La difficile situazione politico-economica in cui si dibatteva la giovane democrazia polacca, minata alla base da una corruzione alquanto diffusa, convinse il maresciallo Józef Piłsudski – l’indimenticato padre della patria che nel 1922 si era fatto da parte dopo aver tenuto a battesimo, in qualità di capo dello Stato, la rinata Polonia – a usare la forza delle legioni a lui fedeli. L’avvio del cosiddetto regime di Sanacja, che si proponeva di risanare (di qui il nome) la corrotta vita politica del paese, fu marcato proprio dalla marcia su Varsavia, effettuata nel maggio del 1926. Negli scontri fra le truppe del governo democraticamente eletto e quelle del maresciallo, morirono quasi 400 persone, mentro più di 900 furono ferite. Il colpo di mano di Pilsudski, una
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Il progetto di Le Corbusier Città per 3milioni di abitanti, con i famosi grattacieli cartesiani da 60 piani e le ordinate periferie è del 1922. Vedi A. Muntoni, Lineamenti di storia dell’architettura contemporanea, Laterza, Bologna 2005, p. 160.
personalità di antiche convinzioni socialiste, era stata appoggiata dai partiti della sinistra, che temevano una simile azione da parte della destra nazionalista. Esso dette il via a un regime autoritario alquanto specifico. Il Parlamento e i partiti di opposizione poterono continuare ad esistere, perchè Pilsudski – che non si impossessò mai di alcuna carica di primo piano – preferì esercitare il proprio potere da una posizione più defilata, conservando per sè i posti cardine di ministro della Guerra e di Ispettore generale delle Forze armate e lasciando che gli alti gradi dell’esercito occupassero i dicasteri più importanti. Ad ogni modo, il regime non esitò ad usare tutti i mezzi polizieschi su cui poteva contare contro i partiti di opposizione, con svariate ondate di arresti, di processi, di lunghe sentenze di detenzione per gli oppositori politici, mentre nelle campagne le rivolte vennero sedate dal’esercito.
Dopo l’instaurazione del regime di Sanacja nel 1926, a Varsavia il rinnovamento del Consiglio comunale potè essere affrontato solamente nel 1927. Il vecchio consiglio eletto nel 1919 venne così sostituito da uno nuovo, decisamente frammentato nella sua composizione: 47 seggi andarono al Komitet gospodarczy obrony polkosci stolicy (Comitato economico di difesa dell’identità polacca) 16 allo Ziednoczone komitety wyborcze uzdrowienia gospodarki miejski (Comitato elettorale unificato per il risanamento dell’economia comunale), 27 al Partito socialista, 8 al Bund, e i pochi restanti agli altri ragruppamenti minori. I ragruppamenti politici più vicini a Sanacja si unirono facilmente ai socialisti e ai gruppi socialisti ebraici, ed elessero presidente del consiglio comunale Rajmund Jaworowski, un leader socialista che avrebbe portato alla scissione il suo partito nel 1928. Successivamente, Zygmunt Slominski, un esponente di primo piano della Democrazia cristiana, venne nominato sindaco.
Negli anni successivi alla marcia su Varsavia i rapporti fra il governo centrale e le autorità comunali della capitale furono particolarmente difficili. Riuscirono addirittura a peggiorare col tempo, e portarono allo scioglimento del Consiglio comunali, nel 1934, imposto d’autorità dal governo. La crisi economica dei primi anni Trenta aveva infatti fatto aumentare il malcontento fra la popolazione, un sentimento verso cui il regime seppe reagine solamente con l’inasprimento del proprio controllo autoritario. In questa ottica, il commissariamento della carica di sindaco della città, da allora in avanti nominato direttamente dal governo centrale, fu solo una conseguenza naturale del progressivo irrigidimento del regime, chiaramente sancito nella nuova costituzione del 1935, ulteriormente restrittiva in tema di libertà politiche.
