• Non ci sono risultati.

La strada verso le elezioni: la nascita del Fredemo

2. Mario Vargas Llosa

2.1 Mario Vargas Llosa politico

2.1.5 La strada verso le elezioni: la nascita del Fredemo

scritti polemici il bisogno di applicare delle riforme liberali (ispirate alle idee di De Soto e di Hayek) per “salvare” il Perù. Il presidente di centro-destra Fernando Belaúnde gli offre durante il suo secondo mandato (1980-1985) diverse cariche: ambasciatore a Londra e a Washington, ministro dell’educazione o degli esteri, primo ministro. Pur declinando tutte le offerte, la sua vicinanza a quello che anni dopo avrebbe definito “lo sporco mondo della politica” intacca parzialmente la sua immagine di intellettuale estraneo a ogni compromesso.

Nel frattempo la crociata di Vargas Llosa contro la sinistra latinoamericana prosegue ben oltre l’ambiente letterario, con un atteggiamento mal visto in patria e più tollerato solo in ambito internazionale. In occasione dell’uscita di un libro di Jean-François Revel, Vargas Llosa si schiera per la prima volta apertamente a favore del pensiero di Karl Popper. Le sue opinioni rimbalzano sulle pagine

di Vuelta, Harper’s, The New York Times o El País. In Perù nel frattempo i partiti conservatori vedono svanire la possibilità di consolidarsi al governo.

L’entusiasmo di Vargas Llosa per la causa liberale – che lo scrittore peruviano a volte definisce libertaria, appropriandosi del termine anarchico – lo porta a organizzare delle azioni di protesta contro la statalizzazione del settore bancario intrapresa da Alan García nel 1987. L’enorme appoggio che lo scrittore ottiene durante la sua campagna contro la misura presa dal governo gli dà la certezza che

Cientos de miles, millones acaso, de peruanos se habían decidido de pronto a hacer lo necesario para que nuestro país fuera algún día “una Suiza”: un país sin pobres ni analfabetos, de gentes cultas, prósperas y libres, y a conseguir que la promesa fuera por fin historia, gracias a una reforma liberal de nuestra incipiente democracia173

Secondo Vargas Llosa il popolo peruviano, in seguito alla dura esperienza della crisi economica, aveva scoperto i vantaggi della democrazia liberale e aveva scelto la proprietà privata, decidendosi una volta per tutte a impegnarsi in una rivoluzione liberale che avrebbe messo fine all’egemonia populista nella storia peruviana e dato inizio a una nuova era liberale in cui l’obiettivo non sarebbe stato ridistribuire la ricchezza ma cominciare a crearla attraverso l’apertura del mercato, lo stimolo alla concorrenza e all’iniziativa individuale.

Nel corso di un’affollatissima manifestazione in Plaza San Martín, a Lima, lo scrittore peruviano fonda il Movimento Libertad, che in coalizione con due partiti tradizionali – Acción Popular, di Fernando Belaúnde Terry, e il Partido Popular Cristiano, di José Bedoya Reyes –

173 Vargas Llosa, Mario (1993) El pez en el agua. Memorias, Barcellona, Seix

dà vita al Fronte democratico (Fredemo). Vargas Llosa decide di presentarsi alle elezioni presidenziali del 1990.

In America Latina, come d’altro canto in altre regioni nel mondo, negli ultimi decenni non sono stati rari i casi di incursione nel mondo politico di personaggi provenienti da altri campi, o di personalità che sono passate dal sostenere la sinistra al neoliberismo. Quello di Vargas Llosa non è dunque l’unico caso, ma è sicuramente uno dei più interessanti in ambito latinoamericano. Nonostante la sua sconfitta, il programma che presenta sarà poi applicato in buona parte per i dieci anni successivi dal candidato vincente, Fujimori, anche se lo scrittore peruviano ha sempre negato che l’adozione del suo programma da parte del suo avversario potesse costituire per lui una sorta di vittoria morale, dato che senza libertà politica e senza democrazia il suo programma non avrebbe mai potuto dare i risultati sperati.

