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Sulla morte del defunto ci sono altre persone che sanno o che potrebbero sapere, che intervengono con una parola, una opinione, che potrebbero rivelare dettagli e informazioni, ma l’intero processo di agnizione, o meglio il suo tentativo, viene centrato sulla figura di S, io narrante e figlio dello scomparso.

S è chiaramente uno dei membri della famiglia che ha subito il lutto in maniera più diretta; sul fatto che si parli di una famiglia legata al defunto non occorre dire altro. In particolare, diversi elementi testuali concorrono a delineare per S la figura di un bambino (in questo caso, S0): quel S che si rivolge insistentemente alla figura femminile (lei) in DSP.1.4 è tratteggiato come un soggetto emotivamente e conoscitivamente incompleto, immaturo, bisognoso di conferme e di mediazioni per comprendere ciò che è avvenuto; chiaramente, non siamo di fronte ad un adulto.

L’illazione trova un suo più concreto fondamento nelle prime sezioni del testo: l’io che in DSP.1.4 interrogava e si interrogava, in testo 1, v.5 sgg. ci si presenta con le fattezze di un bambino: al v.9 torna da scuola, al v.14 si stiracchia dopo essersi svegliato, con gli occhietti/ appiccicati, nel pigiama, goffo, da cane. È un bambino indubbiamente il furbo di cui al seguito del v.4, cui si farà cenno affettuoso e ironico anche nella poesia Le briciole nel taschino (DSP.6), nel suo rapporto con il nonno.

Ma è un bambino e quindi lo stesso S0 anche quella voce di cui a testo2,v.19, di opaca identificazione per il contesto in cui viene inserita e per l’impiego della parentetica, ma che viene attratta nel mezzo della narrazione con uno scarto logico difficilmente attribuibile ad un adulto che parli seriamente: questa voce, infatti, si chiede se c’entra qualcosa il vicino… con una faccia da vampiro, una sorta di libera e infantile

interpretazione investigativa (ricordiamo che si cercano indizi sulla morte di una persona) che avrà consequenziale sviluppo nei versi successivi (vampiro, denti, dentista).

Quindi, S ci si presenta talora con riconoscibili caratteristiche infantili; tuttavia, e allarghiamo il quadro interpretativo, questa figura di bambino costituisce il ricordo di un io che ritorna, dopo molto tempo, sui passi della memoria: testo 1, v.8 ricordo che…, testo1, v.12 adesso comunque, eccomi qui. La dicotomia già segnalata consente una adeguata interpretazione dei diversi livelli temporali presenti nel testo. Questa chiave di lettura però sottopone ad una certa prova di resistenza l’assunto della terza unità narrativa del primo testo (DSP.1.1, vv. 12-19): nel momento in cui vengono descritti alcuni fatti o ricordi relativi a S0, vi è una correctio al presente che lascia intendere una presa di distanza dal ricordo, come se l’abbandonarvisi concretizzasse un atteggiamento di inautenticità (vv. 17 sgg. e allora con che faccia/ fingere un’altra volta il tono giusto, le parole).

L’oscurità del dettato non si lascia dileguare (è inautentico il ricordare ancora? Il fingere di essere qualcuno che non si è più? si era inautentici allora?), ma è notevole il fatto che questo passo venga fortemente referenziato al v.2 della poesia Primo tempo di un’avventura (DSP.18, Non saprei dire, poi, quale la faccia giusta... e il tono...) che nell’economia di DSP si colloca subito dopo il testo cruciale Il principio. Vi ritorneremo successivamente, quando affronteremo gli snodi contenutistici delle singole raccolte, in particolare quando parleremo del tema dell'autenticità.

S quindi è alla ricerca, ora da adulto come allora da bambino, per comprendere le dinamiche e il senso dell’accaduto: i testi sono pieni di riferimenti espliciti a tale attività istruttoria, se è vero che non può essere che un bambino quello che gioca dopo essere stato dal dentista, al tramonto (testo 2, v.24 sgg.), esibendo dentatura e risa macabre. Ma è certamente un adulto quello che cerca di delineare una rudimentale istruttoria in più e più punti (ci sarà pure un colpevole etc.; ma quel tale entrato poco dopo… cos’ha capito? ...; c’entra qualcosa il vicino…?...; ma in concreto quanto ne sapevamo?; mi sono domandato il perché…; avevo cercato di chiedere…). Quindi, cerca il bambino, cerca l'adulto, entrambi senza confortanti approdi: è possibile ricostruire per il bambino e per l'adulto differenti modalità di ricerca? Se S0 e S1 si identificano, è diverso il loro modo di porsi nei confronti dell'istruttoria?

In effetti l’indagine, faticosa e mai lineare, sembra procedere con due specifiche modalità agnitive: una di tipo enumerativo, una di tipo analogico. Si tratta di meccanismi stilistici che costituiscono motore della narrazione: nell’esercizio della funzione narrativa infatti, questa talora tenta di enuclearsi e spingersi innanzi attraverso elenchi di oggetti, talaltra lascia itinerari strettamente logici per gemmare ricordo da ricordo, impressione da impressione, con modalità che definiamo oniriche o analogico-associative.