Dopo la morte di Pilsudski, avvenuta nel 1935, il regime polacco evolse in un vero e proprio „governo dei colonnelli”, con tutte le posizioni chiave saldamente occupate dagli alti ranghi dell’esercito. Tale deriva autoria fu accompagnata da una radicalizzazione delle tensioni sociali e delle posizioni politiche. In uno stato multietnico come quello polacco, perdipiù posto fra due terribili nemici potenziali come la Germania di Hitler e l’Unione sovietica di Stalin, l’accentuarsi delle tendenze nazionalistiche fu quasi inevitabile, una dinamica che portò anche alla comparsa di alcuni raggruppamenti dichiaratamente fascisti e a ripetuti episodi di vessazione delle minoranze etniche, prime fra tutte quella degli ebrei.
Gli eventi politici appena descritti non mancarono di avere un’influenza diretta sullo sviluppo della capitale dello stato. Il nuovo regime di Pilsudski venne instaurato in un momento in cui i maggiori centri urbani della Polonia stavano attraversando una fase di crescita tanto rapida quanto caotica. Fra questi Varsavia era sicuramente la città che attirava il maggior numero di immigrati dalle campagne, ma anche la situazione delle altre grandi comunità urbane si stava facendo sempre più grave. Il nuovo governo decise quindi di affrontate la stesura di un nuovo regolamento generale in materia di edilizia e di urbanizzazione. La prontezza dell’intervento governativo trovava una sua spiegazione nel timore, abbastanza diffuso nei nuovi vertici politici, che il disagio delle popolazioni urbane sfociasse in episodi di contestazione dagli esiti imprevedibili per il futuro stesso del regime.
Le nuove direttive presidenziali riguardanti i regolamenti edilizi vennero emanate nel febbraio del 1928, e imposero dei criteri molto rigidi per la redazione dei piani regolatori1. Esse vennero accompagnate dalla decisa entrata sulla scena immobiliare della Banca per l’economia nazionale, che in quell’anno cominciò a emmettere i propri crediti, in teoria destinati alle classi meno abbienti, per l’edificazione di nuove strutture residenziali.
1 Rozporzadzenia Prezydenta Rzeczypospolitej z dnia 16 lutego 1928 r. o prawie budowlanem i
zabudowaniu osiedli, in «Dziennik Ustaw Rzeczypospolitej Polskiej» 23 (1928), poz. 202, pp. 365-404.
Secondo le nuove normative nei piani regolatori generali dovevano essere evidenziati «i)- le linee di divisione delle aree destinate ai vari usi: lungo le arterie di comunicazione; presso gli edifici gli stabilimenti e le infrastrutture di utilità pubblica; nelle piazze pubbliche, parchi, giardini, terreni sportivi e altre simili strutture destinate all’uso pubblico; nei terreni boschivi, verdi, giardini e affini; nei terreni residenziali; nei terreni ad uso residenziale con possibilità di edificazione di stabilimenti industriali; nei terreni ad uso industriale; ii)- la divisione delle località in zone secondo il tipo di edificazione mono o multipiano, aperto, a gruppi, chiuso o misto, ignifugo o non ignifugo [...]; iii)- i profili longitudinali e trasversali esistenti, progettati e previsti nel piano delle arterie di comunicazione...»
In conseguenza di tali cambiamenti, a Varsavia l’Ufficio per il regolamento si vide costretto a rivedere nuovamente il piano regolatore. Il ruolo principale in questo ennesimo passaggio di consegne da una equipe di progettisti ad un’altra venne svolto dal consulente cui il governo si era affidato per l’elaborazione del nuovo decreto edilizio, Stanislaw Rozanski. Proprio nel marzo del 19281, infatti, Rozanski si presentò al Dipartimento tecnico con la proposta per l’elaborazione di un nuovo piano generale. L’offerta venne immediatamente accolta.
