Sebbene i BRICS si distinguano notevolmente tra loro, dal punto di vista demografico, storico, politico e, talvolta, economico, essi presentano, al contempo, una serie di elementi analoghi che permette di identificarli quale gruppo che, pur non essendo omogeneo, si distingue marcatamente dai G6 (Goldstein, 2011). Un primo elemento, che accomuna parzialmente Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, consiste nella velocità di crescita economica di tali nazioni, le quali stanno vivendo una rapida transizione verso la modernità, grazie ad un sostanziale aumento della produttività dei fattori. La crescita della produttività di capitale fisico e della forza lavoro hanno determinato un quarto dello sviluppo economico di Cina ed India, ed ha contribuito all’espansione di Russia e Brasile, le quali hanno, tuttavia, registrato tassi di crescita inferiori, rispetto alle nazioni asiatiche (Goldstein, 2001). In merito ai fattori di produzione, è inoltre possibile sostenere che la riallocazione di questi ultimi, da settori tradizionali quali l’agricoltura ad altri più moderni, ha determinato l’incremento economico delle prime due nazioni, mentre è stato un miglior utilizzo dei fattori a disposizione ad avere permesso al Brasile di raggiungere elevati standard economici. L’eliminazione delle imprese meno efficienti e l’utilizzo delle risorse, a favore di soggetti economici più moderni, ha invece definito la crescita russa. L’attuazione di politiche di mercato, la riallocazione delle risorse, e l’uso più efficiente di quest’ultime, oltre che la progressiva apertura dell’economia al sistema globalizzato, hanno portato ad una generale e sostenuta crescita della spesa aggregata (PIL) dei BRICS (Goldstein, 2011).
La composizione di tale indicatore di crescita, determinata da consumo, investimenti, spesa pubblica e valore delle esportazioni, al netto delle importazioni, risulta essere
differente tra mercati emergenti e G6. In particolar modo, è stato rilevato che la spesa aggregata del Brasile, la più simile a quella di Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito ed Italia, risulta essere supportata principalmente dai consumi, piuttosto che dagli investimenti; il PIL di India e Cina vede gli investimenti quale elemento trainante dell’economia, mentre quello russo si colloca in una posizione intermedia rispetto alle altre nazioni. La spesa pubblica dei BRICS, inoltre, raggiunge valori ben al di sotto di quelli dei G6, nei quali la componente del Prodotto Interno Lordo, controllata dallo stato, determina maggior spiazzamento degli investimenti privati ed un tendenziale aumento del rapporto debito-PIL. Dal lato dell’offerta, è stato rilevato che in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, il peso del settore primario e secondario ricopre ancora un ruolo superiore che nei G6, dove il terziario ha maggiore importanza. Riguardo alle dinamiche settoriali, secondo i dati forniti dalla Banca Mondiale, relativamente al 2008, l’agricoltura determina il 6,7% del PIL brasiliano, il 5% di quello russo, il 17,5% di quello indiano e l’11,3% di quello cinese. In relazione al settore manifatturiero, la panoramica rivelata dai dati, permette di concludere che Brasile e Cina si distinguono per il superiore valore delle esportazioni di prodotti manifatturieri e ad alto contenuto tecnologico, trends che in Russia risultano essere molto più limitati, se paragonati all’esportazione di gas e oli minerali; l’India, si distingue, invece, per la bassa esportazione di prodotti manifatturieri e per il fatto che il 28% del PIL sia riconducibile al settore secondario. Infine, in merito all’importanza dei servizi nell’economie BRICS, è stata rilevata una crescente tendenza a sviluppare ciò che è definito settore terziario, il quale determina, ad oggi, circa il 65,5% del PIL brasiliano, il 57,8% di quello russo, il 53,7% del PIL indiano e il 40,1% di quello cinese. In relazione alle dinamiche settoriali del Sudafrica, secondo i dati proposti dall’istituto ICE, in riferimento agli anni 2009-2010, il 9% della spesa aggregata sudafricana è prodotta dal settore agricolo, il 32% da quello industriale, e ben il 64% di quest’ultima è riconducibile al settore terziario (Goldstein, 2011). Un ulteriore elemento comune ai paesi BRICS, ad esclusione del Sudafrica, consiste, poi, nelle notevoli dimensioni geografiche e demografiche, le quali sono di molto superiori a quelle dei G6: Brasile, Russia, India e Cina occupano circa il 26% della
superficie terrestre, e la loro popolazione costituisce circa il 42% di quella mondiale. Il fatto di essere caratterizzati da una dimensione demografica di grande portata, oltre ad essere un vantaggio, in termini di potenzialità commerciali del mercato interno, è un fattore che tendenzialmente spinge ad un aumento della produttività di una data nazione. La possibilità di disporre di un numero sempre crescente di persone in età lavorativa, aspetto determinante per un generale aumento del tasso di partecipazione alla forza lavoro, comporta l’espansione della capacità produttiva di un paese6.
