• Non ci sono risultati.

Le ragioni della riscoperta di un decennio

2. Piano dell’opera

4.1 Le ragioni della riscoperta di un decennio

Sono numerose le motivazioni, sia interne che esterne al campo letterario, che possono concorrere a spiegare il successo di questa produzione. Demetrio Paolin autore, nel 2006, di uno dei primi approfondimenti sul terrorismo nella narrativa contemporanea, mette in relazione la ripresa di interesse per gli anni settanta con il ritorno alla ribalta del tema del terrorismo dopo gli omicidi di Massimo D’Antona del 1999 e di Marco Biagi del 2002. Lo studio sostiene che gli avvenimenti di cronaca hanno riportato all’attenzione generale un intero universo di problemi con cui la letteratura italiana non è mai riuscita a fare i conti efficacemente. I romanzi che si occupano di terrorismo tendono a ricondurlo all’interno delle rassicuranti maglie della lotta generazionale e del tessuto familiare, senza arrivare a toccare la sostanza tragica di quelle vicende, tacendo in particolar modo sulle vittime: «se non c’è tragedia (…) non c’è neanche immedesimazione né catarsi. Non ci si libera né ci si purifica dalle passioni distruttive. Anzi, vi si resta sempre coinvolti. Anche questo fallimento, questa incapacità di vero racconto, non solo tradisce il silenzio autistico dei protagonisti di allora (…) ma rispecchia una difficoltà di crescita civile del nostro paese. Non riusciamo a raccontarci, a ritrovarci in una narrazione condivisa del nostro passato più recente».8 All’orizzonte della cronaca rimanda anche l’ipotesi che collega la fioritura di

romanzi sugli anni settanta alla situazione italiana all’indomani del G8 di Genova: nel 2001 come nel ’77 si sono tenute imponenti manifestazioni di piazza, nel 2001 come nel ’77 la repressione delle forze dell’ordine è stata brutale e parte dei manifestanti ha compiuto azioni violente (per quanto non comparabili con il tasso di violenza politica degli anni settanta). La figura di Carlo Giuliani, ucciso in Piazza Alimonda il 21 luglio del 2001 da un colpo sparato dal giovane carabiniere Mario Placanica, è andata progressivamente a sovrapporsi, soprattutto nelle aree di movimento, a quella di un’altra vittima della violenza delle forze dell’ordine, Francesco Lo Russo (ucciso a Bologna l’11 marzo del 1977), costruendo una sorta di genealogia del giovane rivoluzionario, in

cui le nuove generazioni di militanti si riconoscono: «Lorusso’s identity was adapted to the situation [Giulianis’s death ndA] so as to serve as the basis for a collective identity for a new generation of left-wing activists»9 scrive Andrea Hajeck riflettendo sul

parallelismo tra le due figure. Ovviamente il passaggio dal piano della cronaca a quello del romanzo non è automatico né immediato, tuttavia un processo di assimilazione di questo tipo dà conto di una disponibilità, da parte di alcuni strati di lettori, a leggere storie che, ambientate nel passato recente, affrontano temi legati al rapporto con le istituzioni dello stato e al ricorso alla violenza politica. Inoltre, l’indubbia fascinazione suscitata dall’ultimo periodo di agitazione sociale in cui prospettive di palingenesi rivoluzionaria potevano apparire tangibili, può aver contribuito ad una ripresa di attenzione sul periodo: «E, così, una generazione costretta a morire di precarietà, (…) lava via i propri istinti massimalistici e antisociali in questi bagni catartici di eversioni, sogni, P38 e assalti al cielo. Come darci torto?»10 dichiara provocatoriamente Silvia Dai

Prà, in un articolo dedicato alle memorie degli ex brigatisti. Anche Gianluigi Simonetti interpreta il successo del tema in termini di fascinazione per il portato rivoluzionario e per il senso di “storia in atto” che restituiscono: «In un’epoca che ha fame di storie

‘forti’, la lotta armata è l’ultima storia ‘forte’, l’ultima storia in atto che investa una

dimensione collettiva, che riguardi tutti, che incida almeno potenzialmente sui destini generali (almeno prima e dopo l’undici settembre; del resto è proprio dopo il 2001 che il tema della lotta armata diventa di successo). Da questo punto di vista non è sbagliato parlare del terrorismo come di un vero e proprio mito della ultracontemporaneità, di cui la narrativa italiana si riappropria quando la Storia si rimette in moto».11

La fioritura di romanzi sul passato recente può essere però interpretata anche in una cornice completamente diversa da quella della fascinazione per il terrorismo perché storia in atto, vale a dire quella della nostalgia, intesa come modalità di costruzione di un’esperienza del mondo - che ha trovato sempre più spazio in anni recenti - soprattutto se si guarda alle forme dei consumi culturali, orientati quasi ossessivamente alla riproposizione del passato e al vintage. Nell’età della globalizzazione infatti il sentimento della nostalgia, cui aveva dato nome per la prima volta nel 1688 il medico alsaziano Johannes Hofer nella Dissertatio Medica de Nostalgia definendola come «la

9 Hajek, A., Negotiating Memories of Protest in Western Europe. The Case of Italy, Basingstoke,

Palgrave Macmillan, 2013, p.86.

