LEGA LE
All'indomani delle modifiche apportate ai Trattati ad Amsterdam, la politica europea dell'immigrazione è stata sviluppata all'ombra dei programmi quinquennali adottati dalle istituzioni nei quali erano (e sono) indicati gli obiettivi prioritari da raggiungere, affinati in successivi Piani d'azione specifici e in tabelle di marcia contenenti il cronogramma dell'azione comunitaria142.
Le fondamenta per la creazione dello spazio di libertà, sicurezza e giust izia evocato nel titolo IV del Trattato sono state gettate a Tampere il 15-16 ottobre 1999 nel corso di una sessione straordinaria del Consiglio europeo in occasione della quale vennero individuati gli obiettivi strategici deputati a governare l'azione europea nel quinquennio successivo (1999-2004)143.
Le conclusioni attorno a cui si coagulò il consenso dei capi di stato e di governo riuniti nella cittadina finlandese rappresentano, per opinione comune, il punto più
142Favilli, Il Trattato di Lisbona e la politica dell'Unione europea in materia di visti, asilo e
immigrazione, in Dir. imm. citt., 2010, p. 13 ss.
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alto delle ambizioni manifestate dalle istituzioni europee in relazione ai temi della migrazione e dell'asilo.
Sulla scia dell'afflato riformatore che aveva consentito l'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, in tale documento il Consiglio sottolineava l'importanza di allargare la cerchia dei beneficiari dell'insieme di libertà, ivi compresa quella di libera circolazione, ancorate ai diritti dell'uomo, alle istituzioni democratiche e allo stato di diritto oltre la rete della cittadinanza europea, estendendo l'accesso alle medesime anche a coloro i quali, pur privi della nazionalità di uno degli Stati membri, soggiornassero legalmente nel territorio degli Stati membri.
A tal fine, la politica comune dell'immigrazione e dell'asilo delineata a livello sovranazionale avrebbe dovuto essere sviluppata attraverso un approccio olistico ricomprendente lo sviluppo di partneriati con i paesi di origine, la creazione di un regime d'asilo comune, la gestione condivisa degli aspetti fisiologici e patologici soggiacenti i flussi di ingresso degli stranieri in Europa e, soprattutto, attraverso la garanzia di un trattamento 'equo' – equiparabile, cioè, a quello riservato ai cittadini europei - nei confronti dei cittadini di paesi terzi144.
Quest'ultimo obiettivo richiedeva, per un verso, l'inaugurazione di politiche di integrazione più incisive miranti ad assicurare agli stranieri diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini europei, un rafforzamento delle politiche antidiscriminatorie, l'elaborazione di misure specifiche contro il razzismo e la xenofobia e un ravvicinamento progressivo delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini dei paesi terzi in base a una valutazione congiunta degli sviluppi economici e demografici all'interno dell'Unione e della situazione nei paesi di origine.
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In rela zione all'immigra zione illega le il Consiglio invitava l'Un ione ad adottare sanzioni severe contro coloro che si dedicassero alla tratta degli esseri uman i e allo sfrut tamento economico dei migranti e a sviluppare l'assistenza ai paesi di origine e transito, al fine di promuovere il rientro volontario e di aiutare le autorità di tali paesi a rafforzare la loro capacità di combattere efficace mente la tratta degli esseri u mani e di ade mp iere i loro obblighi d i ria mmissione nei confronti dell'Un ione e degli Stati me mb ri. A propria volta, gli Stati me mb ri venivano invitati ad adoperarsi per individuare e smantellare congiuntamente ad Europol le organizzazioni c rimina li coinvolte in traffic i c rimina li (par. 23-26).
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Per altro verso, esso comportava il ravvicinamento progressivo dello statuto giuridico dei cittadini di paesi terzi in grado di vantare un soggiorno prolungato nel territorio degli Stati membri con quello dei cittadini europei attrave rso una progressiva uniformazione del corredo di diritti riconosciuti agli uni e agli altri. Scorrendo le conclusioni cui era Consiglio emergeva, peraltro, una progressiva presa di coscienza del fatto che “un'equilibrata gestione dell‟immigrazione legale ed una lotta efficace contro quella illegale sono aspetti fortemente interconnessi, che richiederebbero un costante accoppiamento”: tanto sarebbe bastato, secondo le previsioni più ottimistiche, ad impedire il perpetuarsi di asimmetrie regolative di sorta.
