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Abbiamo chiarito che valori di molto alti certificano la presenza di testi lunghi accanto ad altri molto brevi nello stesso componimento; viceversa, componimenti a basso mettono in evidenza una certa omogeneità nella lunghezza dei testi. Potrà quindi essere utile analizzare un campione di poesie per verificare se particolari valori di possano rivelare particolari scelte stilistiche. GLN.1 (Rutebeuf) è costituito da una lunga serie di testi molto brevi caratterizzata da basso (2,32); dei ventotto testi che lo compongono, diciotto sono inferiori ai 4 versi; 8 testi sono compresi tra i 5 e i 7 versi; un solo testo ne presenta 9, un altro ne presenta 12.

La struttura narrativa è scomponibile in un paio di temi legati da passaggi logici. Una prima sezione riguarda i testi da GLN.1.A a GLN.1.H con una matrice parziale a bassissimo [3-3-2-3-3-4-5-3]; vi si parla della figura del poeta medievale provenzale Rutebeuf. La sua poetica dell’intuizione e i suoi aspetti biografici da artista socialmente bordeline sembrano essere graditi dall’io poetico al punto da vederne un proprio paradigma comportamentale e identitario. Successivamente la piccola sezione di 3 testi compresi tra GLN.1.I e GLN.1.K opera la fusione tra figura letteraria e biografia dell’io attraverso gli esempi socio-antropologici delle persone affette da cretinismo o idiotismo13 visto come cifra dell’autenticità. È significativo il fatto che il testo a maggiore disomogeneità versale sia proprio quello che determina la conclusione del tema e il passaggio contenutistico ad altro:

13 In CUCCHI M. (2016), p. 370, si riporta una nota d'autore che spiega come il poeta, nel definire i soggetti affetti da idiotismo si rifaccia all'omonima glossa contenuta nel Dizionario di cognizioni utili (vol. III, UTET, 1924).

Indossa un camicione che gli arriva ai piedi nudi. È piccolo

come un fanciullo, e ha le dita intrecciate sul petto,

quasi in preghiera. Con la sua faccia tonta e il naso trilobato

mi dà un’idea di mitezza sognante e di una nobiltà interiore un po’ animale. Per molto tempo ho guardato la figura e ho riso.

Ora non più.

(GLN.1.I)

GLN.1.J replica lo stesso tema del cretino, è quasi una appendice di I; quindi, segue il breve testo K (3 versi) in cui si introduce, grazie al tema del sogno, la seconda parte del componimento. Il testo L è nuovamente un testo lungo nell’economia del componimento, e come il precedente chiude una sezione tematica, così questo ne apre un’altra:

Il sole era già alto

e lei nella discesa oltre il cancello così vecchina e piccola

infagottata nel suo cappotto blu.

Non potrò più dimenticare questi pomeriggi seduto al tavolino col tuo vermut

a vederti mangiare

e dire: «In fondo la mia vita è stata povera, ma non mi è mai mancato lo spirito».

(GLN.1.L)

Al testo L segue un’ampia sezione di sedici testi con matrice caratterizzata da nuovamente molto basso [3-2-7-3-5-6-4-5-5-3-4-2-6-2-2-2], il cui contenuto è autobiografico e riguardante la madre, l’infanzia, il padre e la sua fine.

Dove abbiamo omogeneità nella lunghezza dei testi (basso ), sembra essere una prima conclusione, abbiamo una narrazione che procede per passaggi logici e consequenziali; nel momento in cui ci imbattiamo in testi più lunghi della media, osserviamo come la loro funzione sia di discontinuità, di rottura con quanto è stato detto in precedenza e con quanto verrà detto successivamente. Vediamo altri esempi.

FNT.3 [10-10-11-9]; =0,71 ha un contenuto che opera una riflessione sulla creaturalità dell'uomo, orfana di Dio, e che nega qualsiasi senso alla trascendenza; i

quattro testi sono tenuti assieme da un filo conduttore tematico chiaro, ma si presentano come momenti autoconclusi, come distinte argomentazioni relative ad una stessa questione. Una sorta di polittico, insomma.

ACQ.8 [11-11-9-11]; =0,87 descrive, come molti altri testi di ACQ, una sorta di discesa nelle profondità del ricordo e della memoria, forse del sogno o di una dimensione in qualche modo altra rispetto alla realtà; in questo scenario dell'oltre, l'io incontra presenze e creature che attendono una forma; i quattro testi, in qualche modo, certificano la discesa, la volontà di intraprendere il percorso, l'incontro e la constatazione che questo concretizza un muoversi fuori di sé e verso l'altro, concretizzando una linea narrativa che ha un principio e una fine in coerente continuità. I quattro testi delineano quindi quattro momenti episodici di una stessa riflessione.

DNN.7 [4-6-4-4-5-7]; =1,15 è un componimento che ha come contenuto il consapevole tentativo di scoprire per sé una identità autentica:

A.

trepidi cenni disegni di carta ma quali saranno attore maschera o marinaio i moti del tuo cuore? B.

anima furba che mi eludi mano molle che il capo tiene su, il tempo fai cadere, la tua fisionomia è un bavero un clic un cappello, nessun luogo è la tua casa ogni straccio un possibile volto

C.

sui sandali dell’austerità sfarfalli come angelo oppure te ne andrai strusciando inquieto le tue ciabatte di foglia

D.