Del primo tipo enumerativo abbiamo esempi nelle seguenti unità narrativo-cronologiche):

1.1: gli oggetti trovati nel cassetto della Lambretta;

2.2: gli oggetti del vissuto interno domestico alla presenza dell’inquirente; 2.3: analoghi oggetti che si trovano all’esterno dei locali abitati;

3.2: elenco di indizi relativi ad un lento declino manutentivo dei locali abitati; 3.4: elenco di vari interessi del padre;

4.2: tipologie di oggetti relative ai risultati della ricerca; Del secondo tipo analogico abbiamo esempi in:

1.2 e 1.3: il passaggio analogico avviene avendo come innesco il riferimento alla scuola e ad effetto il ricordo del risveglio nelpigiama goffo da cane;

2.4, 2.5 e 2.6: con una logica più infantile che onirica, il senso di indagine, mistero ed incertezza focalizza l’attenzione di S0 sul vicino con la faccia da vampiro che esce sempre tardi, la sera; quindi sugli appuntamenti serali dal dentista; quindi sulle opinioni della vicina del dentista, che sembrano lanciare un’accusa che S0 teme rivolta contro di sé.

3.2 e 3.3: l’elenco dei piccoli problemi manutentivi di 3.2 si amplia nella successiva unità a ricomprendere, in maniera un po’ infantile o ironica, la muffa che cresce sulla suola della scarpa.

Il primo tipo di modalità agnitiva, quello enumerativo, sembra caratterizzare l’approccio di S1: la sua ricerca dei fatti, operata con evidenza a posteriori, tenta itinerari interpretativi partendo da congerie, elenchi, enumerazioni appunto di fatti, indizi, oggetti. La seconda modalità analizzata, quella analogica, sembra rispondere a

strategie stilistiche più varie: introduce la distinzione tra S0 e S1 nel primo esempio riportato, esemplifica nel secondo una sorta di eziologia infantile nella ricerca del colpevole, nel terzo esempio opera uno scarto nella linea narrativa.

Più interessante, in ogni caso, è la posizione di S1, che si pone come reale io narrante che ricorda o riflette nel presente l'accaduto: l'inestricabile rebus conoscitivo costituito dall'evento luttuoso grava perché costituisce un forte elemento di discontinuità con le certezze in precedenza acquisite, se è vero che la realtà, prima di esso, non costituiva problema (testo 2, v.7 Tutte le cose, a loro modo,/ erano in ordine, al posto giusto. Un senso,/ capisci, non mancava). Il rebus permane anche e soprattutto ora che S è adulto, e il dubbio, il senso di colpa, l'incertezza a maggior ragione lo imbrigliano in un continuo ritorno all'epoca in cui era bambino; la discontinuità tra il prima e il dopo deve essere riallacciata e superata, così si cerca di capire se anche prima vi fossero segni tangibili di quanto sarebbe accaduto (testo 1: ricordo che quando venivo su dalle scale… finita la scuola… ma era/ anche un ritorno diverso dal solito… ; testo 3: i primi segni a ben vedere/ non erano mancati; testo 3: Ricordati, però, senza cercare colpe, etc.). In questo contesto, il ricorso alle enumerazioni costituisce il tentativo di acquisire all’ordine preesistente l’evento luttuoso, e più in generale costituirebbe la grammaticalizzazione del tentativo di rinvenire, negli oggetti passati e presenti, un indizio utile a comprendere l’accaduto. Ma ogni velleità in questo senso è inutile, se alla fine di DSP.1.4 abbiamo l'ennesimo ritorno circolare all'accaduto e agli oggetti e al frammento nella consapevolezza che:

[...] non ci sarà, lo sai bene, conclusione migliore alla vicenda,

soluzione diversa dal previsto. Solo tutt’al più prima o poi un tizio verrà, uno dei soliti,

a portare certi suoi risultati di qualcosa: per esempio pezzi di carte, foto, testimonianze…

(DSP.1.4)

Concludendo e riassumendo: un soggetto S1 ricorda il tempo passato (egli era bambino, S0), in cui la sua famiglia subì un grave lutto. La sua giovane età non gli consentì al tempo di capire a fondo il senso e le modalità di tale accaduto riguardante la figura paterna; il lutto e la difficoltà di reperire, anche chiedendo con insistenza, elementi utili per comprenderehain qualche modo fatto nascere in S0 un senso di colpa.

S1, adulto, ritorna con la memoria a quei giorni tragici e tuttora indecifrabili, impegnandosi nello stesso tentativo di comprendere l’accaduto, ed in particolare cercando di capire se negli oggetti del passato orizzonte domestico di allora non sarebbe stato possibile capire l’imminenza della disgrazia. Anche questo secondo sforzo non sembra poter approdare a dimensioni conoscitive più rassicuranti.

CAPITOLO 4

DINAMICHE DI COESIONE TESTUALE

1. COESIONE CONTENUTISTICA DEI TESTI

Ci siamo dilungati in maniera particolare sull'analisi di DSP.1 perché pensiamo di aver identificato nelle particolari modalità formali e compositive del titolo dei chiari indici utili per interpretare il suo contenuto; in seconda istanza in ogni caso, i risultati esegetici acquisiti agli atti ci consentono di transitare con facilità ad un'altra analisi poetica, ovvero quella della coesione testuale.

È stato evidente riscontrare in DSP.1 e nei sei testi che lo compongono lo sviluppo di un tema unitario; nei paragrafi precedenti infatti abbiamo potuto operare incursioni trasversali senza registrare discontinuità lessicali o di contenuto, ma anzi cogliendo ogni volta la possibilità di un rilancio narrativo che trovava compimento o approfondimento nei testi successivi. La questione che intendiamo affrontare ora è la seguente: queste osservazioni operate in DSP.1 caratterizzano allo stesso modo l'intera produzione poetica di Cucchi? Più nel dettaglio, quale rapporto intrattiene ogni componimento con i componimenti appartenenti alla stessa raccolta? Le singole fabulae che costituiscono il racconto cucchiano possono essere ricostruite all'interno di un singolo titolo, o pervadono zone poetiche più ampie? Ancora una volta, anticipando alcune conclusioni, ci troviamo di fronte ad una discontinuità tra le prime due raccolte e le successive.