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LE MOTIVAZIONI ALLA BASE DEGLI INVESTIMENTI IN CINA

Volendo abbandonare la prospettiva teorica secondo la quale si è, ad ora, portata avanti l’analisi dell’evoluzione economica e dello sviluppo cinese, ed assumendo il punto di vista proprio dei soggetti internazionali impegnati in scambi e relazioni commerciali con la Cina, non resta innanzitutto che chiedersi quali siano le principali motivazioni degli investitori esteri, alla base della loro scelta di rivolgersi al mercato cinese. In via generale, tra i motivi più comuni che spingono un’azienda ad avviare attività commerciali in Cina è identificabile la volontà di voler sfruttare la vicinanza al mercato, al fine di cogliere le opportunità di sviluppo e crescita che si sono individuate per i prodotti o i servizi dell’azienda. La possibilità di essere più vicini al cliente, e di poter in tal modo offrire un servizio migliore, si configura quale seconda principale motivazione a ricercare una presenza in Cina da parte delle aziende internazionali, le quali possono, così facendo, anche sviluppare la propria posizione competitiva sul mercato. La volontà di seguire i competitors, in particolare se essi sono già presenti in Cina o vi si stanno insediando, e di sfruttare i vantaggi di costo,

oltre che di rendere più efficiente, tramite la delocalizzazione, le operazioni commerciali, si sono inoltre delineate quali ragioni alla base del processo di internazionalizzazione delle imprese, impegnate sul territorio cinese.

La definizione degli obiettivi strategici che un’impresa intende perseguire tramite l’internazionalizzazione delle operazioni commerciali e l’avvio di attività economiche in Cina, risulta essere un passaggio di fondamentale importanza e precedente alla scelta della forma di investimento da adottare (ICE, 2013). Una corretta valutazione delle opportunità e dei vantaggi offerti dal mercato cinese, combinata ad un’efficace individuazione dei punti di forza e debolezza dell’impresa, si configurano quali principali priorità per il soggetto economico che intende operare nel contesto cinese. Dal momento che è tale aspetto a determinare quale modalità di investimento risulta essere più adeguata alle esigenze aziendali, identificare e definire la motivazione per la quale l’azienda decide di rivolgersi al mercato cinese risulta essere di prioritaria importanza. Innanzitutto, se l’impresa decide di intraprendere relazioni commerciali con la RPC, concentrandosi in una prima fase sulla mera conoscenza del mercato asiatico, la migliore soluzione potrà essere individuata nell’apertura, sul territorio cinese, di un Ufficio di Rappresentanza. Questo tipo di presenza, grazie al fatto di essere una forma di investimento meno impegnativa, con costi limitati e che permette di avviare velocemente le attività sul territorio, può identificarsi quale scelta privilegiata da parte delle imprese aventi specifici obiettivi sul territorio cinese. Se questa forma di penetrazione del mercato permette alle aziende di avviare il processo d’internazionalizzazione in maniera più rapida e sicura, essa presenta, tuttavia, una serie di limiti che sostanzialmente vincolano le capacità operative del soggetto estero in Cina: poiché l’Ufficio di Rappresentanza svolge solo una funzione di promozione e marketing, esso non permette all’azienda di acquisire sufficiente dinamismo e flessibilità all’interno del contesto cinese (ICE, 2013).

Coloro i quali intendono delocalizzare la produzione, o alcune fasi di quest’ultima, in Cina, tendenzialmente scelgono invece di dare vita ad una società a totale capitale estero (WFOE) o in collaborazione con un partner locale (JV). Attualmente questa seconda scelta risulta essere presa in considerazione esclusivamente nel momento in

cui si intende effettuare un investimento in settori nei quali, per legge, è necessario collaborare con una controparte cinese oppure nel momento in cui si identifica un partner locale avente accesso ad una capillare rete distributiva, a materie prime, o avente una ampia quota di mercato. Salvo che per queste eccezioni, gli investitori esteri stanno sempre più decidendo di intraprendere attività imprenditoriali in Cina in maniera indipendente, senza avviare collaborazioni con soggetti locali, dal momento che questa scelta permette loro di muoversi più autonomamente, oltre che di svincolarsi dagli eventuali rischi legati a progetti di collaborazione. Gli investitori esteri che decidono di impegnarsi in società a totale capitale estero o in società miste stanno poi dimostrando la propria volontà ad inserirsi nel contesto cinese, non tanto per sfruttare i bassi costi del lavoro e di dar vita ad imprese orientate alle esportazioni, ma per cogliere le crescenti opportunità offerte dal mercato. Nel caso in cui si decida poi di stabilire la propria presenza nel mercato asiatico con l’obiettivo di svolgere attività commerciali, gli operatori esteri optano tendenzialmente per la costituzione di una società di trading, in forma di WFOE o JV. Queste società, chiamate Foreign Invested Commercial Enterprises (FICE), permettono all’investitore di svolgere attività di trading con l’estero o distribuzione interna, oltre che di raggiungere una posizione stabile sul mercato, grazie al fatto di non dover più dipendere da distributori o agenti. Infine, nel caso in cui gli investitori esteri intendano svolgere attività nel settore dei servizi, si apre ad essi la possibilità di costituire un particolare tipo di Ufficio di Rappresentanza che può fatturare, oltre ad offrire servizi, ed essere quindi più incisivo sul mercato, rispetto ad un classico RO. In via generale la decisione di investire in Cina, un mercato emergente che sta vivendo una fase di sorprendente sviluppo e verso il quale sta affluendo una notevole quantità di capitali esteri, prevede quindi l’identificazione di una strategia d’approccio al mercato, e solo successivamente una corretta valutazione della forma di presenza da adottare. Oltre a stabilire se l’azienda intende vendere, acquistare o produrre in Cina, (una decisione che non comporta la necessità di aprire stabilimenti sul territorio nei primi due casi, ma lo richiede nel terzo), un’impresa deve chiedersi se intende avviare relazioni commerciali con il paese asiatico o se intende strutturarvi

la propria presenza, nel caso in cui essa abbia già precedentemente sviluppato rapporti con clienti-fornitori o abbia già esperienza di vendita-distribuzione nel paese. Il soggetto straniero deve comprendere se intende rivolgersi al mercato interno o se intende esportare quanto prodotto, se nel settore in cui si vuole operare sono presenti limiti o meno, se sono disponibili incentivi e dove conviene realizzare l’investimento. A tale proposito è necessario capire se è preferibile sfruttare la specializzazione produttiva di una determinata area o la vicinanza a fonti di approvvigionamento, clienti, porti e infrastrutture di trasporto. La Cina attualmente, grazie al dinamismo del suo sistema industriale, alla specializzazione produttiva di diverse aree del paese, allo stanziamento di incentivi da parte dei governi locali ed alle dimensioni del paese, offre infatti un’ampia varietà di zone nelle quali localizzare il proprio business.

Una corretta pianificazione delle strategie e degli obiettivi aziendali, combinata ad una adeguata scelta della forma di investimento, si configurano quindi quali priorità e possibili chiavi di successo per la penetrazione del mercato cinese che, grazie alla sua sbalorditiva crescita economica e alla creazione di una classe numerosa di consumatori abbienti, sta richiamando un numero sempre maggiore di investitori. Il fatto che numerose aziende siano già presenti sul territorio e che l’economia cinese stia vivendo un forte sviluppo non esula tuttavia gli investitori esteri dal pianificare attentamente le modalità di ingresso nel paese e dall’operare strutturate analisi e segmentazioni di mercato, al fine di essere sufficientemente preparati a relazionarsi con il contesto cinese.