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Come DSP, anche la raccolta finale MAL presenta un quasi identico indice di rarità verbale. La distribuzione del fenomeno nei titoli delle raccolte, però, non presenta una andatura simile: in DSP ci sono testi ad alta rarità verbale ed altri invece tra i più ricchi di verbi17. Al contrario, in MAL la rarità verbale ha indici simili in tutti i suoi titoli, indicando così che la periodizzazione povera di verbi non è uno sforzo sperimentale che programmaticamente toglie, ma un livello stilistico acquisito18. Più che allo svuotamento di soggettività di uno scenario, quindi, ci troviamo di fronte ad una dinamica di gemmazione lessicale. Riprendiamo due testi portati ad esempio nella parte iniziale di questa sezione di testi, MAL.3.C e MAL.4.C. La struttura essenziale del primo testo è la seguente (soggetto è il mostro-benna indicato nei testi vicini): afferra nella morsa un cucchiaio fra tubature accanto all'operaio; se noi escludiamo il sintagma verbale, essenziale e solitario in apertura di poesia, osserviamo come ciascuno dei sintagmi descritti con riferimento alla sola testa goda di una gemmatura verbale di aggettivi, apposizioni, genitivi ed altri complementi di sviluppo:ancora una volta abbiamo la descrizione di uno scenario topografico (nella morsa... fra condotti... in mezzo a mucchi... nel metallo... accanto all'uomo... nel cortile sul compressore...) nel quale agisce un soggetto determinato su di un oggetto determinato. Una scena che si popola quindi, e dove l'io poetico posa lo sguardo, stavolta, rassicurato da una condizione ambientale (la stratigrafia geologica dello scavo) che svela, chiarisce, porta alla luce.

Simili le considerazioni che si possono operare su MAL.4.C (Manitou group): nei primi versi ben tre infinitive sinonimiche descrivono le tracce che le vite, anche semplici, lasciano dietro di sé; a partire dal v. 5 invece si dà un lungo ed esemplificativo elenco di queste tracce marcanti il territorio, con la suindicata chiosa finale che introduce il tema del divino. Anche qui non si tratta della descrizione di una istantanea

17 Basti considerare il fatto che tra i 12 titoli a indice di rarità verbale più alta se ne registrano ben 7 appartenenti a DSP, con valori tra 47.33 e 20,33, ma ugualmente vi appartengono due dei titoli più ricchi di verbi dell'intera opera, con indice 5.26 e 6.38.

18 Se misuriamo la variazione dell'indice di rarità verbale nei titoli di DSP, otteniamo un =9,66, mentre per MAL otteniamo un =3,05. La varianza dell'indice analizzato quindi è, nella prima raccolta, oltre tre volte quella dell'ultima: nel primo caso quindi la rarità verbale è ricercata, nel secondo caso è stile acquisito.

anonima o di uno scenario svuotato delle presenze più importanti, ma di una azione e di un agente certi (noi animali amiamo) che moltiplicano segni, tracce, indizi.

Un altro paio di esempi vale a corroborare quanto detto relativamente all'evoluzione stilistica che stiamo analizzando:

L'aria d'intorno chissà come placata, e frizzante e la gente a spasso sospesa, aerea, lentissima, vacante

e indifferente a un traguardo, all'azione, al profitto, ma più vaga nel giorno, nel chiaro mattino di luce e parte

persuasa infine del tutto diffuso, in aperta adesione e armonia, nel presente assoluto, animato dalla pace normale dell'esserci senza conflitti o sfide, senza miserabile calcolo, ma nella pace e nella più normale armonia discreta dell'esserci.

(MAL.3.G)

La realtà oggettiva è un continuo muoversi pulviscolare, che consuma progressivamente le cose; come la polvere, anche quello sociale è un continuo movimento di soggetti corpuscolari che riescono a raggiungere una condizione di armonia, pace e felicità se privi di conflitti e ambizioni. Emblematico è il fatto che un testo che descrive la vita come movimento continuo non contenga neppure un verbo. Dominano il testo un paio di sintagmi: la gente, che regge un elenco via via gemmante di aggettivi fino al v. 10, quindi il circostante nel presente assoluto del v. 11 che sostiene i successivi sei versi composti di sviluppi grammaticali i più vari. Come appare chiaro, il testo non racconta di una cieca, disperata e inconcludente ricerca, ma di una luminosa presenza umana che trova un proprio e pacifico equilibrio di vita.

Per concludere, un ultimo testo:

Oltre la rete e il gelsomino, sterpaglie nere e sassi sparsi, ciuffi d'erbaccia e un grande vaso vuoto, nell'incuria domestica

e nel disordine pacifico, ordinario, nell'abbandono degli assenti. Il tavolino sporco, le sedie da cucina, i resti della tortora sbranata viva, le sue piume. Così era stato il giorno

di vacanza, prima dell'insinuarsi improvviso come un richiamo

che ti dà i brividi nella schiena di notte, e ti risveglia, un richiamo che è

memoria della morte.