10 Dai Prà S., Lo sterminato romanzo degli anni settanta, Lo Straniero, N.60, Giugno, 2005

http://www.lostraniero.net/archivio-2005/53-giugno/402-lo-sterminato-romanzo-degli-anni- settanta.html [consultato il 25 febbraio 2015]

tristezza ingenerata dall’ardente brama di tornare in patria»12 è andata progressivamente

legandosi ai consumi di massa. Secondo l’antropologo Arjun Appadurai «Le tecniche di commercializzazione di massa non solo costruiscono il tempo ma influenzano la periodizzazione in forma di esperienza di massa della società contemporanea».13

Pratiche legate al recupero nostalgico del passato sono attestate negli Stati Uniti fin dagli anni settanta,14 mentre nel nostro paese si possono osservare a partire dal decennio

successivo. Anche in letteratura è possibile trovare tracce questo processo dal momento che la narrativa italiana degli ultimi quindici-vent’anni vive di un rapporto strettissimo con il passato recente, in particolare con il periodo in cui molti autori di romanzi ambientati negli anni settanta fanno risalire la propria formazione. Il sociologo Karl Mannheim ha descritto questa tendenza in termini di permanenza delle impressioni giovanili nel dare forma alla propria esperienza del mondo: «la predominanza delle prime impressioni rimane viva e determinante anche quando tutto il corso posteriore della vita non dovesse essere altro che una negazione e una distruzione della “concezione naturale del mondo” acquisita in gioventù».15 In uno studio sulla nostalgia

nel cinema e nella cultura contemporanea Emiliano Morreale ha notato che «negli ultimi quindici anni si è assistito ad un proliferare, anno dopo anno, di romanzi che raccontano il passato recente dell’Italia (gli anni settanta e ottanta, in particolare) con attenzione ossessiva ai programmi televisivi, e in misura minore ai film, alle canzoni, ai prodotti commerciali. La narrativa italiana contemporanea insomma è anche evocazione del passato recente, anzi più precisamente dei prodotti mediali del passato recente».16

Eventi emblematici che tornano in molti dei romanzi sugli anni settanta, dal rapimento di Aldo Moro, alla vicenda di Vermicino e, sconfinando negli anni ottanta, alla vittoria della Coppa del Mondo dell’82, diventano un repertorio, spesso ricostruito non attraverso la memoria diretta dell’esperienza, ma richiamando sulla pagina il racconto che i mezzi di comunicazione di massa ne hanno fatto: voci familiari di cronisti e annunciatori in cui gli autori, all’epoca poco più che bambini, riconoscono i mediatori della loro storia e rintracciano la propria identità. Secondo una ricerca che ha guardato al rapporto tra generazioni di scrittori e consumi mediali, per la generazione di scrittori

12 Prete A., (a cura di), Nostalgia. Storia di un sentimento, Cortina, Milano, 1992, p. 47 in Morreale E.,

L’invenzione della nostalgia. Il vintage nel cinema italiano e dintorni, Roma, Donzelli, 2009 p.17

13 Appadurai A., Modernità in polvere, Roma, Meltemi, 2001, p.108

14 Davis F., Yearning for Yesterday. A sociology of Nostalgia, New York, The Free Press, 1979

15 Mannheim K., Le generazioni, Bologna, Il Mulino, 2008, p.65 in Antonello, P., Dimenticare Pasolini.

Intellettuali e impegno nell’Italia contemporanea, Milano, Mimesis, 2012, p.23

nati a partire dalla seconda metà degli anni sessanta, i media diventano «oggetto centrale della propria riflessione nel momento dell’indagine della relazione fra sé e il mondo»17 e ciò è evidente nella loro produzione narrativa. Molti degli autori nati dalla

fine degli anni sessanta in avanti scelgono infatti, nel racconto degli anni settanta, di intensificare i riferimenti legati alla cultura di massa, a fronte dell’indebolirsi della presenza dei fatti sangue. Ne scaturiscono sintesi che possono alternativamente sfociare in un ritratto di maniera dell’epoca o in quadri in cui terrorismo e consumi pop convivono in uno stridente contrasto, ed è bene aver presente questa duplice prospettiva nell’analisi dei testi.