Quanto agli strumenti con cui perseguire detti obiettivi, in una comunicazione di poco successiva la Commissione proponeva di concentrare gli sforzi sullo sviluppo di un quadro regolativo integrato.
Esso avrebbe dovuto contemplare, innanzitutto, proposte legislative hard in materia di condizioni di ammissione e soggiorno di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro, standard e procedure per il rilascio di visti di lunga durata e permessi di soggiorno accompagnate dalla definizione di un insieme di diritti uniformi per i cittadini di paesi terzi e i criteri e le condizioni alle quali può essere loro consentito di stabilirsi e lavorare in uno Stato membro diverso da quello di prima destinazione.
In secondo luogo, la trasposizione nell'ambito delle politiche di integrazione degli stranieri definite dai singolo Stati membri del metodo di coordinamento aperto già sperimentato con alterna fortuna nell'ambito del distinto settore delle politiche occupazionali145.
La storia immediatamente successiva ha rivelato che la risposta delle istituzioni europee chiamate ad attuare l'agenda di Tampere non è stata all'altezza del programma ambizioso varato dal Consiglio europeo vuoi per le ipoteche connesse al processo decisionale e al contesto istituzionale delineati nel Tito lo IV Tce
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COM(200) 757 def. Co munica zione della Co mmissione al Consiglio e a l Pa rla mento europeo su una politica co munitaria in materia di immigra zione.
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(oggi, Titolo V Tfue)146, vuoi per il deciso riorientamento della politica europea dell'immigrazione sul versante securitario che ha seguito gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti e dell'11 marzo 2004 in Spagna147.
Con riferimento alla politica europea dell'immigrazione legale si è assistito, in quegli anni, all'adozione di un ristretto gruppo di provvedimenti riguardant i i permessi di soggiorno dei cittadini di paesi terzi, nei cui confronti ci si è dedicati a uniformare il modello di visto nonché alla stesura della prima proposta di direttiva sulla migrazione legale tesa ad uniformare i criteri e la procedura di ingresso e di soggiorno dei migranti per motivi economici, che verrà analizzata nella parte conclusiva del secondo capitolo relativa alla migrazione per motivi economici148. Nel 2003 è stata adottata, dopo estenuanti trattative, la direttiva 2003/86/Ce in materia di ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi con cui si è inteso dettare l‟insieme di regolare deputate a governare il ricongiungimento dei cittadini di paesi terzi con i propri familiari149.
Mentre il passaggio successivo ha riguardato i soggiornanti di lungo periodo, la cui direttiva risale al 2003 ed è volta a garantire uno status specifico per coloro che abbiano risieduto regolarmente e continuativamente in uno Stato membro150. Alla fine del 2004 è stato raggiunto, altresì, il consenso necessario a garantire l‟approvazione in seno al Consiglio della direttiva 2004/114/Ce che disciplina le condizioni di ammissione nel territorio degli stati membri degli studenti e di altre categorie di migranti non lavoratori151.
146
Ba ldaccini, Toner, From Amsterdam and Tampere to the Hague: an Overview of Five Years of
EC Immigration and Asylum Law, in Ba ldaccini, Gu ild, Toner (eds), Which Freedom, Security...,
cit., p. 1.
147
Boswell, Geddes, Migration and Mobility in the European Union, Palgrave Mac millian, 2011.
148
Trattasi, rispettivamente, del Regola mento del Consiglio n. 1030 del 13 giugno 2002 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi, modificato dal Regola mento n. 380 de l 18 aprile 2008 e de lla proposta di direttiva del Consiglio relativa a lle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgere un'attività di lavoro subordinato o autonomo, COM(2001) 386 def. Per un riepilogo dell'azione europea sul versante dell'immig ra zione illegale si v. a lmeno: Ba ldaccini, Toner, g ià c itate alla nt. 146 ed ivi a p. 11 ss.
