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2. Mario Vargas Llosa

2.1 Mario Vargas Llosa politico

2.1.3 Da Sartre a Camus

Come già detto, negli anni settanta Vargas Llosa sposta l’oggetto della sua predilezione da Sartre a Camus. È possibile seguire l’evoluzione ideologica che porta lo scrittore peruviano a prendere questa decisione attraverso i suoi numerosi scritti, tra cui il primo volume della raccolta di Contra viento y marea che contiene un’intera sezione dedicata agli articoli pubblicati nel corso degli anni a questo proposito. Il passaggio da Sartre a Camus è fondamentale per

comprendere appieno l’attuale visione del mondo dello scrittore peruviano.

Nei suoi primi passi da scrittore, Vargas Llosa guarda con una certa reticenza a Camus:

Cuando Camus teoriza, se limita a exponer concepciones de un pesimismo paralizante. […] Su pensamiento es vago y superficial y los lugares comunes abundan tanto como las fórmulas vacías. Los problemas que expone son siempre los mismos callejones sin salida159.

Camus è visto come un semplice umanista che in nessun modo può essere paragonato al grande Jean-Paul Sartre, ideologo infuocato delle masse proletarie. Vargas Llosa fa delle dispute dei due famosi scrittori francesi un affare personale su cui prendere posizione nei suoi articoli giornalistici.

Mario Vargas Llosa arriva a Parigi da Lima portandosi come bagaglio una sconfinata ammirazione nei confronti di Sartre. Il giovane scrittore peruviano è ossessionato da questioni quali la morale delle azioni umane e il rapporto esistente tra la libertà dell’individuo e la responsabilità di ogni cittadino di fronte al resto della società – temi che traspaiono chiaramente in romanzi come

Conversación en la Catedral o La ciudad y los perros.

Nell’articolo “Revisión de Albert Camus” Mario Vargas Llosa ricorda i suoi inizi sartreani (che gli valsero persino il soprannome di

Sartrecillo valiente), giustificandoli come il suo tentativo di unire

letteratura e politica. Nel 1962 Vargas Llosa non considera Camus né un filosofo né un pensatore, ma semplicemente un artista in grado di costruire immagini di grande bellezza; lo scrittore peruviano non

159 Vargas Llosa, M. (1983) Contra viento y marea. Volumen I, Barcellona, Seix

ammette – in quel momento della sua vita – che un letterato decida di non impegnarsi politicamente, da cui la maggiore simpatia provata per Sartre.

Nel settembre del 1964 Vargas Llosa pubblica l’articolo “Los otros contra Sartre”, dichiarando apertamente la sua simpatia per il socialismo. Già allora lo scrittore peruviano dimostra il suo disaccordo su alcune affermazioni fatte da Sartre. In riferimento specifico agli scrittori del Terzo mondo, Sartre aveva scritto che, al pari della morale, la letteratura dev’essere universale, e che quindi è necessario schierarsi con i due miliardi di persone affamate che popolano la terra. Fare il contrario equivarrebbe a militare nel bando dei privilegiati e diventare un complice dello sfruttamento. Seguendo questo ragionamento, lo scrittore francese si chiede come sia possibile in paesi in cui manca il personale tecnico, come in quelli africani, che un indigeno educato in Europa si rifiuti di diventare professore, pur dovendo sacrificare la sua vocazione di scrittore. Preferire all’occupazione di professore la stesura di romanzi in Europa sarebbe secondo Sartre una specie di tradimento nei confronti delle proprie origini.

Per servire meglio la causa della sua società, Sartre sostiene che uno scrittore sia obbligato, se necessario, a rinunciare momentaneamente alla sua vocazione. Queste affermazioni scatenano una viva polemica nel mondo intellettuale francese. Jacques Houbart ritiene che con questa sua teoria Sartre tradisca la gioventù, immergendola in una metafisica dell’angoscia di stampo religioso che semina la confusione tra gli intellettuali rivoluzionari; Claude Simon si chiede chi leggeranno gli alunni dei paesi africani come la Guinea, se chi vuole scrivere libri nella loro lingua non lo fa. Anche Vargas Llosa prende le distanze dalle affermazioni di Sartre: è proprio da

questo momento che comincia un lungo processo di allontanamento dallo scrittore francese.

