• Non ci sono risultati.

LA TUTELA DELLA VITA FAMILIARE DEL CITTADINO EUROPEO MIGRANTE

Fin dalle origini della storia comunitaria la tutela dell‟unità familiare ha attratto le attenzioni del legislatore europeo.

Quest‟ultimo aveva compreso che per rendere veramente effettivo l‟esercizio del diritto alla mobilità intracomunitaria riconosciuto ai propri cittadini- lavoratori

238

Cfr. Regola mento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relat ivo alla libera circo lazione dei lavoratori all‟interno della Co munità (GU L 257, p. 2); d irettiva 68/360, re lativa a lla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati me mb ri e delle loro famiglie all‟interno della Co munità (GU L 257, p. 13); direttiva 73/148, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati me mb ri all‟interno della Co mun ità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172 p. 14). direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/ 364/CEE, relat iva al diritto di soggiorno (GU L 180, p. 26), direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/365/ CEE, relat iva al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU L 180, p. 28) e direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, re lativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, p. 59).

239

130

migranti e per assicurare, altresì, c he tale diritto fosse esercitato in “condizioni obiettive di libertà e di dignità”, era indispensabile eliminare “gli ostacoli che si oppongono alla mobilità dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia” e prestare attenzione “(al)le condizioni d'integrazione della famiglia nella società del paese ospitante” (considerando n. 4, reg. 1612/1968) 240.

Discostandosi dal consolidato principio di diritto internazionale per cui gli Stati, senza pregiudizio degli obblighi loro derivanti dai Trattati, hanno diritto di controllare l‟ingresso dei cittadini non nazionali sul territorio241

, il legislatore europeo ha tratteggiato all'interno degli atti deputati a dare attuazione alla norme sulla libera circolazione una disciplina dai contorni piuttosto sfumati a tutela dell‟unità familiare del lavoratore comunitario soggiornante sul territorio di uno dei Paesi dell'Unione.

Ciò che fin dal momento dell‟adozione di tali strumenti regolativi non veniva messo in discussione era il fatto che anche i familiari del lavoratore comunitario provenienti da paesi terzi dovessero considerarsi attratti, seppur per via indiretta, nell‟ambito di applicazione delle norme comunitarie sulla libera circolazione, nel senso precisato prima dagli artt. 10-12 del regolamento n. 1612/1968 e dall‟art. 1 della direttiva 73/148/Cee, poi dalla direttiva 2004/38/Ce relativa al diritto dei cittadini dell‟Unione e dei loro familiari di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, che ha modificato parzialmente il regolamento ed abrogato la direttiva.

A determinare la reale portata del diritto al ricongiungimento previsto nell‟ambito della normativa derivata con riferimento ai familiari dei cittadini migranti sarebbe stata, in seguito, la Corte di giustizia che ha finito per farsi carico dell‟arduo

240Regola mento del Consiglio, de l 15 ottobre 1968, n. 1612 re lativo alla libera circola zione dei

lavoratori a ll‟Interno della Co munità, pubblicato in GUCE de l 19 ottobre 1968, L. 257.

241Cfr. sentenza Cedu del 19 febbraio 1996, Gül c. Svizzera, Recueil des arrêts et décisions, 1996-

I, p. 174, par. 38; sentenza Cedu del 28 novembre 1996, Ahmut c. Paesi Bassi, Recueil des arrêts

et décisions, 1996-VI, p. 2030, par. 63 e sentenza Cedu del 21 dice mb re 2001, Sen c. Paesi Bassi,

131

compito di interpretare tali atti normativi alla luce dei mutamenti socio-culturali ed economici nel frattempo intervenuti in Europa.

Recependo le indicazioni provenienti dai giudici europei, su tutte quella relativa alla necessità di interpretare in modo restrittivo le deroghe apposte alla mobilità dei cittadini242, la direttiva 2004/38/Ce ha riordinato “l‟intera disciplina della libera circolazione dei lavoratori, inserendola in un corpo di regole a valenza generale e di impronta almeno tendenzialmente unitaria” aventi il proprio fulcro nel principio di cittadinanza.

