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LA DIRETTIVA 2011/98/UE RELATIVA AD UNA PROCEDURA DI RILASCIO DI UN PERMESSO UNICO DI SOGGIORNO/LA VORO

1. L'EUROPA E LA MIGRAZIONE PER MOTIVI DI LAVORO.

1.3. LA DIRETTIVA 2011/98/UE RELATIVA AD UNA PROCEDURA DI RILASCIO DI UN PERMESSO UNICO DI SOGGIORNO/LA VORO

Invitati dal Consiglio europeo in occasione della redazione del programma di Stoccolma a portare avanti il piano sull'immigrazione legale del 2005 ed in particolare ad adottare uno strumento orizzontale atto a definire un quadro omogeneo di diritti per tutti i cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in uno Stato membro e all'introduzione di una procedura unica di domanda accompagnata da un permesso unico di soggiorno/lavoro, Commissione, Parlamento e Consiglio hanno avviato nuovi contatti al fine di concludere un accordo sul testo della proposta di direttiva emendato dal Parlamento nel corso della seduta del 24 marzo 2011.

Il frutto delle modifiche apportate in prima lettura dal Consiglio alla proposta della Commissione è confluito nel testo finale della direttiva 2011/98/Ue adottata

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dal Parlamento e dal Consiglio lo scorso 13 dicembre 2011 avvalendosi del nuovo quadro politico- istituzionale delineato dal Trattato di Lisbona e che gli Stati saranno tenuti a recepire nei rispettivi ordinamenti entro il 25 dicembre 2013321. Per quanto concerne il novero dei destinatari della normativa, la direttiva distingue tra i cittadini di paesi terzi che chiedono di soggiornare in uno Stato membro ai fini lavorativi e i cittadini di paesi terzi in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento Ce n. 1030/2002 che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa ma ai quali è consentito a lavorare (art. 3).

Mentre i primi hanno diritto ad un permesso unico e alla parità di trattamento in base alla direttiva, i secondi hanno diritto alla parità di trattamento ma non sono giocoforza soggetti alla procedura unica di domanda.

Sul versante opposto, ampio appare l'insieme di soggetti esclusi dal campo di applicazione procedurale e sostanziale della direttiva.

Accanto ai familiari i cittadini dell'Unione che abbiano esercitato e esercitino il loro diritto alla libera circolazione conformemente alla direttiva 2004/38/Ce troviamo inseriti coloro che godono assieme ai familiari e a prescindere dalla cittadinanza di diritti equivalenti a quelli dei cittadini dell'Unione a norma di accordi tra l'Unione e gli Stati membri o tra l'Unione e paesi terzi; coloro che sono distaccati per la durata di distacco; coloro che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro in qualità di lavoratori trasferiti all'interno di società; coloro che hanno presentato domanda o sono stati ammessi come lavoratori stagionali o au pair; coloro che soggiornano in uno Stato membro a titolo di protezione temporanea o sono beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2004/83/Ce ovvero in base al diritto nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi di uno Stato membro; coloro che sono soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/Ce; coloro il cui allontanamento è stato sospeso per motivi di fatto o di diritto; i lavoratori autonomi; coloro che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi come lavoratori marittimi.

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Sotto il profilo procedurale, recependo le indicazioni del Parlamento, il Consiglio ha specificato nel dettaglio la procedura sottesa al rilascio del titolo combinato di permesso/lavoro precisando preliminarmente che gli Stati hanno facoltà di escludere l'operatività della stessa nei confronti dei cittadini di paesi terzi autorizzati al lavoro per un periodo superiore a sei mesi o che sono stati ammessi in uno Stato membro ai fini di studio (art. 3, pt. 3).

Spetta, dunque, agli Stati membri decidere chi tra datore di lavoro o cittadino straniero debba presentare la domanda (art. 4) ed individuare l'autorità preposta a ricevere la domanda e ad evaderla, salvo ipotesi eccezionali, nel termine di quatto mesi menzionato dalla direttiva322.

Un'apposita disposizione di raccordo è stata inserita nel corpo della direttiva per disciplinare la condizione dei lavoratori di paesi terzi ammessi nel territorio precedentemente all'entrata in vigore della direttiva: a questo proposito, l'ultimo comma dell'art. 4 prevede che essi ottengano un permesso unico se chiedono il rinnovo o la modifica del permesse di soggiorno e se soddisfano le condizioni della direttiva.

