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L'AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA E LE PROCEDURE DI AMMISSIONE DEI RICERCATOR

2. LA DIRETTIVA 2005/71/C E SULL'INGRESSO E LA MOBILITA‟ DEI RICERCATORI NELL‟UE

2.1. L'AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA DIRETTIVA E LE PROCEDURE DI AMMISSIONE DEI RICERCATOR

Sul versante soggettivo, costituisce un presupposto di applicabilità della direttiva 2005/71/Ce la circostanza che il soggetto interessato a svolgere un progetto di ricerca nel territorio di un Paese membro sia un cittadino di paese terzo che intenda recarsi nel territorio di uno Stato membro per svolgere un progetto di ricerca.

Risultano, viceversa, esclusi dal novero di beneficiari della stessa coloro che si avvalgono di un regime di protezione internazionale o temporanea; coloro che chiedano di soggiornare come studente, secondo la definizione datane dalla dir. 2004/114/Ce, al fine di svolgere attività di ricerca per il conseguimento di un dottorato; coloro che risultino destinatari di un provvedimento di espulsione la cui circolato all‟interno dell‟Unione (ovverosia che abbia soggiornato e lavorato regolarmente in almeno due Stati memb ri), dovendosi, in alternativa, parlare d i “situazione puramente interna”, con conseguente inoperatività, tra l'a ltro, del principio d i parità di tratta mento nel caso ci si t rovi in una situazione priva di collega menti t ra più stati. Si v. Cgce, 11 ottobre 2001, cause riunite da C- 95/ 99 a C-98/99 e C-180/ 1999, Mervet Khalil e altri, in Racc., 2001, I, p. 7413, pt. 72. Sulla disciplina co munitaria d i coordina mento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale v. a lmeno: Giubboni, Problemi applicativi del regolamento n. 1408/1971 in tema di parità di trattamento

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esecuzione è stata sospesa per motivi di fatto o di diritto e, infine, coloro che siano ricercatori che un istituto di ricerca assegna ad un istituto di ricerca sito in uno Stato membro differente.

Il fulcro regolativo attorno a cui risultano imperniate le disposizioni contenute nella direttiva è la procedura di ammissione dei ricercatori che si caratterizza per una peculiare responsabilizzazione degli istituti di ricerca tesa, di fatto, ad alleggerire l'iter procedurale che sovrintende l'ingresso e la mobilità dei medesimi. Per un verso, la procedura in commento conferma il fatto che “l'autotutela statale (…) non si arresta alla tutela della dimensione quantitativa del mercato del lavoro ma si manifesta come difesa della sua composizione”329, ma prevede anche un controllo qualitativo della manodopera esterna realizzato mediante la scansione temporale visto, permesso di soggiorno e permesso o autorizzazione al lavoro330. Dall‟altro, pur preservando i tratti essenziali della disciplina di governo del fenomeno migratorio posta a cavallo tra ordine pubblico e governo del lavoro che taluno in dottrina non ha esitato a definire 'bifronte'331, il meccanismo ideato del legislatore europeo per i ricercatori altera in parte la citata sequenza.

L'iter di concessione del permesso prevede, a monte, il rilascio di un'autorizzazione amministrativa di durata minima quinquennale volto a consentire agli istituti di ricerca pubblici o privati che ne facciano richiesta e soddisfino i requisiti descritti dall'art. 5 della direttiva, la conclusione di convenzioni di accoglienza direttamente con i ricercatori.

Le convenzioni devono essere idonee a garantire, al contempo, l'interesse scientifico della ricerca, la sua attitudine a condurre a termine le ricerche previste e le condizioni, in particolare d'ordine finanziario, nelle quali queste si svolgerebbero sollevando, seppur senza estrometterle, le autorità statali

329Veneziani, Il “popolo degli immigrati e il diritto al lavoro”.., c it., p. 530.

330A fronte dell‟adozione della direttiva 2011/98/Ue risalente al 13 dicembre 2011, gli Stati

dovranno peraltro semplificare le norme a mmin istrative di rilascio dei permessi istituendo una procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno che il permesso di lavoro in un unico atto ammin istrativo.

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competenti in materia di immigrazione dall'onere di verificare la credibilità del progetto332.

La facoltà degli istituti di ricerca preliminarmente autorizzati di perfezionare dette convenzioni rappresenta, come accennato poc‟anzi, l'escamotage giuridico ideato dal legislatore europeo per snellire le procedure statali che sovrintendono gli ingressi degli 'altri' e consentire di conseguenze il raggiungimento degli obiettivi economici europei sotto entrambi i profili, qualitativo (high qualified workers) e quantitativo (ovvero, raggiungere le 700.000 presenze entro il 2010).

