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Modalità di trattazione

2. Piano dell’opera

4.4 Modalità di trattazione

Rispetto alla presenza dei cosiddetti Anni di piombo nella letteratura italiana è in primo luogo utile ricordare la diffusa convinzione, che abbiamo visto risalire ad Arbasino, secondo la quale «Nessuno scrittore è stato in grado di trasformare quella materia intrinsecamente romanzesca (…) in buon romanzo»54 o «il romanzo sul

terrorismo italiano, come ricordava Arbasino, non è stato ancora scritto»55 che ha un

parallelo in ambito cinematografico secondo il quale i registi dell’epoca quando «affrontano il tema del terrorismo lo fanno con difficoltà e circospezione, cercando di esplorare i rapporti tra un io politico che si è dissolto e un io individuale incapace di

53 De Luna G., Le ragioni di un decennio: militanza, sconfitta, memoria, Milano, Feltrinelli, 2009, p.148

Il Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice è stato istituito con la legge n° 56 del 4 Maggio 2007.

54 Sartori, G., Gli anni di piombo, Berlusconi, la lingua in Nazione Indiana,

http://www.nazioneindiana.com/2006/03/30/gli-anni-di-piombo-berlusconi-la-lingua/ [consultato il 25 febbraio 2015]

trovare la propria dimensione».56Tuttavia come diversi studi critici hanno, negli ultimi

anni, evidenziato è possibile identificare tre differenti modalità di trattazione dei temi del terrorismo e della lotta armata in campo letterario, legate a tre differenti momenti storico-culturali e temperie stilistiche.

4.4.1 Allegoria e omissione

La prima fase, che coincide con gli eventi, è caratterizzata da un certo grado di omissione per motivi che vanno dall’incomprensione del fenomeno alla distanza del romanzo dell’epoca da forme disposte ad accoglierne un racconto referenziale, fase che Donnarumma interpreta, in termini bourdesiani, come periodo in cui la letteratura vuole affermarsi come «campo distinto dalla comunicazione di massa»57 e che quindi esprime

il massimo grado di letterarietà e di distanza dalla cronaca. Di conseguenza gli autori, ad eccezione di Sciascia e Balestrini, difficilmente affrontano in maniera diretta gli avvenimenti che occupano le cronache: «seppure in forme molto diverse, Calvino e Pasolini, Balestrini e Volponi, Sciascia e Vassalli concordano nel produrre libri in cui la ritualità letteraria, qualunque forma assuma, sia ben in mostra».58 In letteratura Tabucchi

(Piccoli equivoci senza importanza, 1985) o La Capria (Amore e Psiche, 1973)

«trascrivono l’eversione politica in palinsesti metafisici»,59 mentre altri come Natalia

Ginzburg (Caro Michele, 1973) usano il riferimento a gruppi eversivi cui il protagonista è legato per alludere allo «sfacelo della famiglia borghese».60 In campo cinematografico

è il cinema di genere ad intercettare per primo le tensioni del periodo, sebbene poco considerato dalla critica dell’epoca. I registi dei cosiddetti poliziotteschi sono i primi a portare sul grande schermo violenza di Stato, stragi, progetti eversivi e legami con l’estrema destra in film come La polizia ringrazia (Stefano Vanzina, 1972), San Babila

ore 20: un delitto inutile (Carlo Lizzani, 1976) o Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (Elio Petri, 1970) che erano spesso interpretati non tanto come pellicole di

denuncia sociale quanto di intrattenimento. Studi sulla ricezione del capolavoro di Petri hanno rivelato che, all’epoca, l’aspetto della corruzione morale del commissario di

