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L’applicazione del principio: dal requisito della irrevocabilità delle sentenze al suo superamento

Per una comprensione esaustiva del principio oggetto di questo scritto, non si può prescindere dal prestare attenzione alle sue due fondamentali premesse, ovvero cosa si intenda per medesimo fatto, idem factum e come debba essere il provvedimento derivante dal primo procedimento penale, affinché si possa dichiarare come preclusivo ad un secondo giudizio. Riguardo alla prima questione, il principio del ne bis in idem prevede di non essere di nuovo processato per il medesimo fatto, una volta che esso sia già stato condannato con <<sentenza definitiva>>.

In questo senso, difatti, si esprime lo stesso art. 54 CAAS, facendo specificatamente riferimento ad un soggetto che già sia stato “giudicato con sentenza definitiva” in un altro stato membro.

                                                                                                               

144 N. GALANTINI, Il ne bis in idem nello spazio giudiziario europeo: traguardi e prospettive,

cit., pag. 9.

145 Decisione quadro 2009/948/GAI del consiglio del 30 novembre 2009 sulla

prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 15 dicembre 2009.

I concetti di irrevocabilità ed esecutività dei provvedimenti giurisdizionali a carattere sanzionatorio devono essere ricondotti nel concetto più generale e avvolgente di "giudicato penale".

Al giudicato penale vengono infatti attribuiti due effetti, uno preclusivo ed uno vincolante: quello di carattere vincolante indica che la sentenza penale definitiva opera su di un piano propriamente sostanziale nei soli casi disciplinati dagli artt. 651 - 654 c.p.p., laddove è previsto che faccia stato nell’ambito di giudizi civili, amministrativi e disciplinari, vincolando il giudice che intervenga sulla medesima questione già risolta dalla sentenza penale ad uniformarsi alla regola di giudizio in questa espressa; l’altro, di l’effetto preclusivo, e che la dottrina chiama comunemente "funzione positiva" del giudicato, trova la sua collocazione nell’art. 649 c.p.p. dove è sancito il divieto di ogni nuovo processo penale de eadem re (e, quindi, il principio del ne bis in idem)146.

La ragione di tali assunti è sempre la medesima che si pone alla base di tutto il discorso che qui stiamo affrontando: bisogna evitare che un soggetto sia, almeno teoricamente, sottoponibile ad una serie praticamente illimitata di giudizi sul medesimo fatto.

Anzitutto, merita sottolineare come la Corte di Giustizia si sia impegnata nel porre una clausola di ordine generale all’interno della sentenza Gözütok e Brügge (già richiamata in maniera approfondita nell’elaborato, e per cui qui ci limiteremo a farne un semplice richiamo147), in base alla

quale gli ordinamenti giuridici devono porre fiducia negli altri sistemi di giustizia degli altri stati membri, anche quando l’impiego del proprio diritto nazionale avrebbe portato a soluzioni diverse: si deve dunque tenere in considerazioni non l’organo che emette il provvedimento, bensì gli effetti della decisione.

                                                                                                               

146 V. GAROFOLI, Diritto processuale penale, 2012, p. 539. 147 Infra 2.1.

Tutta l’attenzione viene posta, dunque, sulla definitività del provvedimento, a prescindere che ad emetterlo sia stato un giudice o piuttosto un’altra autorità avente il potere di estinguere l’azione nell’ordinamento interno148.

Sulla scorta di questa considerazione, la Corte ha recentemente ammesso l’applicabilità del principio del divieto del doppio processo anche in presenza di una sentenza definitiva comminatoria di una pena ineseguibile149.

L’estensione del principio è stato oggetto di interpretazioni contrastanti in ambito interno e internazionale.

In ambito nazionale, per molto tempo, al fine di applicare la preclusione del doppio giudizio, si è ritenuta necessaria una decisione giurisdizionale irrevocabile. Concezione ribadita anche in tempi non molto lontani, in una pronuncia della nostra Suprema Corte di una decina di anni fa150.

La sentenza 34655/2005 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha per la prima volta ammesso l’applicabilità dell’art. 649 c.p.p. anche alle sentenze non ancora passate in giudicato, dando un’interpretazione estensiva del dettato dell’articolo 649 stesso, andando oltre il suo tenore letterale151: “le situazioni di litispendenza non riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 c.p.p., devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, l’impromuovibilità dell’azione penale in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del

                                                                                                               

148 L. LUPARIA, La litispendenza internazionale. Tra ne bis in idem europeo e processo penale

italiano, 2012, cit., p. 91-92.

149 Sentenza Bourquain, 11 dicembre 2008, causa C-297/07 in Cass. Pen. 2009, p.

1277 ss.

150 Cassazione, Sez. III, 23 febbraio 2005, rv. 230872, richiamata da Il principio del ne

bis in idem in ambito interno e internazionale, in www.canestrinilex.it, p. 3.

151 P. DEL GIUDICE, Ne bis in idem si applica anche in caso di sentenza non ancora

ne bis in idem, sempre che i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto

attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico ministero e siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici della stessa sede giudiziaria”152.

Alla luce di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, la preclusione di una nuova azione penale sembra quindi operare anche nel caso di provvedimenti decisori diversi da quelli indicati nell’art. 649 c.p.p.153,come il decreto di archiviazione seguito dalla riapertura delle

indagini da parte dello stesso pubblico ministero senza l’autorizzazione del giudice prescritta dall’art. 414154, o la sentenza di non luogo a

procedere in assenza del provvedimento di revoca ex art. 434155.

Scompare, quindi, la rigidità che per molto tempo ha imperversato sulla previsione della necessaria definitività del provvedimento ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem, con l’ammissione contestuale di deroghe in tal senso.