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2. LA DISCIPLINA EUROPEA IN MATERIA DI RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE

2.2. I DIRITTI DEI FAMILIARI RICONGIUNTI CITTADINI DI PAESI TERZ

La mappatura dei diritti riconosciuti ai familiari ricongiunti nel te rritorio dello Stato membro ospitante deve necessariamente prendere le mosse da alcune considerazioni di ordine generale.

Da un lato, è indispensabile premettere che il riconoscimento ai familiari ricongiunti di un insieme multiforme di diritti e in particolare del diritto al lavoro, risponde primariamente ad un‟esigenza di integrazione dinamica nel tessuto socio- economico dello stato dell'intero nucleo familiare180.

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L'art. 4 bis, co. I, de l tu immigra zione, così co me mod ificato dalla legge 94/ 09, definisce l'integrazione quale “processo finalizzato a pro muovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, ne l rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il rec iproco impegno a partecipare alla v ita economica, sociale e cultura le della società”, in una prospettiva che taluno ha definito “dinamica e bidirezionale”. Peccato, però, che nel comma successivo venga operata una sorta di (dis)torsione del concetto in questione che “tramuta diritti sociali (o almeno finalità pubbliche ce richiedono attuazione legislat iva) in obblighi pesantemente sanzionati a carico dello straniero (per le conseguenze sul permesso di soggiorno) e che scarica sullo straniero tutti g li oneri del processo di integrazione, posto che all'attuazione d el sistema dell'accordo di integrazione si dovrà provvedere nell'a mb ito delle risorse umane strumentali e finanzia rie disponibili a

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Dall‟altro, è altrettanto indispensabile sottolineare come il perseguimento di tale obiettivo in relazione ai cittadini di paesi terzi familiari di migranti privi della cittadinanza di uno Stato membro risenta con tutta evidenza dei compromessi istituzionali che governano la politica europea in materia di immigrazione e che hanno comportato un repentino ridimensionamento della promessa di un trattamento equivalente rispetto a quello assicurato ai cittadini dell'Unione paventata nel corso del Consiglio europeo di Tampere.

Il capo VI della direttiva in materia di ricongiungimento stabilisce agevolazioni nel rilascio dei visti, il rilascio di un primo permesso di soggiorno avente validità di almeno un anno181 e il diritto del familiare di accedere a condizioni analoghe a quelle del soggiornante e all'istruzione, all'esercizio di un'attività lavorativa subordinata o autonoma nonché all'orientamento, alla formazione, al perfezionamento e all'aggiornamento professionale182.

Il tenore letterale della norma da ultimo citata non lascia adito a dubbi: la parità di trattamento di cui gode il familiare ha natura derivata, giacché risulta appiattita sulla tipologia di trattamento riservato al soggetto con cui si è stati ricongiunti sul territorio, almeno fino al momento dell‟acquisizione di uno status autonomo183

. Sulla falsariga delle previsioni corrispondenti, ancorché più generose, dedicate ai familiari dei cittadini dell'Unione nella direttiva 2004/38 che, come detto, ha recepito e sistematizzato i dicta frutto di un laborioso percorso di elaborazione

legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. In tal senso, Pezzini,

Lo statuto costituzionale del non cittadino. I diritti sociali, Rela zione al Convegno annuale 2009

dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti, su www.associazionedeicostituzionalisti.it, pp. 25- 26.

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La portata della disposizione di cui all'a rt. 13, pt 2, della direttiva è contraddetta dalla disposizione immediatamente successiva che stabilisce che “il periodo di valid ità dei permessi di soggiorno concessi al fa milia ri o a i fa miliari non può in linea di principio andare o ltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante”. La Co mmissione, nella più volte richia mata re la zione sull'imp le mentazione della direttiva in te ma di ricongiungimento (COM(2008) 610, def., p. 14), ha riconosciuto natura prevalente all'art. 13, pt. 3, ava llando per ta le via le interpreta zioni statali tese ad allineare la durata del permesso del familiare con quella del proprio congiunto titolare del permesso di soggiorno di durata inferio re all'anno.