Il giovane architetto si ritrovò così a capo di un laboratorio di progettazione costituito da un gruppo di collaboratori che avevano già manifestato la propria vicinanza ai principi più moderni dell’urbanistica: Maria Buckiewiczowna, Stanislaw Filipkowski, Jan Graefe e Jozef Renski. Il frutto del lavoro del gruppo Rozanski venne consegnato al Consiglio comunale varsaviano nell’aprile del 1930. La procedura di approvazione da parte del ministero si concluse nel settembre del 1931.
Rozanski puntava a sviluppare ulteriormente le idee innovative che già erano presenti nei precedenti lavori, accentuando ancora di più l’aderenza del nuovo progetto ai più aggiornati dettami dell’urbanistica moderna che stavano circolando liberamente in tutta Europa.
Nell’elaborazione del nuovo piano regolatore – questo era il punto di partenza adottato dal giovane urbanista – bisognava chiedersi quali funzioni avrebbe dovuto svolgere la città di Varsavia. Rozanski ne individuò sostanzialmente tre:
1)- quelle derivanti dalla collocazione geografica di Varsavia, nelle sue qualità di centro del commercio internazionale, di centro industriale e di nucleo centrale di un agglomerato urbano;
2)- quelle relative al ruolo di Varsavia come capitale di stato, ovvero come luogo di rappresentanza di una nazione e come suo principale centro culturale, amministrativo e militare;
3)- quelle risultanti dall’intrecciarsi delle due precedenti, ovverosia la questione abitativa (conseguenza diretta dell’assembramento di abitanti causato dalle funzioni appena descritte), l’igiene urbana e la gestione dei traffici.
Il piano generale di edificazione di Varsavia, in seguito noto nella letteratura specialistica come piano Rozanski2, non presentò innovazioni radicali rispetto ai
1 S. Rozanski, Kierunki planowania przestrzennego Warszawy (1916-1980), in J. Kazimierski et al. (a cura di), Warszawa wspolczesna. Geneza i rozwoj, PWN, Warszawa 1981, pp. 181-190.
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Stanislaw Rozanski, Plan ogolny zabudowania m. st. Warszawy, «KW» 12 (1930), pp. 1-14. Se non altrimenti indicato, d’ora in avanti le citazioni si riferiscono al suddetto scritto. Plan ogolny Warszawy, in «Architektura i Budownictwo» (in seguito «AiB») 11 (1928), pp. 410-38.
progetti precedenti, ma puntò piuttosto ad aggiornare alcuni aspetti specifici nel contesto di un’impostazione di base sostanzialmente rispettosa del piano Tolwinski di quindici anni prima. Il lavoro dell’equipe Rozanski rispondeva alla volontà di coniugare lo sviluppo dell’organismo urbano assieme a quello dell’ambiente naturale circostante. Non si era certamente già giunti all’elaborazione di un piano regionale – che all’epoca non esisteva ancora e che sarebbe stato realizzato solo più avanti – ma l’approccio utilizzato, pur nella ristrettezze poste dalla mancanza di dati, era sicuramente all’avanguardia. L’urbanista svizzero Hans Bernoulli, e lo stesso Tadeusz Tolwinski, lo valutarono in termini molto positivi.
In generale, il cambiamento di maggiore consistenza era proprio quello relativo alla volontà di trattare la città come parte integrante di un’area più vasta, quella dell’intero agglomerato regionale composto dalla città centrale (dal diametro di circa 14 km) e dalle località satellite poste nelle vicinanze di Varsavia. In seguito fu lo stesso Rozanski1 a ricordare come in quegli anni il suo interesse fosse rivolto verso i piani regionali che si stavano approntando all’estero. In maniera del tutto simile a molti altri suoi colleghi dell’epoca, il giovane progettista polacco ebbe la possibilità di conoscere direttamente i piani regionali che si stavano studiano a New York, Colonia, Berlino e nel bacino della Ruhr in occasione dei suoi ripetuti viaggi negli Stati Uniti e in Germania2. Come era già avvenuto molte altre volte in questo primo scorcio del Novecento, e come sarebbe accaduto di nuovo, anche nel caso di Rozanski gli influssi che arrivavano dall’esterno della Polonia vennero prontamente recepiti e adattati alla situazione locale.