56 Brunetta G.P., Guida alla storia del cinema italiano, Torino, Einaudi, 2003 p.333.

57 Donnarumma R., 2011, p. 329.

58 Ibidem

59 Simonetti G., 2012, p.1.

polizia era considerato preponderante sul portato politico del film.61 Anche la commedia

non manca di dare una rappresentazione del tema, è Mario Monicelli che, con Vogliamo

i colonnelli (1973), mette in scena una tragicomica cronaca di un colpo di stato che ha

veramente molto in comune con i tentativi di golpe falliti dell’inizio degli anni settanta. In letteratura una parziale eccezione alla resa non referenziale degli avvenimenti potrebbe essere individuata in Cani Sciolti di Renzo Paris che rappresenta una delle prime riflessioni sull’eredità della prima stagione del movimento. Tuttavia, anche in questo romanzo, i riferimenti all’orizzonte della cronaca sono minimi, molto più approfondite invece sono le parti dedicate alle riflessioni sui tentativi di importare le teorie discusse nelle assemblee universitarie all’interno di un contesto arretrato, rappresentato da una piccola scuola pluriclasse in una provincia remota e agli interrogativi angosciosi sulla definizione della sessualità del protagonista-narratore. Il romanzo può essere considerato un antecedente di Porci con le ali anche per la trattazione del tema della sessualità, per quanto nel testo di Paris sia ambigua scabrosa e problematica, mentre nel caso di Ravera e Lombardo Radice, gioiosa e liberata. Un’ironica critica alla sessualità gioiosa post sessantottina si può rintracciare anche in alcuni passaggi de La banda Bellini di Marco Philopat, affidati alla voce di Andrea Bellini che fatica a comprendere il nuovo corso secondo cui si regolano le relazioni sessuali.62 Negli anni ottanta, a fronte di quello che sembra presentarsi come un generale

disinteresse nei confronti degli aspetti più scopertamente politici del recente passato, l’allegoria è una delle forme che può assumere la trattazione di temi legati al terrorismo e alla lotta armata come si nota ne Il nome della rosa, in Tabucchi (Il piccolo naviglio, 1978) e in Consolo (Il sorriso dell’ignoto marinaio, 1976). Anche Q, esordio dei Wu Ming di qualche anno successivo, può prestarsi ad una lettura che fa dell’eterno ribelle Gert del Pozzo l’allegoria di una figura della rivoluzione permanente, con più di qualche attinenza con le lotte della fine del XX secolo.

61 Minuz A., Il doppio stato e le convergenze parallele. Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni

sospetto e Piazza Fontana in Uva, C., (a cura di) Strane Storie: il cinema e i misteri d’Italia, Soveria

Mannelli, Rubbettino, 2011

62 «mi sono accorto che è arrivato il ’68 perché le donne hanno cominciato - da un giorno all’altro - a

darla via senza problemi (…) ci hanno preso di sorpresa. Noi non siamo preparati (…)Se ne stanno sfrontate a parlottare delle tue tristezze - le tue originalità le tue paure - quelle più intime intendo dire - e allora è un bel casino - quando sei in giro al bar o a chiacchierare con l’amico non sai se per puuuro caso quella che è stata con te ha tirato fuori il rospo». Philopat M., La banda Bellini, Milano, ShaKe, 2002 pp. 35-36

4.4.2 Memorie e confessioni

Nella seconda fase, dalla seconda metà degli anni ottanta in avanti, gli ex-rivoluzionari che si sono dissociati dalla lotta armata iniziano a parlare, spesso dal carcere, e a raccontare le loro vicende ad un giornalista. È il caso, ad esempio, dei libri intervista di Renato Curcio, A viso aperto (1993) scritto in collaborazione con Mario Scialoja e di quello di Mario Moretti, Brigate rosse: una storia italiana, scritto con Carla Mosca e Rossana Rossanda e di numerosi esempi di autobiografia pilotata63 che prevedono, oltre

all’autore, la presenza di un curatore. Scorrendo l’elenco dei titoli si può notare che sono numerosi i pentiti che hanno deciso di raccontare la propria storia, per quanto una decina di titoli nell’arco di un ventennio, considerando anche il numero degli aderenti alle varie formazioni del partito armato, potrebbero essere letti, all’opposto, come una produzione non così rilevante. Il primo parlare è Patrizio Peci, che è anche il primo brigatista ad essersi dissociato dall’organizzazione. Io l’infame esce per Arnoldo Mondadori Editore nel 1983 a cura di Giordano Bruno Guerri. Seguono, sempre da dissociati delle BR, Armi e bagagli: un diario dalle brigate rosse (Enrico Fenzi, 1987, Costa & Nolan); Mara, Renato e io. Storia dei Fondatori delle BR (Mondadori, 1988) a firma di Alberto Franceschini (con Pier Vittorio Buffa e Franco Giustolisi); Compagna

luna di Barbara Balzerani, (Feltrinelli, 1998), Nell’anno della tigre di Adriana Faranda

