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La gestione del rischio e ciclo del disastro

Nel documento Anno Accademico 2020/2021 (pagine 42-46)

3 Il sistema di protezione civile

3.1 La gestione del rischio e ciclo del disastro

Dopo aver analizzato il rischio e le sue componenti, risulta utile comprendere come essi vengono gestiti in maniera pratica sul territorio. Quando si parla di gestione dei disastri – disaster management – ci si riferisce alla somma delle attività, dei programmi e delle misure che si possono mettere in atto prima, durante e dopo il verificarsi di un evento con l’obiettivo di ridurre il suo impatto (Bignami, 2010). Lo scopo è ridurre o evitare potenziali perdite e garantire un’assistenza adeguata alle vittime dell’emergenza e quindi ottenere un recupero rapido ed efficace (ibid.). L’UNISDR definisce così il Disaster risk management:

“[traduzione propria] il processo sistematico di usare decisioni amministrative, organizzazione, capacità operative e capacità di attuare politiche, strategie e capacità di adattamento delle società e delle comunità per ridurre l’impatto dei rischi naturali e dei disastri ambientali e tecnologici. Questo comprende tutte le forme di attività, tra cui misure strutturali e non strutturali per evitare (prevenzione) o limitare (mitigazione e preparazione) effetti negativi dei rischi” (UNISDR, 2004, p. 4).

In letteratura (Mileti, et al., 1975; Alexander, 2002; Khan, et al., 2008; Bignami, 2010; Berry, 2015) si parla di ciclo del disastro, che è la rappresentazione del processo di cui fanno parte azioni e pratiche che i governi, le imprese e gli enti pianificano per gestire un’emergenza. In altre parole, il ciclo del disastro racchiude le diverse fasi cronologiche da seguire per indagare gli scenari di rischio, ridurre il rischio e i suoi impatti, reagire durante e dopo il verificarsi di un disastro (Bignami, 2010). Quanto detto è la dimostrazione di come il sistema della protezione civile, di cui si parlerà ampiamente nei prossimi paragrafi, non dovrebbe essere attivo solo in caso di emergenza, bensì dovrebbe esserlo sia nelle fasi pre-evento che post-evento, attraverso le opportune attività di pianificazione, necessariamente svolte nel periodo precedente allo svolgersi di un evento dannoso.

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all’interno delle aree interne italiane. Verso una maggiore integrazione

A causa della ormai ciclicità dei disastri, di cui si è già accennato nei paragrafi precedenti, le fasi della gestione del rischio possono essere rappresentate attraverso l’utilizzo di un grafico circolare, che mostra la progressione di una serie di attività che si dovrebbero susseguire una all’altra. Pertanto, un rischio può essere affrontato attraverso cinque fasi: l’analisi del rischio, la mitigazione, la preparazione, la risposta ed infine il recupero. Come mostrato nella figura sottostante (Figura 3), le diverse fasi possono essere suddivisi in base al momento in cui è necessario metterle in campo: le fasi di analisi del rischio, mitigazione e preparazione fanno parte del periodo pre-evento, la risposta fa parte del periodo nella quale l’evento dannoso si sta verificando e la fase del recupero del periodo post-evento. Come detto, in letteratura sono diverse le fasi relative al ciclo dei disastri, ma si è ritenuta necessaria una rielaborazione al fine di adattarlo meglio al contesto di questo lavoro di tesi. In particolare, la maggior parte degli autori considerano il ciclo suddiviso in quattro fasi di gestione del rischio, quali prevenzione, preparazione, risposta e recupero, trascurando così la previsione e l’analisi del rischio. Elementi che sia all’interno del contesto di pianificazione territoriale sia in quello di protezione civile risultano essere di fondamentale importanza. La fase di analisi del rischio è una fase essenziale in quanto consente di fornire un quadro completo sui rischi presenti sul territorio in analisi, come già stato illustrato nel capitolo precedente. Conoscere la pericolosità e la vulnerabilità è essenziale in quanto consente di elaborare strategie da applicare nella fase di mitigazione, che per l'appunto comprende le attività e le strategie volte a ridurre la vulnerabilità di determinate aree (Bignami, 2010). Solitamente si distinguono due tipi di misure: strutturali, come le opere ingegneristiche, e non strutturali, la pianificazione territoriale o l’informazione alla popolazione (Hidayat, et al., 2010).

