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Dalla “resistenza tradita” alla “foto di famiglia”

2. Piano dell’opera

4.6 Giuseppe Culicchia, Il paese delle meraviglie «Il settantasette, da un tot d

4.6.3 Dalla “resistenza tradita” alla “foto di famiglia”

L’unico personaggio autenticamente politico del romanzo è il nonno di Attilio, partigiano durante la guerra, autore, suo malgrado, di un best-seller Sul metodo perfetto

per il lavaggio domenicale dell’utilitaria ad uso degli italiani «che lui dice d’aver

scritto per scherzo e che invece ha venduto decine di centinaia di migliaia di copie».62 Il

nonno non si dà pace d’aver combattuto per una generazione che non è stata degna erede dei valori dell’antifascismo «Dimmi te se si doveva morire per tre ottuse del

genere, boiafaus, dice. Tutte casa, chiesa e libretto di risparmio».63 È un ex comunista,

e quindi comunista “autentico”, in contrapposizione al comunismo di facciata della Cavalli e non ha mai perdonato a Togliatti l’amnistia del 1946. Attila ha quindi come modello non i valori della generazione dei fratelli maggiori né quelli dei genitori, ma la Resistenza, assunta a mito di fondazione più attendibile e solido del ’68, paradigma dell’impegno autentico contro l’impegno posticcio degli ex 68-ini o della totale mancanza di stimoli offerta dai genitori. Il nonno è anche il tramite dei valori marxisti e della coscienza di classe, quei valori che il padre di Attila, operaio che lavora per il cognato in una fabbrica in cui il sindacato non è presente, non riesce ad incarnare né tantomeno a trasmettere e che invece il nonno riassume, modulandoli sulla sua esperienza di vita

Nessuno dovrebbe mai lavorare (…) ne ho fatti mille di mestieri quand’ero ragazzo, in America. E non uno che mi abbia nobilitato. Il lavoro non nobilita l’uomo. Più facile che lo ammazza, boiafaus. (…) Quando lavoravo in falegnameria un conto era se potevo disegnare io un mobile e poi farlo, un altro se il padrone mi diceva: fammi quaranta cadreghe tutte uguali, così e così. Perché allora non sei un lavoratore, ma uno schiavo. E tricabranca il lavoro è quella roba lì. Il padrone stabilisce a che ora devi presentarti e a che ora puoi andartene. Che cosa dei fare e come farlo. Quanto lavoro devi fare e a che ritmo. Ti obbliga perfino a vestirti in un certo modo (…) e decide lui quand’è che puoi andare al gabinetto (…). Il padrone

62 Ivi, p.17 63 Ivi, p.18

ha le sue spie, cristeleison, e se dici la tua stai tranquillo che c’è chi glielo va a riferite (…). Padroni e sindacati sono d’accordo. Secondo loro dobbiamo vendere il nostro tempo, che poi è l’unica vera ricchezza che abbiamo, in cambio della sopravvivenza. Lor signori litigano solo sul prezzo. Ma per come

la vedo io nella vita anziché lavorare bisognerebbe giocare.64

Nell’educazione fornita dal nonno si possono anche rintracciare le ragioni profonde delle scelte politiche di Alice, che non vengono altrimenti indagate. Si può infatti legittimamente ipotizzare che la ragazza abbia tratto dal nonno l’insegnamento che l’ha portata alla militanza. Ecco, ad esempio, come il nonno riassume trent’anni di storia nazionale e la sua visione delle istituzioni statali

Questa è una repubblica fondata sulle stragi di Stato. A cominciare da Portella della Ginestra, in Sicilia, nel Quarantasette, boiafaus (…) E poi la strage di Piazza Fontana a Milano, nel Sessantanove (…) e per contorno quelle di Piazza della Loggia a Brescia, e di Peteano (…). E naturalmente, da parte degli uomini dello stato solo bugie, omissioni, reticente, depistaggi, contraddizioni, testimonianze che a un tratto sgretolano castelli di sabbia, e documenti che spariscono chissà dove (…).

E i mandanti di quelle stragi ? Chi sono? (…) Chi le ha armate le mani assassine cristeleison? (…)

Prove ovviamente non ce n’è. E del resto sarebbe ben strano se una strage venisse commissionata per iscritto, con tanto di carta intestata, timbri, firme e numeri di protocollo (…)

Ma le cose saltano agli occhi, se uno vuole vedere: e se è lo Stato medesimo che ti commissiona le stragi, allora è uno Stato terrorista… (…)

E come fa uno Stato terrorista ad accusare chi si ribella di terrorismo?65

A Culicchia non interessa più di tanto approfondire le ragioni che hanno avvicinato la ragazza ad una formazione armata, la moralità di tale scelta, né il livello del suo coinvolgimento (Alice si reca dal fratello per salutarlo prima di entrare in clandestinità, probabilmente viene uccisa prima di aver partecipato ad azioni armate e, quando spara, è solo per difendersi). Al contrario il fenomeno del terrorismo nel romanzo pare, attraverso la giustificazione che ne dà il nonno, venire ricondotto nell’alveo della tradizione comunista. È possibile che Culicchia guardi al noto articolo di Rossana Rossanda del marzo 197866 nel quale la giornalista del Il Manifesto aveva parlato del

