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Analisi, valutazione e riduzione del rischio: prevenzione, protezione e

Nel documento Anno Accademico 2020/2021 (pagine 22-27)

2 Le peculiarità della gestione del rischio

2.3 Analisi, valutazione e riduzione del rischio: prevenzione, protezione e

Al fine di questo lavoro di tesi è utile comprendere come i temi della prevenzione, della protezione e della mitigazione cooperano con l’obiettivo di costituire strategie in grado di proteggere il territorio dai rischi a cui è minacciato. Come già riportato in precedenza i sistemi territoriali sono ampiamente minacciati da rischi diversi a cui è importante che il territorio sia capace a dare risposta: pertanto è essenziale conoscere i rischi presenti sul territorio al fine di adottare misure efficaci per ridurre o limitare i danni (Bertin, 2018). Oggi gli eventi catastrofici stanno perdendo sempre di più la loro peculiarità di eccezionalità acquisendo al contrario una certa periodicità (Mela, et al., 2017): questo dovrebbe consentire alle autorità competenti di adottare migliori misure di prevenzione. Preparare un territorio all’arrivo di un evento catastrofico, attraverso pratiche di prevenzione e previsione di lungo termine è senza dubbio un aspetto fondamentale che deve partire in primo luogo dall’aumento della consapevolezza da parte della popolazione del rischio, dalla convinzione che una pianificazione dell’emergenza in tempi di tregua, ovvero nei periodi in cui non si verifica nessun evento dannoso, possa fare la differenza per salvare vite umane (Oliva, 2014).

Il primo passo è un’analisi dei rischi che consenta di determinare la natura e l’estensione delle eventuali minacce in grado di creare un eventuale danno a persone, mezzi o all’ambiente (UNISDR, 2004). Nello specifico, il processo conoscitivo dei rischi si articola in alcune fasi essenziali (Bignami, 2010), che possono essere così sintetizzate:

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1. Studio, identificazione o previsione 2 degli scenari di rischio 3 che potrebbero colpire un territorio.

2. Analisi del rischio volta a individuare il rischio totale e di conseguenza deve considerare pericolosità, vulnerabilità e valore esposto del rischio in esame.

3. Valutazione del rischio, in questa fase entrano in gioco i valori e i giudizi di esperti in materia e dei rappresentanti amministrativi della popolazione.

Una corretta quantificazione dei rischi consente di evitare giudizi puramente soggettivi sul grado di rischio, può supportare decisioni e interventi introdotti per ridurre il rischio, ed infine permette il confronto tra stessi rischi legati a situazioni diverse (Bignami, 2010).

Nello specifico, l’analisi del rischio è un processo conoscitivo che può essere scomposto nelle seguenti fasi (Gisotti, 2009)

1. Descrizione dello stato di fatto: individuazione delle diverse sorgenti di rischio.

2. Valutazione della pericolosità: generalmente si considerano alcune caratteristiche degli eventi che si sono verificati in passato, si considerano soprattutto il momento ed il luogo nella quale si sono verificate, con quale intensità e dove potrebbero verificarsi in futuro.

3. Definizione degli elementi esposti a rischio: descrizione degli elementi socio-economici dell’area in analisi, identificando gli elementi esposti e il loro valore.

2 Il decreto legislativo 1/2018 definisce la previsione come “attività, svolte anche con il concorso di soggetti dotati di competenza scientifica, tecnica e amministrativa, dirette all’identificazione e allo studio, anche dinamico, degli scenari di rischio possibili, per le esigenze di allertamento del Servizio nazionale, ove possibile, e di pianificazione di protezione civile.”.

3 Per scenario di rischio si intende l’individuazione e la rappresentazione dei fenomeni di origine naturale o antropica che possono interessare territorio, provocando dei danni a persone e cose.

Gli scenari di rischio costituiscono la base per elaborare un piano di emergenza.

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4. Valutazione della vulnerabilità: stima della propensione al danno.

5. Valutazione del rischio: calcolo del rischio atteso attraverso la combinazione di pericolosità, valore esposto e vulnerabilità.

6. Definizione del rischio accettabile: determinazione delle soglie di rischio accettabili o tollerabili sulla base dei fattori locali di tipo socioeconomico.

Per facilitare la comprensione è possibile realizzare carte territoriali dei rischi, alla scala adeguata, permettendo così una facile individuazione delle zone a maggiore rischio e quindi sulla quale concentrare gli interventi per la riduzione del rischio (Bignami, 2010).

Inoltre, è anche importante comprendere la vulnerabilità del sistema territoriale, ossia comprendere se il sistema è in grado di reggere al verificarsi dell’evento oppure se è necessario adottare misure di riduzione del rischio. La zonizzazione del rischio costituisce la base per la sua gestione perché consente l’interpretazione delle informazioni ed è una guida alle decisioni operative (Ibid.). La responsabilità di scegliere quali misure adottare per garantire la tutela della popolazione, dell’ambiente e dei beni presenti sul territorio è essenzialmente di natura politico-amministrativa. Lo scopo è dunque quello di decidere i rischi sui quali intervenire, gli interventi da introdurre e le soglie di accettabilità del rischio raggiungere (Bignami, 2010).

