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La storia dell’adulterio è la storia di una doppia morale secondo la quale le avventure extraconiugali degli uomini venivano tollerate, mentre non lo erano quelle delle donne. Una spiegazione di questa dicotomia si trova nel valore attribuito alla castità femminile nel contesto dello scambio matrimoniale di una società patriarcale e fondata sulla proprietà privata. La verginità era richiesta la prima notte di nozze, così come lo era la fedeltà coniugale in seguito, in modo da rendere certo il marito della legittimità degli eredi.

Tra le numerose figura di donne descritte da Bandello, l’adultera, con i suoi macchinosi inganni e il suo amaro risentimento verso un marito molto spesso ottuso e incompetente, costituisce una delle figure più interessanti dell’intera raccolta.

È interessante notare come nella rappresentazione del tradimento e della donna adultera la narrazione oscilli tra un divertito sorriso di comprensione verso gli sforzi per raggiungere uno scopo e un’insistenza dal tono moraleggiante sulla necessità per ogni donna di salvaguardare il proprio onore. Questa oscillazione è una delle caratteristiche più interessanti della narrazione di Bandello, e rispecchia, inoltre, i dibattiti del tempo sulla natura della donna e sul suo ruolo nella società, caratteristici di una cospicua parte della produzione letteraria rinascimentale.

L’adulterio veniva considerato come una normale pratica per il marito, questa permissività si riflette chiaramente nelle Novelle bandelliane, sebbene l’autore ha mosso più di una volta diverse critiche anche per i tradimenti degli uomini.

Certo, la donna non sposata o trascurata poteva trovare nell’infedeltà uno sbocco o un risarcimento per una frustrazione che era crudelmente prolungata. A tal riguardo, il matrimonio le procurava un certo grado di sicurezza sessuale, in quanto le conseguenze di

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una relazione fatale per una ragazza, potevano essere avallate dal marito, a condizione che non conoscesse l’infedeltà di sua moglie, o accettasse di chiudere gli occhi. Ma l’adulterio femminile ha continuato a suscitare una forte riprovazione da parte dei moralisti e dell’opinione pubblica.

Con l’introduzione narrativa del tema dell’infedeltà, la storia porta in primo piano molti elementi della condizione reale della donna del suo tempo. Più di una volta Bandello menziona la minaccia di morte di molte adultere, soprattutto quando i mariti diventano i loro stessi boia, facendosi giustizia da soli. Più numerose sono, invece, le situazioni nelle quali l’autore mette in luce la stretta sorveglianza, lo spionaggio, la reclusione delle mogli da parte dei mariti gelosi.

È interessante notare come Bandello durante la narrazione non sembra volersi concentrare dal mettere in guardia le donne sulla necessità di autocontrollo e continenza da parte loro. In molti prologhi alle Novelle, al contrario, pare ansioso di dimostrare la propria comprensione verso le esigenze sessuali del genere femminile, anche quando è intento a sottolinearne i difetti o a esprimere dubbi sulla natura della donna. L’unica eccezione, in questo senso, è rappresentata da alcune donne, quelle che si abbandonano completamente ai propri «smodati appetiti» e che costituiscono il principale obiettivo polemico di Bandello.

Nonostante la reputazione di galanteria che l’autore ha acquisito, l’infedeltà delle donne provoca un’assoluta indulgenza, come è quasi sempre il caso di Boccaccio, che è molto più solidale con il peccato dell’amore. Per l’appunto, il principale modello utilizzato da Bandello nell’affrontare il tema dell’adulterio è il Decameron: con la possibilità dunque di utilizzare i clichè della donna scaltra e del marito geloso che viene truffato.

Molti studi critici hanno insistito sulla generale importanza dell’opera boccacciana come fonte per la produzione novellistica di Bandello, che ne ha ripreso e imitato numerosi temi e situazioni a cui ha, al contempo, dato diverse sfumature di significato.

Il nostro autore è però, troppo penetrato dalla dottrina del peccato originale e da quella neoplatonica che si oppongono all’amore sensuale e all’amore razionale, per considerare che la natura può essere buona e la carne senza perdono. Quindi, sebbene l’adulterio si diffonda rapidamente senza alcuna impunità, in un gran numero di novelle, le infedeltà di alcune donne vengono severamente condannate e punite.

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La critica che Bandello riserva all’adulterio femminile ha un’interessante parallelo nel terzo libro del Cortegiano82, dove Giuliano de’ Medici replica al discorso di Gasparo

Pallavicino sui rischi dell’incontrollabilità della natura, tirando in ballo l’iniquità della tolleranza sociale del solo adulterio maschile.