2.1.6 1990: Le elezioni presidenziali

Il Movimento Libertad si proponeva di mettere fine ai privilegi ingiustificati, al protezionismo, ai monopoli e all’eccessiva presenza dello stato per aprire il Perù al mondo e creare una società in cui tutti potessero avere accesso al mercato e fossero protetti dalla legge. Il programma del Movimento è presentato nel dicembre del 1989 alla Conferenza annuale degli imprenditori (Cade). Le proposte che suscitano la reazione più avversa sono le seguenti:

1) la privatizzazione delle aziende pubbliche – doveva riguardare tutto il settore pubblico, che in Perù contava quasi duecento aziende. La finalità del provvedimento non era tanto tecnica (ridurre il deficit fiscale o creare nuove risorse per lo Stato) quanto sociale: si puntava a trasferire alla società civile la proprietà delle aziende trasformando

in proprietari e azionisti privati gli operai, gli impiegati e i consumatori, per creare una massa di proprietari tra i poveri del paese. La stampa contraria a Vargas Llosa sosteneva che una misura del genere avrebbe causato un’enorme quantità di licenziamenti. Secondo Vargas Llosa, con la privatizzazione il Perù sarebbe finalmente entrato a far parte della comunità finanziaria mondiale e avrebbe attirato gli investimenti stranieri, soprattutto quelli giapponesi. La simpatia iniziale degli imprenditori che Vargas Llosa era riuscito a guadagnarsi durante la protesta contro la statalizzazione del settore bancario si trasformò in timore quando il candidato esaltò l’economia di mercato e annunciò la fine del protezionismo e l’apertura delle frontiere alle importazioni.

2) creazione di un mercato del lavoro – Vargas Llosa voleva eliminare il concetto di stabilità lavorativa (estabilidad laboral) introdotto dal governo di Velasco Alvarado per creare nuovi posti di lavoro, necessari per i due terzi della popolazione che ancora erano disoccupati o sottoccupati. Sarebbero stati rispettati i diritti acquisiti delle persone che avevano già un lavoro e le nuove regole sarebbero state vigenti solo per i nuovi assunti. La mancanza di produttività sarebbe stata considerata una giusta causa di licenziamento. Il periodo di prova per valutare la capacità del lavoratore sarebbe aumentato. Si sarebbero offerte assunzioni a tempo determinato secondo le variazioni del mercato con contratti di formazione e apprendistato, lavori part time, pensioni anticipate. Il singolo lavoratore avrebbe potuto costituirsi come azienda individuale autonoma per negoziare con il datore di lavoro la sua prestazione di servizi. Il diritto di sciopero sarebbe stato reso più democratico (fino a quel momento era diritto esclusivo dei sindacati). Gli scioperi stessi

sarebbero stati decisi a scrutinio segreto, diretto e universale. Si sarebbero proibiti gli scioperi in servizi pubblici vitali.

3) Riforma del sistema educativo – per consentire ai più poveri di competere sul mercato del lavoro, Vargas Llosa riteneva indispensabile dare pari opportunità a tutti gli studenti, aumentando la qualità dell’istruzione. Per questo sarebbero stati riformati i piani di studio tenendo conto dell’eterogeneità culturale, regionale e linguistica della società peruviana. I docenti avrebbero potuto seguire corsi di aggiornamento e gli stipendi sarebbero aumentati. Le istituzioni scolastiche sarebbero state attrezzate con biblioteche, laboratori e un’infrastruttura adeguata. Il maggior ostacolo da risolvere, secondo Vargas Llosa, era la gratuità indiscriminata dell’educazione pubblica. Per questo a partire dal terzo anno dell’educazione superiore la gratuità sarebbe stata sostituita da un sistema di borse di studio e crediti, e le famiglie in grado di pagare avrebbero finanziato totalmente o parzialmente l’educazione dei loro figli. La mancanza di risorse non avrebbe in alcun modo impedito l’accesso alla scuola.

