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Gli anni settanta: la svolta liberale

2. Mario Vargas Llosa

2.1 Mario Vargas Llosa politico

2.1.2 Gli anni settanta: la svolta liberale

In qualità di giornalista negli anni sessanta Vargas Llosa visita Cuba e scrive dei reportages sulla rivoluzione. Più tardi, tra il 1965 e il 1971, partecipa alla giuria del premio Casa de las Américas, sempre a Cuba. L’atteggiamento di Vargas Llosa nei confronti della rivoluzione cubana è fin dall’inizio più cauto rispetto ad altri scrittori latinoamericani come Cortázar, Fuentes o García Márquez. Per un certo periodo lo scrittore peruviano difende la rivoluzione di Fidel Castro, non tanto per i suoi aspetti più radicali, quanto per il progetto democratico (poi frustrato) propugnato da una parte dell’avanguardia cubana.

Mario Benedetti ricorda così l’atmosfera che regnava tra gli intellettuali latinoamericani nei primi anni sessanta:

Hasta la revolución cubana, en América Latina – especialmente en Sudamérica – había un descreimiento, un pesimismo esencial en cuanto a nuestra relación con Estados Unidos. Pensábamos que era imposible desprenderse de esa tutela…y entonces aparece ese paisito, una isla a noventa millas del gigante, y no sólo le hace frente, sino que se puede decir que en certo sentido lo derrota. Fue un sacudón que nos cambió todos los esquemas y que transformó en verosímil lo que hasta entonces había sido fantástico. La Revolución cubana hizo que los intelectuales buscaran y encontraran, dentro de su propia área vital, motivaciones, temas y hasta razones para la militancia. Y fue a partir de ese momento que todos empezamos a escribir sin complejos sobre temas nacionales y latinoamericanos. Cuba había puesto a América Latina en el centro del mundo.

153 Vargas Llosa, M. (1982) “La literatura es fuego” in Contra viento y marea.

Da un punto di vista letterario, in effetti, gli anni sessanta sono un periodo molto prolifico per tutta l’America Latina. Vargas Llosa partecipa all’entusiasmo collettivo per la Rivoluzione cubana, definendo la sua generazione, formatasi negli anni oscuri e mediocri della dittatura di Odría, come una “generazione di sonnambuli” che la rivoluzione cubana era arrivata a scuotere. Nel suo primo viaggio a Cuba, Vargas Llosa si meraviglia della “disciplina y concientización del pueblo cubano frente al bloqueo norteamericano” e della natura profondamente popolare della democrazia cubana.

Nel 1965 Vargas Llosa compie un passo decisivo a favore della lotta armata, scrivendo e firmando (insieme, tra gli altri, a Ramón Ribeyro) un manifesto a sostegno del Movimento de Izquierda Revolucionaria (Mir) peruviano, in cui afferma che il ricorso alle armi è l’unica scelta possibile

[…] para que el campesino disfrute de la tierra que trabaja, para que el obrero lleve una vida digna, para que las clases medias no vivan bajo un complejo permanente de frustración y para que el país sea el beneficiario de sus riquezas.

Il sostegno più esplicito che Vargas Llosa dà alla rivoluzione cubana rimane comunque quello del discorso di accettazione del premio Rómulo Gallegos, nel 1967:

Dentro de diez, veinte o cincuenta años habrá llegado a todos nuestros países, como ahora a Cuba, la hora de la justicia social, y América Latina entera se habrá emancipado del imperio que la saquea, de las castas que la explotan, de las fuerzas que hoy la ofenden y la reprimen. Yo quiero que esa hora llegue cuanto antes y que América Latina ingrese de una vez por todas en la dignidad y en la vida moderna, que el socialismo nos libere del anacronismo y del horror154.

154 Vargas Llosa, M. (1982) “La literatura es fuego” in Contra Viento y Marea.

In questo periodo Vargas Llosa fa una lettura più approfondita del marxismo rispetto a quella fatta nella cellula comunista Cahuide a Lima. Negli anni sessanta, nell’ambiente progressista di Parigi, la sua lettura di Marx è influenzata soprattutto dalla figura e dalle idee dello scrittore esistenzialista Jean-Paul Sartre.

La rottura con il regime castrista avviene nel 1971, a causa di una questione politica legata alla letteratura e alla libertà di espressione che provoca una prima scissione tra gli intellettuali che fino a quel momento avevano appoggiato in blocco la rivoluzione cubana, il cosiddetto caso Padilla. Il poeta cubano Heriberto Padilla vince all’unanimità il premio dell’Unione degli scrittori e artisti di Cuba nel 1968 con una raccolta di poesie, Fuera del juego, il cui contenuto è considerato controrivoluzionario da molti settori del governo, Fidel Castro incluso. Tra i tanti versi incriminati, anche questi:

Di la verdad,

di almenos tu verdad. Y después

deja que cualquier cosa ocurra; que te rompan la página querida, que te tumben a culatazos la puerta.

