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L’Indipendenza della Polonia fu accompagnata da un prolungato periodo di incertezza contraddistinto dalle avventure belliche della giovane repubblica che, non appena riconquistata la propria sovranità territoriale, dovette affrontare una serie di micro- conflitti di importanza locale volti a risolvere le contese territoriali con gli stati confinanti. La guerra contro l’Armata rossa nelle fila della coalizione internazionale che intervenne in aiuto delle armate bianche non fece altro che complicare le cose. La situazione di Varsavia si fece drammatica quando, nel 1920, l’Armata rossa scagliò un’offensiva che venne respinta proprio alle porte della città, non prima che i comandi

polacchi e la gran parte delle ambasciate e delle rappresentanze straniere fossero state evacuate a Pruszkow, una località limitrofa più sicura.

L’istituzione di uno stato democratico nelle terre polacche in precedenza divise fra i tre imperi centrali non fu affatto facile. Durante il ventennio interbellico, quasi tutte le democrazie dell’Europa centro-orientale furono vittime di colpi di stato che portarono all’instaurazione di regimi dittatoriali di vario tipo. In questo senso la Polonia non fece eccezione, anzi si distinse per la durata veramente breve della sua avventura parlamentare: nel 1926, a soli sette anni di distanza dal recupero dell’Indipendenza nazionale, la giovane democrazia polacca era già stata soffocata da un colpo di mano dell’esercito.

I governi che si succedettero in questa prima fase furono, infatti, particolarmente deboli. Nessun partito, né la sinistra socialista, né la destra nazionalista, né i moderati del centro, riuscì mai ad avere una maggioranza sufficientemente ampia, e gli esecutivi continuarono a cambiare in maniera alquanto disinvolta. I problemi da risolvere erano enormi, a cominciare dalla riforma agraria, particolarmente importante in uno stato che, nel 1921, era costituito dal 74% di contadini e lavoratori agricoli. Vi erano poi tutte quelle necessità che scaturivano dalla creazione di un organismo statale completamente nuovo: la creazione di un esercito, di un sistema industriale statale, di un sistema scolastico, di una struttura di comunicazioni nazionale ecc. Le condizioni strutturali, inoltre, furono alquanto sfavorevoli, a causa del fenomeno di iperinflazione che colpì la Polonia nei primi anni Venti, prima che la riforma monetaria del 1924 riuscisse a garantire un minimo di stabilità.

In questi anni Varsavia, capitale di uno stato tutt’altro che solido dal punto di vista istituzionale, fu teatro di ampie manifestazioni di massa e di alcuni tragici eventi che avvelenarono la vita politica del paese. A portare in piazza gli abitanti furono prima le lotte degli abitanti dell’Alta Slesia, desiderosi di entrare a far parte dello stato polacco, poi le elezioni del presidente della Repubblica che portarono a degli scontri fra i militanti del partito socialista e quelli della destra (Endecja). Nel 1922, infine, Gabriel Narutowicz, il neopresidente appena eletto, venne assassinato. La destra nazionalista non gli aveva perdonato il fatto di essere stato eletto grazie ai voti delle molte minoranze «non polacche», armando di fatto la mano del folle che pose fine alla vita del primo presidente regolarmente eletto della repubblica di Polonia.

La rinnovata vita politica cittadina cominciò, ad ogni modo, già nel febbraio del 1919, quando furono indette le prime consultazioni elettorali per l’elezione del nuovo

Consiglio comunale, la cui composizione risultò essere la seguente: 61 consiglieri andarono al Comitato nazionale, di vedute decisamente conservatrici, 23 al Partito socialista polacco, mentre gli altri posti vennero attribuiti ai numerosi raggruppamenti di matrice ebraica, i più grandi dei quali erano quello degli ortodossi (8 seggi), nonché il Bund e i socialisti ebraici, ognuno dei quali ottenne 5 seggi1. Tale Consiglio rimase in vita otto anni, con varie modifiche, dal momento che nel 1922, lo scadere naturale del mandato venne rimandato a data da destinarsi, a causa della crisi finanziaria che aveva investito l’intero paese. La composizione del primo Consiglio comunale postbellico rispecchiava in maniera abbastanza fedele le simpatie dell’intera opinione pubblica polacca, pervasa da un spirito patriottico che spesso sfociava in aperto nazionalismo. In tale contesto, le posizioni filo-sovietiche e la mancanza di rispetto per le tradizione cristiane di alcuni dei partiti della sinistra (il Kpp, il partito comunista polacco), non poterono che alienare una grossa fetta delle simpatie del proletariato che, a Varsavia, era più numeroso che altrove.