Tali elementi si sono rivelati di cruciale importanza per lo sviluppo dei principali quattro paesi BRICS, nei quali si stanno, tuttavia, delineando, nel corso del tempo, tendenze demografiche differenti. India, Brasile e Sudafrica si distinguono, ancora ad oggi, quali nazioni in cui il profilo demografico risulta positivo, ovvero quali paesi in cui la fertilità e la crescita della popolazione sono ancora delle costanti, e lo resteranno fino al 2040 in India e fino al 2025 in Brasile. In riferimento a Russia e Cina, negli ultimi anni, sono stati, invece, registrati dati che hanno rilevato una progressiva diminuzione del tasso demografico, tendenza riconducibile ad aspetti socio-politici, diversi tra le due nazioni. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, da cui è derivato un accorciamento della speranza di vita, la crescita demografica russa sta dimostrandosi di molto inferiore al tasso necessario, per mantenere uno sviluppo economico stabile, ed il rapido invecchiamento della popolazione sta comportando un sempre minore ingresso di forza lavoro nel mercato. Anche in Cina, negli ultimi anni, si è assistito ad un sostanziale arresto della crescita demografica, in particolar modo a causa della “politica del figlio unico”, un provvedimento introdotto negli anni ’80, con l’obiettivo di evitare un’esplosione demografica, individuata come possibile minaccia al perseguimento di un sostenuto sviluppo economico. Tale politica, tuttora in vigore, oltre ad un forte squilibrio dei generi nella composizione della popolazione, ha determinato una progressiva diminuzione della forza lavoro ed un invecchiamento della popolazione tale da spingere il governo ad ipotizzare una modifica di quest’ultima.
distintivo di tali nazioni, e quale fattore in grado di sortire prorompenti effetti economici nello sviluppo di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Secondo la teoria sulle “economie di agglomerazione”, proposta da Paul Krugman, imprese ed individui traggono notevoli benefici (quali la vicinanza a clienti e fornitori, la disponibilità di forza lavoro maggiormente qualificata ed il facile accesso a conoscenza ed informazione) dal fatto di vivere in aree urbane (Krugman). E’ in tali termini che i principali mercati emergenti del XXI secolo stanno cercando di dar vita a progetti volti ad accrescere il tasso di urbanizzazione, il quale, tuttavia, presenta sostanziali differenze tra le varie nazioni BRICS. Brasile e Russia si caratterizzano per il fatto di avere una popolazione estremamente concentrata, mentre in Cina e India una percentuale, ancora piuttosto contenuta, della popolazione vive in grandi centri urbani. Tuttavia, se le politiche di urbanizzazione, attuate nei diversi BRICS, stanno stimolando l’economia e gradualmente innalzando il livello di vita nelle aree urbane, al contempo, quest’ultimi stanno dando luogo a marcate disuguaglianze sociali: redditi e condizioni di vita nelle aree rurali sono di molto inferiori a quelle urbane, in ciascuna delle nazioni BRICS.