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Anni settanta/anni di piombo

2. Piano dell’opera

4.2 Anni settanta/anni di piombo

Come abbiamo visto l’interesse nei confronti della rappresentazione degli anni settanta in letteratura è recente ed è concentrato per lo più sul trattamento riservato ai temi della lotta armata e del terrorismo. Ciò dipende ovviamente dalla portata degli avvenimenti, culminati nel sequestro Moro e dalla sua persistenza nella memoria e nell’immaginario collettivi, oltre che dal tasso eccezionale di violenza politica che ha caratterizzato il periodo: tra 1969 e 1983 si contano circa 12000 azioni di violenza politica, sia di destra che di sinistra.25 Tuttavia vale la pena di fare alcune osservazioni

21 Giglioli D., Critica della vittima: un esperimento con l’etica, Roma, Nottetempo, 2014, p. 23

22 La meglio gioventù. Accadde in Italia 1965-1975, in diario, anno II, numero 5, dicembre 2003; Se io

avessi previsto tutto questo, in diario, anno VII, numero 2, aprile 2007; ’77, in Diario di Repubblica, 19

gennaio 2007; 1977. L’anno di piombo, in Dossier Il Giorno, Il Resto del Carlino, La Nazione, anno V°, numero 2, Febbraio 2007; ’70. Gli anni in cui il futuro cominciò, 1-12, Liberazione, febbraio-aprile 2007

23 Associazione FOTOviva, U.F.O. Unione fotografi organizzati, Veronesi G., (a cura di), Gli anni di

Marzo, Bologna, Minerva edizioni, 2008

24 Belpoliti M., Canova G., Chiodi S. (a cura di), Avvertenza per la consultazione, in Annisettanta: il

decennio lungo del secolo breve, Milano-Ginevra, Skira-La Triennale di Milano, 2007, p.12

sulla maniera in cui il tema della violenza politica è tematizzato a partire da alcune considerazioni di partenza. In primo luogo il terrorismo che trova posto nei romanzi è soprattutto ascrivibile a formazioni combattenti dell’estrema sinistra: «Although the clandestine political violence of the “years of lead” came from quite different and generally opposed locations on the political spectrum, and althought it was subject at all locations to the processes of meaning production (…), the kind of “terrorism” that produced the most romance was the “terrorism” of the letf».26 A causa della

proliferazione delle autobiografie degli ex appartenenti alle formazioni combattenti, sono molto più numerosi e noti i profili dei militanti dell’estrema sinistra che approdano alla lotta armata, di quanti raccontino la violenza a partire da destra. Parimenti, le stragi degli anni settanta - da Piazza Fontana, all’Italicus, a Piazza della Loggia - sono state rappresentate, ma sono rari i romanzi che azzardano una narrazione che guardi al punto di vista degli esecutori e, di conseguenza, le figure dei terroristi di destra sono poco indagate e rare (una parziale eccezione può essere già citato Nero di Romanzo

criminale). Tenere l’attenzione principalmente incentrata sul dato della violenza

politica, seppur rispondente a dati di realtà, rischia di essere fuorviante perché finisce con l’ancorare l’immagine degli anni settanta alla violenza e al “piombo”, come accade nella celebre immagine dell’autonomo che spara, da solo, durante una manifestazione milanese del maggio del ’77, divenuta nel tempo emblema del periodo.27 Umberto Eco,

nell’analisi della fotografia, aveva scritto che essa sanciva il passaggio dall’iconografia della rivoluzione affidata all’emancipazione delle masse popolari a quella del guerriero solitario che spara come in un film Western

Quella foto non assomigliava a nessuna delle immagini in cui si era emblematizzata, per almeno quattro generazioni, l’idea di rivoluzione. Mancava l’elemento collettivo, vi tornava in modo traumatico la figura dell’eroe individuale. E questo eroe individuale non era quello dell’iconografia rivoluzionaria, che quando ha messo in scena un uomo solo lo ha sempre visto come vittima, agnello sacrificale: il miliziano morente o il Che ucciso, appunto. Questo eroe individuale invece aveva la posa, il terrificante isolamento

Political Violence in Italy 1969-2009, London-Leeds, MHRA-Maney Publishing, 2009

26 Si veda Allen B., They’re not children anymore.The Novelization of “Italians” and “Terrorism” in

Allen B., Russo M. (a cura di), Revisioning Italy. National identity and global culture, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1997, p.63

27 De Luna G., Storia di una foto, Speciale ’77. Colpo di Pistola, Doppiozero,

http://www.doppiozero.com/materiali/speciali/speciale-%E2%80%9977-colpo-di-pistola [consultato il 25 febbraio 2015] e Bianchi S., Storia di una foto, Milano, Derive & Approdi, 2011

degli eroi dei film polizieschi americani (la Magnum dell’ispettore Callaghan) o degli sparatori solitari

del West - non più cari a una generazione che si vuole di indiani.28

Si può ipotizzare che gli autori degli anni zero puntino, al contrario, a ricostruire il quadro intorno alla figura solitaria di chi ha sparato, intendano ricomporre le storie di chi ha scattato la foto, di quelli che sono scappati, dei proprietari delle automobili parcheggiate, insomma guardino a tutto ciò che il giovane guerrigliero metropolitano aveva fatto passare in secondo piano.

