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L’impiego di parole sdrucciole talora sollecita particolari rapporti sonori aggiungendo la particolarità ritmicaalle consuete dinamiche paronomastiche o ai particolari omoteleuti che ne caratterizzato spesso i suffissi finali. Così, possiamo registrare alcuni esempi di relazione come angolo:tavolo (DSP.1.2.v.15 e ACQ.7.C.v.3), aggrappandosi:grappoli ((ACQ.1.D.v.9), capitoli:titolo (ACQ.7.E.v.5 sgg.), candidi:brividi:lucide (ACQ.9.D.v.11 sgg), macchina:meccanica:macchiano (VIT.5.A.v.10 sgg.), che costituiscono momenti di apprezzabile virtuosismo poetico.

Tuttavia, posto in questi termini, il problema delle sdrucciole rimane al di là dall’essere impostato. Anche alcuni esempi di serie di ricorrenze flessionali non aiutano nell’obiettivo che ci siamo proposti:

un via vai tra giornali, sandwich, bagagli, caffè, di cose di persone

care, che scivolano incerte e chiamano, sbuffano, mi tirano la giacca...)

(DSP.19.v.19-22) non visti i bambini ridevano, acuti;

gridavano, giocavano: mettevano orrore! [...]

(DSP.2.4.v. 7-9) (ma guarda tu quei due che sguardi...

adesso si avvicinano... mi pestano...

mi lasciano svenuto sulla strada, a pezzi, sanguinante...) (DSP.10.1.v.12-13)

In effetti, le serie indicate in esempio sembrano soddisfare necessità climatiche o di ripetizione, più che particolari esigenze ritmico-metriche. In ogni caso, segnaliamo come le porzioni di testo degli esempi mettano in evidenza la scarsità se non l’assenza di differenti strategie di compattazione del significante nelle zone poetiche impegnate dalle sdrucciole. Procediamo con qualche altro esempio:

Non è questione

d’essere mammone, è che lo spettro

della solitudine ormai doppia (non mia)… e quella musica alla radio della domenica nel primo pomeriggio confessa e stabilisce la quantità della pena

(DSP.2.v.11-15)

Max e il camionista che al volo si passano le casse pesantissime: da fracassare i muscoli, i muscoli che invece tengono.

VIT.7.E Fra il tetto e il davanzale, nel cortile,

quelle bestie malate, quando è ancora buio, gemono, urlano in un coro altissimo. Penetrano, lugubri, attraverso i vetri, nei rantoli, nei sussulti animali,

nell’odore e negli occhi chiusi della stanza. Sono con noi.

Tornando ancora alla base: ma la fuga poté dirsi arrestata. Nonostante gli spari gli inseguimenti l’ansia il complicel’irreparabile le accuse inamovibili.

(Proseguire in un’ipotesi omicida aguzzare per tempo l’occhio avanti.)

(DSP.12.3.v.11-17)

In queste porzioni di testo si evidenzia una presenza di sdrucciole a macchia che non sembrano costituire particolari geometrie compositive, non fosse il fatto che la loro ricorrenza costituisce una delle principali, se non l’unica, serie di termini caratterizzati da una particolare specificità sonora. Qualora fosse necessario, un altro gruppo di esempi ad alta densità di sdrucciole conforta quest’ultima osservazione:

O mio pallido birichino l’orso nero di fuoco è nella gola c’è il giocattolo di legno marino e pochissima scienza.

Non vedrò più Milano lavami lavami lavami.

(DNN.1.G) Unghiuti piedini, amorevole broncio. All’ora

che i conti non si chiudono, quale filtro mai s’insinua, tenero crapino, intollerante bisbetico cuoricino... Solo più bava e grinze. «Crudeltà sottili, piccole vendette

miserabili...» Ma guardati,

vacante sguardo, vischioso cane appigliato... Tra la porta ormai socchiusa e il muro due occhi trasparenti gonfi fissano.

(ACQ.8.C) «Questa strana esperienza… animale

litigioso.» «Cicli diversi della vita

di cui l’ultimo è sempre il meno necessario.» Richiami orali, frasi bisbetiche; e mulinavano

di seguito certi fendenti, colpi cattivi addosso, in aria.., e mi veniva da urlare,

offendere, trascinato scalciando, peso morto ridicolo, pronto a infierire sulle lacrime,

sulla bocca contratta, rettangolare, nello spasimo... (ACQ.14.6)

Acquisiamo agli atti l’osservazione che l’alta densità di sdrucciole compaia dove vi sia una rarefazione di altre strategie sonore; in ogni caso, se questo è vero, può anche

verificarsi il fatto di una presenza più strutturata, indiscutibilmente ricercata, del fenomeno in analisi. È emblematico a questo riguardo l’ultimo verso dell’ultimo titolo della prima raccolta, DSP:

Non sono arrivati, i nostri. Addio

caro adorabile piccolo tanghero ipocrita.