182Art. 14.

183Oosterom-Staples,The Fa mily Reunification..., c it., osserva che “the final te xt reflects the

opposition of many Member States to linking the principle of equal treatment to EU citizens” (p. 479).

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giurisprudenziale, i familiari dei cittadini di paesi terzi godono, cioè, di uno statuto ancillare rispetto a quello del proprio familiare.

Lo status in questione è peraltro suscettibile di emancipazione a mano a mano che il rapporto del familiare ricongiunto con lo Stato di accoglienza si consolida. In omaggio all‟accennato principio di integrazione progressiva, entro un periodo massimo di cinque anni, gli Stati sono tenuti a rilasciare al coniuge, al partner non coniugato o al figlio divenuto maggiorenne un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del familiare ricongiunto.

Con specifico riguardo all'ingresso nel mondo del lavoro dei familiari, lungi dal potersi configurare tale diritto in termini di assolutezza, sono invece ipotizzabili tre situazioni modulate alla stregua dei diritti riconosciuti al tito lare del diritto di soggiorno: nessun accesso, accesso unicamente con permesso di lavoro (con o senza periodo di prova sul mercato del lavoro) o libero accesso al mercato del lavoro.

Nel tentativo di ricondurre in modo ancora più marcato sotto l'egida del controllo statale l'ingresso nel mondo del lavoro dei familiari stranieri di cittadini di paesi terzi, nel testo finale della direttiva sono state inserite due clausole facoltative che permettono agli Stati di apporre limitazioni di altro genere all'esercizio di tale facoltà.

In base alla disposizione contenuta nell'art. 14, pt. 2, gli Stati membri possono limitare l'accesso al mercato del lavoro dei soggetti ricongiunti stabilendo un termine non superiore ai dodici mesi durante il quale possono riservars i di valutare la situazione del proprio mercato del lavoro prima di autorizzare tali soggetti all'esercizio di un'attività indipendente o autonoma184.

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La Co mmissione ha interpretato in termin i parzialmente diversi la disposizione in questione, sostenendo che “sulla base della clausola facoltativa di cui al paragrafo 2, gli Stati memb ri possono limitare l'accesso al mercato del lavoro rendendolo subordinato a un periodo di prova sul mercato del lavoro durante i primi 12 mesi” e ritenendo, di conseguenza, incompatibili con la direttiva quelle disposizioni nazionali che permettono la co mp leta esclusione di alcune categorie di fa miliari da l me rcato del lavoro durante il primo anno successivo all'a mmissione. L'interpretazione della norma fornita dalla Co mmissione pare diffic ilmente compatibile col tenore letterale della stessa, sicché in linea di princ ipio sembrano potersi ammettere interpreta zioni estensive del potere di controllo degli accessi al mondo del lavoro riconosciuto agli Stati me mb ri.

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Da parte sua l'art. 14, pt. 3, della direttiva stabilisce in modo alquanto generico che gli Stati membri possono “limitare l'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o ad un'attività autonoma da parte degli ascendenti diretti di primo grado e dei figli maggiorenni non coniugati di cui all'art. 4, pt. 2”.

Si noti, infine, come all'interno del framework normativo deputato a sorreggere la ricomposizione del nucleo familiare del cittadino migrante non trovi spazio la disciplina relativa all'attribuzione di diritti di circolazione sul territorio in capo al soggetto ricongiunto.

Nel silenzio della normativa appare senz'altro preferibile accedere all'interpretazione dottrinale che ritiene applicabili in via analogica a tali soggetti le regole che governano la mobilità dei familiari cui sono stati ricongiunti185. Decorso il termine massimo quinquennale previsto dall'ar t. 15 della direttiva il familiare ricongiunto acquisirà peraltro uno statuto autonomo anche ai predetti fini della mobilità.