Il libro di Padilla è pubblicato con una prefazione molto critica dell’Unione degli scrittori che mette in guardia i lettori da uno stile che considerano controrivoluzionario:

Estos textos significan una resistencia del hombre a convertirse en combustible social […] su antihistoricismo se

manifesta por medio de la exaltación del individuo frente a las demandas colectivas155.

Padilla viene detenuto per le sue poesie controrivoluzionarie, che poi è costretto a ritrattare in pubblico. La reazione degli intellettuali di tutto il mondo non si fa attendere: Vargas Llosa scrive una lettera a Fidel Castro che è sottoscritta da personalità del calibro di Simone de Beauvoir, Italo Calvino, Marguerite Duras, Carlos Fuentes, Pier Paolo Pasolini, Juan Rulfo, Susan Sontag e Jean-Paul Sartre. Nella lettera si esprime lo sdegno e la collera dei firmatari di fronte alla presunta “confessione” di Padilla, definita una

[…] lastimosa mascarada de autocrítica que recuerda los momentos más sórdidos de la época del estalinismo, sus juicios prefabricados y sus cacerías de brujas156.

Da quel momento gli intellettuali, soprattutto quelli latinoamericani, si dividono tra chi considera che la priorità debba essere data alla letteratura e chi alla rivoluzione. Il portavoce dei primi diventa Vargas Llosa; in rappresentanza dei secondi parleranno spesso Cortázar, García Márquez, Benedetti.

Fidel Castro si scaglia pubblicamente contro i firmatari della lettera, e in seguito, soprattutto negli anni sessanta, sferrerà una feroce campagna diffamatoria contro Vargas Llosa e le sue opere. Negli anni ottanta lo scrittore peruviano si schiererà definitivamente a favore del liberismo, e nel frattempo sarà vituperato da buona parte di quella sinistra che prima lo applaudiva e osannato da una destra che

155 Cit. in Oquendo, A. (1997) “El Sartrecillo valiente”, in Conversación de Otoño.

Homenaje a Mario Vargas Llosa, AA.VV., Murcia, Caja de Ahorros del Mediterráneo, p.69

fino a quel momento lo aveva ignorato. Vargas Llosa contrattacca indurendo il tono dei suoi articoli giornalistici, soprattutto quelli in cui affronta il ruolo dell’intellettuale in America Latina:

Por generosidad, por ingenuidad, por necesidad, por arribismo, uno tras otros (los escritores) van cayendo, superponiendo a la condición de escritor la investidura de funcionario. […] Todos descubren en un momento dado la verdad de su situación: haberse convertido en ejecutantes dóciles de un poder que no los consulta ni los escucha. […]157

Nel 1979 Vargas Llosa denuncia nei suoi articoli giornalistici il falso mito vigente in Perù secondo cui gli intellettuali sarebbero la risorsa morale del paese. Gli intellettuali sono emarginati dal potere non per loro scelta, ma semplicemente perché il potere si disinteressa di loro, come durante il governo di Velasco Alvarado, quando gli intellettuali divennero i mastini (definizione usata dallo stesso Alvarado) del potere158. Il cambiamento ideologico di questi anni si riflette anche su

una variazione dei punti di riferimento letterari e geografici: Sartre lascia il posto a Camus, la Francia cede il passo di fronte all’Inghilterra. Nel 1976 Vargas Llosa è eletto presidente del Pen Club International, e in questa veste organizza un programma di difesa a favore degli scrittori incarcerati nel mondo, soprattutto nei paesi socialisti.

In questi anni continua la sua collaborazione letteraria e giornalistica con diverse testate: la peruviana Caretas, la messicana

157 Vargas Llosa, M. (1990) Contra viento y marea. Volumen III, Barcellona, Seix

Barral, p.120

158 Vargas Llosa, M. (1990) “El intelectual barato” in Contra viento y marea.

Vuelta, il Papel literario di El Nacional, di Caracas e la spagnola Cambio 16.

Nel 1977 entra a far parte dell’Accademia peruviana della lingua, con un discorso ufficiale su José María Arguedas. Vargas Llosa coglie quest’occasione per schierarsi pubblicamente e in maniera definitiva a favore della libertà creativa dello scrittore, minacciata dalle restrizioni imposte alla creatività personale dal modello di “intellettuale impegnato” della sinistra latinoamericana. Lo scrittore peruviano arriva a sostenere che nel caso di José María Arguedas queste restrizioni avevano ferito irreparabilmente la sensibilità dell’autore, portandolo al fallimento letterario e a una profonda crisi personale. L’idea di Vargas Llosa è che la letteratura per sua stessa natura si oppone a qualsiasi sottomissione (“insumisión congénita de la literatura”), ed è diretta “contra todo lo que significa dogma y exclusivismo ideológico”.

Negli anni successivi il tema della libertà creativa si trasforma in una crociata contro il fanatismo tout court nel romanzo Guerra del fin

del mundo e contro i fanatici di sinistra in Historia de Mayta. Il

pericolo delle distorsioni ideologiche è una questione che ricorre frequentemente ancora oggi nei testi dello scrittore peruviano.