Se si guarda invece a ragioni più interne al mondo editoriale, l’ondata dei romanzi sui settanta si può far risalire all’ottimo riscontro ottenuto, come abbiamo visto, dal noir dalla metà degli anni novanta in avanti: è plausibile infatti ipotizzare che questo abbia contribuito a sollecitare il sorgere di racconti su un decennio le cui caratteristiche si prestano ad essere enfatizzate in chiave criminale e poliziesca18: «Negli anni novanta,

quando il noir diventa uno dei generi più praticati nella narrativa italiana, il complotto terroristico diventa una moda dilagante, promossa sia da ex terroristi, come Battisti o Franceschini, sia da molti dei nuovi narratori, da Lucarelli a Genna, da De Cataldo a Simi, da Spinato a De Michele».19 A partire dai primi anni del nuovo millennio si

registra un revival degli anni settanta anche in ambito cinematografico20 e, dal momento

che nel sistema della produzione dell’intrattenimento contemporaneo, la letteratura non costituisce un settore separato dalle logiche di mercato ma, al contrario, ne è parte integrante si può ipotizzare che cinema e letteratura si influenzino e sollecitino a vicenda nello sviluppo di storie su temi che dimostrano di avere un buon riscontro di pubblico. Inoltre l’enfasi esagerata sul tema del trauma che la nazione italiana sconta dal caso Moro in avanti - secondo Giglioli «cadavere insepolto che a tutt’oggi

17 Pasquali F., Generazioni, memoria, scrittura. Il romanzo di formazione degli anni Ottanta in

Media+Generations summary report, Media e Generazioni nella società italiana, pubblicato in

occasione della conferenza Media+Generation, 11/12 Settembre 2009, Milano p.23

18 Se si guarda al cinema il primo genere che inizia a raccontare gli anni settanta è proprio il poliziottesco.

Si può vedere Uva C., Schermi di Piombo: il terrorismo nel cinema italiano, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007

19 Donnarumma R., 2011 p.338

20 Un elenco di titoli dal 1997 al 2012: Radiofreccia, Luciano Ligabue, 1997; I cento passi, Marco Tullio

Giordana, 2000; La meglio gioventù. Marco Tullio Giordana, 2003; Paz!, Renato De Maria, 2002;

Buongiorno notte, Marco Bellocchio, 2003; Piazza delle cinque lune, Renzo Martinelli, 2003; Il fuggiasco, Andrea Manni, 2004; Lavorare con lentezza, Guido Chiesa 2004; Romanzo criminale,

Michele Placido, 2005; Arrivederci amore, ciao, Michele Soavi, 2006; La signorina Effe, Wilma Labate, 2007; Mio fratello è figlio unico, Daniele Luchetti, 2007; La banda Baader Meinhof, Uli Edel, 2008; Il grande sogno, Michele Placido, 2009; La prima linea, Renato De Maria, 2009; I primi della

impedirebbe all’Italia di diventare un paese normale, come se la Svezia vivesse nell’etene trauma dell’omicidio di Olof Palme»21 ed esempio di un’etica pubblica basata

sull’assunzione della figura di una vittima (depurata di tutti i suoi tratti di agency e di potere) a mito identitario - ha sicuramente un ruolo di prima importanza della scelta degli editori nel riproporre romanzi sugli anni settanta. Infine, varie iniziative realizzate da giornali e settimanali per segnare le ricorrenze del quarantennale del ’68 e del trentennale del ’77, celebrate attraverso articoli e dossier sia cartacei che online (i numeri speciali della rivista diario dedicati alla “meglio gioventù” del 1965-1975 e al del ’77; i fascicoli usciti con Liberazione)22 e alcune mostre, quali Annisettanta. Il

decennio lungo del secolo breve, Triennale di Milano (ottobre 2007 - marzo 2008) o Gli anni di marzo23 (Bologna, marzo 2008) hanno contribuito a mantenere alta l’attenzione sul periodo e ad offrirne un’immagine rinnovata. Il monumentale lemmario-catalogo della mostra Annisettanta insiste, ad esempio, sull’idea degli anni Settanta come caleidoscopio per riscattarli dall’immagine della violenza e del piombo: «molti percorsi, tragitti, concatenazioni (…) sono contenuti nel decennio (...). Ci sono vicende (...) che sembrano perse, eppure non lo sono. Si tratta solo di ritrovarle, ruotando il nostro lemmario-caleidoscopio».24