149Direttiva 2003/ 86/ Ce de l 22 settembre 2003, relat iva al d iritto al ricongiungimento fa milia re. 150Direttiva 2003/109/Ce de l 25 novembre 2003, re lativa a llo status dei cittadini di Paesi terzi che
siano soggiornanti di lungo periodo.
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Direttiva 2004/114/Ce del 13 dice mb re 2004 re lativa alle condizion i di a mmissione d ei cittadini di paesi terzi pe r motiv i di studio, scambio di alunni, tiroc inio non retribuito o volontariato.
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Di questi atti normativi si fornirà un ampio resoconto nella prima parte del presente capitolo, indagando in modo particolare la portata dei diritti di mobilità riconosciuti dal legislatore europeo agli stranieri e, di guisa, l'esistenza e la consistenza di margini di alterazione della densità del mercato del lavoro dei singoli Stati membri provenienti dall'esterno.
Sempre nel 2004 è entrata in vigore la direttiva 2004/38/Ce relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
Recependo le indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia tale atto ha ricondotto ad unità la disciplina della libera circolazione nell'Unione europea. Esso ha sostituito, inoltre, le disposizioni contenute negli artt. 10-12 del reg. n. 1612/1968 dedicate al ricongiungimento dei cittadini europei 'mobili' con i propri familiari fornendo ai soggetti interessati ampi strumenti di tutela del proprio nucleo familiare.
Si valuterà con particolare accuratezza nella seconda parte del capitolo se e con quali modalità la disciplina di ampio respiro realizzata dai decisori europei sulla falsariga delle spinte propulsive provenienti dalle aule di giustizia lussemburghesi si presti a consentire l'ingresso 'per vie traverse' nel mercato del lavoro dei cittadini di paesi terzi legati ai cittadini europei che (non) abbiano fruito dei diritti di mobilità loro riconosciuti dal Trattato.
Successivamente, il Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004 è intervenuto a gettare le basi del nuovo programma pluriennale inteso a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia attraverso un rinnovato richiamo al perseguimento di un approccio globale al fenomeno migratorio fondato “sulla solidarietà e su una ripartizione equa delle responsabilità, comprese le implicazioni finanziarie e su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri”.
Il programma dell'Aja e il Piano d'azione del Consiglio e della Commissione che lo accompagnava riassumono l'insieme di priorità che l'Unione si è data per il quinquennio successivo alla scadenza del programma di Tampere (2004-2009).
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Entrambi si proponevano di “rappresentare il trait d'union fra il diritto vigente e le prospettive future” che si apprestavano a venire condensate nel progetto Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa152.
Da un punto di vista formale, rispetto al programma precedente, la trama ordita dal Consiglio prevedeva una sezione dedicata agli orientamenti generali, cui seguivano tre sezioni specificatamente dedicate a ciascuno degli attributi connotanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia delineato a livello sovranazionale153.
Le azioni da intraprendere sul versante della migrazione legale e della lotta contro quella illegale risultavano ambedue ricomprese nell‟area, articolata in sette punti, concernente lo sviluppo dello spazio comune europeo.
Limitandoci ad indagare le questioni afferenti il primo degli aspetti succitati, seppure consci del fatto che il trattamento degli aspetti fisiologici e patologici dell‟immigrazione costituiscono due facce della stessa medaglia funzionalmente dirette a garantire la migliore sinergia tra migrazio ne e sviluppo, merita senz'altro di essere ricordato l‟ammonimento del Consiglio europeo relativamente al fatto che “la migrazione legale svolgerà un ruolo importante nel rafforzamento dell'economia basata sulla conoscenza e dello sviluppo economico in Europa, contribuendo così all'attuazione della strategia di Lisbona”.
Esso è stato invero accompagnato dal contestuale invito alla Commissione a presentare entro il 2005 un programma politico in materia di migrazione legale che includesse procedure di ammissione in grado di accorciare i tempi di adeguamento alla domanda fluttuante di manodopera straniera nel mercato del lavoro senza intaccare, però, le prerogative statali in tema di determinazione del volume di ingresso degli stranieri sul proprio territorio.
152Il progra mma prendeva le mosse dalla valutazione della Co mmissione Nascimbene, Mafrolla,
Recenti sviluppi della politica comunitaria..., cit., p. 435; Peers, Rogers, Annex 6 Excerpts. The Hague Programme, in EU Immigration Law., cit., p. 1009.