In questa difficile situazione di transizione in cui si ritrovò l’intera Polonia, l’urbanistica fu una disciplina che, soprattutto nella capitale del nuovo stato, potè svilupparsi percorrendo strade innovative. I giovani neo-diplomati polacchi che si erano formati all’estero, avevano infatti potuto inserire nel proprio bagaglio culturale le lezioni più aggiornate dell’urbanistica occidentale, una materia che, pur non avendo all’epoca una lunga storia alle proprie spalle, era in prepotente fase di sviluppo.

Quando, nel 1918, Varsavia ridivenne la capitale della repubblica di Polonia, le discussioni all’interno della cerchia degli architetti erano state rivolte, ormai già da quasi un decennio, alla risoluzione dei suoi numerosi problemi urbanistici. Tale orientamento non era un’esclusiva di Varsavia, ma era comune anche ad altre realtà che facevano parte delle terre polacche, come Leopoli e Cracovia, in precedenza capoluoghi delle provincie più orientali dell’impero asburgico.

La scelta di pervenire al rinnovamento delle città polacche, in genere fortemente arretrate da un punto di vista urbanistico, utilizzando gli strumenti e le teorie concepite al di là dei confini nazionali fu un processo quasi automatico, una volta che quei confini nazionali furono nuovamente istituiti. Sicuramente, tale decisione fu favorita anche dalla constatazione che i mali che colpivano la città moderna erano gli stessi in tutto il mondo industrializzato. La ricerca di una via polacca nel campo del risanamento e

1 A. Szczypiorski, op. cit., p. 88.

dell’estensione della città, era, oltre che improponibile nella pratica, priva di ogni fondamento teorico.

Oltre a ciò, il caso specifico di Varsavia (una città sottoposta ad un’intensa pressione demografica il cui apparato industriale, seppur in maniera molto contraddittoria, era in via di modernizzazione) non poteva che riportare alla mente la situazione delle città tedesche degli ultimi decenni dell’Ottocento, quando il fulmineo processo di industrializzazione pose gli amministratori locali di fronte ai problemi più tipici della città moderna.

La stessa conformazione dell’edificato urbano, soprattutto in alcune delle aree centrali1, era per molti versi simile a quella di molte città tedesche, dove il casermone d’affitto (mietkaserne in tedesco) era la tipologia edilizia di gran lunga più diffusa. Similmente, la congestione del nucleo urbano centrale, non poteva che fungere da stimolo per coloro che, affascinati dalla fuga verso la città-giardino suburbana teorizzata da Ebenezer Howard negli anni a cavallo tra Ottocento e Novecento2, volevano provare ad applicare tale soluzione al contesto varsaviano. Le idee di Howard, ben presto popolarissime in tutta Europa, trovarono nelle terre polacche un pubblico di specialisti molto attento, non solo negli anni del primo dopoguerra, ma anche in quelli del secondo.

Infine, i giovani urbanisti polacchi che si formarono nei politecnici tedeschi (in particolare Tolwinski) ebbero la possibilità di studiare le modalità di costruzione della città moderna, i principi della zonizzazione in fasce funzionali, la gestione dei traffici, grazie proprio agli insegnamenti di Joseph Stübben3, uno dei padri dell’urbanistica tedesca, che preparò i piani regolatori di alcune città che nell’Ottocento si trovavano a far parte della Germania e che nel primo dopoguerra, o al più tardi nel secondo, sarebbero diventate (o ridiventate) polacche. Tra queste merita di essere menzionata sicuramente Breslavia (Wroclaw), il cui piano regolatore del 1887 fu uno dei primi esempi di zonizzazione4 dell’intera Europa. Si ricorderà inoltre, come Stübben fu uno degli esperti tedeschi inviati a Varsavia nel corso della guerra.

Nel 1919 il governo decise di formare una Commissione speciale per il regolamento edilizio e per l’ampliamento urbano (komiasja do spraw regulacji i

1

P. Martyn, op. cit.

2 To-morrow, a Peaceful Path to Real Reform venne pubblicato a Londra nel 1898. Garden Cities of

Tomorrow è, invece, del 1902

3

J. Stübben, Der städtebau, Darmstadt 1890.

4 Cfr G. Morbelli, Città e piani d'Europa. La formazione dell’urbanistica contemporanea, Dedalo, Bari 1997, p. 306.

zabudowania) al cui interno confluirono sia i rappresentanti governativi sia i tecnici alle dipendenze del comune, con l’obbiettivo di monitorare lo sviluppo di Varsavia1.