Resta inteso, peraltro, che la procedura di ammissione delineata nel capo II della direttiva, conformandosi alla tradizionale ripartizione delle competenze tra Stati ed Unione in materia di immigrazione, non pregiudica le prerogative delle autorità statali in tema di determinazione della densità delle presenze straniere sul proprio territorio.

In primis, perché rilevanti spazi di manovra vengono riservati ai Paesi membri per quel che riguarda il rifiuto o la revoca dell'autorizzazione e in merito alle conseguenze spiegate da tali atti sulla validità dei permessi di soggiorno rilasciati ai cittadini stranieri.

Nondimeno, in ragione del fatto che l'intervento degli Stati risulta tuttora cruciale nell'ottica della regolazione degli ingressi, atteso che ai medesimi sono rimesse le decisioni sul rilascio (o il diniego) del permesso di soggiorno previa attenta verifica della documentazione esibita dal ricercatore all'atto dell'ingresso – comprensiva di documento di viaggio, convenzione di accoglienza, dichiarazione di presa incarico rilasciata dall'istituto di ricerca – nonché lo svolgimento di tutte

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Tra le condizioni richieste dall'art. 6 per la positiva conclusione di una convenzione di accoglienza figurano: l'approvazione del progetto di ricerca da parte degli organi competenti dell'istituto previa verifica dell'oggetto della rice rca, della durata e della d isponibilità delle risorse finanziarie necessarie per la rea lizza zione e dei t itoli del ricercatore ; la disponibilità in capo al ricercatore di risorse mensili suffic ienti per far fronte alle necessità e alle spese di viaggio di ritorno senza gravare sul sistema di assistenza sociale dello stato di accoglien za; il possesso di un'assicurazione ma lattia per tutti i rischi normalmente coperti per i cittadini dello stato me mbro interessato; la specificazione del rapporto giuridico e delle condizioni di lavoro dei ricercatori. E' peraltro riconosciuta agli stati me mbri la facoltà di pretendere che a seguito d ella sottoscrizione della convenzione, l'istituto rilasci una dichiara zione di presa in carico delle spese di soggiorno e di ritorno del ricercatore rimasto irregola rmente presente sul territorio.

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le indagini volte a comprovare che il ricercatore non costituisce una minaccia per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sanità pubblica (art. 7, pt. 1, lett d). Non meno significativamente, la direttiva salvaguarda la facoltà degli attori nazionali di verificare i termini su cui si è basata ed è stata conclusa la convenzione di accoglienza, con evidente compressione dei margini di autonomia realmente riconosciuti agli enti di ricerca.

Infine, fa sempre capo agli Stati membri il potere di revocare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno in caso di acquisizione fraudolenta dello stesso, mancato soddisfacimento (ab origine o sopravvenuto) delle condizioni previste dagli artt. 6 e 7 per il soggiorno ovvero per motivi di ordine pubblico e pubblica sicurezza.

A differenza della direttiva 2004/114/Ce, l‟atto normativo in commento prende in considerazione le problematiche afferenti la necessità di garantire l'unità familiare del ricercatore riconosciuta, sulla falsariga delle indicazioni provenienti dalle aule di giustizia lussemburghesi, quale indispensabile incentivo alla mobilità333, sebbene occupandosi esclusivamente degli aspetti correlati al rilascio del permesso di soggiorno ai componenti del nucleo familiare del ricercatore334. Gli aspetti, ben più rilevanti sul piano della garanzia dell'effettivo esercizio del diritto di mobilità, connessi all'individuazione di un nucleo basilare di diritti da riconoscere ai familiari ammessi sul territorio al seguito del ricercatore nello Stato membro di accoglienza, sembrano essere stati completamente trascurati dal legislatore europeo.

Ciò posto, permangono ulteriori nodi teorici da sciogliere. Scorrendo la disposizione dedicata ai familiari del ricercatore, vi è chi si è chiesto se la mancata esplicita configurazione del ricongiungimento in termini di 'diritto fondamentale' del ricercatore possa spingersi sino a condizionare in negativo la decisione dello stesso di stabilirsi in Europa.

333Infra § cap. 2, parte seconda.

334Ai sensi dell'art. 9 il permesso di soggiorno dei me mbri della fa miglia del ricercatore è di durata

pari a quello del titolo rilasciato al ricercatore, “sempre che il periodo di valid ità del loro documento di viaggio lo consenta”.

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Ciò potrebbe accadere, in ipotesi, nel caso in cui si ritenesse di applicare a tale fattispecie la normativa particolarmente restrittiva prevista in materia di ricongiungimento familiare dalla dir. 2003/86/Ce. Analogamente, a fronte della decisione dello Stato di applicare norme nazionali deteriori allorquando esso non ritenga sufficientemente fondate le aspettative del ricercatore di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile ai sensi di quanto previsto dagli artt. 3, pt. 1 e 8 della direttiva335.

