• Non ci sono risultati.

Appendice: l’interpretazione del finale del primo libro di Frederik A Bakker

2. LA FINE DEL MONDO NELLA PRIMA DIADE DEL DE RERUM NATURA

2.4 Appendice: l’interpretazione del finale del primo libro di Frederik A Bakker

Nel corso della revisione finale di questo lavoro, ho avuto modo di consultare l’ottimo testo di Frederik A. Bakker, Epicurean Meteorology. Sources, Method, Scope and Organization, pubblicato il 21 luglio 2016. Nel capitolo intitolato “The shape of the earth”, Bakker svolge una propria interpretazione dei vv. 1052-1113 (pp. 187-210). Molte delle conclusioni a cui perviene lo studioso coincidono con quelle della presente analisi del finale del primo libro. In particolare condivido con Bakker i seguenti punti:

- La teoria geocentrica confutata da Lucrezio corrisponde in molti punti essenziali a quella stoica che leggiamo nel frammento zenoniano riportato da Ario Didimo (= S.V.F. I 99)168. Infatti, gli avversari di Lucrezio asseriscono che la tendenza centripeta generale di tutti gli elementi è necessaria alla conservazione e alla permanenza del cosmo. Inoltre, secondo costoro, solamente in questo modo il mondo può evitare la dispersione dei propri elementi (v. 1055 neque quoquam posse resolvi). Se dunque tali avversari ammettono la possibilità di una “fuga” degli elementi, essi accettano l’esistenza di un vuoto esterno al cosmo: ciò permette d’identificarli con gli stoici, escludendo Platone ed Aristotele.

- I passi di Crisippo a proposito della stabilità del cosmo in relazione al geocentrismo riportati da Plutarco (De Stoicorum repugnantiis cap. 44) non devono essere rifiutati come testimonianze tarde e inaffidabili, bensì considerati con estrema attenzione: «If Plutarch could bring this criticism against the Stoics, why not Lucretius?»169.

167 La possibilità di una citazione omerica è accresciuta dalla comune posizione conclusiva dei due passi: in tale sede il

“disvelamento” del cosmo costituisce un elemento “sublime”. Inoltre, come dimostrato da Fowler (cfr. Fowler 2007 pp. 217 ss.), una citazione omerica è probabilmente presente anche nel finale del sesto libro (senza dimenticare la citazione omerica al principio del terzo, con la celebre descrizione del sereno spazio olimpico).

168 Altri passi stoici che riportano la medesima dottrina sono riportati in Bakker 2016 p. 193 n. 87-88. 169 Cfr. Bakker 2016 p. 200.

- Sebbene non propria esclusivamente degli stoici, la dottrina degli Antipodi era senza dubbio associata in primis ad essi170.

- La proposte di Furley e di Sedley, che considerano rispettivamente Aristotele e Platone (e i primi scolarchi dell’Accademia) come i principali obbiettivi polemici del passo, non sembrano sostenibili.

- Anche le teorie del nutrimento igneo degli astri e della crescita delle piante in relazione al moto del fuoco (vv. 1089-1104) sono attribuibili solamente allo stoicismo.

In relazione a quest’ultimo punto, sono contento di notare che anche Bakker ritiene perfettamente verosimile un richiamo alla dottrina della ἀναθυμίασις, seppur richiamando e mettendo in enfasi passi diversi rispetto a quelli sopra citati171.

Un notevole punto di divergenza tra l’analisi sopra svolta e il commento di Bakker risiede invece nell’interpretazione dei vv. 1102-1113 e della lacuna che li precede. Bakker sembra infatti accettare l’interpretazione di Munro, recentemente riformulata da Salemme:

«Since Bailey (1947) it is generally assumed that it is a warning against the disastrous consequences that would ensue if air and fire would be centrifugal, as the Stoics claim they are. Yet, in fact only the first two lines (1102–1103) can be plausibly read in this manner: (…) From line 1104 onwards, however, the account becomes purely Epicurean (as even Bailey and his followers admit): there is no reason why, on the assumption of centrifugal air and fire, the other elements should follow (…). These events can only be understood as ingredients of an Epicurean disaster scenario. However, if so many details of the description point to a purely Epicurean account, it seems more reasonable to interpret the first two lines accordingly as well. (…) Apparently then, even with an infinite amount of matter all around, a cosmos loses atoms on all sides, and it will do so even more when there is only empty space around: there is no reason at all why the first two lines of the present passage could not have been framed from a purely Epicurean point of view. Therefore I move to reject Bailey’s interpretation and to return to the one proposed by Munro, who thought that in the lacuna Lucretius would first have formally concluded his criticism of the anonymous opponents, and then reasserted his own position (…). These lines, therefore, are not part of the anti-Stoic passage, which would have ended somewhere in the lacuna».

Secondo Bakker, i vv. 1102-1113 rappresenterebbero dunque un autentico finimondo epicureo. Ritengo invece che le argomentazioni sopra presentate provino che il quadro più probabile resti quello in parte intuito da Bailey. Difatti, mi pare chiaro che il poeta stia presentando due opposte modalità di distruzione (ne v. 1102; neve v. 1105): la prima è dovuta al moto centrifugo degli elementi

170 Cfr. Bakker 2016 p. 194; p. 196. Pur richiamando anch’egli il De orbe plutarcheo (sulla scorta di Schmidt), Bakker

non evidenzia che le analogie tra il trattatello e il passo lucreziano vanno ben oltre il richiamo alla dottrina degli Antipodi, come sopra dimostrato.

171 Cfr. Bakker 2016 pp. 201-202 e n. 120. «According to the Stoics, the process of exhalation is nothing but the

transformation of moisture into air, and subsequently into fire. By the time the exhalation reaches the heavenly bodies it is fire, so that the stars can be said to be nourished by fire. Therefore, Sedley’s conclusion that the unnamed opponents cannot have been the Stoics is not compelling». Anche in questo caso, ritengo assai importante il richiamo sopra compiuto al secondo libro del De natura deorum di Cicerone (c. 23 ss.), dove lo stoico Balbo sunteggia la teoria del moto ascendente del calor / vapor in termini analoghi a quelli lucreziani.

leggeri, che trainano con sé gli elementi pesanti, mentre la seconda è dovuta al moto centripeto degli elementi pesanti, che parimenti trascinano con sé gli elementi leggeri nel baratro. Entrambe le modalità hanno il medesimo esito, ovverosia la dissoluzione del mondo e la dispersione delle sue particelle elementari attraverso il vuoto dell’universo infinito.

2.5 Il finale del secondo libro