64 Ivi, pp.218-219

65 Ivi, pp.183-185

66 «In verità, chiunque sia stato comunista negli anni cinquanta riconosce di colpo il nuovo linguaggio

delle Br. Sembra di sfogliare l'album di famiglia: ci sono tutti gli ingrediente che ci vennero propinati nei corsi Stalin e Zdanov di felice memoria. Il mondo - imparavamo allora - è diviso in due. Da una parte sta l'imperialismo, dall'altra il socialismo. L'imperialismo agisce come centrale unica del capitale monopolistico internazionale (…) Vecchio o giovane che sia il tizio che maneggia la famosa Ibm, il suo

linguaggio delle Br come di un linguaggio “di famiglia”. È possibile inoltre individuare un richiamo alla tradizione interpretativa della resistenza tradita, l’idea secondo la quale, dopo la fine guerra, i comunisti non avrebbero dovuto deporre le armi, ma continuare con la rivoluzione. A questa linea di pensiero si rifacevano negli anni settanta non tanto le Brigate rosse, quanto i Gruppi di Azione Proletaria - formazione attiva tra la strage di Piazza Fontana e la morte del fondatore Feltrinelli - che intendevano costituire un esercito rivoluzionario guardando all’esempio dei GAP (gruppi di azione partigiana), la cui esperienza aveva raccontato in Senza Tregua il comandante gappista Giovanni Pesce. Benché non abbia goduto di particolare attenzione da parte della critica, per via probabilmente di quei passaggi in cui l’associazione tra livello della cronaca e livello degli accadimenti che riguardano la vita dei protagonisti è un po’ forzata, Il paese delle meraviglie si rivela un romanzo denso di riferimenti agli anni settanta, presentati secondo prospettive inedite. Il romanzo parla del femminismo, dell’eroina, delle radio libere, dei cantautori, della speculazione edilizia, dei primi albori delle televisioni commerciali evitando ogni tipo di agiografia, dal momento che il trattamento riservato a questi temi è, nella maggior parte dei casi, ironico e sprezzante. Ad esempio, due dei caposaldi dell’epoca, radio libere e femminismo, sono bonariamente irrisi. Le radio libere sono noiosissime perché trasmettono sempre gli stessi cantautori

È pieno di radio specializzate solo ed esclusivamente in cantautori italiani, che non mandano in onda nient’altro che cantautori italiani e ogni tot cantautori italiani ci schiaffano due o tre cantautori italiani, salvo poi variare un po’ passando ai cantautori italiani, Lolli, Guccini, Vecchioni, Venditti, De André, De Gregori, Lolli, Guccini, Vecchioni, Venditti, De André, De Gregori, a nastro, sette giorni su sette, ventiquattr’ore su ventiquattro. Se per caso si sbagliano, dopo l’ennesima Via Paolo Fabbri 43, ti sbattono su gli Inti-Illimani. Roba che comunque la pensi politicamente dopo la terza canzone ti deprimi

tanto che alla prima botta di vita ne approfitti per suicidarti.67

Il femminismo terrorizza i preadolescenti perché non sanno più come parlare alle coetanee temendo di essere considerati maschi prevaricatori

Tipo che con tutte queste femministe incazzate con noi maschi, noi maschi non sappiamo più chi siamo. (…) Dall’aria che tira sembra che se ti azzardi a rivolgere la parola ad una femminista incazzata quella

schema è veterocomunismo puro. Cui innesta una conclusione che invece veterocomunista non è, la guerriglia» Rossanda R., Il discorso sulla DC, Il manifesto, 28 marzo 1978

come minimo attacca a strillare TREMATE! TREMATE! LE STREGHE SONO TORNATE! Dopo di che BOOM, ti saltano addosso e in gruppo di eununcano. Anche perché da quello che ho capito deve essere venuto fuori che se un uomo tenta il minimo approccio con una donna dicendole magari un semplice ciao, automaticamente, adesso che grazie alle femministe incazzate la donna si è emancipata pensa che l’uomo in realtà le abbia detto vieni qui che ti voglio scopare. Che nella maggior parte dei casi può anche essere vero, però secondo me ora che noi sappiamo che le donne emancipate lo sanno la cosa

ci blocca.68

Il rischio della memorialistica dell’ex militante viene scongiurato grazie ad uno sguardo ironico che si arresta prima di diventare sarcasmo. Il paese delle meraviglie è un testo irriverente che guarda a lettori che, in un romanzo, cercano anche l’intrattenimento e questo è possibile grazie anche al lavoro di mimesi dell’oralità svolto da Culicchia sui personaggi - dall’intercalare piemontese del nonno, al pirotecnico turpiloquio di Zazzi, al refrain della Cavalli unita alla scelta di rendere la pronuncia della r con il segno “rh” . Tuttavia se guardiamo al quadro complessivo, ai percorsi dei personaggi, è impossibile non notare come esso restituisca una visione dell’epoca molto più cupa, priva di speranza e conflittuale rispetto alla versione degli anni settanta che emerge da Il passato

davanti a noi e riveli, nell’assenza di una conciliazione positiva, numerosi punti di

contatto con Piove all’insù di Luca Rastello.

4.7 Piove all’insù, Luca Rastello: «quella condizione (comunque sia, dannata) che