Ovvero quel principio che, alla stregua della nota definizione contenuta nel preambolo della direttiva e adottata dalla giurisprudenza, sarebbe assurto al ruolo di “status fondamentale dei cittadini degli Stati membri quando essi esercitano il loro diritto di libera circolazione e soggiorno” (considerando n. 3, dir. 2004/38)243.

Non può essere taciuto, inoltre, che proprio a ll'interno di tale atto normativo la disciplina del ricongiungimento del cittadino comunitario col proprio familiare cittadino di paese terzo ha acquisito una rilevanza preponderante nell‟economia complessiva delle regole in materia di libera circolazione.

Alla stregua di quanto già previsto dai primi due commi dell‟art. 10 del regolamento n. 1612/1968 l‟art. 5, nn. 1 e 2, della direttiva conferisce ai familiari di un cittadino dell‟Unione che non siano cittadini di uno stato membro e che siano ricompresi nell‟elenco di cui all‟art. 2.2 della direttiva244

, il diritto di entrare nel territorio di uno Stato membro, purché muniti di un passaporto valido e di un

242

Cgce 3 g iugno 1985, C-139/85, Ke mpf, in Racc. p. 1741, par. 13; Cgce 14 ottobre 2004, C-36/02, Omega, in Racc., p. I-9609, par. 30 e 31; Cgce 10 luglio 2008, C-30/ 07, Jipa, par. 23.

243

La locuzione è tratta da Giubboni, Orlandin i, La libera circolazione.., cit., p. 7.

244

Nel tentativo di garantire la piena efficac ia dei diritti collegati alla c ittadinanza dell‟Unione, la direttiva, riprendendo le indicazioni provenienti dalla sentenza Reed, ha provveduto ad ampliare il novero dei soggetti rico mpresi nella defin izione di “familiare”, includendo anche il partner [e i relativ i discendenti o ascendenti a carico] “che abbia contratto con il cittadino comunitario un‟unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la leg islazione dello Stato memb ro ospitante equipari l‟Un ione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinenze legislazione dello Stato memb ro ospitante” (art. 2.2, lett. b), del reg. 1612/68).

132

visto d‟ingresso conforme a quello delineato in seno al regolamento n. 539/2001 o, se del caso, della legge nazionale.

Ai sensi dell‟art. 7, n. 2, della direttiva a costoro va riconosciuto un diritto di soggiorno superiore a tre mesi nel caso in cui “accompagnino o raggiungano nello stato membro ospitante” un familiare cittadino europeo che soddisfi le varie condizioni previste dalla norma, circostanza quest‟ultima che conferma che il diritto dei cittadini di uno Stato membro di soggiornare sul territorio di un altro Stato membro non è affatto incondizionato245.

L‟effetto utile derivante dall‟esercizio dei diritti di circolazione e soggiorno previsti dalla normativa comunitaria è stato peraltro esteso dalla Corte di giustizia anche ai cittadini europei e ai loro familiari cittadini di paesi terzi nel caso di ritorno nel paese d‟origine al termine di un periodo di soggiorno in un altro Stato membro246. In caso contrario, infatti, i cittadini europei sarebbero dissuasi dall‟esercitare il proprio diritto di circolare liberamente e, in certe circostanze, anche ai cittadini che abbiano esercitato il diritto di libera circolazione in un altro Stato membro senza soggiornarvi247.

Una volta effettuato il ricongiungimento, la direttiva riconosce ai familiari del cittadino comunitario, a prescindere dalla cittadinanza posseduta, il “diritto di esercitare un‟attività economica come lavoratori subordinati o autonomi” (art.

