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Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto medio tempore stipulato: i poteri riconosciuti al giudice amministrativo dal codice del processo

amministrativo.

La problematica relativa all’annullamento dell’aggiudicazione e alla sorte del contratto a valle stipulato dall’amministrazione con l’impresa aggiudicataria interessa da molto tempo dottrina e giurisprudenza, le quali si sono a lungo interrogate in merito al giudice avente giurisdizione in materia e al contenuto e ai limiti dell’esercizio di un tale sindacato.

Ciò, in particolare maniera, in virtù del fatto che in passato l’attività contrattuale della pubblica amministrazione era considerata come posta in essere nell’esclusivo interesse della parte pubblica, con tutte le conseguenze che ne derivavano con riferimento in primis all’impossibilità per il privato di agire in giudizio al fine di ottenere la caducazione del contratto.

Alla luce di ciò, parte della dottrina e della giurisprudenza 220 , sostenevano che, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, dovrebbe ritenersi integrata un’ipotesi di annullabilità relativa di cui all’art. 1441 c.c., deducibile in via di azione o eccezione esclusivamente dalla parte pubblica. Alla base della tesi esposta vi era la convinzione che gli atti amministrativi adottati nella procedura di evidenza pubblica che precede la stipula del contratto, altro non fossero che strumenti attraverso i quali si forma la volontà dell’ente pubblico: in virtù di tale impostazione, la procedura di gara avrebbe avuto pertanto la

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M. PISANO, Annullamento dell’aggiudicazione e regime di invalidità del contratto di appalto, in

www.filodiritto.it, nonché ex multis, Cass., 17 novembre 2000, n. 14901; id. 8 maggio 1996, n. 4269; Cons.

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funzione di garantire la corretta formazione del consenso.

Un vizio che inficia la correttezza di tale fase di formazione non avrebbe potuto, dunque, che determinare l’annullabilità del contratto, dal momento che, qualora si fosse optato per la soluzione della nullità, avrebbe dovuto essere riconosciuta a tutti, anche ai terzi estromessi dalla stipulazione e innanzitutto alla parte privata, la possibilità di agire in giudizio al fine di ottenere la dichiarazione di nullità del contratto.

Quanto alla base giuridica su cui fondare tale rimedio dell’annullabilità, questa veniva a volte individuata negli artt. 1428 e 1429 c.c., disciplinanti l’errore quale vizio del consenso, altre nell’art. 1425, primo comma, c.c., affermando che in caso di procedura illegittima sarebbe venuta meno in capo alla pubblica amministrazione la stessa capacità a contrarre.

Dall’adesione ad una siffatta impostazione derivava, altresì, sul piano processuale la giurisdizione del giudice ordinario a decidere dell’annullabilità del contratto 221.

Per un diverso orientamento, anch’esso attualmente superato a seguito dell’introduzione del codice del processo amministrativo 222, propendeva invece chi sosteneva la riconducibilità dell’ipotesi patologica in questione alla fattispecie della nullità del contratto di cui all’art. 1418 c.c..

Nullità qualificata ora come strutturale ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418, secondo comma, e 1325, n. 1, c.c., a fronte del venir meno del consenso a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, ora come virtuale, ossia dovuta alla violazione di norme imperative rinvenute nelle regole dell’evidenza pubblica.

Ed ancora, parte della giurisprudenza, anticipando in qualche modo quella che poi è risultata essere la scelta dello stesso legislatore, propendeva per la tesi dell’inefficacia del contratto, connessa alla caducazione, in sede amministrativa o giurisdizionale, degli atti attraverso cui si è formata in concreto la volontà contrattuale dell’amministrazione: da tale caducazione sarebbe derivato il venir meno in capo alla parte pubblica, infatti, della stessa legittimazione a negoziare 223.

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Il giudice amministrativo conservava, invece, la giurisdizione sul provvedimento di aggiudicazione, con conseguente appesantimento del rito, alla luce della necessità per la parte pubblica di agire prima dinnanzi al giudice amministrativo e, a seguito dell’accoglimento del ricorso e annullamento dell’aggiudicazione, dinnanzi al giudice ordinario per ottenere la caducazione del contratto.

222

Ad opera del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.

223

A tal proposito, la Corte di Cassazione, sez. I, nella sentenza 15 aprile 2008, n. 9906, ha evidenziato come

“l’organo amministrativo che ha stipulato il contratto, una volta che viene a cadere, con effetto ex tunc, uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’amministrazione, come la deliberazione di

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Alcune rilevanti novità furono determinate dall’intervento del legislatore in materia, innanzitutto, con l’inserimento nel Codice dei contratti pubblici dell’art. 246, in base al quale, nella sua previgente formulazione, “la sospensione o l’annullamento

dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente”.

