assoluto. Appare, così, alle frontiere morali dell’umanesimo una dimensione altra, oscura, fantastico-orrorosa che egli non esita a testimoniare.

Tra dedica e novella si incontra pertanto l’inquietudine umana, letteraria e morale di uno scrittore che su imitazione dell’archetipo decameroniano vuole descrivere l’universo umano, ma che, al contempo, tenta di conservare, a volte senza riuscirvi, il senso della misura, che rappresenta il vero, ultimo confine dell’humanitas.

Ma, nonostante le lettere di dedica, nei disordinati frammenti narrativi delle Novelle emerge un’umanità livida, ossessiva, criminale, violenta; un’umanità che precipita nell’enormità delle azioni e che vive nei lacerti di vita, nelle zone oscure dell’animo, nei caratteri deboli, impauriti e follemente crudeli.

Anche l’universo femminile descritto nelle novelle tragiche è trascinato in questo vortice.41