(DSP.25.v.44-45)

che mette in serie tre aggettivi e il relativo sostantivo finale da riferirsi al protagonista della raccolta, il disperso eponimo, l'io poetico appunto. Serie orizzontali di termini sdruccioli, talora tricola potenziati dalla ricorrenza ritmica, compaiono altre volte, e al pari del precedente esempio è difficile escludere una intenzionalità del poeta:

Triste,

inutile, angosciosa, beffarda, l’incidentale, ingiusta, violenta

morte incolpevole sul fatto da impallinatura, dell’accorrente appuntato (o che altro?) La Bernarda fulminato. Spiacevole, tragico, evitabile il grottesco finale dell’arresto,

(DSP.13.3.v.3-8) l’identità delle visioni,

possibili metafore gratuite...

(ACQ.4.5.v.5-6) Difficile decidersi, muoversi e andare,

tra latte e sporcizia, nel verde dei Grasselli...

ACQ.4.9.v.7-8) La memoria insiste

sul legno abraso e opaco dove la , nel tempo,

briciola su briciola, minima, invisibile, ha eroso d'AffETTO il suo colore, il rosso, il rosso dell'ATTREZZO.

In queste fruste teche barocche, resiste l'ATTREZZO antico, povero come la ATTIva. Povero e enorme come la macchina meccanica

nobile e astrusa, cieco ordigno

VIT.5.A.v.1-11

Contrariamente a quanto fino ad ora osservato, l’ultimo esempio presenta una alta densità di strategie di compattazione del significante: vi si riconoscono serie strutturanti in senso verticale (-mano, -att-, -ste) ed altre linee di minore impatto in senso

orizzontale, ma è significativo osservare come le due serie di sdrucciole orizzontali e l’anafora di povero non siano quasi toccate da altre forme di relazioni sonora. Le sdrucciole, come le altre serie, sembrano fare gruppo a sé, costituire serie autonome.

Più significative invece sono alcune ricorrenze verticali, sicuramente ricercate perché in punta di verso o in forte connessione ritmica e sonora tra di loro:

Vedi che al cancello le strade si biforcano; già succhiando la bocca si impasta, si imperlano le labbra. Si espandeva, sgocciolava l’umido... C’è come un poggio davanti alla villa, le foglie volteggiano come gli abiti, cadono come farfalle in bilico quando mi tuffo, lento, saltellando nella linea orizzontale, arancione del tramonto.

(ACQ.1.A) Già, eppure l'angelo più alto,

l'anima e la mosca hanno in Dio un archetipo comune.

Dio non può creare senza di me un solo verme... Donna è il nome più nobile

che si possa dare all'anima. Molto più nobile che vergine.

(JDA.29) Dolce società crudele - uomini o api -

che vive minuziosa ed economa

la sua breve esistenza nell'anima dei fiori che succhia in un orrendo sacrificio le sue forze spargendo antenne e ali, zampe amputate nella regola della mirabile e oscura, universale pianta carnivora che ci sorride e mastica.

(VIT.6.D) Sono una vecchia, traffico,

senza ormai niente di patetico, dietro certe verdure, certi spiccioli...

(ACQ.14.5.v.7-9)

Nel primo esempio, serie di sdrucciole contribuiscono a strutturare in punta di verso la prima porzione di testo, in senso orizzontale e verticale la seconda, se accogliamo nel novero anche il termine con dittongo finale linea; per il resto, si tratta dell’unico esempio tra i quattro forniti in cui compaiono altre serie sonore. Una doppia serie verticale caratterizza invece con opposta topologia il secondo esempio; la serie

uomini:economa:anima del terzo inanella le tre compattazioni ritmiche, topologiche e sonore ad un tempo.

Ulteriori ricorrenze analoghe possono contribuire ad infittire la trama di sdrucciole in un testo specifico:

Ho un cervello meccanografico

verde, argenteo, mirabilmente minuzioso e munitissimo, espandibile, ergonomico, con prodigiosi allestimenti di piastrine, moduli di memoria, dischi ottici, diffusori acustici, un chip audio evoluto a 478 piedini, un dissipatore

silenzioso, efficiente, progettato per non stressare la madre.

(SCL.3.B.V.1-9)

È indubbio che la rilevante presenza di sdrucciole in questo esempio sia arricchita dalla compresenza di due parole terminanti per dittongo, argenteo e memoria. Anche in questo esempio, come numerosi altri, emerge una bassa densità di altre strategie di disseminazione sonora.

Alla fine di questa indagine possiamo affermare che l’impiego di parole sdrucciole abbia costituito nella poesia di Cucchi uno dei possibili strumenti di compattazione del significante: addensare membri in gruppi o in serie verticali e orizzontali ha contribuito a strutturare in un certo modo determinate porzioni di testo; tuttavia, questa operazione non deve essere intesa in contrapposizione alle strategie analizzate nei paragrafi precedenti, bensì tra queste ultime una ennesima strategia, come emerge evidente dal fatto che quando la densità di sdrucciole è molto alta, è l’elemento ritmico ad essere messo in particolare evidenza, poiché altre strategie immancabilmente dileguano.