Dalla lettura a contrario di tale norma si sosteneva, pertanto, la regola della caducazione automatica del contratto, valorizzando quel rapporto di conseguenzialità esistente tra aggiudicazione e contratto, i quali simul stabunt simul cadent.

Una vera svolta in materia si ebbe, a ben vedere, con l’approvazione del codice del processo amministrativo 224, il quale prevede espressamente all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., l’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle controversie inerenti alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione. Il legislatore, nell’attribuire espressamente la giurisdizione esclusiva in materia al giudice amministrativo 225, optò per la creazione di un sistema incentrato sull’inefficacia del contratto derivante dall’illegittimità dell’atto amministrativo allo stesso prodromico, nel quale venivano riconosciuti al giudice ampi poteri discrezionali in merito alla valutazione circa l’opportunità di una conservazione degli effetti del contratto ovvero caducazione dello stesso, in particolare con riferimento alle ipotesi di violazioni non gravi di cui all’art. 122 c.p.a..

Ed infatti, ai sensi di quanto previsto dagli artt. 121 e 122 c.p.a. nella loro attuale formulazione, è possibile distinguere tra violazioni c.d. gravi, legate essenzialmente al mancato esperimento della procedura di gara, ovvero alla violazione di regole che attengono alla pubblicità dello stesso, dalle quali discende quale regola la dichiarazione di inefficacia del contratto, salva la possibilità per il giudice di disporre la conservazione dello stesso, “qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad

contrarre, il bando o l’aggiudicazione, si trova nella condizione di aver stipulato in iure, privo della legittimazione che gli è stata conferita dai precedenti atti amministrativi”.

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Alla luce delle diverse pronunce la cui emissione può essere richiesta al giudice amministrativo dalla parte, soprattutto a seguito dell’emanazione del Codice sul processo, il giudizio presso gli organi della giustizia amministrativa si è trasformato da giudizio sull’atto in giudizio sul rapporto, così come sottolineato a più riprese da dottrina e giurisprudenza (in tal senso si veda, ad esempio, A. POLICE,Il cumulo di domande nei « riti speciali » e l'oggetto del giudizio amministrativo, in Dir. Proc. Amm., fasc.4, 2014, 1197 ss).

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Come ha avuto modo di chiarire la Corte Costituzionale nelle sentt. 6 luglio 2004, n. 204 e 11 maggio 2006, n. 191, affinché possa aversi in generale giurisdizione del giudice amministrativo, la quale potrà poi essere di legittimità, di merito o esclusiva, è ad ogni modo necessario (e spetta al giudice verificarlo) che vi sia stato l’esercizio da parte dell’amministrazione di un potere amministrativo e di una prerogativa pubblica, siano essi esplicati mediante l’emanazione di un provvedimento ovvero attraverso un comportamento che non può essere qualificato come meramente materiale.

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un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti” 226, e le altre violazioni di cui alla seconda disposizione citata.

A tale ultimo proposito, si evidenzia come l’art. 122 c.p.a. preveda espressamente che, fuori dei casi di violazioni gravi di cui all’art. 121 c.p.a. nonché dell’ipotesi di violazione dell’obbligo di stand-still cui all’art. 123, comma 3, c.p.a., spetta al giudice adito ai fini dell’annullamento dell’aggiudicazione decidere se dichiarare l’inefficacia del contratto, individuando altresì il momento di decorrenza di tale effetto, o diversamente non procedervi; ciò a seguito della valutazione comparativa degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione del contratto, dello stato di esecuzione dello stesso e della possibilità di subentrarvi.

Sulla base dell’analisi della disciplina sin qui effettuata, occorre evidenziare come alcune questioni siano sorte, innanzitutto, in ordine alla stessa natura da riconoscere a tale tipologia di sindacato.

Ed infatti, se alcun dubbio potrebbe sorgere con riferimento alla riconducibilità della giurisdizione esercitata sul provvedimento di aggiudicazione nell’ambito della giurisdizione di legittimità, maggiori perplessità sono sorte in relazione al sindacato del giudice amministrativo volto a dichiarare l’inefficacia del contratto.

L’ampia discrezionalità riconosciuta al giudice, in particolare con riferimento alle ipotesi di violazioni non gravi di cui all’art. 122 c.p.a., hanno infatti portato taluni 227

a ritenere che tale fattispecie rappresenti un caso di giurisdizione estesa al merito.