(MAL.4.E)

La prima parte, come è evidente, è priva di verbi; il tono e le modalità d'impiego di questo stilema sembrano qui richiamare quelle tipiche di DSP: abbiamo un elenco disordinato, anzi, abbandonato, di oggetti e tracce di vita; non vi è forse la disperazione dettata dall'impossibilità di conoscere, ma un senso diffuso di desolazione sì, e tuttavia questa sorta di impasse oggettivo e ambientale non immerge il soggetto nei rivoli di domande senza risposta, ma ne trova subito una nella seconda parte (così era stato... prima di...) al richiamo di una istanza forte e assoluta come quella della morte. È l'abbandono delle cose, sembra dire il poeta, la vera forma della morte, non il loro consumarsi nell'uso.

CAPITOLO 1

STRATEGIE DEL SIGNIFICANTE

1. ASPETTI GENERALI

Quello poetico è un discorso che viene sottoposto ad un certo lavorio di lima per sopravvivere all'oblio che immancabilmente colpisce le manifestazioni più ordinarie dell'esistenza. Così, per farsi memorabile, la parola poetica ha sempre cercato la rarità, la particolarità, la specialità con lo scopo di imprimersi e conseguentemente di rimanere. Ovviamente, tra le forme più praticate ed istituzionalizzate di preziosismo artigianale poetico non si può non annoverare l'applicazione puntuale di determinate scelte verbali sul fronte del significante, laddove la replica di determinate successioni di sillabe concretizzano eco che stentano a perdersi, o percussioni che costringono a ripetere con forza, in uno con il suono, il concetto.

Non è pertanto da stupirsi se chi ha voluto affrontare con il più devastante piglio rivoluzionario i più comuni istituti poetici della tradizione abbia attaccato in primo luogo quella rete di corrispondenze sonore costituita dalla rima e dalle altre forme di corrispondenza fonica di riconoscibile topologia. Poste queste premesse e sotto questo profilo, la poesia di Maurizio Cucchi sembra appartenere a pieno titolo ad una stagione poetica che ha superato senza rimpianti i modi di fare poesia che la tradizione ci ha consegnato.

Nei 6224 versi complessivi analizzati per la redazione di questa tesi, non è stato possibile mettere in evidenza alcuna forma di sistematica ricorrenza strofica (con

l'eccezione forse di ACQ.10, titolo composto di tutte quartine); né tantomeno sono state rinvenute ricorrenze rimiche che non fossero sporadiche, asistematiche, probabilmente casuali, talvolta così isolate ed estemporanee da mettere in risalto, più che un'eco ricercata, una ridondanza di imbarazzante evidenza, come la seguente:

Col cappellaccio in testa,

sono già qui che aspetto la corriera. Mi volto sempre indietro,

negli occhi ho la salita, ma intanto l’isola è sparita.

(GLN.3.D)

Altrove, una certa sistematicità rimica è dettata, ma si tratta sempre di casi isolati se non unici, da citazioni estese di altri poeti, come questa del provenzale Rutebeuf, tratta dall'eponimo Compianto:

Tutto l’avvenire è già avvenuto. E dove sono quelli che ho amato, che accanto a me mi ero tenuto? Gli amici sono spariti o sparsi: il vento li ha portati via, amici che il vento se li porta e che soffiava davanti alla mia porta.

(GLN.1.O)

in cui i primi tre versi rimano o consuonano, il quarto trova una forte corrispondenza tra all'interno del verso con la coppia spariti/sparsi, il quinto costituisce quasi un verso di volta e il distico finale, al modo delle ottave, chiude il discorso con una rima baciata e ad un tempo equivoca.

In realtà, testi come il seguente:

Cuore filiale è il cuore che ho ma com’è largo

il cuore povero dell’orfano

se d’improvviso gli nasce una bocca. Lui vede il basso, e l’alto, e ha negli occhi una pace che accoglie.

Nella folla che siede

e declina, dice soltanto: «Eccomi, e chi mi ha conosciuto e forse amato negherà che non sono,

che non sono mai stato».

inanellano in serie ben quattro ricorrenze sonore accostabili nella punta di cinque versi consecutivi, ma è chiaro che se si tratta di un progetto di compattazione fonica cercato e voluto, questo si colloca al di fuori di qualsiasi configurazione rimica per ricercare, semmai, diverse e più o meno evidenti forme di compattazione sonora. In ogni caso, nell'analizzare due testi che più sembrano implicati con modalità compositive in qualche modo affiancabili a quelle della rima, è stato possibile elaborare strumenti analitici che hanno consentito di portare alla luce delle dinamiche di compattazione fonica di impressionante abbondanza.