In secondo luogo il ricorso preponderante alla locuzione Anni di piombo per riferirsi agli anni settanta ha fatto sì che, del decennio, sia rimasto preminente, nella memoria collettiva, l’aspetto della violenza politica in uno schematismo che ha polarizzato da un lato il ’68 “buono”, “virtuoso”, “propositivo” e dall’altro gli anni settanta, distruttivi e violenti.29 Anni di piombo è locuzione che inizia a circolare in seguito alla distribuzione

in Italia di un film di Margarethe Von Trotta che, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1981, vince il Leone d’Oro ed è indicato come il primo film che riesce a parlare efficacemente di terrorismo, cosa che i registi italiani avevano, secondo la critica italiana dell’epoca, mancato di fare. Il film che racconta di due sorelle, una che entra in una formazione rivoluzionaria e l’altra che segue dall’esterno il suo itinerario, si intitola

Die bleierne Zeit ma, nella traduzione italiana, l’aggettivo “plumbeo” perde la valenza

metaforica che ha in tedesco (richiamava infatti un poema di Hölderlin) per assumere quella, molto concreta, del piombo sparato dalle pallottole. È però ad un libro del 1991 di Indro Montanelli, L’Italia degli anni di piombo (1965-1978), cui si deve far risalire la fortuna e la nuova circolazione del termine dagli anni novanta in avanti. Questo slittamento di significato30 ha come conseguenza l’affermarsi di una visione che prevede

perfetta coincidenza tra gli anni settanta e la violenza politica. Ovviamente non si intende qui negare la realtà degli avvenimenti o la loro portata tuttavia, nel corso di queste pagine, viene preferita la dicitura anni settanta per segnalare che gli autori

28 Eco U., Una foto, L’Espresso, 29 Maggio 1977 poi in Sette anni di desiderio, Milano, Bompiani, 1983,

pp. 98-99

29 Si vedano Grispigni, M., 1977, Roma, Manifesto libri, 2007; Id., Una generazione con troppi ricordi?

Il ’ 68 ovvero dell’uso e dell’abuso della memoria in Casilio L., Guerrieri L., Il ’68 diffuso.

Contestazione e linguaggi in movimento, Bologna, CLUEB, 2009, pp.133-152; Foot J., Italy’s divided memory, Basinstoke, Palgrave-Macmillan, 2009; Hajek A., Negotiating Memory of Protest in Western Europe. The case of Italy, Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2013.

30 Nella versione inglese della Storia d’Italia Contemporanea di Paul Ginsborg - ha notato O’Leary

(2007) - Anni di piombo è tradotto come years of the bullet (proiettile) e non years of lead (piombo), perdendo così ogni lontana valenza metaforica. Segnalo che Hajek (2013) ha invece optato per la traduzione years of lead.

affrontano il tema della lotta armata, ma lo comprendono all’interno di scenari più ampi e non necessariamente legati alla riproposizione di vicende legate alle storie di ex militanti di formazioni armate della sinistra extraparlamentare.

Dovendo poi indicare gli estremi cronologici che anni settanta copre, la proposta è considerare il periodo che va dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 alla

marcia dei Quarantamila del 14 ottobre 1980, momento che segna la sconfitta del

movimento operaio all’interno della FIAT e, simbolicamente, il tramonto della centralità dell’operaio, figura fondamentale nelle lotte dei decenni precedenti. Altre possibili periodizzazioni sono quelle che legano la fine degli anni settanta all’epilogo della vicenda di Aldo Moro (se ne può ritrovare traccia, ad esempio in Corpo di Stato) o all’esaurirsi, nella prima metà degli anni ottanta, degli atti di violenza politica, conseguenza dell’azione efficace della magistratura nello smantellare le formazioni terroriste.31

Il bilancio del periodo, soprattutto se visto dall’interno dell’area di movimento, è profondamente negativo e poggia sull’analisi delle trasformazioni sociali sociali e del mercato che si dispiegheranno nel corso degli anni ottanta. Secondo Bifo, teorico, figura centrale del ’77 bolognese e fondatore di Radio Alice, gli esiti a medio periodo del movimento del ‘77 sono da rintracciarsi nella «creazione delle premesse per la svolta neoliberista: l’autonomia sociale diffusa si determina in neo imprenditorialità, la comunicazione delle radio libere apre la strada all’oligopolio delle televisioni commerciali, la rottura del compromesso storico apre la strada a Craxi, la critica radicale al lavoro salariato sfocia (…) in semplice espulsione di una parte di lavoratori dall’industria e infine la critica al dogmatismo ideologico e storicista apre la strada allo scintillante culto delle superfici (…), al predominio del mercato sulla cultura».32 Anche

Marco Grispigni conclude la sua analisi sugli anni settanta con una considerazione in cui sostiene che la fine degli anni settanta coincide con la chiusura della stagione dei movimenti e con il venir meno della «capacità di incidere dei movimenti sociali e politici sulle vicende, non solo politiche, nazionali. Come tutti gli eventi che segnano un momento di passaggio in esso sono presenti parte dei contenuti e dei valori della fase precedente, ma appaiono anche, in maniera contraddittoria (…) comportamenti che anticipano il decennio successivo».33 Esistono anche delle letture meno negative degli

31 Si vedano Galli G., Storia del partito armato, Milano, Rizzoli, 1986 e Allen B., 1997.

32Berardi F. ,Dell’innocenza:1977:l’anno della premonizione Verona, OmbreCorte, 1997, p.9.

esiti dei movimenti degli anni settanta, secondo Ginsborg infatti, gli anni ottanta, pur presentando le caratteristiche evidenziate dalla lettura di Bifo, segnano anche l’apparire di «segni assai evidenti della crescita, per la prima volta nella storia italiana, di una società civile. (...) i grandi progressi compiuti dall’istruzione (in particolar modo femminile), la crescita di un nuovo associazionismo legato all’impegno sociale (...) erano tutti segni inequivocabili di un mutamento generazionale che era al tempo stesso una forma di rivoluzione culturale».34

Nei romanzi sugli anni settanta la prima delle due letture è quella preponderante anche se, lo vedremo meglio in seguito, i modi di reagire alla percezione di una sconfitta variano da autore a autore.