Vargas Llosa commenta così le affermazioni di Sartre a proposito della letteratura:

Cosa significa la letteratura in un mondo che ha fame? Dice Sartre. […] è difficile leggere senza inquietudine queste affermazioni di Sartre, uno scrittore che merita un’ammirazione senza riserve. […] Le dichiarazioni di Sartre hanno sollevato una tempesta di obiezioni che vanno dalla diatriba alla replica gentile […] La letteratura cambia la vita, ma gradualmente, non subito, e mai direttamente, ma attraverso certe coscienze individuali che aiuta a formare. […] Tranquillizziamoci, quindi; anche se [Sartre] nega l’utilità della letteratura, la rinnega e l’abomina, egli – come dubitarne? – continuerà a scrivere160.

Nel momento in cui scrive il suo saggio, anche Vargas Llosa sta rimettendo in discussione le sue idee. Il mondo attraversa un momento critico: basti pensare alla guerra in Algeria e in Vietnam, al blocco statunitense contro la Cuba di Castro, ai campi di concentramento in Unione Sovietica dove sono imprigionati i dissidenti russi.

Nel 1965 Vargas Llosa pubblica “Camus e la letteratura” in gennaio, e “Sartre e il marxismo” in marzo. Di Sartre riconosce e ammira “la capacità di spiegare le menzogne della democrazia liberale…la menzogna sottile della libertà in una società in cui la distribuzione disuguale delle ricchezze crea dalla nascita privilegiati e bisognosi”.

In un articolo del novembre del 1965, “Les sequestrés de Sartre”, Vargas Llosa comincia a schierarsi apertamente contro il francese, sostenendo che lo scrittore è ben più di un linguista e il pensatore

“dev’essere anche un sognatore, un egoista che scrive per uccidere o risuscitare i suoi fantasmi personali”.

Nell’ottobre del 1974, Vargas Llosa ammette esplicitamente che Sartre non è più un modello da seguire per lui161: il pensatore

francese non lo convince più.

Anche in questo caso, come in quello della rivoluzione cubana, il cambiamento di posizione ideologica è da attribuirsi in primo luogo a una presa di posizione in campo letterario, a dimostrazione ancora una volta del profondo legame esistente tra la componente ideologico- politica e quella letteraria per Vargas Llosa. Già nel 1967, nel discorso di accettazione del premio Rómulo Gallegos intitolato “La literatura es fuego”, Vargas Llosa parla dell’oscuro destino che è stato e in molti casi ancora è quello dei creatori dell’America Latina. Vargas Llosa accusa la società latinoamericana di scoraggiare gli artisti, di spegnere la fiamma della loro vocazione. Con il suo discorso Vargas Llosa – forse senza rendersene pienamente conto – rifiuta implicitamente la concezione di Sartre su ciò che la letteratura deve o non deve fare: dà al pensatore francese una risposta alla questione della necessità della letteratura nei paesi del terzo mondo. Prima di tutto, la letteratura serve a ricordare a chi legge quanto le società hanno sofferto, soffrono e soffriranno in mancanza di un’etica storica; la ragion d’essere dello scrittore è la protesta, la contraddizione e la critica, e la vocazione letteraria nasce proprio dal disaccordo di un uomo con il mondo.

Vargas Llosa predica uno stato di “insurrezione permanente” della letteratura, capace di spingere i popoli a un cambiamento – non può

161 Castillo, J. F. (1997) “Mario Vargas Llosa: autor escindido o personaje en

evolución” in Conversación de otoño. Homenaje a Mario Vargas Llosa, AA.VV., Murcia, Caja de Ahorros del Mediterráneo, p.264

quindi dirsi d’accordo con Sartre, che ritiene l’attività letteraria non necessaria in certe situazioni.

Nel maggio del 1975 Vargas Llosa scrive “Albert Camus e la morale dei limiti”, in cui risulta chiaro che si è definitivamente lasciato alle spalle le sue posizioni giovanili di sinistra.

Il passaggio a Camus è di grande importanza per Vargas Llosa: “senza negare la dimensione storica dell’uomo, Camus sostiene sempre che un’interpretazione puramente economica, sociologica, ideologica della condizione umana è sbagliata e alla lunga pericolosa”. Mario Vargas Llosa accetta così la concezione camusiana di “uomo elementare”. L’etranger e Le mythe de Sisyphe acquistano un’importanza fondamentale per lui, come testi che lottano contro la tirannia delle convenzioni delle città che fagocitano l’uomo e la menzogna su cui si fonda la vita sociale. Nel 1971, anche la Cuba socialista di Castro non sembra più a Vargas Llosa un modello utopico da seguire.