D‟altra parte, ci si è interrogati sulla possibilità di ritenere ammissibile che la direttiva sui ricercatori e quella sui soggiornanti di lungo periodo interferiscano e si condizionino reciprocamente.

A rendere „desiderabile‟ per il ricercatore l'ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo potrebbero essere le disposizioni, ben più generose (se si eccettua la previsione di cui all'art. 12, lett. c), in materia di accesso al sistema di sicurezza sociale), dettate in materia di parità di trattamento tra i soggiornanti di lunga durata ed in materia di ricongiungimento familiare nel secondo Stato membro.

Mentre il possessore di un permesso di soggiorno di lunga durata potrebbe trarre indubbi vantaggi dall'applicazione dalle regole sulla mobilità secondaria stabilite dalla dir. 2005/71 rispetto a quelle contenute nella direttiva sui lungo soggiornanti.

Ciò perché, come si vedrà fra breve, le prime prefigurano in capo al ricercatore un diritto di circolazione che sebbene condizionato dallo svolgimento della (medesima) attività di ricerca e dal perdurante soddisfacimento delle condizioni tecnico- finanziarie richiamate dagli artt. 6 e 7 della direttiva, non sembra essere comprimibile discrezionalmente dagli Stati membri.

Viceversa, l'impianto normativo della direttiva 2003/109 consente ai Paesi membri di introdurre condizioni di carattere quantitativo in grado di restringere o, comunque, disincentivare considerevolmente il numero delle persone interessate (d)agli spostamenti.

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Sebbene in astratto appaia senz'altro preferibile ammettere la parziale sovrapponibilità tra gli status connessi al titolo di soggiorno vantato dal cittadino di paese terzo, al momento la dottrina è concorde nel ritenere che tale opzione sia da escludere, data l'assenza di disposizioni di raccordo modellate sulla falsariga di quelle contenute nella direttiva 2009/50 sui lavoratori altamente qualificati336. Con riferimento, poi, al fascio di diritti riconosciuti in seno alla direttiva ai destinatari della stessa, l'art. 12 sancisce l'operatività del principio di parità di trattamento con riconoscimento dei diplomi, dei certificati e degli altri titoli professionali, in materia di condizioni di lavoro – ivi comprese le condizioni di retribuzione e licenziamento nonché, come anticipato, l'estensione del raggio di applicazione del reg. 1408/71 anche alle situazioni puramente interne.

Ulteriori garanzie di parità di trattamento sono prescritte nella norma con riferimento alle agevolazioni fiscali e all'accesso ai beni e ai servizi.

Facendo un passo indietro e soffermandoci sulle possibilità di accesso al mercato del lavoro riconosciute ai ricercatori conviene rilevare come il riconoscimento in capo a tali soggetti del diritto di accedere all‟insegnamento in conformità alle singole regolamentazioni nazio nali, sia stata riconosciuta agli Stati membri la possibilità di “fissare un numero massimo di ore o giorni di insegnamento”. Restano, inoltre, tutte da misurare anche le conseguenze correlate all'intreccio della previsione, come visto più restrittiva, contenuta nell'art. 11 con quelle inerenti l'accesso al mercato del lavoro contenute nella direttiva 2003/109.

Considerato che a fronte del mancato inserimento in entrambi i testi normativi di clausole derogatorie espresse la dottrina tende a ritenerle comple mentari 337, appare preferibile ritenere che il ricercatore che abbia ottenuto il riconoscimento del titolo di soggiornante di lungo periodo possa esercitare attività lavorative 'altre' rispetto all'insegnamento in conformità al disposto di cui all'art. 11, pt. 1,

336Iglesias Sanchez, Mobility Rights of Third Country Nationals in the EU, c it., pp. 801-802. 337Peers, Rogers, EU Immigration..., cit., pp. 686-687. Gli studiosi indagano anche le possibili

interferen ze tra la direttiva in esa me e l'Accordo di associazione Ue/Turchia. Tale prospettazione appare corroborata in via analogica dall'esplic ita a mmissione nella direttiva 2009/50/Ce re lativa alle condizioni di ingresso e dei soggiorno dei lavoratori a lta mente qualificati della comple mentarietà tra ta le s tatus e quello di soggiornante di lungo periodo.

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lett. a), della direttiva 2003/109 che stabilisce un diritto alla parità di trattamento tra i lungo soggiornanti e i cittadini nazionali per quel che riguarda l'accesso ad un'attività lavorativa subordinata o autonoma.