245Sul punto v. almeno: Cgce 7 settembre 2004, C-456/ 02, Trojani, in Racc. p. I-7573, par. 31 e

32; Cgce 19 ottobre 2004, C-200/02, Zhu e Chen, in Racc. p. I-9925, par. 26; Cgce 30 marzo 2006, C-10/05 Mattern e Cik otic, in Racc., p. I-3145, par. 28 e 29. Recependo le indica zion i pervenute dalle au le lussemburghesi, già dalla seconda metà degli anni ottanta (cfr. sentenza della Corte 13 febbraio 1985, C-267/83, Diatta, in Racc., p. 567, par. 18, che ha stabilito che l‟alloggio considerato “normale” per ospitare una famig lia non deve necessariamente essere “unico” nonché Cgce 18 maggio 1989, C-246/86, Co mmissione c. Germania, in Racc., p. 1263, par. 12, che ha sancito il divieto di condizionare il rinnovo del permesso di soggiorno alla disponibilità di un alloggio), la direttiva 2004/38 impedisce agli Stati membri d i subordinare l‟autorizzazione al soggiorno dei congiunti del cittadino comunitario alla disponibilità di un “alloggio normale”. Di conseguenza, ha generato non poche perplessità il fatto che, alla stregua dell‟art. 7 della d ir. 2003/86/Ce re lativa al diritto al ricongiungimento familia re, il diritto al riunifica zione dei familia ri dei cittadini soggiornanti e xtraco munitari possa invece essere sottoposto al requisito della disponibilità legale di un a lloggio idoneo (sul punto, critica mente, Morozzo della Rocca, 2005 ed

ivi pp. 74-76).

246Cgce sentenza 7 luglio 1992, C-370/90, Surinder Singh, in Racc. p. I-4265; Cgce sentenza 11

dice mbre 2007, causa C-291/05, Eind, in Racc. p. I-10719, pa r. 23, 24 e 30.

247

133

23)248: in tal modo viene di fatto garantito agli stranieri un accesso privilegiato al mercato del lavoro dello S tato membro ospitante, sottratto al rigido sistema delle cd. 'quote flusso' con cui i Paesi dell‟Unione sono soliti determinare la consistenza quantitativa e qualitativa della forza lavoro nazionale249

Resta inteso che la succitata previsione non si presta a mettere in discussione la natura derivata dei diritti attribuiti ai familiari di origine straniera e ciò in ragione della perdurante attualità del nesso di dipendenza che continua a legare, seppur con accenti più sfumati, il godimento dei diritti summenzionati al preventivo esercizio da parte del cittadino delle libertà fondamentali ascrittegli dal Trattato250. Può pertanto concludersi che il cittadino di paese terzo ricongiunto non possiede, almeno in linea di principio, un “diritto di accedere ad un‟attività subordinata in uno Stato membro diverso da quello in cui il suo coniuge, cittadino comunitario che si sia avvalso del proprio diritto alla libera circolazione, svolge o ha svolto un‟attività subordinata”251

.

Eppure, nonostante l‟indubbia natura 'ancillare' dei diritti riconosciuti ai familiari dalla normativa comunitaria, attenta dottrina ha osservato come la direttiva del 2004 sembri muoversi nel senso di “ridurne la funzionalizzazione alla logica dell‟integrazione del mercato, rafforzando in tal modo l‟autonomia dello status del familiare lavoratore migrante rispetto a quello del lavoratore”252

.

Ciò avverrebbe, segnatamente, attraverso la previsione di un diritto di soggiorno (permanente) autonomo in capo ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro “che abbiano soggiornato legalmente e in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell‟Unione nello Stato membro ospitante” (artt. 16, nn. 1 e 2 e 18)253.

248

Così co me chia rito dalla Corte ne lla risalente sentenza 7 maggio 1986, Gül, in Racc. p. 1573.

249

Per una ricognizione della disciplina ita liana in materia, Mc Britton, La legge italiana

sull‟immigrazione e l‟inclusione sociale, in RGL, n. 3, p. 569.

