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L’attività di vigilanza sulle varianti.

L’art. 37 del d.l. 90/2014 ha introdotto l’obbligo di trasmissione all’ANAC delle varianti in corso d’opera dei contratti pubblici di lavori. La norma si ripropone la finalità di consentire un controllo sulle varianti apportate in fase esecutiva, spesso causa di aumenti considerevoli dei costi e di allungamento dei tempi di realizzazione delle opere.

Occorre, altresì, evidenziare come la capacità delle varianti in questione di incidere sulla durata dell’esecuzione e sul valore del contratto le renda lo strumento ideale per l’attuazione di propositi corruttivi e criminosi in generale.

Ed infatti, se da un lato la fase di gara volta all’affidamento del contratto ha da tempo interessato il legislatore nazionale ed europeo riguardo la necessità di introdurre opportune misure di tipo preventivo e repressivo, dall’altro è apparso sin dal principio evidente come l’attività di vigilanza sui contratti pubblici non potesse limitarsi alla fase che precede la stipula del contratto, alla luce delle peculiarità proprie del momento esecutivo nonché degli interessi nello stesso coinvolti.

Ebbene, con precipuo riferimento alla materia delle varianti appare opportuno evidenziare come nel 2014 l’A.N.AC. abbia proceduto alla pubblicazione di diversi comunicati al fine di fornire indicazioni su come adempiere alla nuova norma. Tra gli altri, si segnala il comunicato pubblicato in data 17 marzo 2015, nel quale si evidenziava la necessità di rivisitare e aggiornare le indicazioni fornite in precedenza al fine di garantire la completezza della documentazione allegata alla trasmissione, l’estensione della trasmissione stessa ad alcuni tipi di varianti nell’appalto integrato, nonché l’acquisizione delle informazioni sul contenzioso che interferisce con le varianti medesime.

Alcuni primi risultati sulle varianti trasmesse sono contenuti nel comunicato del Presidente del 24 novembre 2014 (“Prime valutazioni sulle varianti in corso d’opera trasmesse dalle

Stazioni Appaltanti”). Trattasi di varianti per le quali non erano previsti i limiti di importo

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nell’ambito di appalti di importo pari o superiore alla soglia comunitaria e di importo eccedente il dieci per cento del contratto).

Le valutazioni si basano sull’analisi di un campione di 90 varianti su un totale di 277 pervenute nelle more della conversione in legge. Nonostante l’insieme dei dati sia parziale e disomogeneo, anche a causa di alcune difficoltà interpretative delle stazioni appaltanti nei primi mesi di applicazione della norma, è tuttavia funzionale a rilevare alcune linee di tendenza relative all’utilizzo dello strumento da parte delle amministrazioni aggiudicatrici in questione.

I dati esaminati hanno evidenziato che la gran parte delle varianti disposte riguardano stazioni appaltanti classificate come enti locali e presenta un importo aggiuntivo inferiore a 50.000 euro.

Il dato testimonia la forte frammentazione del fenomeno in esame, caratterizzato da numerose varianti di piccolo importo, correlata anche alla generale polverizzazione del mercato dei lavori pubblici.

Tra le principali criticità rilevate si segnalano: il frequente difetto di coerenza delle motivazioni addotte dal RUP; la ricorrenza di varianti approvate dopo l’esecuzione dei relativi lavori, al fine di regolarizzare le opere eseguite in sede di chiusura della relativa contabilità; la presenza di varianti qualificate come migliorative per le quali non vi è stato, in realtà, un sufficiente riscontro in ordine alle effettive migliorie apportate; la diffusa apposizione di varianti di valore molto prossimo al risparmio conseguito con il ribasso d’asta (riscontrata nel novanta per cento dei casi).

Per quanto riguarda nello specifico l’attività svolta dall’entrata in vigore della norma, l’Autorità ha in particolare avuto modo di verificare come delle varianti sottoposte all’obbligo di trasmissione, solo circa il quarantasette per cento risulti completo e solo il ventidue per cento venga trasmesso entro i trenta giorni stabiliti dalla norma. In generale, il tempo medio di trasmissione è risultato essere di circa sessanta giorni. A tale proposito occorre evidenziare come la norma in questione non si preoccupi di sanzionare in alcun modo la mancata comunicazione dei dati in questione, favorendo in tal modo la diffusione di un ritardo nell’adempimento da parte delle stazioni appaltanti e posticipando ulteriormente l’intervento in sede di verifica dell’Autorità.

In questa prima fase di esercizio del potere in questione è stato evidenziato, dunque, un livello di adempimento molto carente, da ricondurre da un lato alla non corretta

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interpretazione della norma da parte degli operatori del settore, ma dall’altro altresì alla debole capacità di coercizione attribuita all’Autorità in questione.

Passando dunque ad esaminare nello specifico il contenuto delle comunicazioni delle stazioni appaltanti, assume rilievo la circostanza che tra le fattispecie individuate dall’art. 132, co. 1, del Codice (e nel citato comunicato del 17 marzo 2015), quelle comunicate con maggiore frequenza sono le fattispecie “b)” cause impreviste ed imprevedibili e “c)” presenza di eventi/rinvenimenti imprevisti, le quali risultano in realtà essere di gran lunga le meno verificabili, e solo in via residua la “d)” cause geologiche/idriche che rendono onerosa la prestazione. Quest’ultimo dato, tra l’altro, si può leggere in termini positivi laddove, la sua esiguità, sembra escludere il ricorso a varianti per carenza di conoscenza della rappresentazione del sottosuolo.

Con riferimento invece alla qualità della progettazione, una lettura opposta si ricava dal significativo ricorso al cumulo di più fattispecie (nella metà dei casi) e in particolare alla ripetizione delle medesime (quasi in nove casi su dieci) nell’ambito dello stesso contratto. Un dato che sembra significativo per le varianti sottoposte all’obbligo di trasmissione è che, in media, ciascuna variante contiene 4,2 fattispecie modificative del contratto originario. Tendenza che conferma decisamente l’attenzione che vi deve essere sulla qualità della progettazione.

Alla luce dell’analisi compiuta dall’Autorità nei comunicati citati, un primo dato che emerge è che le varianti esaminate presentano in media circa 3,5 criticità tra le 13 principali prese in considerazione. Sebbene il campione non sia rappresentativo, in quanto, in alcuni casi, riferito ad un numero di varianti limitato e per le quali si devono svolgere ulteriori accertamenti istruttori, i dati rivelano delle disfunzioni legate al basso grado di coerenza tra le fattispecie utilizzate per giustificare le varianti e il resto della documentazione e l’adeguatezza degli accertamenti del RUP sulle cause delle varianti. Inoltre, solo nel ventisette per cento delle varianti vi è un chiaro nesso fisico-funzionale tra i lavori del contratto e quelli introdotti con la variante.

Appare, invece, positivo il dato che rivela l’assenza di casi di varianti con modifiche sostanziali. Infine, il dato che rivelerebbe l’assenza di lavori eseguiti prima della variante in realtà non è convincente: questo è contraddetto, infatti, dal tempo che residua mediamente per l’ultimazione dei lavori, nel senso che solo nel trentasei per cento dei casi è risultato coerente con i contenuti della variante. A significare che, verosimilmente, i lavori erano stati già eseguiti.

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