Il progetto di piano di Tolwinski fu tradotto in un piano regolatore vero e proprio nel 1920, e costituì il primo piano ufficiale, stilato dall’Ufficio per il regolamento in scala 1:10.000. A questo punto ebbe inizio un lungo e complesso percorso burocratico che vide conivolti il Consiglio comunale e il ministero dei Lavori pubblici per oltre un decennio, senza che si pervenisse all’approvazione di un documento finale. Il piano del 1920 venne intanto confermato dal Consiglio comunale come valida base per l’elaborazione di piani specifici solamente tre anni più tardi, nel 1923.

Nel 1922 la Commissione speciale per l’ampliamento aveva deciso di affidare all’architetto Czeslaw Rudnicki il compito di elaborare un piano di zonizzazione della città, in modo da dare una conformazione più precisa ai regolamenti edilizi. Il progetto prevedeva la divisione in sette fasce edilizie, 4 ad alta intensità (con un altezza compresa tra i 2 e i 5 piani) e tre a bassa intensità (dai 2 ai 4 piani).

In questo periodo anche il ministero dei Lavori pubblici stava affrontando il problema. L’inizio fu piuttosto imbarazzante: il progetto di Regolamento edilizio generale, presentato nel 1921 per superare la genericità delle normative tedesche, importate, se così si può dire, pochi anni prima, venne immediatamente ritirato dopo essere stato aspramente criticato da quasi tutti i rappresentanti delle municipalità (Varsavia, Cracovia, Leopoli fra le altre) che erano stati espressamente invitati a valutarlo.

La neocapitale intanto, aveva superato la confusione iniziale dei primi anni del dopoguerra, che aveva raggiunto il suo apice nell’ondata di scioperi del 1923. Le stesse difficoltà economiche erano state attenuate, e nel 1924-25 le riforme fiscali del governo di Waldyslaw Grabski nonchè la creazione di una nuova valuta, lo zloty, avevano posto un freno alll’iperinflazione che aveva colpito il marco polacco immesso sul mercato monetario dai tedeschi durante gli anni dell’occupazione.

A nord, come si vedrà meglio in seguito, si stavano per costruire le prime aree residenziali di abitazioni unifamiliari per i membri della nuova amministrazione statale – Zolibroz oficerski (Zoliborz per gli ufficiali) e Zolibroz urzednicy (Zoliborz per gli impegati) – mentre a sud il quartiere di Mokotow cominciava a svilupparsi prepotentemente.

1 C. Rudnicki, F. Klein, op. cit., p. 28.

Nell’area di Czerniakow, in un frammento nettamente separato dal resto dell’edificato urbano, venne realizzata la città-giardino progettata da Oskar Sosnowski. Al di là della Vistola invece, stava crescendo Saska Kepa, dove le piazze a raggera di derivazione francese vennero utilizzate come principale mezzo di regolazione dello spazio1.

Nel 1924 venne avviato il cantiere per la costruzione del tunnel ferroviario lungo aleje Jerozolimskie. Sarebbe durato fino al 1931.

Nelle nuove condizioni di sviluppo un piano regolatore generale non era sufficiente. Bisognava pervenire in tempi brevi alla stesura di piani settoriali che evidenziassero concretamente la destinazione d’uso dei vari lotti, le tipologie di edificazione, le volumetrie, le altezze degli edifici, i limiti dei terreni verdi, dei cimiteri, dei giardini, dei campi sportivi, degli edifici di utilità pubblica, il tracciato delle linee tranviarie, dei servizi ecc. Nel 1924 tuttavia, il ministero dei Lavori pubblici, pur riconoscendo la necessità di pervenire in tempi rapidi alla stesura di questi piani per regolare efficacemente la crescita dei vari quartieri, impose dei parametri tecnici piuttosto ristretti. Allo scopo di rispettare le nuove normative emanate dal governo, si preferì, quindi, abbandonare l’originale piano approvato nel 1923 e prepararne un altro che rispondesse ai nuovi criteri imposti dal ministero.

Il nuovo piano regolatore venne terminato nel 19262, in condizioni difficili, dato che il lavoro di rilevamento dei dati era molto dispendioso. Comprendeva diverse nuove misurazioni catastali (effettuate in collaborazione con l’areonautica che aveva mappato fotograficamente Varsavia dall’alto) e vi erano localizzati i complessi pubblici e quelli amministrativi. Di difficile gestione erano i progetti per lo sviluppo delle reti ferroviarie. Inoltre, non si sapeva esattamente come trattare i terreni che erano stati un tempo di esclusiva gestione dell’esercito o dell’amministrazipone russa. Alcune parti della città erano state dettagliatamente rappresentate e prendevano in considerazione tutte le strade, in altre invece erano state delineate solo le arterie principali. Per la riva destra vi era abbondanza di soluzioni architettoniche, mentre le destinazioni urbanistiche dei quartieri centrali non erano state ancora sufficientemente approfondite.