CAPITOLO 1 IL DISPERSO (1976)

1. INQUADRAMENTO GENERALE DELLA RACCOLTA

La prima raccolta si compone di 25 testi variamente articolati in sottotesti. Abbiamo già avuto modo di vedere che i componimenti possono essere divisi, da un punto di vista tematico, in due gruppi divisi da un componimento, DSP.17 che funge in qualche modo da spartiacque; significativo è anche il suo titolo, Il principio. Le due parti si compongono quindi rispettivamente di 16 e di 8 titoli e risultano piuttosto compatte, come abbiamo visto nei paragrafi dedicati alle dinamiche di coesione testuale. Nella prima parte domina uno scenario domestico legato alle vicende della famiglia dell'io poetico a ridosso della disgrazia stradale che cagionò la morte del padre (ma si saprà poi, nel prosieguo delle raccolte di Cucchi, trattarsi di suicidio). La condizione soggettiva è fortemente turbata: riepilogando quanto detto in precedenza, abbiamo un io poetico adulto che ricorda, ora, gli avvenimenti passati, ed un io poetico bambino che continua a cercare tra interrogativi, dubbi e sensi di colpa, una ragione per l'accaduto e un nuovo paradigma identitario e relazionale che fondi o sopperisca quello oramai venuto meno del padre. Nella seconda parte, l'ambiente domestico e familiare viene meno per lasciare l'intero spazio poetico alla riflessione di un io che decide di reagire all'impasse identitario descritto in precedenza lanciandosi in una nuova avventura (usata è la metafora del viaggio) che ha come obiettivo la relazione con gli altri e l'approdo a nuove consapevolezze su se stesso.

Emblematico a questo riguardo, come abbiamo accennato, il componimento di svolta, DSP.17:

Il principio

O mon bien souverain, cher corps, je n’ai que toi! P.VALÉRY

Qui non è più il cervello che detta legge.

Mi sono organizzato ormai diversamente.

«La testa» dici «mi duole.» «La mia testa» ripeti smorfiando. …: e già ti vedo in pezzi senza scampo gli attrezzi qua e là.

«Il corpo» dici «il mio corpo.» …: e già ti vedo suddiviso analizzato e già ti scopro dissociante.

In sosta, però, medito:

mi potrei buttare incontrollato. Esito ancora un po’, dubbioso; eccomi dunque. Ecco, tra panico e frenesia, vedo!

Come una forma tonda e come un coso sopra. La lingua? Taccio.

Vedo due forme tonde. È inutile! Non resisto... Sono là sopra...

Dopo i difficili primi testi, complicati perché caratterizzati da impossibilità conoscitiva, DSP.17 presenta chiaramente gli indizi del cambiamento fin dall'esordio (qui non è più… mi sono organizzato ormai diversamente), e così il desiderio di attivarsi per un nuovo corso nella seconda metà (medito, mi potrei buttare, eccomi dunque). Il punto di partenza, il principio proclamato nel titolo, è indicato fin dall'esergo nel proprio corpo, ma bisogna fare attenzione. Certo, il corpo viene citato per ben due volte, e così le sue più nobili parti (testa due volte e inoltre cervello e lingua), ma per cambiare direzione all'esistenza l'io poetico sembra individuare una strada caratterizzata dalla corporeità e dalla materialità: l'interrogarsi continuo per capire, sembra suggerire il componimento, non ha raggiunto alcun approdo, e pertanto bisogna trovare altre

strategie per sopravvivere (buttarsi incontrollato, tra panico e frenesia), in un contesto dove il cervello non deve più dettare legge, dove la testaduole, dove la lingua deve tacere, e dove il corpo rischia di essere sottoposto ad una analisi così accanita da risultarne dissociato. La funzione di componimento di svolta può essere valutata anche dalle caratteristiche formali che lo rendono singolare all'interno di DSP: la mise en page risalta all'interno della raccolta per la brevità quasi telegrafica di quasi tutti i suoi versi, e non si registrano altri fenomeni con le stesse caratteristiche. Con i versi, anche la lunghezza delle frasi e dei periodi risulta contenuta, e non si trovano le consuete enumerazioni o quelle altre particolari strategie finalizzate a tematizzare la difficoltà, l'incertezza, il dubbio, il disorientamento narrativo: certo, albergano qui un io e un tu che, alla luce di quanto acquisito agli atti quando analizzammo DSP.1, dovrebbero essere in realtà due distinte figure dello stesso io poetico, ma all'interno di DSP quello in analisi è il componimento con il minor numero di particolarità interpuntive, e, dato ancor più significativo, si tratta di uno dei titoli più ricchi di verbi di tutta l'opera cucchiana: quarto titolo nella graduatoria generale dell’indice di più bassa rarità verbale (5,26), appartiene a DSP che presenta una media complessiva del 12,89 (12,33 nella prima parte dei titoli, 15,02 nella seconda), una tra le più basse di tutte le raccolte.

Un nuovo principio, quindi, che ponga fine ad un periodo di inconcludente dolore e sofferenza, questo è quello che si augura l'io poetico. Ma da quale condizione intende uscire?