Se anche si volesse valorizzare la circostanza per cui il legislatore, all’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, definisce tale giurisdizione “esclusiva” e non anche “di merito”, occorre ad ogni modo evidenziare come la fattispecie in questione rappresenti un’ipotesi del tutto peculiare, in virtù degli ampi poteri riconosciuti al giudice, il quale compie una scelta discrezionale, formulata in termini di opportunità e convenienza, caratteri propri di una giurisdizione che va oltre la valutazione circa la corrispondenza dell’operato dell’amministrazione alle previsioni di legge e ai principi generali dell’azione amministrativa 228.

226

Art. 121, comma 2, c.p.a.

227

M. LIPARI, Il recepimento della “direttiva ricorsi”: il nuovo processo super-accelerato in materia di

appalti e l’inefficacia “flessibile” del contratto, in Foro amm. T.A.R. , 2010, fasc. 1.

228

In tal senso, R. CAPONIGRO, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti sul contratto, in Foro amm. CdS, 2009, 2450 ss; G. GIOVANNINI, R. CAPONIGRO, Art. 7, in a cura di G. QUARANTA, V. LOPILATO, Il processo

amministrativo, Commentario al D.lgs. 104/2010, Milano, 2011, 106 ss.; E. STICCHI DAMIANI, Annullamento

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Un’ulteriore questione problematica cui si sono dedicate dottrina e giurisprudenza riguarda, invece, la natura da riconoscere alla pronuncia di inefficacia 229.

Ed infatti, il dettato letterale dell’art. 121 c.p.a. sembrerebbe far propendere per la natura dichiarativa di tale pronuncia, dal momento che il giudice che annulla l’aggiudicazione sarebbe poi chiamato a “dichiarare” l’inefficacia del contratto. In tale ottica, l’annullamento dell’aggiudicazione rappresenterebbe una condizione risolutiva da cui deriverebbe, di conseguenza, l’inefficacia del contratto.

Appare, tuttavia, preferibile attribuire alla decisione del giudice amministrativo natura costitutiva. Ciò in relazione all’ampiezza del sindacato allo stesso riconosciuto, il quale, come detto, può decidere se mantenere in essere il vincolo contrattuale ovvero procedere alla sua caducazione, nonché graduare gli stessi effetti di tale ultima scelta, individuando il momento da cui far decorrere l’inefficacia del contratto.

Ebbene, se si trattasse di una patologia esistente ex se al momento dell’annullamento dell’aggiudicazione, sarebbe contraddittorio riconoscere al giudice il potere di valutare se opportuno e/o necessario procedere alla caducazione del contratto ovvero alla prosecuzione del rapporto tra pubblica amministrazione e controparte privata.

All’organo giurisdizionale spetterebbe, infatti, solo il compito di accertare la sussistenza dei presupposti per addivenire alla pronuncia di inefficacia, senza alcuna scelta discrezionale in merito.

Alla luce di quanto precisato, nonché del contenuto del sindacato esercitabile dal giudice amministrativo che, come detto è connotato da una tipologia di indagine assimilabile alle ipotesi di giurisdizione di merito, appare maggiormente coerente con l’intenzione stessa del legislatore riconoscere alla sentenza in questione natura costitutiva.

Quanto, infine, alla possibilità per il giudice di dichiarare d’ufficio l’inefficacia del contratto, senza che sia stata formulata alcuna domanda di parte in tal senso, parte della dottrina 230 ha evidenziato come occorra distinguere tra le ipotesi di violazioni gravi di cui all’art. 121 c.p.a. e altre violazioni di cui all’art. 122 c.p.a.

Ed infatti, mentre con riferimento alle prime è previsto espressamente, ai sensi dell’art. 121, comma 1, c.p.a., un dovere per il giudice di addivenire alla pronuncia di inefficacia

229

Sul punto si veda, G. GRECO, Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni

alternative nel d.lgs. 53/2010, Milano, 2009.

230

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del contratto 231, da cui sembra potersi affermare la dichiarabilità d’ufficio della stessa, nelle ipotesi di cui all’art. 122 c.p.a., la facoltatività della pronuncia de qua sembra far propendere per la necessità di una domanda specificamente formulata dal ricorrente al fine dell’ottenimento della caducazione del contratto.

Tale domanda appare, ad ogni modo, evincibile altresì dalle ulteriori richieste avanzate dalla parte, quale, ad esempio, il subentro nel contratto oggetto della controversia.

2. Peculiarità e limiti del sindacato del giudice sugli atti delle autorità

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