4) La riforma agraria – il concetto di mercato sarebbe entrato anche nel settore agrario, con la privatizzazione e il trasferimento delle aziende statali e semistatali alla società civile per creare una massa di proprietari e imprenditori indipendenti. Vargas Llosa voleva dare la possibilità ai membri di una cooperativa agricola di diventare proprietari di un appezzamento di terra della cooperativa stessa. La privatizzazione non sarebbe stata obbligatoria; chi avesse scelto di rimanere cooperativa avrebbe potuto farlo, ma senza più godere dei sussidi statali. Le grandi piantagioni sulla costa avrebbero ricevuto consulenza tecnica per diventare società anonime, e i membri delle cooperative sarebbero diventati azionisti. Si sarebbe liberalizzato il

prezzo dei prodotti agricoli e con il regime di mercato i produttori avrebbero ottenuto prezzi giusti, determinati dalla domanda e dall’offerta.

5) Processo di pace – Vargas Llosa proponeva di combattere il terrore mobilitando contadini, operai e studenti, con a capo le autorità civili. Come presidente, Vargas Llosa voleva assumere personalmente il compito della lotta contro il terrorismo, sostituendo i capi politici-militari delle zone di emergenza con altre autorità civili, armando le rondas campesinas (gruppi di autodifesa civili nati spontaneamente negli anni settanta in seguito alla riforma agraria) per affrontare Sendero Luminoso174. Vargas Llosa proponeva che,

come in Israele, la popolazione civile si organizzasse per proteggere i centri di lavoro, le cooperative e le comunità, i servizi e le vie di comunicazione, collaborando con le forze armate sotto la direzione delle autorità civili.

Vargas Llosa non era forse il miglior candidato, ma in quel periodo era l’unico disponibile per la destra. Il problema più grave fu la sua mancanza di vocazione politica: egli stesso ha ammesso di non aver mai sentito la passione “ossessiva, quasi fisica, per il potere” tipica dei politici. Al contrario, nutriva un certo disprezzo nei confronti della politica peruviana. La sua cerchia più intima di collaboratori – tutti amici e familiari – erano politici improvvisati che non riuscirono a eliminare i vizi dei politicanti con cui si era alleato Vargas Llosa.

Come se non bastasse, le concentrazioni di massa erano per Vargas Llosa fonte di orrore, non tanto per i rischi che correva in termini di

174 Più tardi le rondas furono effettivamente riconosciute dall’esercito come

parte della strategia contro il gruppo terroristico, ma solo durante il governo Fujimori si ammise la loro capacità di lottare contro Sendero Luminoso e si decise di fornirle di armi; senza le rondas campesinas, probabilmente la sconfitta del gruppo armato non sarebbe stata possibile.

sicurezza (nel contesto della quasi-guerra civile peruviana, Vargas Llosa era già stato oggetto di numerosi attacchi), quanto per il contatto diretto con la gente, per le continue richieste di baci o abbracci, per l’obbligo di dover pronunciare dei discorsi demagogici comprensibili alle masse, in cui il suo linguaggio doveva necessariamente volgere all’arringa.

Vargas Llosa riconosce di aver trascurato gli aspetti esclusivamente politici nel corso della sua campagna: fu intransigente, e mantenne una trasparenza di propositi che fu fonte di molti attacchi e operazioni di discredito che finirono per far allontanare molti dei suoi sostenitori iniziali. Ancora oggi, Vargas Llosa considera un suo grande errore aver difeso apertamente e con chiarezza un programma di governo basato su principi espliciti:

Fue candoroso de mi parte creer que los peruanos votarían por ideas. Votaron, como se vota en una democracia subdesarrollada, y a veces en las avanzadas, por imágenes, mitos, pálpitos, o por oscuros sentimientos y resentimientos sin mayor nexo con la razón175.