A seguire, la fase di preparazione si riferisce a tutte le attività volte a ridurre l’impatto dei disastri al loro verificarsi. L’obiettivo della preparazione è quindi sviluppare capacità di risposta alle emergenze, prima che essa si verifichi (Mileti, et al., 1975).

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FIGURA 3-CICLO DEL DISASTRO (ELABORAZIONE PROPRIA SU FONTE:ALEXANDER,2002 P.6;BIGNAMI,2010, P. 102;CASTELLANI, P.43)

Tra le attività di preparazione vi sono le esercitazioni, la predisposizione dei sistemi di allerta e sistemi di comunicazione in caso di emergenza. Tale fase si distingue da quella della mitigazione in quanto si occupa di pianificazione nel breve termine, con lo scopo di ridurre l’impatto di un evento di imminente pericolo (Berry, 2015).

L’efficacia delle fasi di mitigazione e preparazione dell’evento è maggiore se alla base c’è una forte conoscenza del territorio, se si ha la disponibilità di informazioni sui rischi e sull’uso del suolo è possibile prevedere le più efficaci e corrette contromisure da adottare in un quel determinato territorio. Dopo la fase di analisi,

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di mitigazione e di preparazione, in seguito a un evento calamitoso inizia la fase di risposta, ovvero le attività di soccorso: l’obiettivo principale è la salvaguardia di vite umane. Una volta terminato l’immediato soccorso, le forze in campo si occupano di stabilizzare la situazione e procurare rifornimenti vitali e riparo alle popolazioni colpite (Castellani, 2018). È in questa fase il momento in cui si mettono in atto i piani d’emergenza predisposti nelle fasi pre-evento (Ibid.). L’ultima fase, quella del recupero, ha l’obiettivo di riportare alla normalità l’area colpita da un disastro. Si prevedono sia le attività di ripristino di infrastrutture e abitazioni sia le attività e le misure per il reinserimento lavorativo e la riattivazione dei servizi. Il momento della ricostruzione dovrebbe costituire anche un’opportunità, infatti l’opinione pubblica, sensibilizzata dalla appena passata emergenza, richiede agli enti governativi maggiori misure di sicurezza e riduzione dei rischi (Alexander, 2002)

All’interno di questo processo gioca un ruolo fondamentale il rapporto tra governo del territorio e la protezione civile, in quanto il territorio funge da “tessuto connettivo” (Bignami, 2010 p. 106) tra le attività introdotte per far fronte ad un evento e le singole attività di studio dei rischi (Bignami, 2010). Prevedere strumenti di pianificazione territoriale che sappiano gestire al meglio gli usi e le trasformazioni del territorio è importante, infatti sapere che un territorio è sottoposto ad un determinato rischio permette di predisporre piani territoriali più attenti alle esigenze del territorio stesso (Ibid.). Attraverso gli strumenti di cui può usufruire l’urbanistica si potrebbe, in un’ottica di lungo periodo, favorire la riduzione del rischio, in particolare attraverso azioni attuate precedentemente al manifestarsi di un disastro, agevolando così i compiti spettanti la protezione civile.

Pertanto, se si mette in relazione la pianificazione territoriale con il ciclo di gestione dei disastri emerge come la pianificazione territoriale ed urbanistica non intervenga nella fase in cui l’emergenza si verifica, bensì prima ed eventualmente dopo al fine di fronteggiare l’evento successivo (Hidayat, et al., 2010; Bignami, 2010). In questo senso è bene che la protezione civile abbia l’opportunità di confrontarsi con le altre discipline riguardanti il governo del territorio e quindi

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evitare la costruzione di strategie settoriali a favore di quelle multidisciplinari e multisettoriali, che permettono una visione organica dello scenario in cui si vuole intervenire.

3.2 Pianificazione territoriale e pianificazione d’emergenza: leggi,

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