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Su cui a mp ia mente: Boeles, Introduction: Freedom, Security and Justice for All, in Gu ild, Harlow (eds), Implementing Amsterdam..., cit., p. 1 ss.
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La regolamentazione del versante legale della migrazione rappresenta(va), a ben vedere, una delle questioni maggiormente delicate affrontate dal consesso di capi di stati e di governo.
Non solo la disciplina dello stesso era ancora riservata interamente agli Stati membri, essendo stato escluso dalla decisione del Consiglio datata 22 dicembre 2004 il suo transito nell‟alveo della codecisione154
, ma la proposta di direttiva sulla migrazione economica era stata abbandonata dal Consiglio dopo una sola lettura in ragione delle divisioni, persistenti ed insuperabili, che erano emerse in sede di discussione.
Recependo le indicazioni del Consiglio, la Commissione adottava un Piano d'azione sull'immigrazione legale che sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla consultazione pubblica lanciata con il Libro verde sull'immigrazione per motivi economici individua il percorso da seguire fino alla scadenza del Programma dell'Aja.
Il pacchetto di misure 'complementari e flessibili' proposte dalla Commissione comprendeva, in primo luogo l'adozione di una direttiva quadro generale volta a riconoscere un nocciolo duro di diritti a tutti gli immigrati provenienti da paesi terzi legalmente soggiornanti in uno Stato membro e ciò a prescindere dal titolo di soggiorno e di accesso al mercato del lavoro vantato dal singolo, con esclusione della disciplina delle condizioni di ingresso sul territorio155.
A seguire, veniva prevista l'adozione di quattro direttive specifiche tese ad uniformare le legislazioni nazionali in materia di cond izioni di ingresso e di soggiorno dei lavoratori altamente qualificati, dei lavoratori stagionali, dei lavoratori che si trasferiscono all'interno di società multinazionale, dei tirocinanti retribuiti.
154Decisione del Consiglio 2004/ 927/ Ce, infra nt. 105.
155Direttiva 2011/ 98/Ue relat iva a una procedura unica di do manda per il rilascio di un permesso
unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato me mb ro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori d i paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato me mbro., in GUUE L 343/1 de l 23 dice mbre 2011.
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Allo stato, fatta eccezione per la proposta di direttiva sui cd. high skilled workers che è confluita nella direttiva 2009/50/Ce, le altre proposte regolative avanzate nei settori anzidetti si trovano in fasi diverse dei rispettivi iter decisionali.
Ciò conferma, se si vuole, l‟esistenza di un‟atavica reticenza degli attori nazionali a condividere a livello sovranazionale la regolazione di un settore considerato cruciale per il mantenimento della propria sovranità, a cui fa da contraltare un innato dinamismo ad intervenire legislativamente nei settori afferenti gli aspetti 'patologici' del fenomeno migratorio156.
Per altro verso, il Consiglio europeo ha colto l'occasione per invitare le istituzioni europee e gli stati membri a coordinare le politiche nazionali di integrazione e le iniziative dell'Unione in materia, sottolineando la natura bidirezionale delle stesse. Nel tratto di strada che separa le determinazioni assunte all'Aja dall'adozione del primo programma pluriennale successivo all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, la Commissione ha seguito da vicino la realizzazione dell'agenda politico-sociale europea nel settore della migrazione, prestando peculiare attenzione al settore della migrazione per motivi economici alla luce delle pretese interferenze tra quest'area e il raggiungimento degli obiettivi economico-occupazionali decisi nell'ambito della strategia di Lisbona. Senza volere entrare nel merito delle iniziative assunte nel campo della migrazione economica, su cui si indugerà ampiamente nella terza ed ultima parte del capitolo, merita senz'altro di essere ricordata la Comunicazione del giugno 2008 con cui la Commissione, nell‟atto di individuare i dieci principi da porre a fondamento della politica d'immigrazione comune raggruppati intorno ai tre assi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà e successivamente tradotti dal
156
Ben meno proble matica si è rivelata, in effetti, l'adozione della direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati me mb ri al rimpatrio d i c ittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare e la direttiva 2009/52/CE de l 18 giugno 2009 che introduce norme minime relat ive a sanzioni e a provvedimenti nei confronti de i datori di lavoro che imp iegano cittadini d i paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, sulla base della proposta della Co mmissione, COM(2007) 249 def. Sul punto si v. il recente contributo di Cella ma re, Diritto dell‟Unione
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Consiglio europeo nel Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo157, sembrava prendere atto delle interferenze tra l'ingresso di manodopera straniera e il raggiungimento degli obiettivi economico-occupazionali delineati nell'ambito della strategia di Lisbona.