Per la preparazione del piano vennero considerate non solamente le condizioni di allora, ma anche quelle future, comprese in un orizzonte temporale di venticinque anni. Gli indici di crescita della popolazione fecero supporre ai progettisti che Varsavia avrebbe potuto raggiunger i tre milioni di abitanti attorno al 1955. In una città sottoposta ad uno sviluppo talmente rapido il problema delle comunicazioni interne era
1 S. Rozanski 1968, op. cit., p. 330.
2 La pianificazione regionale era uno strumento relativamente nuovo. In Europa venne utilizzato in maniera stabile a partire dagli anni Venti, specialmente in Francia, Inghilterra e Germania, e più tardi anche in Olanda, Norvegia, Bulgaria e Cecoslovacchia, per favorire uno sviluppo integrato di aree, geograficamente molto vaste, nelle quali operavano più soggetti amministrativi. Negli anni Trenta in Inghilterra operavano già 80 Joint Commities per la preparazione di piani regionali. Negli Stati Uniti si lavorava al piano di New York, mentre il piano regionale di Buffalo & Detroit superava addirittura i confini nazionali, arrivando ad abbracciare alcuni territori canadesi. Per una contestualizzazione della situazione in Polonia rispetto alla pianificazione regionale negli altri stati europei e nordamericani si veda T. Toeplitz, Plany regjonalne jako zagadnienie gospodarcze, «Biuletyn Urbanistyczny» (in seguito «BU») 3 (1933), pp. 79-87, e Sprawozdanie poszczegolnych panstw na temat planowania regionalnego
sicuramente delicato. I tracciati delle reti ferroviarie stavano per essere messi a punto dal ministero competente e prevedevano il transito per Varsavia di sei linee, di cui cinque poste a oriente della Vistola. I treni sarebbero passati attraverso tutte e quattro le stazioni cittadine – Centrale, Orientale, in via Smolna e a Ochecie. Le stazioni merci sarebbero state invece sette. Anche le ferrovie leggere suburbane sarebbero state potenziate. Alle sette direzioni già esistenti (Grojec, Grodzisk, Kalwaria, Otwock, Jablonna, Radzymin, Mlodin) se ne sarebbero aggiunte altre quattro: Rembertow, Wolomin, Pustelnik e Babice.
La conformazione della rete stradale venne sensibilmente cambiata rispetto ai piani precedenti. In generale si tentò di limitare al minimo il passaggio di importanti arterie di comunicazione attraverso il centro direzionale, più che altro a causa dell’elevato costo dei terreni.
Il principio ispiratore era quello del decentramento dei traffici, divisi in traffico di transito, traffico locale e traffico intra-quartiere. Gli assi principali erano tre. Quelli in direzione est-ovest erano due: il tratto Grojecka-Jerozolimskie-ponte Poniatowski- Waszyngtona, e quello che, dalla zona di Wola, si dirigeva verso la Vistola all’altezza di plac Saski, che sarebbe stata superata attraverso un tunnel sotterraneo in modo da arrivare fino a Praga (arteria W-Z). In direzione nord-sud, invece, si voleva aprire un nuovo corridoio (arteria N-S) che combinasse Marymont-Chalubinski-Topolowa- Pulawska. Doveva essere questa la nuova arteria che, attraversando l’intera città per una lunghezza totale di 14 chilometri, doveva agevolare la comunicazione fra le aree residenziali dove l’edificazione era stata più intensa, ovvero quelle settentrionali (soprattutto Zoliborz) e quelle meridionali (Mokotow), con il centro-città. Secondo Rozanski questo sarebbe stato il nuovo asse di scorrimento centrale della futura Varsavia, che avrebbe potuto contare anche sulla presenza di perlomeno tre nuovi ponti, anche se la speranza era quella di realizzarne cinque.