L’obiettivo principale della valutazione dei rischi e dell’analisi dovrebbe essere il raggiungimento di un livello di conoscenza tale per cui per ogni evento atteso è possibile preparare le risposte adeguate. A tal scopo si utilizzano le strategie ritenute più adatte, agendo sulle singole componenti del rischio: diminuendo ognuna di esse, il rischio totale diminuirà. Nella tabella sottostante si riportano le misure che possono essere introdotte per la riduzione di pericolosità, vulnerabilità e valore esposto (Bignami, 2010).

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TABELLA 1-DESCRIZIONE DELLE MISURE DI PREVENZIONE, PROTEZIONE E MITIGAZIONE (ELABORAZIONE PROPRIA)

Misure Descrizione Esempi di interventi

Prevenzione

Nonostante l’introduzione di misure per la riduzione del rischio, quali prevenzione, protezione e mitigazione, quasi sempre rimane un rischio residuo, determinato dalla possibilità che l’evento atteso si verifichi con una magnitudo superiore a quella di progetto utilizzata (Bignami, 2010).

La riduzione del rischio è basata su un complesso di fattori che permettono la permanenza e lo sviluppo degli insediamenti urbani nonostante la presenza di un rischio che potrebbe gravare su di esso (Cremonini, 2015). Le classificazioni più comunemente utilizzate per gli interventi di difesa sono due: interventi strutturali o non strutturali e interventi temporanei o permanenti. Si distinguono tra loro in termini temporali e strutturali ed è bene specificare che le due tipologie di

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interventi non sono l’uno alternativo all’altro, bensì una adeguata combinazione delle diverse tipologie permette di raggiungere efficaci sistemi di difesa (Bignami, 2010). Tali interventi possono dover essere realizzati in largo anticipo rispetto al momento in cui si verificherà un evento, essi “sono quindi propedeutici alla gestione degli eventi calamitosi” (Bignami, 2010 p. 77), in alternativa possono essere introdotti nell’urgenza dell’evento.

In particolare, gli interventi strutturali sono opere di sistemazione attiva o passiva, il cui scopo è ridurre la pericolosità dell’evento riducendo la probabilità di accadimento oppure attenuando gli effetti negativi. Essi possono operare sulla pericolosità, per esempio attraverso la manutenzione straordinaria degli alvei dei fiumi, sulla vulnerabilità, ad esempio con la manutenzione straordinaria degli edifici che consente di modificare le loro caratteristiche intrinseche, così da resistere all’azione di fenomeni quali terremoti o uragani, ed infine sul valore esposto, con interventi come la demolizione degli edifici abusivi (Bignami, 2010).

Mentre gli interventi di natura non strutturale mirano alla riduzione del danno attraverso azioni conoscitive e di studio, di manutenzione attiva del territorio, monitoraggio e prevenzione. In generale, gli interventi non strutturali possono agire sulla pericolosità, con attività di monitoraggio dei possibili eventi calamitosi, sulla vulnerabilità, ad esempio con interventi quali la manutenzione e la pulizia stagionale dei boschi, e sul valore esposto, attraverso il rispetto delle norme d’uso del suolo oppure con le certificazioni sul livello di rischio degli edifici ancora da costruire (ibid.).

Gli interventi di natura permanente sono indispensabili ogni qual volta non è possibile prevedere l’avvenimento di un rischio, come nel caso dei terremoti (Bignami, 2010). Solitamente hanno un tempo di vita, quindi di efficacia, almeno pari al tempo di ritorno4 dell’evento in questione. Nello specifico, gli interventi permanenti possono agire sulla pericolosità, per esempio con opere di contenimento delle acque dei corsi d’acqua oppure barriere di contenimento delle

4 Tempo di ritorno: numero di anni medio che trascorre tra il verificarsi di due medesimi eventi.

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radiazioni nelle centrali nucleari, sulla vulnerabilità, realizzando edifici che rispettino la normativa antisismica, e sul valore esposto attraverso interventi che garantiscono il rispetto delle norme di uso del suolo o la demolizione degli edifici abusivi con annesse sanzioni (Bignami, 2010). Dall’altra parte gli interventi di natura temporanea di norma sono realizzati in prossimità del verificarsi dell’evento; per introdurre questi interventi è necessario il costante monitoraggio delle aree a rischio (Ibid.). Le azioni di riduzione del rischio di tipo temporaneo possono agire sulla pericolosità, con interventi come l’innalzamento degli argini dei fiumi con sacchi di sabbia, sulla vulnerabilità, per esempio con puntellamenti di edifici e rinforzi alle finestre, davanzali, porte in previsione di una tempesta, ed infine sul valore esposto con interventi come l’evacuazione degli edifici o la messa in sicurezza delle merci dei magazzini (Ibid.).

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