è già schermo l’ombreggiatura del collo il debole mento sfuggente, opponi dietro mille volti nessun volto

E.

amico mio il tuo sarto ti infossa ti sbava i contorni i bottoncini, ti raddoppia agile o pasticciato nelle linee

morte quasi un osso F.

sfumante fragilità, deposti i tuoi lembi posi t’inquadri placato, quelle mani un po’ si agitano quasi ombra o il torso ruvido massiccio e le spalle il naso freschissimo: ti darò un volto e un nome.

Il procedere del componimento è un insieme di invocazioni e di propositi, l'io poetico ora parla con se stesso (anima furba, amico mio), ora descrive il lavorio di creazione identitaria fino al finale in cui manifesta, chiara, la propria intenzione. Il componimento è rappresentato dalla progressione di una volontà, i singoli testi non ne descrivono che il decorso, ancora in perfetta continuità; l'esito della riflessione stacca alla fine l'ultimo verso.

GLN.2 [11-10-15-10-11]; =1,85 è un componimento che descrive ancora una volta il desiderio di uscire, di muoversi dalla propria condizione di staticità:

A.

Cerco nuovi percorsi a minime distanze, oltre le solite muraglie. Percorsi sottili di ragna, nel piano paziente e leggero che solo a fili pare che s’intrichi. Infiorescenze, terra,

pulizia intatta.

Qualcuno fa i suoi passi, si allontana,

eppure è sempre lì. B.

Siamo figure indistinte e così indissolubili, eppure senza tracce, ormai senza volere. E giri piano,

verso la luce, il cilindro, osservando figure mutanti, geometrie, reticoli, tele. Sentiamo un po’ di vertigine o il peso del buio nelle fibre.

C.

La materia non è un’idea, ma certe volte si riassume in tracciati composti, in linee. Ma è più che altro un’illusione e nel suo trasparire

s’insinua il corpo scuro di un’ala opaca, cupa, che ci calca la fronte.

Poi in una primavera limpida, senza riserve,

dopo o dentro il disastro, vedi la gente passare e il gioco veloce degli occhi ti invoglia ancora a strofinare i grumi delle facciate.

D.

Da questa zona bassa e vacillante, non so se il monte mi porterà in alto, o verrà a imprimermi

come un residuo fossile schiacciato, strozzato in gola.

Ma sogno

lo spaccamento del sasso e che non sia asciutto, e si sprigioni.

Anche se il fiume scorre sempre. ma noi no.

E.

Calcando terra davanti al lavandino, c’era una roccia fluida,

una madre o una sposa, un albero davanti al mare, nubi volanti...

Mi fermo in una stanza desolata, dove finisce il viaggio.

Sono all’Hotel Riviera, tra i camion e le giostre, osservo l’acqua piatta, passa la scia dei canottieri.

Anche qui come nel testo precedente i singoli testi sono momenti di una stessa riflessione o narrazione, mentre la parte finale pone semplicemente una conclusione, il risveglio da un sogno ad occhi aperti; nella prima parte del testo E l'uso dell'imperfetto c'era allude già al fatto che il viaggio onirico oramai era finito, ma quello che intendiamo sottolineare è che questo testo non costituisce una specificità tipologica

particolare, come abbiamo visto in GLN.1 e come vedremo nel prossimo paragrafo. L'incedere della narrazione è lineare e procede verso una sua conclusione naturale.

ACQ.10 [12-12-12-12-12-12-8]; =1,40 ha un incedere fortemente narrativo; vi si descrive una sorta di catabasi nel sonno e nella memoria per ricercare in questo oltre onirico e metafisico una autenticità identitaria; questo oltre offre infinite possibili aperture, concretizzando, con la ricerca e al di là di un dover essere, un poter essere identitario. Riportiamo gli ultimi due testi:

F.

Ieri ne avevo coscienza piena, immagini. Oggi da sempre ce l’abbiamo addosso. Solo si agita e urla sulla porta in mezzo

ai rottami del giardino. Magri cartocci pendono dalle rigide braccia... oscena

chiara muffa onnivora caverne che si scoprono sotto il palato. Chi sul confine minuscolo passeggia rattrappito tra le crepe insanguinate, al fondo cieco della fessura dentro i fili. L’insegna azzurra la palazzina, centinaia di chilometri... Ricordiamo le caste parole nei lineamenti mobili, nell’infinita bocca. G.

Mentre riemerge nella piena bellezza il suo volto protetto accarezzato dal ruvido latteo lenzuolo. Nel prato esteso potrò bagnarmi, riavere fiato terra, sfuggire prove ulteriori, mortificazioni... Nell’ennesima stretta chiarimenti d’obbligo. In questo ambiguo delirio, nella gola tutto si chiude irremovibile si trattiene. Ma non sei tu che mastichi che mormori «pietà, pietà per questi poveri corpi»?

Dal fondo riemerge l'immagine di una salma amata e una sensazione di sollievo, di leggerezza interiore, ma nel testo G vi è perfetta continuità di tono e di tema con i precedenti testi, un decorso narrativo lineare che giunge ad una conclusione ma non la commenta con modalità narrativamente distaccate.