Nel tentativo di ancorare la procedura a criteri di maggiore chiarezza e trasparenza, il Consiglio ha previsto in capo agli Stati membri un obbligo di disciplinare le eventuali conseguenze connesse alla mancata adozione di una decisione nel termine quadrimestrale previsto dalla direttiva, mentre per evitare abusi di sistema ha introdotto la facoltà per le autorità competenti di respingere la domanda nel caso in cui le informazioni o i documenti supplementari non vengano forniti dall'istante nel termine 'ragionevole' stabilito dalle stesse all'esito della prima verifica della domanda323.

Sul versante della parità da trattamento da riconoscere ai lavoratori di paesi terzi ricompresi nel novero di beneficiari della normativa, il testo finale della direttiva aggiusta la portata del folto sistema di deroghe all'operatività del principio di parità di trattamento dei cittadini stranieri non privilegiati o in possesso di un

322Vd . artt. 4, 5, 6, 8 e 10 della direttiva. Nella proposta di direttiva analizzata nel paragrafo

precedente il termine 'ord inario' per l'evasione della domanda era trimestrale.

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titolo di soggiorno di lungo periodo rispetto ai cittadini nazionali inserito nel capo III della proposta.

Richiamando la finalità primaria della direttiva, che è quella di garantire parità d i trattamento ai lavoratori di paesi terzi che hanno effettivamente un impiego e non necessariamente a chi, pur essendo autorizzato a lavorare, potrebbe non averlo mai fatto, i colegislatori lasciano liberi gli Stati di considerare l'effettivo svolgimento di un impiego quale condizione necessaria per l'accesso ad un trattamento eguale in materia di istruzione e formazione professionale, in materia di sicurezza sociale e nel campo dei beni e servizi a disposizione del pubblico. Per quel che riguarda l'istruzione e la formazione professionale, l'art. 12, pt. 2, lett. a), della direttiva afferma che gli Stati membri sono autorizzati a limitare l'accesso a tali settori ai lavoratori di paesi terzi che hanno un impiego o hanno avuto un impiego per un periodo minimo di sei mesi e sono registrati come disoccupati324. Con riferimento al settore della sicurezza sociale, Consiglio e Parlamento hanno modificato la proposta della Commissione obbligando gli Stati membri a garantire parità di trattamento nel campo della sic urezza sociale non soltanto a chi ha un impiego, ma anche a chi ha avuto un impiego per un periodo minimo di sei mesi ed è registrato come disoccupato.

Agli Stati viene tuttavia concesso di negare i sussidi familiari a coloro i quali siano stati autorizzati a soggiornare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore ai sei mesi, ai cittadini stranieri ammessi per scopi di studio o ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto.

Analogamente, l'accesso ai beni e ai servizi può essere legittimamente limitato a coloro i quali hanno un impiego, ferma restando la possibilità per gli Stati di

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Ulteriori possibilità di de roga sono previste sul versante soggettivo nei confronti d i co loro che sono stati ammessi nel territorio na zionale a i sensi della direttiva 2004/114/Ce e sul versante oggettivo stabilendo la possibilità d i escludere dal raggio di operatività della normativa “le borse di studio o i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o di altri tipi di borse e prestiti” o di esigere “il possesso di conoscenze linguistiche e il pagamento di tasse scolastiche (…) per quel che riguarda l'accesso all'università o all'istruzione post secondaria, nonché alla formazione professionale che non sia direttamente collegata all'attiv ità lavorativa specifica” (rispettivamente, art. 12, pt. 1, lett. a), ptt. ii), iii), iv), della d irettiva).

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restringere in toto l'accesso all'assistenza abitativa per ragioni di sostenibilità delle finanze pubbliche.

Rispetto alla proposta della Commissione, appare positivo che la parità di trattamento per quel che riguarda le condizioni di lavoro, la libertà di associazione e le agevolazioni fiscali, in quest'ultimo caso purché il lavoratore di paese terzo possieda domicilio fiscale nello Stato membro di residenza venga garantita ai lavoratori di paesi terzi a prescindere dal possesso attuale di un impiego.

2. LA DIRETTIVA 2005/71/CE SULL'INGRESSO E LA MOBILITA‟ DEI RICERCATORI