250Cgce sentenza 7 maggio 1986, C-131/85, Gül, c it., par. 20.

251Cgce sentenza 30 marzo 2006, C-10/ 05, Mattern e Cik otic, cit., par. 25. 252Giubboni, Orlandini, La libera circolazione dei lavoratori..., c it., pp. 54-55.

253La normativa in questione, a differen za d i quanto stabilito nell‟alveo del regolament o n. 1612/68

che ha visto la luce in un contesto socio-culturale caratterizzato da una sostanziale stabilità della situazione lavorativa e familiare (sul punto, cfr. i rilievi dell‟avv. generale Geelhoed nelle proprie

134

Proseguendo con la disamina dell‟atto normativo, preme evidenziare che l‟art. 24, pt. 1, della direttiva sancisce un diritto alla parità di trattamento dei cittadini dell‟Unione e dei loro familiari, anche non cittadini, rispetto ai cittadini dello Stato ospitante nel campo di applicazione del Trattato suscettibile di interpretazione estensiva con riferimento alla delicata questione dell‟accesso ai vantaggi sociali dei cittadini provenienti da pa esi terzi nel territorio del paese membro254.

Giungendo al versante delle limitazioni, il diritto di ingresso e di soggiorno riconosciuto dalla direttiva 2004/38 ai familiari del migrante europeo risente delle deroghe di seguito indicate.

L‟art. 27 della direttiva richiama, innanzitutto, la tradizionale restrizione alla libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell‟Unione o di un suo familiare per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica. Da parte sua, l‟art. 35 consente gli Stati di adottare analoghi provvedimenti per evitare abusi e frodi quali, ad esempio, matrimonio di comodo o fittizi. In proposito, la Corte ha avuto modo di precisare che l‟abuso di diritto è rintracciabile solo nel caso in cui ci si trovi davanti ad un matrimonio fittizio o di comodo e non, viceversa, laddove l‟esercizio delle libertà fondamentali sia finalizzato a fruire dei diritti ad esse connessi255.

Più in generale, muovendo dalla considerazione che “il capo VI della direttiva va inteso non come un presupposto per l‟acquisto e il mantenimento di un diritto di ingresso e di soggiorno, ma esclusivamente come facoltà di limitare, in casi giustificati, l‟esercizio di un diritto derivante direttamente dal Trattato”256

, gli eventuali provvedimenti limitativi adottati dallo Stato dovranno essere intesi in senso restrittivo e dovranno essere necessariamente sottoposti ad un test di proporzionalità teso a verificare che gli stessi siano appropriati e non eccedano

Conclusioni del 5 luglio 2001, C-413/ 99, Baumbast ed ivi, par. 34), d isciplina le conseguenze del

muta mento della situazione fa miliare (separazione, divorzio, decesso del coniuge).

254Su cui a mp ia mente, Chia ro monte, Le prestazioni di assistenza sociale..., c it. 255

Cgce 23 settembre 2003, C-109/ 01, Hacene Ak rich, in Racc. p. I-09607.

256

135

quanto strettamente necessario per raggiungere l‟obiettivo perseguito e, in aggiunta, se questo non possa essere conseguito con provvedimenti meno severi. Già una lettura sommaria della trama regolativa ordita dal legislatore europeo a tutela della vita familiare del lavoratore migrante consente di pre figurare l‟esistenza di uno spazio, per l'appunto quello relativo alla categoria dei familiari extracomunitari di cittadini comunitari che effettuino il ricongiungimento direttamente a partire dallo stato terzo di provenienza, nel quale la ripartizione verticale delle competenze interne ed esterne tra Stati e Comunità appare astrattamente 'alterabile'.

La lettura espansiva dei diritti connessi alla libertà di circolazione fornita dalla Corte ha contribuito a rendere tremendamente attuali le tensioni ingenerate da tale sovrapposizione.

4. IL TRATTAMENTO DEI FAMILIARI CITTADINI DI PAESI TERZI NELLA