Secondo il bilancio che Vargas Llosa fa della sua esperienza politica, il maggior errore da lui commesso fu la sua onestà; in altre parole, per lo scrittore peruviano non ci furono sbagli nel suo programma – il problema fu dato dalla stessa realtà, dai limiti del paese e del popolo peruviano, che si dimostrò incapace di capire e apprezzare la sua candidatura. Probabilmente Vargas Llosa fu vittima della sua stessa incapacità di percepire la realtà oggettiva e della sua eccessiva rigidità nel non adattarsi alla situazione circostante. In ogni caso, l’alleanza di destra con cui si presentò alle elezioni era molto fragile e si basava su meri calcoli opportunistici: non c’era accordo tra

gli alleati sul programma, anzi, in alcuni casi c’erano contraddizioni insuperabili. Anche se lo scrittore peruviano era davvero un candidato indipendente ed estraneo alla classe politica tradizionale, alla fine anche lui scelse la strada più facile – invece di preservare la sua indipendenza per convincere gli elettori della sua diversità, Vargas Llosa si appoggiò all’infrastruttura che i partiti politici tradizionali avevano messo al suo servizio. Alla fine i suoi calcoli risultarono sbagliati, e ottenne dai suoi alleati meno di quanto si aspettava.

La coalizione di partiti di destra con cui Vargas Llosa si presentò alle presidenziali era eterogenea e contraddittoria, e comprendeva diverse anime della destra: oligarchica e moderna, dei proprietari terrieri e degli industriali, dei settori medi, eccetera. Per i conservatori, il candidato Vargas Llosa presentava delle caratteristiche poco apprezzabili: era agnostico, si era sposato due volte e il secondo matrimonio era incestuoso, era antimilitarista e con un presunto passato di sinistra. Per la debole borghesia industriale, il suo estremismo neoliberale costituiva una minaccia per la sua stessa esistenza.

Probabilmente la classe media fu l’unica a identificarsi con lo scrittore-candidato e con i personaggi della sua letteratura. Il soggetto

sociale alternativo a cui Vargas Llosa si rivolgeva – i presunti

sostenitori della sua candidatura, come il settore informale urbano e i contadini delle cooperative – non si sentì mai davvero coinvolto dai discorsi dello scrittore peruviano: identificava la sua immagine con l’élite creola e non si sentiva rappresentato dalle sue proposte neoliberali, per cui votò contro di lui.

Un altro grande deficit della sua campagna elettorale fu la presa di distanza dall’esercito, cominciata dagli inizi degli anni sessanta con il suo romanzo La ciudad y los perros, che venne persino bruciato

pubblicamente nel cortile del Leoncio Prado dalle autorità militari della scuola. Le forze armate e i politici erano oggetto del suo disprezzo; Vargas Llosa considerava i militari al potere l’espressione massima del ritardo del paese e dell’assenza di libertà politica. Nell’identificazione meccanica stabilita da Vargas Llosa tra esercito, populismo, statalismo e sinistra, il nemico più visibile e concreto era l’esercito, un’istituzione sempre al centro della critica nei suoi romanzi o negli articoli giornalistici. In un paese in preda a una sorta di guerra civile da dieci anni, Vargas Llosa non provò neanche a trattare con le forze armate, che pure come presidente avrebbe dovuto guidare; senza un patto con i militari, responsabili della sicurezza dello Stato, nessun altro settore si sentiva al sicuro sotto la sua presidenza.

La sconfitta del Fronte democratico guidato da Mario Vargas Llosa è attribuibile anche ad altri fattori. Uno è il logoramento subito in tre anni di intensa campagna politica, dovuto a un’eccessiva esposizione sui mass media e a un altrettanto eccessivo dispendio di denaro che non piacquero ai peruviani. Un ruolo importante lo svolsero anche gli attacchi e le calunnie diffuse attraverso i mezzi di comunicazione controllati dal governo aprista di Alan García, che considerava Vargas Llosa un suo acerrimo nemico in seguito alla manifestazione contro la nazionalizzazione delle banche.

