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Concentrazione editoriale

2. Piano dell’opera

1.2 New Italian Epic e Ritorno al Reale: il 2008

1.3.1 Concentrazione editoriale

Per quanto riguarda la prima motivazione, gioca sicuramente un ruolo di rilievo, nel biasimo di cui è oggetto la narrativa degli anni zero, la consapevolezza, da parte dei critici, del funzionamento dell'industria editoriale in Italia. L’Italia è un paese in cui si legge poco (secondo dati ISTAT nel 2012 solo la metà degli italiani ha letto almeno un libro l’anno e tra questi soltanto il 14,5% legge più di 12 libri all’anno)74 e in cui si è

72 Ferroni G.,Ivi, 91 %

73 Giunta C.,L’assedio del presente: sulla rivoluzione culturale in corso, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 91,

p. 80

74 La produzione e la lettura dei libri in Italia, 2011-2012 http://www.istat.it/it/archivio/90222,

iniziato a leggere in tempi relativamente recenti: le riforme dell’istruzione, dall’istituzione della scuola media unica del 1962, hanno portato, negli anni, ad una lenta ma costante crescita del numero dei laureati e, unite al miglioramento generale delle condizioni di vita nel periodo successivo al boom economico, hanno contribuito nei decenni seguenti ad un aumento del numero dei lettori. Di pari passo con questo aumento (comunque più lento e tardivo di quello della maggior parte dei paesi europei) si è assistito ad una diversificazione e ad una segmentazione dei lettori. Se negli anni trenta chi comprava e leggeva libri apparteneva ad un gruppo ristretto socialmente omogeneo (ragione che spiega, ad esempio, il successo di alcune prime edizioni di poesia), con il passare del tempo questo gruppo si è ampliato a soggetti che per la prima volta avevano si affacciavano al mondo della cultura alta. Questo ha portato ad una generale ridefinizione dei confini tra cultura alta e cultura bassa che ha spinto i produttori ad investire su una nuova tipologia di prodotto culturale per un mercato di consumatori di massa. È il campo del middlebrow: prodotti che scimmiottano o ripropongono in maniera formulare e impoverita gli stilemi della cultura alta pensati per un pubblico di semi-colti che, in questo modo, ha l’impressione di avere accesso ad un campo in precedenza precluso. Tale mutamento si può rintracciare, ad esempio, nel passaggio dai tascabili della Biblioteca Universale Rizzoli agli Oscar Mondadori. Esempio di «democrazia editoriale»75 mosso da un intento educativo che andava nella

direzione di garantire un offerta culturale alta ad un pubblico ampio, la BUR proponeva i classici della letteratura ad un prezzo estremamente contenuto. Dal 1949 al 1968 furono pubblicati 822 titoli (con una tiratura media dalle 10.000 alle 15.000 copie e punte di 150.000 copie per I promessi sposi). Nel 1965 gli Oscar Mondadori iniziarono a proporsi come alternativa, privilegiando proposte di letteratura inglese e americana e romanzi italiani contemporanei alla costruzione di un canone di classici. Inizia qui un lungo processo di sopravanzamento delle nuove uscite sui titoli di catalogo che tocca il suo apice ai giorni nostri e che ha, tra le conseguenze, quella di accorciare sensibilmente la vita del libro (di norma un esordio non rimane in libreria per più di quindici giorni ed è subito sostituito dalla una nuova uscita) oltre che quella di rendere di fatto impossibile, per un libro che non sia adeguatamente supportato, trovare spazio magari grazie al passaparola dei lettori o all’accoglienza positiva della critica. Iniziano inoltre, intorno alla fine degli anni settanta, le prime acquisizioni di case editrici da parte di

75 Pedullà G.,Mass media, consumi e lettori nel secondo Novecento in Luzzatto S., Pedullà G., (a cura di)

editori più grandi: «Il processo comporta via via fino agli anni ’80 graduali ma profonde trasformazioni, nel quadro di cambiamenti oggettivi della società e del mercato, e viene sostituendo alla forte personalizzazione del progetto e del catalogo una sorta di dio ascoso, le cui decisioni strategiche vengono da forze politiche ed economiche spesso non rintracciabili negli organigrammi e secondo disegni che spesso trascendono il destino del libro».76 Figure fondative dell’editoria italiana come Angelo Rizzoli e