Subito dopo avere precisato che l'obiettivo di dettare regole condivise sull'immigrazione per lavoro andava perseguito nel pieno rispetto del principio della preferenza comunitaria, del diritto degli Stati membri di determinare le quote di ammissione e dei diritti degli immigrati nonché coinvolgendo attivamente le parti sociali e le autorità regionali e locali, la Commissione suggeriva all'Unione e agli Stati membri di iniziare a sviluppare 'profili migratori condivisi' atti a rendere l'idea della consistenza quanti-qualitativa della manodopera immigrata e a continuare con l'implementazione delle misure di integrazione a favore degli stranieri legalmente residenti sul territorio
Arrivati a questo punto, il panorama non potrebbe dirsi completo senza dare conto degli obiettivi strategici individuati dal Consiglio europeo il 4 maggio 2010, allorquando è stato pubblicato il programma di Stoccolma che dà forma e contenuto politico al nuovo Titolo V del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea158, che come di consueto è stato seguito a distanza ravvicinata da un piano di attuazione predisposto all'uopo dalla Commissione.
Il programma, rubricato “un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini”, si apre con un breve excursus dei risultati conseguiti nell'ambito dei programmi di Tampere e dell'Aja e prosegue con l'individuazione delle azioni
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COM(2008) 359 def., Co munica zione della Co mmissione al Pa rla mento europeo, al Consiglio, al Co mitato economico e sociale europeo e al Co mitato delle regioni, Una politica comune per
l'Europa. Principi, azioni e strumenti e Consiglio europeo, Patto europeo sulla migra zione e l'asilo
del 24 settembre 2008.
158Il ruolo d i impulso del Consiglio europeo in re la zione alle materie d isciplinate nel Titolo V Tfue
risulta ora formalizzato nell'art. 68 Tfue laddove viene espressamente previsto che “il Consiglio europeo definisce gli orienta menti strategici della progra mma zione legislativa e operativa nello spazio di libertà, sicure zza e giustizia” .
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incentrate “sui cittadini dell'Unione e su coloro nei confronti dei quali l'Unione ha una responsabilità” da perseguire nel quinquennio 2010-2014159.
In prima battuta, esso illustra in modo analitico le azioni già in corso e quelle che l‟Europa dovrà intraprendere nell'immediato futuro per attuare ciascuna delle priorità politiche elencate dalla Commissione nell'ambito dell'architettura politico- istituzionale ideata dai redattori del Trattato di Lisbona160.
Scorrendo il corposo documento scopriamo, peraltro, che la sfida principale con cui l'Europa deve misurarsi nell'immediato futuro è quella di garantire il rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e dell'integrità delle persone, garantendo allo stesso tempo la sicurezza.
Le sei priorità politiche individuate dai rappresentanti statali per raggiungere tale obiettivo consistono, rispettivamente, nella promozione della cittadinanza e dei diritti fondamentali; nella realizzazione di uno spazio europeo di giustizia; nell'implementazione di una strategia di sicurezza interna; nella garanzia di un migliore accesso all'Europa; nella realizzazione di un'Europa all'insegna della responsabilità, solidarietà e del partenariato in materia di migrazione e, infine, nella previsione di una maggiore integrazione delle politiche esterne nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Spostando lo sguardo sul versante delle sfide legate alla maggiore mobilità delle persone e al trattamento da assicurare ai cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti disciplinate nel capo 6 del programma, può notarsi come accanto all'invito a concentrare gli sforzi sul versante e sterno della politica migratoria dell'Unione implementando politiche di partenariato con i paesi terzi, emerga ancora una volta il richiamo “all'elaborazione di un quadro politico dell'Unione