Molta attenzione venne rivolta alla questione della cosiddetta igiene urbana, che sarebbe stata garantita solo da una corretta localizzazione delle varie zone funzionali. Il territorio venne quindi diviso in quattro tipologie distinte: i)- centrale, ii)- industriale, iii)- residenziale e iv)- verde. Le funzioni produttive vennero concentrate soprattutto nel nuovo quartiere industriale che stava sorgendo a Brodno, a nord-est, sulla sponda destra della Vistola, ma anche a Wola (da dove le fabbriche cominciavano a spostarsi all’esterno in direzione di Ursus) e a Grochow.
Attorno al quartiere centrale – nelle concezioni di tutti i pianificatori varsaviani di questo periodo una sorta di city direzionale i cui confini correvano lungo via Krakowskie Przedmiescie, Nowy Swiat, Jerozolimskie, Marszalkowska, piazza Bankowy, via Bielanska, piazza Krasinskich e via Miodowa – si allargava un’area dalla tipologia di edificazione mista che comprendeva l’intero Srodmiescie. Attorno ad esso erano disposti, secondo quella che era la terminologia dell’epoca, otto super-quartieri: Zoliborz, Kolo, Ochota, Mokotow sulla riva sinistra e Saska Kepa, Grochow, Targowek e Brodno sulla riva destra. La funzione principale dei super-quartieri immaginati da Rozanski era quella di approfondire il decentramento amministrativo, a suo tempo già preconizzato da Tolwinski, arrivando a far sì che ognuno di essi arrivasse ad essere completamente autosufficiente.:
In tali centri si concentrerà il commercio in conformità ai bisogni locali (padiglioni commerciali, negozi) e vi troveranno posto anche alcuni uffici, quali il magistrato di quartiere, la posta, l’assistenza sociale ecc. Pure i bisogni culturali degli abitanti dei vari quartieri, in futuro, saranno soddisfatti sul posto. Le case del popolo, le biblioteche, alcuni teatri, i cinema saranno localizzati nei centri specifici posizionati nei pressi dei complessi amministrativi.
La divisione in quartieri e gli stessi tracciati stradali vennero pensati per favorire uno sviluppo radiale della città. All’epoca infatti era considerato, grazie alla lezione tedesca, il modo migliore per favorire la crescita dell’organismo urbano. Anche la gestione degli spazi verdi (parchi, giardini pubblici, cimiteri), la cui estensione era considerata molto urgente1, rispondeva alla stessa strategia. Essi vennero trattati come dei veri e propri corridoi di separazione dei vari quartieri che, partendo dal centro, e allargandosi verso le periferie, si sarebbero sviluppati lungo i vari assi radiali. Questi corridoi verdi, una volta raggiunti i confini cittadini, sarebbero terminati in una spessa cintura verde, della larghezza di tre chilometri, che avrebbe circondato l’intera Varsavia. Questo anello di vegetazione, in cui l’attività edilizia sarebbe stata severamente limitata, avrebbe costituito un ulteriore spazio ricreativo per la popolazione, salvaguardando nel contempo delle vaste porzioni di suolo edificabile per una futura eventuale urbanizzazione. La Vistola, inoltre, avrebbe funzionato come una sorta di „ventilatore”, andando a costituire un ulteriore corridoio verde che tagliava in due la città.
1 Varsavia aveva nel 1928 1,6 m2 di verde per persona. Praga (in Cecoslovacchia) ne aveva 40, Berlino 21, Washington 42, Cracovia 46.
La definizione del quartiere di rappresentanza venne affrontata con molta cura. L’abbondanza dei palazzi e delle soluzioni monumentali fecero guadagnare al piano Rozanski l’appellativo di Warszawa monumentalna, Varsavia monumentale.