82 “XIV-E perché voi diceste che intento della natura è sempre di produr le cose piú perfette e però, s’ella

potesse, sempre produria l’omo, e che il produr la donna è piú presto errore o diffetto della natura che intenzione, rispondo che questo totalmente si nega; né so come possiate dire che la natura non intenda produr le donne, senza le quali la specie umana conservar non si po, di che piú che d’ogni altra cosa è desiderosa essa natura. Perciò col mezzo di questa compagnia di maschio e di femina produce i figlioli, i quali rendono i benefici ricevuti in puerizia ai padri già vecchi, perché gli nutriscono, poi gli rinovano col generar essi ancor altri figlioli, dai quali aspettano in vecchiezza ricever quello, che essendo giovani ai padri hanno prestato; onde la natura, quasi tornando in circulo, adempie la eternità ed in tal modo dona la immortalità ai mortali. Essendo adunque a questo tanto necessaria la donna quanto l’omo, non vedo per qual causa l’una sia fatta a caso piú che l’altro. È ben vero che la natura intende sempre produr le cose piú perfette e però intende produr l’omo in specie sua, ma non piú maschio che femina; anzi, se sempre producesse maschio, faria una imperfezione; perché come del corpo e dell’anima risulta un composito piú nobile che le sue parti, che è l’omo, cosí della compagnia di maschio e di femina risulta un composito conservativo della specie umaria, senza il quale le parti si destruiriano. E però maschio e femina da natura son sempre insieme, né po esser l’un senza l’altro; cosí quello non si dee chiamar maschio che non ha la femina, secondo la diffinizione dell’uno e dell’altro; né femina quella che non ha maschio. E perché un sesso solo dimostra imperfezione, attribuiscono gli antichi teologi l’uno e l’altro a Dio: onde Orfeo disse che Iove era maschio e femina; e leggesi nella Sacra Scrittura che Dio formò gli omini maschio e femina a sua similitudine, e spesso i poeti, parlando dei dèi, confondono il sesso –.

XV.-Allora il signor Gasparo, – Io non vorrei, – disse, –che noi entrassimo in tali suttilità, perché queste donne non c’intenderanno; e benché io vi risponda con ottime ragioni, esse crederanno, o almen mostraranno di credere, ch’io abbia il torto, e súbito daranno la sentenzia a suo modo. Pur, poiché noi vi siamo entrati, dirò questo solo che, come sapete essere opinion d’omini sapientissimi, l’omo s’assimiglia alla forma, la donna alla materia; e però, cosí come la forma è piú perfetta che la materia, anzi le dà l’essere, cosí l’omo è piú perfetto assai che la donna. E ricordomi aver già udito che un gran filosofo in certi suoi Problemi dice: «Onde è che naturalmente la donna ama sempre quell’omo che è stato il primo a ricever da lei amorosi piaceri? e per contrario l’omo ha in odio quella donna che è stata la prima a congiungersi in tal modo con lui?» e suggiungendo la causa afferma, questo essere perché in tal atto la donna riceve dall’omo perfezione e l’omo dalla donna imperfezione; e però ognun ama naturalmente quella cosa che lo fa perfetto ed odia quella che lo fa imperfetto. Ed oltre a ciò grande

argumento della perfezion dell’omo e della imperfezion della donna è che universalmente ogni donna desidera esser omo, per un certo instinto di natura, che le insegna desiderar la sua perfezione –.

XVI.- Rispose súbito il Magnifico Iuliano: – Le meschine non desiderano l’esser omo per farsi piú perfette, ma per aver libertà e fuggir quel dominio che gli omini si hanno vendicato sopra esse per sua propria autorità. E la similitudine che voi date della materia e forma non si confà in ogni cosa; perché non cosí è fatta perfetta la donna dall’omo, come la materia dalla forma; perché la materia riceve l’essere dalla forma e senza essa star non po, anzi quanto piú di materia hanno le forme, tanto piú hanno d’imperfezione, e separate da essa son perfettissime; ma la donna non riceve lo essere dall’omo, anzi cosí come essa è fatta perfetta da lui, essa ancor fa perfetto lui; onde l’una e l’altro insieme vengono a generare, la qual cosa far non possono alcun di loro per se stessi. La causa poi dell’amor perpetuo della donna verso ’l primo con cui sia stata e dell’odio dell’omo verso la prima donna, non darò io già a quello che dà il vostro filosofo ne’suoi Problemi, ma alla fermezza e stabilità della donna ed alla instabilità dell’omo; né senza ragion naturale, perché essendo il maschio calido, naturalmente da quella qualità piglia la leggerezza, il moto e la instabilità; e per contrario, la donna dalla frigidità, la quiete e gravitàferma e piú fisse impressioni –.” Da Cian V.( a cura di), Il libro del Cortegiano del conte Badesar Castiglione, Sansoni, Firenze 1947, pp.312- 315.

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In un modo simile, come ha sottolineato Fiorato83, Bandello sembra volere dare

all’adulterio maschile e femminile lo stesso peso. Ma il nostro autore si spinge un passo avanti rispetto a Castiglione nel presentare l’adulterio femminile come inevitabile diretta conseguenza dell’adulterio maschile.

Ispirate più spesso dalla storia e dagli eventi attuali, che forniscono esempi vicini alla vita di tutti i giorni e, di conseguenza, più realistici e diversificati, le novelle di Bandello apportano all’adulterio femminile una varietà di soluzioni drammatiche e morali. La stretta relazione che il suo racconto ha con la realtà fa in modo che la responsabilità dello svolgimento della narrazione sfugga in gran parte all’autore, che tuttavia rimane pienamente responsabile per la scelta dei soggetti e l’interpretazione drammatica e didattica che lui nè da.