Infine, l’indipendenza del Movimento Libertad, una delle sue caratteristiche più importanti, venne notevolmente meno agli occhi dell’opinione pubblica in seguito all’alleanza formata con i partiti tradizionali. La società peruviana, delusa dai governi partitocratrici di Acción Popular e della coalizione aprista, finì per guardare con sfiducia anche al Fronte democratico.

Nel giugno del 1990, il Fredemo perse le elezioni a favore del partito Cambio 90, di Alberto Fujimori, un candidato che sei mesi prima del primo turno delle elezioni non figurava neanche nei sondaggi e che fu portato alla vittoria dal partito aprista, nel tentativo di evitare una vittoria di Vargas Llosa.

La traiettoria di Fujimori alla presidenza del Perù è ormai tristemente famosa; Vargas Llosa in tutti questi anni non ha perso occasione per scagliarsi contro l’allora vincitore delle elezioni e contro il sistema di governo del suo paese.

La sconfitta di Vargas Llosa nel 1990 si deve agli errori commessi dallo scrittore-candidato, all’inconsistenza di alcuni aspetti del suo programma liberale e all’alleanza contraddittoria di destra che aveva appoggiato la sua candidatura, tutti elementi che lo allontanarono molto dalla base popolare, india e meticcia degli elettori. Questi settori votarono per un discendente di giapponesi che aveva investito poche risorse nella sua campagna, ma che lo aveva fatto con grande acume. Vargas Llosa, dal canto suo, poteva contare su un ampio sostegno finanziario, riuscì a comprare molti spazi sui media e finì per apparire come un intellettuale di Lima che non aveva niente in comune con la maggioranza degli elettori e che tutti consideravano uno straniero.

Fujimori fece leva sulla sua diversità etnica e usò il razzismo radicato nella società peruviana come un elemento a suo favore, non solo durante la campagna ma anche durante il suo successivo governo.

Gli scontri etnici, sociali e regionali che motivarono la sconfitta di Mario Vargas Llosa entrarono a far parte anche dei romanzi dello scrittore e sono sempre stati presenti nella sua storia personale. La madre di Mario Vargas Llosa, Dora, apparteneva a una famiglia aristocratica in decadenza di Arequipa, mentre il padre, Ernesto

Vargas, era della classe media. Il matrimonio tra i genitori di Mario Vargas Llosa durò poco anche a causa delle differenze sociali, oltre che al temperamento intollerante e violento del padre e al suo risentimento verso la famiglia della sposa. Per quanto riguarda la sua produzione letteraria, possiamo citare diverse opere in cui le differenze etniche, sociali e regionali giocano un ruolo fondamentale, tra cui Lituma en los Andes o Historia de Mayta.

Dopo la sua sconfitta, ormai deluso dalla politica, lo scrittore fece ritorno alla letteratura e pubblicò due libri che seppur su piani diversi costituiscono un regolamento di conti con quell’esperienza traumatica: El pez en el agua. Memorias (1993) e La utopía arcaica.

José María Arguedas y las ficciones del indigenismo (1996). Entrambi i

testi forniscono molte indicazioni utili sulla mancanza di comunicazione tra Mario Vargas Llosa e i settori popolari peruviani che sperava di conquistare.

Nelle sue memorie, Vargas Llosa presenta i fatti come se il suo ingresso nella “politica professionale” del 1987 fosse stata una svolta inattesa nella sua vita per cui era disposto a sacrificare la sua carriera di scrittore, come se la sua candidatura fosse una sorta di battesimo politico. In questo senso, la sua condizione di politico improvvisato giustificherebbe la sua sconfitta come candidato presidenziale. In realtà, come già detto, la partecipazione alla vita politica di Mario Vargas Llosa è stata costante sin dagli anni sessanta. Dal 1971 a oggi, grazie alla sua influenza di scrittore, Vargas Llosa continua a promuovere una visione liberale del mondo con i suoi romanzi, i suoi articoli giornalistici e con altri interventi di stampo chiaramente politico. Questi interventi, lungi dall’influire negativamente sulla sua carriera di scrittore, contribuiscono ormai da molto tempo al successo, anche commerciale, della sua opera.