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PANORAMICA DEI RAPPORTI COMMERCIALI TRA ITALIA E BRICS

Attualmente creare e detenere relazioni commerciali con i BRICS rappresenta una scelta economico-politica di strategica e prioritaria importanza per tutti i soggetti economici mondiali, a prescindere dal loro livello d’industrializzazione. L’Italia, alla stregua delle maggiori economie avanzate, si è progressivamente inserita nelle dinamiche commerciali globali, stabilendo, nel corso del tempo, numerosi rapporti e scambi di carattere commerciale con le realtà emergenti. Sebbene l’Italia non abbia mai ricoperto il ruolo di fondamentale partner dei paesi BRICS, le collaborazioni commerciali ed i flussi di capitale, tra il nostro paese ed i mercati emergenti in questione, stanno progressivamente intensificandosi.

Dal punto di vista commerciale, le statistiche a disposizione permettono di affermare che l’importanza dei rapporti economici con l’area BRICS, per l’Italia, è in costante

ascesa, nonostante il rallentamento della crescita economica, seguito alla recente crisi economico-finanziaria. Nel 2009, il 9,4% del volume totale del commercio estero italiano è stato determinato dagli scambi commerciali con le nazioni BRICS, dalle quali si sono importati beni per una percentuale pari al 12,4% del totale delle importazioni, e verso le quali è stato indirizzato il 6,4% delle esportazioni nazionali: in tale processo Cina e Russia si sono identificati quali fondamentali partner nell’interscambio nazionale (Goldstein, 2011). Tuttavia, come accennato in precedenza, sebbene le relazioni tra il nostro paese e le nazioni emergenti stiano costantemente intensificandosi, una serie di elementi si definiscono quali principali ostacoli al vero e proprio decollo della collaborazione Italia-BRICS.

In primo luogo è possibile menzionare il deficit strutturale italiano, quale fattore in grado di rallentare e minare parzialmente i rapporti con Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. La mancanza di stabilità economica, l’elevato rapporto deficit-PIL e la minore incisività italiana sui mercati globali, sono elementi che stanno rallentando il consolidamento delle relazioni commerciali con i nuovi protagonisti mondiali. In secondo luogo, l’Italia sta definendosi quale marginale fornitore di beni e servizi nelle nazioni in via di sviluppo prese in analisi, e sta registrando tassi d’esportazione di molto inferiori a quelli di altre economie sviluppate, essendosi essa inserita piuttosto tardivamente, ed in maniera poco radicata, in tali mercati. In ultimo, è possibile annoverare tra le ulteriori difficoltà del nostro paese nel creare relazioni stabili e durature con i paesi in via di sviluppo, il fatto che i settori di specializzazione italiani sembrano essere tra quelli maggiormente esposti alla concorrenza dei prodotti interni delle nazioni BRICS. La Cina si configura quale principale competitor italiano sui mercati Ocse e nei maggiori paesi a reddito medio, paesi verso i quali è indirizzata gran parte delle esportazioni italiane e cinesi a basso contenuto tecnologico, con particolare riferimento ai prodotti del settore dell’abbigliamento e dell’arredamento. In merito all’espansione commerciale delle aziende italiane è stata registrata una sostanziale crescita degli investimenti diretti esteri italiani nelle nazioni BRICS, aree e mercati che stanno vivendo un sostenuto sviluppo economico e che stanno ricoprendo un’importanza sempre maggiore sullo scenario mondiale. Le imprese

italiane, i cui investimenti sono principalmente diretti verso Cina e Brasile, hanno progressivamente rafforzato la loro presenza, nei maggiori mercati emergenti, tramite la creazione di filiali produttive e di distribuzione, operanti in sparuti settori. Relativamente alle dinamiche settoriali, in Brasile le aziende italiane sono specialmente radicate nel settore dei mezzi di trasporto e delle telecomunicazioni, in Russia in quello finanziario, dei prodotti alimentari, dei servizi al commercio e delle macchine agricole, settori che registrano una marcata presenza italiana anche in India e Cina. La maggiore fonte di IDE italiani, nei paesi BRICS, è rappresentata dai protagonisti commerciali di grandi dimensioni del nostro paese, quali Fiat, Prysmian ed ENI, aziende che risultano aver avviato solidi progetti d’investimento in Brasile, Russia, India e Cina (Goldstein, 2011). Un numero sempre crescente di imprese di medio-piccole dimensioni sono sempre più coinvolte in processi di espansione commerciale e produttiva nelle principali realtà emergenti: l’internazionalizzazione di tali soggetti, iniziata con l’obiettivo di ridurre i costi di produzione ed accedere a fonti di approvvigionamento, sta gradualmente assumendo la forma di espansione commerciale finalizzata alla penetrazione dei mercati BRICS ed allo sfruttamento delle potenzialità economiche di tali paesi. Le piccole-medio imprese, soggetti caratterizzanti dell’economia italiana, stanno inoltre riuscendo a ricostruire parzialmente la struttura tipica del sistema economico, definito “locale”, all’estero: distretti industriali, entità economiche specializzate, flessibili, ma limitate dalle ridotte dimensioni, sono riusciti ad inserirsi e ad operare, incisivamente, in mercati emergenti. Tuttavia, sebbene negli ultimi decenni sia stata riscontrata una certa propensione delle aziende italiane ad investire all’estero, resta ancora indubbio il fatto che, quantitativamente, il numero degli investimenti italiani destinato ai mercati stranieri è di molto inferiore rispetto a quello delle altre economie avanzate. In ultimo, analizzando i flussi di capitali in entrata, è possibile riscontrare che gli investimenti BRICS, nel nostro paese, sono strettamente condizionati dall’entità di singole operazioni d’investimento e sono fortemente altalenanti, tendenza a conferma del fatto che il nostro paese non risulta essere meta preferenziale degli investimenti BRICS. Le carenze infrastrutturali e burocratiche, oltre che la generale

mancanza di materie prime del nostro paese, possono essere annoverati tra le maggiori cause del minore afflusso di capitali delle imprese emergenti, le quali, tuttavia, registrano attività commerciali in Italia, nel settore alimentare, siderurgico ed energetico, oltre che nei settori in grado di garantire loro l’accesso a logistica, distribuzione e competenze manifatturiere.

Se in questo paragrafo si è voluto proporre una panoramica generale dei rapporti tra Italia e Paesi BRICS, con l’obiettivo di fornire un quadro complessivo delle tendenze economico-commerciali italiane con le principali nazioni emergenti, l’analisi e lo studio delle modalità economiche dei soggetti commerciali italiani, verranno più dettagliatamente presentati nella terza parte del progetto. In quest’ultima sessione lo scopo è di ridurre il campo d’analisi della ricerca e di focalizzarsi sulle relazioni economiche intercorrenti tra Cina ed Italia. I suddetti paesi sono stati scelti in quanto rispettivamente rappresentativi delle realtà emergenti dei BRICS da un lato, e dei paesi sviluppati intenti ad inserirsi nei meccanismi mondiali e ad adattarsi ai mutamenti dell’economia globale dall’altro. Questa parte conclusiva è sostanzialmente indirizzata alla presentazione delle specificità del sistema cinese, delle regolamentazioni vigenti in tale mercato e delle strategie economiche da utilizzare negli scambi commerciali con la Cina. L’analisi che verrà proposta, oltre a definire i caratteri strutturali del sistema cinese e delle modalità d’internazionalizzazione italiana, si caratterizzerà quale frutto dell’elaborazione di materiali bibliografici e dati raccolti tramite un’indagine empirica sulle metodologie di entrata nel mercato cinese, adottate dalle aziende italiane.

PARTE III