La struttura dei corridoi verdi, una delle caratteristiche principali dei piani degli anni successivi che poterono essere tradotti in pratica solamente nel secondo

1 Vedi H. Faryna-Paszkiewicz, Saska Kepa, Murator, Warszawa 2001. 2 C. Rudnicki, F. Klein, op. cit., pp. 39-74.

dopoguerra, era già abbastanza chiara in questi primi progetti degli anni Venti, e correva dalle periferie verso il centro della città, dividendo i vari quartieri residenziali posti immediatamente a ridosso di quest’ultimo.

La divisione funzionale era rimasta grossomodo la stessa. Srodmiescie, il cuore commerciale di Varsavia, doveva espletare le proprie funzioni di city direzionale; Ochota, Czyste, Kolo e Wola costituivano quelle aree miste, in cui gli impianti produttivi non inquinanti convivevano accanto alle aree residenziali dei lavoratori. A nord, invece, nelle estese e inedificate aree di Zoliborz e di Bielany, stava sorgendo dal nulla un quartiere residenziale interamente nuovo, nonstante le difficoltà di collegamento causate dalla presenza della linea ferroviaria circolare esterna.

La questione abitativa venne esaminata con più attenzione. Dai terreni di proprietà statale, soprattutto quelli posti in prossimità delle strutture militari costruite in epoca zarista, vennero ricavate e lottizzate delle nuove aree da destinare all’uso residenziale, anche se vi era ancora incertezza al riguardo.

Le aree di interesse pubblico in cui edificare i complessi amministrativi vennero evidenziate in maniera piuttosto dettagliata. Il quartiere di rappresentanza era stato progettato in maniera più elaborata rispetto al piano Tolwinski. In continuità con esso continuava a essere localizzato lungo corso Ujazdowskie e corso Belwederski, dove, in direzione della Vistola, avrebbero trovato posto gli edifici del Parlamento e del Senato nonchè i musei, i cui progetti all’epoca non erano ancora stati terminati. Si prevedeva però una nuova grande arteria meridionale di palazzi pubblici, larga tra i 40 e i 60 metri e lunga più di due chilometri, che avrebbe attraversato l’area verde di Pole Mokotowskie, di proprietà del demanio.

Gli impianti industriali erano localizzati nelle aree di Wola, e di Brodno. Il porto fluviale di Zeran venne sostanzialmente confermato. Un nuovo canale avrebbe aiutato il trasferimento delle merci lungo la Vistola fino ai fiumi Bug e Narew, a nord di Varsavia. A Wawrzyszew si prevedeva la costruzione di un moderno centro ospedaliero da migliaia di posti-letto, in quello che sarebbe stato il futuro quartiere ospedaliero.

L’ammodernamento della rete stradale venne perseguito attraverso la sistematica progettazione di incroci a doppio livello nei punti in cui i tracciati delle arterie radiali intersecavano quelli delle linee ferroviarie. In questo campo una sfida particolarmente stimolante era posta dalla sponda destra della Vistola, i cui terreni, sensibilmente più bassi rispetto a quelli posti sull’altra riva del fiume, ponevano dei problemi di tipo

ingegneristico non indifferenti relativamente alla progettazione e alla costruzione dei nuovi passanti stradali che avrebbero dovuto attraversarli. Le arterie in quest’area, per poter superare il dislivello tra le due sponde, avrebbero dovuto essere sopraelevate e avrebbero dovuto raggiungere una larghezza di 50 metri.

Un’interessante soluzione architettonica riprendeva le più recenti concezioni di Le Corbusier, e proponeva, lungo le grandi arterie che si dirigevano verso le periferie, la costruzione di palazzi residenziali ad alta intensità di edificazione dell’altezza di 8-10 piani1.

La principale arteria Nord-Sud, lunga 10,5 km, venne ricavata seguendo il percorso delle vie Topolowa, Chalubinskiego e Ciepla, attraverso delle aree ottocentesche ad alta densità di urbanizzazione. Un secondo passaggio sulla stessa direttrice sarebbe stato costituito grazie al prolungamento della Marszalkowska a Nord, fino a congiungerla con via Nalewki, nel queartiere ebraico, posto a settentrione.

L’innovativo sistema di trasporti pubblici integrati preconizzato da Tolwinski venne delineato in maniera più precisa. In particolare, le reti tranviarie, furono fornite di percorsi separati dal resto del traffico stradale. In parte si prevedeva pure di farle correre lungo dei tunnel sotteranei.

Il nuovo piano venne ufficialmente accolto dalle autorità comunali nel maggio del 1926, quando la Polonia si apprestava a subire un colpo di stato.