Nell’area di Pole Mokotowskie, già da tempo individuata per la localizzazione di un immenso complesso architettonico celebrativo della riconquista dell’Indipendenza, venne progettato un corso del Parlamento della larghezza di 70 metri. Esso, partendo da piazza na Rozdrozu, avrebbe raggiunto il nuovo Tempio della Provvidenza, posto all’estremità meridionale della nuova arteria.
Il concorso per la progettazione dell’enorme edificio venne indetto nel maggio del 1930, poco dopo la presentazione del piano Rozanski. Il nuovo oggetto avrebbe dovuto essere «un tempio di rappresentanza della Nazione polacca, un luogo di solennità e di riposo per i meritevoli». Dal momento che i fondi necessari alla sua costruzione sarebbero stati messi a disposizione dall’intera popolazione, attraverso una libera donazione, esso avrebbe dovuto essere «una creazione plastica perfetta, la migliore che la nazione fosse in grado di produrre»1. Lungo tale corso avrebbero trovato posto: l’Opera, una Galleria d’arte, l’Accademia delle belle arti, la Biblioteca nazionale, la Biblioteca musicale, l’Ispettorato scolastico, il Conservatorio musicale, la Scuola tecnica, il Protettorato scolastico, un palazzo per le esposizioni, la Scuola centrale di belle arti, svariati musei (quello Antropologico, quello Etnografico quello dell’Educazione) nonché una vasta Casa del Popolo. In generale, poi, gli edifici pubblici (scuole elementari, medie, professionali, palazzi amministrativi, istituzioni culturali, inceneritori di rifiuti, depositi tranviari ecc.) vennero evidenziati con molta precisione, dal momento che la loro costruzione era un’operazione particolarmente importante in una città che, superati i primi difficili anni d’indipendenza, doveva essere in grado di svolgere le sempre più complesse funzioni amministrative e direzionali necessarie al funzionamento di un paese grande e popoloso che, seppur in maniera alquanto contraddittoria, stava ormai cominciando a svilupparsi.
Altro aspetto importante era quello della divisione in zone per tipologia di edificazione. Proprio l’entrata in vigore dei nuovi regolamenti edilizi aveva reso inutilizzabile il precedente piano del 19262. In base alle nuove normative il piano
1 S. Sieniecki, Swiatynia Opatrznosci w Warszawie. Wynik konkursu architektonicznego, p. 556, «PT» 29- 30 (1930), pp. 556-58.
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Gli articoli 10 e 16 del decreto presidenziale sulle normative edilizie del 10.02.1928 prescrivevano che il piano regolatore di una città dovesse comprendere una divisione in zone di edificazione – singolo o multi- piano, chiuso, a gruppo, aperto, misto, costruzioni resistenti al fuoco o meno – e che regolasse le densità
Rozanski dovette prevedere una diminuzione delle volumetrie nel passaggio dal centro alle periferie. Vennero quindi definite due classi principali di edificazione: aperta, tipica delle periferie, dove non sarebbero stati superati i tre piani di altezza, e chiusa, predominante in centro. Queste due categorie erano ulteriormente suddivise in sei sottocategorie, che andavano così a costituire sei differenti tipologie di zone di edificazione in base al numero di piani (fra due e sei) e all’altezza (fra nove e ventidue metri).
La cura messa da Rozanski nell’individuazione di una corretta destinazione d’uso dei vari quartieri di Varsavia evidenziava l’intenzione di ordinare la crescita di una città che si stava sviluppando in maniera molto rapida. Tuttavia, la differenziazione funzionale delle varie aree era più una conseguenza naturale del particolare processo di crescita della città che non il risultato degli sforzi degli urbanisti. Nonostante i buoni propositi da cui erano animati, le loro effettive capacità di intervento erano infatti limitate dalla mancanza di fondi finanziari adeguati. Più che gli interventi della municipalità, furono proprio le condizioni specifiche del territorio urbano a mettere in moto la differenziazione funzionale fra le varie parti di Varsavia. La presenza di un