Quando nel dicembre del 1978 fa la sua comparsa l’articolo “Sartre, vent’anni dopo” Vargas Llosa è ormai diventato un uomo chiaramente di destra, che rilegge la sua gioventù sartreana “con un miscuglio indefinibile di nostalgia e stupore”. Sempre nel 1978 muore Sartre, e Vargas Llosa gli dedica un saggio-articolo in quattro parti intitolato “El Mandarín”162 in cui rimprovera Sartre di aver contribuito, “con più

talento di qualsiasi altra persona, alla confusione contemporanea”. Non c’è dubbio che per Vargas Llosa lo scrittore può nutrire una sola passione esclusiva, la letteratura. Fare letteratura significa lottare contro la censura e i dogmi, assumersi la responsabilità di una realtà che può essere talvolta complessa, ambigua, contraddittoria. Le

162 Per la sua rilevanza abbiamo scelto di proporre nel terzo capitolo una nostra

lunghe riflessioni che attraversano i testi di Vargas Llosa a proposito dell’impegno dello scrittore descrivono dettagliatamente il percorso dello scrittore tra ideologia e creazione e gli permettono di esprimere il suo vero interesse: unire l’aspetto sociale a quello estetico e influire, attraverso la creazione letteraria, sull’eterna lotta contro la disuguaglianza e l’ingiustizia163.

Con Camus, Vargas Llosa si schiera definitivamente a favore di una visione della letteratura che può essere valutata solo per la sua qualità di opera letteraria, e non per le sue finalità politiche. Vargas Llosa si identifica con le idee politiche di Camus e con il suo fermo rifiuto contro ogni tipo di totalitarismo, soprattutto contro quello di sinistra, in quanto sistema sociale in cui l’essere umano non è più un fine e si trasforma in un mero strumento. Lo scrittore peruviano fa anche sua la proposta di adottare una “morale dei limiti”, in cui sono i mezzi a giustificare i fini e non viceversa. Si dichiara inoltre d’accordo con la concezione del rapporto tra letteratura e potere e tra scrittore e politico espressa da Camus, sostenendo la superiorità morale dello scrittore rispetto al politico e raccomandando a chi scrive di mantenere una salutare distanza dal potere e dalla politica per preservare la sua autorità morale.

Qualsiasi tipo di potere, anche il più democratico e liberale del mondo, presuppone una volontà di perpetuarsi che, se non è controllata e combattuta, cresce come un cancro e sfocia nel dispotismo, nelle dittature. Di fronte a questa minaccia, celata in ogni tipo di potere, si innalza, come Davide di fronte a Golia, un avversario piccolo ma tenace: il creatore164.

163 Morillas, E. (1984) “Mario Vargas Llosa: Contra viento y marea”, Cuadernos

Hispanoamericanos, n. 407, p.160

164 Vargas Llosa, M. (1990) Contra viento y marea. Volumen III, Barcellona, Seix

Questa concezione morale della politica accompagnerà sempre Vargas Llosa, anche durante il periodo della campagna presidenziale che seguirà. La sua sconfitta alle presidenziali non farà che confermare i suoi principi e nel tracciare un bilancio di quest’esperienza essi saranno la migliore difesa contro il suo fallimento.

A distanza di molti anni, Vargas Llosa continua a sostenere le idee di Camus, riproponendole all’interno dei suoi scritti giornalistici:

Por eso conviene, como primer paso para el renacimiento del sistema democrático, abolir aquella moral de la responsabilidad que, en la práctica – donde importa – sólo sirve para proveer de coartadas a los cínicos, y exigir de quienes hemos elegido para que nos gobiernen, no las medias verdades responsables, sino las verdades secas y completas, por peligrosas que sean […] No hay dos morales, una para los que tienen sobre sus hombros la inmensa tarea de orientar la marcha de la sociedad, y otra para los que padecen o se benefician de lo que ellos deciden. Hay una sola, con sus incertidumbres, desafíos y peligros compartidos, en la que convicción y responsabilidad son indisociables como la voz o la palabra o como el ojo y la mirada165.