• Non ci sono risultati.

III. Ottocento: la metamorfosi del coro

I. 3. Appello alla massa

La scena deve rispecchiare la massa attraverso il suo farsi massa. Dalla festa popolare si vira verso l’esigenza di un nuovo strumento performativo, una moltitudine di corpi che sia rispecchiamento della moltitudine di persone giunte ad assistere all’evento per sperimentare l’«ipotesi di una psiche di massa»67

. Una massa che già era apparsa sulla scena, ma come creatrice di un quadro d’insieme, di costume, come effetto di realtà, mentre ora assume connotati rituali di una eversiva riteatralizzazione,

Gordon Craig, in L’Arte del Teatro (On the Art of the Theatre), pubblicato nel 1911 si pone in diretta polemica con l’uso della massa da parte dei Meininger:

le masse vanno trattate come tali, come hanno fatto un Rembrandt in pittura e un Bach o un Beethoven in musica, e il particolare non ha nulla a che fare con la massa68.

Contro il naturalismo, verso il simbolismo, ecco che Craig dà un notevole impulso al trattamento della massa suddividendo le azioni in «necessarie» o «inutili», per evitare l’effetto di «un gruppo [...] di uomini che si agitano e schiamazzano»69

. Movimenti e pose essenziali sull’esempio della pittura:

Nelle scene di massa la messa in scena di stile si asteneva dal caratterizzare a una a una le comparse raccogliendole in un coro uniforme nelle pose e nei movimenti e, uniformando la recitazione allo stile architettonico, chiedeva agli interpreti un contegno statuario, gesti ritmici, solenni, maestosi, da cerimonia70.

Nel Manifesto del Futurismo del 1909, Filippo Tommaso Marinetti sentenzia:

66

Rudolf Laban, L’opera corale (1928), in Silvia Carandini, Elisa Guzzo Vaccarino (a cura di), La generazione

danzante. L’arte del movimento in Europa e nel primo Novecento, Di Giacomo, Roma 1997, p. 346. 67 Sigmund Freud, Totem e Tabù, cit., p. 185.

68 Edward Gordon Craig, Il mio teatro, Ferruccio Marotti (a cura di), Feltrinelli, Milano 1971, p. 20. Corsivi nostri. 69

Ivi, p. 21.

noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne71.

La massa irrompe nell’arte con finalità immersive, come volontaria creazione di un’estasi portata alle estreme conseguenze attraverso l’enucleazione del nuovo protagonista del secolo XX, rompendo la natura testocentrica72 della rappresentazione, la qualità riflessiva della fruizione estetica per rivolgersi all’irrazionale:

Sia come sia vogliamo eccitarci insieme ad altri [...] Una strana ebbrezza ci assale quando ci percepiamo come massa, come massa commossa in modo omogeneo73.

L’individuo perde il suo valore a favore della moltitudine – l’uomo esiste solo nel suo farsi massa, nel condividere intenti ed esperienze, nell’empatia comunitaria:

Profondamente convinto che il pubblico pensa anzitutto con i sensi, e che è assurdo, come fa il consueto teatro psicologico, rivolgersi innanzitutto al suo raziocinio, il Teatro della Crudeltà vuole ricorrere allo spettacolo di massa; cercare nell’agitazione di masse numerose, ma convulse e scaraventate l’una contro l’altra, un po’ di quella poesia che esiste nelle feste e nelle folle, i giorni, oggi troppo rari, in cui il popolo si riversa nelle strade74.

La massa come fautrice di uno nuovo «spettacolo totale»75

che, allontanandosi da Wagner, prenda esempio dal cinema76

, dal circo o dal music hall.

Il coro giunge a divenire coro di massa, soprattutto dopo la prima guerra mondiale, nella ricerca di nuovi ritmi e compartecipazione mentre vi è una reazione opposta, ovvero ripiegamento su se stessi. L’agitprop tese guardare al jazz, al circo, al cabaret, all’insieme degli sport ma secondo una visione più intimistica, come la fascinazione di Brecht per la boxe, mentre le riforme futuriste o Dada con i prodromi delle performance e degli happening sono un contraltare chiaro alla deriva

71 Luciano de Maria (a cura di), Teoria e invenzione futurista, Mondadori, Milano 1983, p. 11.

72 Cfr. «Deve far sì che nella massa ognuno si dispieghi al limite delle proprie possibilità, così da sentire in un unico accordo tutti i toni della sua anima. Questa è la festa che il teatro può creare – e creerà. Ma perché ciò avvenga, la parola d’ordine deve essere: al di là della letteratura!», Rainer Maria Rilke in Umberto Artioli, Il ritmo e la voce. Alle

sorgenti del teatro della crudeltà, cit., p. 224.

73 Georg Fuchs, La rivoluzione del teatro. Il teatro come problema culturale, in Maria fazio, Lo specchio il gioco l’estasi, cit., p. 233.

74

Antonin Artaud, Il teatro e la crudeltà, in Il teatro e il suo doppio, cit., p. 201. 75 Ivi, p. 202.

76 E difatti Benjamin puntualizza «i movimenti di massa si presentano più chiaramente di fronte a una apparecchiatura che non per lo sguardo [...] i movimenti di massa, e così anche la guerra, rappresentano una forma di comportamento umano favorevole all’apparecchiatura». In Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità

degli spettacoli di massa, secondo un’osservazione intellettuale di ciò che stava accadendo che si enuclea anche attraverso l’appello al grottesco (il grottesco italiano e Pirandello), al rovesciamento di temi biblici (nell’Espressionismo, da Georg Kaiser77

a Ernst Barlach78

) o ancora ad una allegoria negativa della massa, nella lacerante contrapposizione tra individuo e moltitudine, come in Masse Mensch (Uomo massa) di Ernst Toller, o nel Surrealismo e nella sua tensione verso l’assurdo che ebbe il suo massimo exploit dopo il secondo conflitto mondiale.

Per cui, durante questo periodo si fonderanno due opposte tipologie di coro: il coro con funzione immersiva (sino al coro di massa) e il coro con funzione straniante (Piscator e Brecht), che avrà massima diffusione nel secondo Novecento.

77 Ad esempio Die jüdische Witwe (La vedova ebrea). Cfr. Georg Kaiser, Die jüdische Witwe, in Georg Kaiser, Werke, Vol. I, Stücke 1895-1917, Propylaen Verlag, Frankfurt am Main 1971, pp. 118-198.

78

Come nel caso del Der Findling (Il trovatello), dramma che recupera la struttura dell’oratorio con un linguaggio ricco di allitterazioni. Cfr. Ernst Barlach, Der Findling, Serie Piper, München 1988.