(Feltrinelli,1994), Il prigioniero64 di Anna Laura Braghetti, (con Paola Tavella, Mondadori) da cui è tratto Buongiorno notte; L’orma rossa Cesare Battisti (Einaudi,1999). Anche negli anni zero testimonianze dall’interno della lotta armata continuano ad essere pubblicate, Valerio Morucci compone un controcanto del film di Giordana: La peggio gioventù: una vita nella lotta armata (Rizzoli, 2004) e Sergio Segio racconta la sua organizzazione, Prima Linea, a partire dallo spettacolare episodio dell’evasione dal carcere di Rovigo del 1982 (Miccia corta: una storia di Prima linea, Derive&Approdi, 2005 che diventa un film nel 2009).

Queste testimonianze, insieme ad una manciata di film65 come La seconda volta di

Mimmo Calopresti (1995) o La mia generazione di Wilma Labate (1996), possono

63 La definizione è di Giuliano Tabacco, 2010.

64 Francesca Braghetti ha scritto un libro a quattro mani con Francesca Mambro, ex terrorista dei NAR:

Nel cerchio della prigione, Milano, Sperling e Kupfer, 1995.

65 Si vedano Uva C., Schermi di Piombo e O’Leary A., Tragedia all’italiana: cinema e terrorismo tra

essere considerati esempi di una «gigantesca integrazione»:66 lo Stato ha vinto ed è a tal

punto saldo che i nemici, ormai inoffensivi, possono addirittura parlare, per quanto la libertà di parola lasciata agli ex-terroristi sia fatta oggetto di aspre contestazioni da parte dei parenti delle vittime.

4.4.3 Storia e memoria

La terza fase si lega ad una rielaborazione di temi e vicende che hanno caratterizzato gli anni Settanta da parte di autori che non sono stati testimoni diretti di quegli avvenimenti e che non vengono da una storia di militanza politica. Questi autori sono generalmente più disposti a mettere in forma di romanzo storico gli avvenimenti e sono spesso mossi dal bisogno di ordinare a posteriori e di ricomporre le tracce di vicende di cui hanno una conoscenza parziale. Pertanto, all’allegoria, viene spesso sostituito un racconto referenziale, realistico che non può permettersi di lasciare in secondo piano l’aspetto della ricostruzione storica perché i fatti, ormai distanti dall’orizzonte della cronaca, sono ormai quasi scomparsi dall’orizzonte di conoscenza dei lettori e, molto spesso, anche da quella degli autori. Sono proprio gli autori di romanzi appartenenti a quest’ultimo gruppo, usciti nel corso degli anni zero, che verranno affrontati nelle pagine seguenti.

Parte seconda: prospettive d’analisi

Il terrorismo è, secondo Donnarumma, «una parodia nera e postmoderna»1 della

rivoluzione intesa come «mito moderno che dà una direzione agli eventi»2 e, di

conseguenza, rende impossibile il romanzo storico inteso come «genere della leggibilità dei fatti».3 Questa è una delle ragioni per cui bisogna aspettare la fine degli anni ottanta

per l’elaborazione di «una prospettiva più integralmente storiografica»4 a proposito

delle vicende degli anni settanta. Nelle pagine che seguono vengono trattati romanzi che affrontano gli anni settanta come componimenti misti di storia e d’invenzione, seguendo un itinerario che può apparire contro intuitivo, vale a dire quello di un progressivo allontanamento e perdita di contatto dal dato storico, giustificata, come vedremo, dal fatto che sono rari gli scrittori che riconoscono come motivo ispiratore esplicito o fine ultimo dei loro romanzi una ricostruzione della storia degli anni settanta.