Arnoldo Mondadori scompaiono all’inizio degli anni settanta, la IFI-FIAT di Agnelli acquista tre case editrici: Bompiani, Etas Kompass e Sonzogno. Sansoni diventa parte di Rizzoli e Guanda e Vallardi di Garzanti. Einaudi, casa editrice tradizionalmente orientata a sinistra, deve fare i conti nel 1983 con una gravissima crisi e per scongiurarne il fallimento viene acquisita prima da Electa e poi dal gruppo Mondadori: pur mantenendo marchio e strutture non riesce a portare avanti la linea editoriale con la stessa forza del passato, anche se mantiene una posizione di prestigio e, con la creazione di Stile Libero nel 1996, diventa punto di riferimento per tanti autori della nuova narrativa italiana. Se alla fine degli anni settanta servivano 72 editori per coprire il 50 % del mercato, nel 1989 siamo già a 7, mentre nel 2011 i cinque gruppi principali raggiungono da soli il 63,1 % delle quote e gli equilibri futuri inclinano pericolosamente in direzione di un’ulteriore riduzione del numero degli attori in campo. Mondadori, Rizzoli-Corriere della Sera (RCS), Gruppo Editoriale Mauri-Spagnol (GeMS), Feltrinelli e Giunti si spartiscono il mercato, non solo come editori ma anche come distributori. Mondadori, Pde (Feltrinelli), Messaggerie (GeMS), Giunti costituiscono di fatto un oligopolio sia per quanto riguarda la distribuzione che per quanto riguarda la vendita, attraverso le librerie di catena (Feltrinelli, Mondadori, Giunti). In una situazione come quella descritta, ulteriormente complicata dalle innovazioni legate all’editoria digitale, appare chiaro gli spazi per coltivare una narrativa indipendente “di qualità” rischiano di essere ridotti al minimo. Un grande gruppo editoriale pur avendo potenzialmente maggiori strumenti e risorse per accompagnare l’itinerario di uno scrittore (dagli anticipi che può garantire, al livello degli editor che può mettere al lavoro su un testo, alla promozione e alla distribuzione) raramente affronta il rischio di un investimento che non garantisce un successo pressoché immediato. Privilegiata è allora la ricerca del best seller (o megaseller), meglio se si tratta dell’opera prima di un esordiente il cui exploit verrà raramente eguagliato da una seconda prova, o di un

romanzo che può dare il via allo sfruttamento massiccio tema (la ripresa del filone gotico-vampiresco dovuta al successo di Twilight o quello erotico che ha fatto seguito al successo di Cinquanta sfumature di grigio). Ci si trova quindi in una situazione in cui: «il prevalere di logiche mercantili fa sì che oggi i grandi gruppi editoriali tendano a selezionare opere sempre più in base alla loro possibilità di ottenere un immediato successo di vendite. La positiva democratizzazione della cultura è diventata anche un pesante fattore di livellamento e conformismo, cortocircuito tra massimizzazione del profitto e populistiche apologie del gusto dell’uomo di strada».77

Questo vale non solo a livello nazionale ma anche globale, anzi questi processi si sono arrivati in Europa con una decina d’anni di ritardo rispetto agli Stati Uniti. André Schiffrin in un testo tradotto in italiano con il titolo di Editoria senza Editori conferma il venir meno dell’aspetto culturale del mestiere editoriale che ha lasciato il posto ad una serie di scelte orientate alla ricerca del profitto: «In Europa and in America, publishing has a long tradition as an intellectually and politically engaged profession. Publishers have always prided themselves on their ability to balance the imperatibe of making money with that of issuing worthwhile books. In recent years, as the ownership of publishing has changed, that equation has ben altered. It is now increasingly the case that the owner’s only intereset is in making money as much of it as possible»78.

Vari appelli alla salvaguardia della bibliodiversità si sono susseguiti negli ultimi anni anche se la congiuntura economica che sta attraversando il settore li rendono di difficile attuazione. Secondo i dati presentati dall’Associazione Italiana Editori alla Buchmesse di Francoforte del 2013 i primi otto mesi del 2013 hanno visto un calo di fatturato del 14% rispetto al 2011 (rispetto al 2012 il calo è solo del 4,5 %) anche se si registra un lieve aumento del numero complessivo dei lettori e della vendita di ebook (legato in questo caso al diffondersi del nuovo supporto).79 L’insieme di questi dati contribuisce

motivare, almeno in parte, la scarsa fiducia della critica nei confronti degli autori italiani e le ragioni per cui, dagli anni novanta in poi, si è assistito ad un ciclico affermarsi di

77 Pedullà G.,2012, p. 998

78 Schiffrin A.,The Business of Books. How International Conglomerates Took Over Publishing and

Changed the Way We Read, London-New York, Verso, 2000, p.5

79 Prudenzano A., Buchmesse, i dati (negativi) dell’editoria italiana:“In due anni il fatturato è diminuito

del 14% Affari Italiani, 9 ottobre 2013, http://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/buchmesse-i-dati-

dell-editoria-italiana-in-due-anni-il-fatturato-diminuito-del-14.html; Ufficio Studi AIE (a cura di)

Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2013 http://www.affaritaliani.it/static/upload/sint/sintesi-

rapporto-2013.pdf ; Id, Tutti i dati del Rapporto AIE sul mercato del libro in Italia nel 2013,

http://www.aie.it/SKVIS/News_PUB.aspx?IDUNI=k2crvfccad0hzw1i2st2o13021&MDId=6368&Sked a=MODIF102-1752-2013.10.8 [consultato il 25 febbraio 2015]

mode editoriali sfruttate fino al loro esaurimento: prima la narrativa dei giovani esordienti, quindi il Pulp dei Cannibali (termine coniato da Paolo Repetti di Einaudi), il noir legato ai misteri d’Italia, i tanti romanzi sugli anni di piombo o quelli sulla

generazione precaria. Ciascuna di queste tendenze nasceva da spinte autentiche e

magari originali che, nello scontro/incontro con il sistema editoriale, ha subito un’inevitabile trasformazione sino a dare vita ad un repertorio sempre più standardizzato e replicabile, giustamente stigmatizzato dalla critica la quale, però, non è esente dal canto suo da limiti e da una certa miopia.